1 - Il 1° Ottobre 1496 il Cardinale di Lunate, Legato pontificio, riuniti gli Anziani e tutta la cittadinanza "universo amerinorum civium ceto", presenta un breve del papa Alessandro VI Borgia, per mezzo del quale il pontefice fa sapere di essere in guerra con Virginio Orsini e Bartolomeo d'Alviano ed "esorta" (cioè ordina) agli Amerini di tenersi pronti ad irrompere nei territori di quest'ultimo, ad un cenno del Legato.
E pensare che soltanto il 28 luglio precedente, il papa aveva annunciato agli Amerini che il re Enrico d'Inghilterra era entrato a far parte della lega formata da lui l'anno precedente, alla quale aveano già aderito l'Imperatore Massimiliano ed i reali di Spagna, Ferdinando ed Elisabetta e che, per rendere palese a tutti l'avvenimento, aveva ordinato di farne pubblicare la notizia in tutte le chiese, in dì festivo e di accendere fuochi di gioia, per chiedere alla "divinam majestatem ut nobis ac toto christianissimo populo pacem et tranquillitatem largiatur" cioè che concedesse ad esso papa ed a tutto il popolo cristiano pace e tranquillità! (2001)
1 - I Consigli erano incaricati di trattare le più diverse questioni e venivano chiamati a pronunciarsi sui molteplici problemi che, di volta in volta, potevano presentarsi durante lo svolgersi della vita cittadina: dai più importanti, come quelli dai quali poteva dipendere la stessa esistenza della Città, ai più futili. Fra questi ultimi, sembra doversi collocare uno degli argomenti dibattuti nell'adunanza del Consiglio dei X il 1° Ottobre 1600: "Quid agendum (cosa fare) che il bigonzaro non si retrova cerchi per poter fare le vendembie?"
Il Capitano Gismondo Nacci, "divino implorato auxilio", suggerisce: "Io loderei che si facesse elettione di due huomini, li quali debbiano ricercare detti bigonzari se vogliono servire sì o no come hanno fatto per il passato, et quando differissero (cioè non fossero d'accordo fra loro) detti huomini habbiano auttorità di trattar questo negotio in quel miglior modo che le parerà, con far quelle provisioni necessarie tanto per quest'anno, quanto per l'anno seguente". A quanto proposto dal Capitano Nacci, Marcello Petri aggiunge: "che li huomini già detti habbiano l'auttorità medesima che ha il presente Consiglio, tanto di trattare con questi bigonzari per far che non manchino cerchi, quanto di trattare con altri bigonzari forastieri, sì per li cerchi, sì anco per ogn'altra cosa necessaria atta alla vendembia et detti huomini habbiano terminatione (il termine di) sei giorni à far detta provisione".
Il Consiglio approva con soli due voti contrari ed è auspicabile che tutti i bigonci siano stati dotati dei necessari cerchi per l'imminente "vendembia". (2005)
1 - Gli Anziani, con l'intervento di sette membri del Consiglio decemvirale, il 1° Ottobre 1326 "stantiaverunt et ordinaverunt quod aperiatur porta parelacus Communis Amelie, et in ipsa porta ordinentur et fiant ydonea fulcitoria ad claudendum et aperiendum" stabilirono e ordinarono che venisse aperta la paratia del lago della Para di proprietà comunale e che, nella stessa, vi si apponessero idonei sportelli per la sua chiusura ed apertura, secondo il parere di alcuni esperti, da nominare dagli Anziani, "ut facta evacuatione dicti lacus ipsa porta claudiatur et congruis temporibus habeatur copia macenandi" affinché, dopo lo svuotamento del lago, la paratia venga richiusa ed, a suo tempo, vi sia abbondanza (di acqua) per consentire la macinazione (nei mulini). "Qui vero predicte aperture seu clausure contradixerit, seu qui quoquo modo contra predicta aliquid actentare presumpserit solvat nomine pene Communi Amelie C. libr. et predicta nichilominus exequantur" Chi si opporrà alla detta apertura o chiusura o compirà qualcosa contro la stessa, a titolo di multa paghi 100 libre al Comune e quanto sopra deciso abbia nondimeno esecuzione. "Dummodo damnum passis occasione predicta in suis molendinis et rebus per dictum Commune dampna ipsa emendari debeant" Tuttavia, a coloro che avranno subito danno, a causa della detta apertura, nei loro mulini e beni, dovranno essere risarciti dal Comune; "dicte res extimentur secundum quod provisum olim extitit per statutum" e i danni vengano valutati secondo le norme stabilite a suo tempo dallo statuto. "Que extimatio seu emendatio fieri debeat de fructibus et proventibus molendinorum" e l'indennizzo dei danni dovrà venir effettuato con i frutti ed i proventi dei mulini (comunali) e la gestione degli stessi non potrà essere affidata a nessuno, "donec ipsa dampna emendata fuerint" finché tali danni non saranno stati risarciti. (2007)
1 - Il 1° Ottobre 1474 vengono lette alcune suppliche nel consiglio decemvirale.
Una è stata presentata “per parte del vostro fidelissimo et povera persona Berardino de Stephano alias decto Volpe el quale dice et expone che per la corte del presente messer lo potestà è stato condennato in librj (sic) centoquaranta over circha secondo ne librj de condennationi se contene, admessoli el beneficio de la confessione per uno maleficio commesso nela persona de danese de perocto al quale maleficio fo tirato et necessitato farlo ma per honore el tace et de quello maleficio offerisce pagare la quarta parte. Perlaqualcosa humilemente supplica se li vogliano remectere li benefici della pace confessione et pagamento infra termine quali ad omne persona sempre è usato remectere. Et questo demanda de gratia dale vostre Mag. Sig.rie le quali dio conserve in stato felice”.
Altra supplica viene presentata da Sarracino Ciocci del Castello di Porchiano, che espone di venir sollecitato dagli ufficiali del Comune a pagare 6 ducati e 24 bolognini per imposte dovute. Egli ebbe un tempo dal Comune di Amelia in godimento alcuni beni già appartenuti a certo Marinazio e ad altri fuorusciti del Castello di Porchiano. Detta concessione gli venne fatta per dieci anni, avendo lo stesso “temporibus suspectis” in tempo di disordini, assunto la custodia del Castello e “pro compensatione sue devotionis et fidelitatis” per compensarlo della devozione e fedeltà verso Amelia, in quanto esso Sarracino “continue stabat et vigilabat pro custodia dicti Castri ad portam et ubicumque erat expediens” in modo continuo vegliava e vigilava alla porta del Castello e dovunque fosse necessario. Ma poiché, nonostante ciò, da parte del Comune di Amelia i beni oggetto della concessione erano stati venduti e Sarracino era stato privato del loro godimento “in eius grave damno”, con suo rilevante pregiudizio, lo stesso chiede che gli venga abbonato il pagamento richiestogli.
Nel maggior consiglio del giorno seguente, a Berardino, in considerazione che al reato commesso venne spinto da provocazione ed in virtù di una raccomandazione avuta dal Vescovo Alessandro di Forlì e della pace fatta con il suo avversario, viene ridotta la pena ad un quarto. A Sarracino, se consterà che il godimento dei beni da parte del Comune di Amelia venne a lui conferito a titolo di ricompensa per la custodia del Castello di Porchiano, gli venga rimesso totalmente il debito, altrimenti ne paghi soltanto la metà. (2009)
1 - Il 1° Ottobre 1417 nel consiglio decemvirale, fra l’altro, si esaminano alcune lettere inviate agli Anziani dai Priori di Perugia, da parte del Luogotenente “Magnifici Capitanei Braccij de Fortebraccis” del magnifico capitano Braccio Fortebracci (da Montone), “ad istantiam Luce petrj de perusia olim habitantis dicte Civitatis amelie” su richiesta di Luca di Pietro di Perugia, un tempo abitante in Amelia, “super recuperatione terrarum rerum et Suppellectilium ut dicitur ablatarum seu ablatorum dicto Luce in tenimento dicte Civitatis” circa la restituzione da fare allo stesso di terre, beni e suppellettili che -a tenore di dette lettere- gli sarebbero stati sottratti in territorio amerino.
Inoltre, nello stesso consiglio, occorre deliberare circa l’approvazione di alcune spese straordinarie fatte nell’interesse della Comunità amerina, fra le quali si leggono:
-a Ceccolo di Todi inviato nunzio a Toscanella a Tartaglia di Lavello, rettore del Patrimonio e capitano, con lettere del Comune e per curare affari dello stesso, dieci libre;
-a Nicolò di Capodistria, inviato due volte a Toscanella allo stesso Tartaglia, 15 libre;
-a Bagattino inviato ad Acquasparta ad Arcangelo Mannuccinii, per provvedere alla riparazione della campana di Monte(campano?), una libra e dieci soldi;
-a Troncateste (era forse il boia?), inviato due volte ad Orte, con lettere del Legato e del Comune, una libra e 15 soldi;
-a Rosuccia di Giove, inviata, insieme ad un’altra donna, a tale Ulisse, al Castello di Mugnano, per ottenere un salvacondotto per gli ambasciatori del Comune, da inviare allo stesso, soldi 10 (dove si vede che anche le donne potevano avere incarichi di un certo rilievo);
-per sette petitti di vino, consumati durante tre sedute del consiglio decemvirale, 3 libre e 10 soldi (trincavano i consiglieri!);
-per un petitto di vino, per fare accoglienza onorevole a Bartolomeo di Mirandola,, quando passò presso porta Busolina, 10 soldi; ed altro petitto di vino per le sue guardie;
-a Tomassante (forse un antenato dei Tomassorri?) di Porchiano che fece presente agli Anziani che i cavalli dei ribelli erano in agguato nel territorio comunale, per effettuarvi scorrerie, 10 soldi.
Nel maggior consiglio del giorno seguente, per quanto concerne le pretese di Luca di Pietro, che minaccia porre in atto rappresaglie contro Amelia e gli Amerini, si delibera di inviare celermente a Perugia un messo per trattare con i Priori, facendo fronte alle spese relative con l’assunzione di un mutuo, anche ricorrendo a privati cittadini, da scomputare quale anticipo sulla gabella del mosto e, per quanto riguarda le spese sopra elencate, queste si approvino ed il Camerario abbia piena autorizzazione a procedere alla loro inclusione nella contabilità comunale. (2010)
1 - Il 1° Ottobre 1475 il consiglio dei X deve, fra l’altro, esaminare alcune suppliche.
Una è presentata “per parte del vostro fidelissimo servitore Sanctoro de antonio de bartolo de Canale habitante nel vostro Castello del Collicello; che essendo (sorto) certo errore (screzio) fra alesio et biagio de menicuccio del castello de laquila, decto sanctoro sentendo el rumore curse per expartirli per reparare non se fessino (facessero) male (e) tolse aduno de loro la partisciana de mano solo (perché) non se magagnassero et separolli; al presente misser elpotestà et suo Collaterale o per mala informatione o per testimonij malivoli (che) anno (testimoniato) contra decto sanctoro”, lo stesso è stato “condannato in libre xxv de dinari perché è provato luj andò perché aiutò et favorì ad una de liparti el che non è et essendo lui condennato incontumacia che quando lavessi saputo se saria defeso cola rascione et non sarria stato condennato, supplica che V. M. S. sedegnino reformare (modificare il verdetto) et allui gratia fare (di modo) che pagata laquarta parte dele decte xxv libre de denari lissi voglia decta condennatione cassare, attente lecose predecte, delaquale condennatione appare (per mano) di ser tomasso notaro de mallefitij de esso potestà alaquale sereferisce. Et quantunche sia sempre usato de fare, tamen (tuttavia) lui loreceverà dale V. M. S. agratia singulare, quale dio conservi inprospero et felice stato”. Nel consiglio generale seguito lo stesso giorno, a Santoro si riduce la pena al quarto, a condizione che venga pagata durante l’Anzianato corrente, altrimenti “gratia sit nulla et nullam habeat roboris firmitatem” la grazia si consideri nulla e non abbia alcun effetto.
Altra supplica viene presentata da Mastro Antonio di Mastro Giacomo da Como, certamente un lavoratore edile, il quale desidera entrare “ad servitia dicti communis et in dicta Civitate habitare et morari et in ea uxorem accipere et patriam propriam relinquere” alle dipendenze del Comune di Amelia, dove intende venire ad abitare, stabilirvisi e prendervi moglie, abbandonando la propria città di origine. “Sed quia pauper est” ma essendo povero, chiede che “per aliquod tempus ab oneribus Communis exemptetur” venga esentato dal pagamento delle imposte per qualche tempo “pro necessarijs rebus sibi et sue familie subvenire” per poter far fronte alle necessità sue e della famiglia. Il maggior consiglio gli concede esenzione per 25 anni da ogni imposta reale e personale (“a capite et foculari”). Analogo trattamento viene deliberato dallo stesso consiglio nei confronti di una trentina di famiglie di forestieri, che hanno chiesto di venire ad abitare in Amelia, fissando qui la loro residenza, tanto per esercitare qualche loro arte o mestiere, quanto per lavorare la terra. (2011)
1 - Il 1° Ottobre 1387 si procede alla nomina, per la durata di due mesi, dei Castellani del contado amerino, come segue: Ser Pietro Mandosi a Collicello; Nicolò Jacobucci a Sambucetole; Pietro di Ser Paolo a Montecampano; Giovanni Jacobucci a Frattuccia; Uffredo Rubei a Macchie. (2014)
1 - Con atto rogato dal Notaio Giovanni Brancatelli di Amelia, del 1° Ottobre 1391, Matteo Cerichelli di Viterbo, “captus et detentus in carcere” catturato e detenuto in carcere per debiti ad Amelia “per gentes S. Romane Ecclesie” per conto di ecclesiastici e di Matteo del fu Roberto di Amelia, volendo liberarsi da tali creditori e pagare la taglia impostagli di sessanta fiorini, vende a Beraldo del fu Andreuccio di Amelia alcuni suoi appezzamenti di terra. E meno male che li aveva! (2014)
2 - Manca il podestà. Convocati i Consigli Generale e Speciale, gli Anziani ed i rettori delle arti, “ad sonum campane et vocem preconum”, il 2 Ottobre 1328, nella chiesa di S. Agostino, Giannotto d’Alviano propone la nomina di una commissione di Anziani da inviare “ad Urbem”, “qui tractent omni modo quo possint et emant potestariam civitatis Amelie pro sex futuris mensibus” che trattino in ogni miglior modo possibile l’acquisto della Podestaria per i prossimi sei mesi -praticamente si doveva procedere ad un vero e proprio acquisto dell’ufficio di podestà!- “et habeant licentiam expendendi usque in XXV florenorum de auro” ed abbiano facoltà di spendere fino a 25 fiorini d’oro, per sopperire alle spese occorrenti fra andata e ritorno. (1999)
2 - Il corrispondente da Roma del Conte Bartolomeo Farrattini, che solitamente lo ragguagliava con notizie circa la situazione politica in continua evoluzione, in una lettera indirizzatagli il 2 Ottobre 1799, gli comunicava quanto appresso:
"Sappia adunque che la mattina dei 29 Sett. scorso giorno memorabile di S. Michele Arcangelo entrò in Roma il Vice Ammiraglio Inglese con alcuni Officiali Napolitani, e sottoscrissero le Capitolazioni con il Generale Garnier Francese; il risultato delle quali ancora non si è pubblicato. La mattina seguente alle ore 14 entrarono in Roma alcune poche Truppe Napolitane, senza alcun strepito. Lo stesso giorno L'Ambasciatore Bertorio Francese fece affiggere un Proclama, che tutti quei Patriotti ascritti, che avessero avuto proprietà per fare il viaggio si sarebbero potuti unire alla Truppa Francese per la volta di Civitavecchia, per poi imbarcarsi; questa mattina alle ore 13, tanto li Francesi, quanto li Patriotti sono partiti accompagnati dalla Truppa Napolitana. La Bandiera Napolitana già sventola sulla Fortezza di Castel S. Angelo; per tre sere vi sarà l'illuminazione per tutta la Città. Altre truppe estere non sono entrate, bensì a momenti dicesi venire dalla parte di Napoli li Moscoviti, e da Porta del Popolo li Tedeschi. Si contenterà di questo piccolo ragguaglio per ora e per commune consolazione ed allegrezza".
Quanta "consolazione ed allegrezza" si potesse ricavare dal constatare che tante genti armate di diverse nazionalità circolassero per il nostro Paese, sarebbe tutta da dimostrare! (2001)
2 - Sta per giungere in zona Cesare Borgia. Nel Consiglio generale del 2 Ottobre 1500 "Vir facundissimus Ser Ugolinus Nicolaj" Ugolino Nicolai, definito dal Cancelliere verbalizzante uomo di grande eloquenza, "rostra petens ac divina prius petita ope" accedendo al luogo deputato all'oratore ed invocato prima l'aiuto divino, espone: "Si Ill.mus D.nus Cesar Borgia Dux Valentie transiet prope portam Amerinam fiat s(ibi) Ill.mo D.(no) honos precipuus et possibilis; si vero hospitabitur in Capitone, mictatur sibi munus valoris decem ducatorum in confectionibus et cera" Si prospettano due alternative: se Cesare Borgia passerà nei pressi della porta della Città, gli si tributerà un particolare omaggio verbale; se, invece, verrà ospitato a Capitone, gli sarà inviato un dono di confetture e cera, per un valore di dieci ducati.
Ma, due giorni dopo, si viene a sapere che "Ill.mus D.nus Cesar Borgia de Francia Dux Valentie S.R.E. Confalonerius et Capitaneus hospitatus est in civitate Ortana cum parte sui exercitus" l'illustrissimo Cesare Borgia di Francia Duca di Valenza, Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa e Capitano è stato ospitato, con parte del suo esercito, ad Orte e si dà atto che il concittadino Valerio Geraldini, destinato al Duca quale oratore "cum munere vini" con un dono in vino, "fuit perbenigne susceptus", venne da questi accolto con grande benevolenza.
Il seguente giorno 5, in un'assemblea generale, presenti gli Anziani e "multi cives Amerini ex primatibus" molti fra i più importanti cittadini di Amelia, in occasione della presenza in zona del Duca Valentino, "cupientes ad benivolentiam huius Amerine civitatis" desiderosi di accattivare alla Città la sua benevolenza, su proposta del "vir doctissimus Ser Ranerius Hyeronimi", all'unanimità "nemine eorum discrepante", si delibera "quod statim mictentur tres oratores" vengano inviati immediatamente al Duca tre oratori e -quel che più conta- "cum munere quatraginta ducatorum de carlenis pro uno baccile de argento" con un dono del valore di quaranta ducati di carlini consistente in un bacile d'argento. Inoltre -su richiesta dello stesso Valentino-, gli s'inviino "quindecim paria bobum ad deferendum artiglarias" quindici paia di buoi, per il trasporto dell'artiglieria del Duca.
I tre oratori eletti furono Angelantonio Bartolomei, Pierpaolo Moriconi e Ludovico Sabini che, partiti il gorno 5, tornarono dopo due giorni. (2006)
2 - Nei tempi passati, la raccolta ed il trasporto dell’uva erano sottoposti ad un regime particolarmente vincolistico. Se ne ha una dimostrazione leggendo quanto dibattuto nel consiglio decemvirale del 2 Ottobre 1667, nel quale si fa presente che alcuni abitanti dei Castelli abbiano iniziato la vendemmia senza la prevista autorizzazione anzianale, “con pregiudizio di tutti gli altri, non essendo l’uve ancora perfettamente mature”. Il consigliere Girolamo Moriconi, in proposito, dice: “Sono di parere che si faccino pagare le pene statutarie a quelli che hanno vendenbiato senza chieder licenza alli Ill.mi Sig.ri Antiani, conforme al solito e che li medesimi Signori mandino bandito (cioè emettano un bando) acciò si sopraseda la vendenbia per quel tempo che alla loro prudenza parerà, dovendosi participare questa resolutione a Mons. nostro Vescovo, con pregarlo degnarsi far il simile con gli Ecclesiastici, per esser in questo negotio uniformi, et concordi”. (2008)
2 - Si riporta nelle riformanze il breve di Paolo II (il veneziano Pietro Barbo), inviato da Roma il 2 Ottobre 1465 al podestà di Amelia, del seguente tenore:
“Intelleximus verti certam differentiam inter dilectos filios Amerinos occasione distributionis prede per eos facte de bonis illorum de alviano, tempore quo nos terram illam ad nostram et Romane Ecclesie devotionem reduci iussimus” Abbiamo inteso che esistono certe questioni fra i nostri diletti figli Amerini, circa la distribuzione della preda da essi fatta dei beni di quelli di Alviano, al tempo in cui comandammo di ricondurre quella terra alla devozione nostra e della Chiesa di Roma. “Quare volumus et tibi committimus et mandamus ut habita de his informatione ab expertis et doctis, provideas ut huiusmodi preda distribuatur prout de jure vel laudibilj consuetudine melius fuerit”. Per la qual cosa, vogliamo e ti incarichiamo che, presa in merito ogni informazione da persone esperte e consapevoli, tu provveda a distribuire tale preda come è dovuto e giusto che sia, secondo diritto o lodevole consuetudine.
Ma siamo sicuri che la distribuzione delle prede rientri fra le “lodevoli consuetudini”? (2009)
2 - Nel consiglio decemvirale del 2 Ottobre 1392 si fa presente che “die crastino in sero” nella sera del giorno seguente il papa (Bonifacio IX (il napoletano Pietro Tomacelli) sarebbe venuto a Narni e si discute “quod insenium fiat eidem per hoc commune” che gli si presenti un dono da parte del nostro Comune. Ma, come al solito, occorre trovare i soldi necessari. Se ne parla nel successivo consiglio generale e Ser Paolo Jacobuzi Casini propone che “addatur datio pridem imposito unus bononenus per focularem et per capud (sic) hominis” si aumenti di un bolognino il dazio già imposto per ogni focolare e “pro capite”. E passa la paura! Infine, si nominano ambasciatori al papa Piergiovanni di Giovanni, Ser Colao Celli, Nicolò di Giovanni Ugolini e Ser Lello Dominici. (2014)
3 - All’Amministrazione comunale, in data 3 Ottobre 1811 viene presentata la seguente offerta:
“Impero Francese
Serafino Febei Parca desidera di prendere in affitto per nove anni la Macchia Vochabolo della SS. Nunziata compreso il terreno seminativo in dieci quartate circa; con pagamento al anno Franchi ventisei e setantacinque centesimi pari a scudi cinque e tutti gli dazi imposti e da imporsi da principiare agli venticinque di marzo prossimo avvenire del anno 18dodici. Detta Macchia compreso il terreno seminativo che si semina un anno sì ed un anno nò è di estenzione di Rubbia Quatordici circa; stimata a Catastro per scudi seicentosetantadue”.
Se ne deduce che, durante l’occupazione napoleonica, in Amelia, uno scudo (100 baiocchi) equivaleva a poco più di cinque franchi francesi. (2000)
3 - Il Cancelliere annota, in data 3 Ottobre 1476, che il trombetta (banditore) comunale Andrea di Francesco, il primo del corrente mese "se bandivisse per loca publica et consueta dicte civitatis de mandato M. D. Antianorum" su autorizzazione dei magnifici Anziani ha eseguito bando, nei luoghi pubblici e consueti della Città "quod nullus sit qui audeat ire ad locum ubi sit pestilentia extra districtum Amelie" che non vi sia alcuno che osi uscire dal distretto, per andare in luogo dove sia presente la peste "nec praticet cum aliquo pestilentiato" né pratichi con qualche appestato, "sub pena decem ducatorum pro quolibet contrafaciente et qualibet vice" sotto pena di dieci ducati per ogni persona che violasse tale divieto e per ogni singola volta che lo facesse. (2007)
3 - Dal periodico AMERIA del 3 Ottobre 1897 si riporta la seguente notizia, sotto il titolo “Costituzione della Filodrammatica Amerina”:
“La sera del 25 Settembre i costituenti della vecchia Filodrammatica coi nuovi elementi, che presero parte alle ultime rappresentazioni, si adunarono nel Teatro Civico allo scopo di costituirsi in Società e venne data lettura di un regolamento proposto dal Sig. Abele Polidori, che fu approvato all’unanimità.
“Indi si venne alla nomina dell’Ufficio Direttivo e riuscirono eletti per acclamazione: Direttore Sig. Conte Giuseppe Cansacchi. Vice-Direttore Prof. Epaminonda Cacchi. Segretario Sig.ra Laura Sandri. Cassiere Sig. Abele Polidori. Magazziniere Economo Sig. Timoteo Assettati.
“Porgiamo un affettuoso saluto alla novella Società, che oltre di essere di onore e decoro al paese, si propone l’alto scopo filantropico della beneficienza.
“Vivi auguri di longevità!”. (2009)
3 - Frate Egidio Delfini che, a distanza di qualche anno, sarebbe divenuto Generale dell’Ordine Francescano, il 3 Ottobre 1484 rivolge agli Anziani la seguente supplica:
“Humelmente se supplica per parte del vostro devoto figliolu servu et oratore frate Gilio già figliolu de Baptista dalfino delordine del Seraphico San Francesco che con cio sia cosa che per più anni habbia con fatiga data opera ale lectere de la sacra scriptura et philosophia et theologia Et indicte faculta benche minimo habia lecto et ogi lega in Venetia et con lagratia del Spiritu Sancto et del glorioso San Francesco sia conducto ad terminj che ad questo maio proximo si deve doctorare et magistrare Et alcuni pochi denarj quali ha guadagnato adpocu adpocu como desideroso seguitare lavia dela scientia se li habbia spesi in libri con animo et intentione defare una libraria bella in loconvento nostro de Sanfrancesco et sia poverissimo como a V. S. è noto, se degnino per jntuitu de pieta et misericordia accio che dio conservi et defenda questa citta da ogni persequtione, farli et concederli la elimosina et carita gia facta a laltrj nostri figlioli et cittadinj che sonnu venuti adtal perfectione, obligandose lui inperpetuum durante lavita sua fare oratione alo altisimo dio et alpatre suo Sanfrancesco per tucta questa Citta et populu et venire quando serra bisogno adsatisfarli cola persona depredicationi lectionj et altre cose pertinenti algradu suo Et benche le S. V. habbiano consueto defare simili beni, niente demeno ladimanda per lamore dedio et per jntuitu depietà et misericordia”.
Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, si delibera di elargire e donare a Frate Egidio 25 ducati, in ragione di 72 baiocchi per ducato -da prelevare da contribuzioni dovute dai Porchianesi- “pro eius doctoratu et magistratu consequendo” per fargli conseguire il dottorato e la docenza, con la seguente lodevole motivazione: “quod ex hoc et similibus Civitas exaltetur nobilitatem et famam suscipit immortalem ac etiam ut alijs et studendi et peritos fieri voluntas augeatur et crescat ad laudem dei et exaltationem et famam Civitatis Amerine” che da ciò e simili (provvedimenti) la Città ne resti esaltata ed acquisti nobiltà e rinomanza immortali ed, inoltre, affinche anche in altri si manifesti ed accresca la volontà di studiare e diventare dotti, a lode di Dio ed a esaltazione e fama della Città di Amelia.
Sotto la medesima data, Angelantonio di Bartolomeo, Anselmo di Angelo di Buccialo e Pellegrino di Tommaso di Battista, tutti di Amelia, esperti nell’arte della lana e della gualcatura, sottopongono al consiglio decemvirale i capitoli dell’Arte loro, per la debita approvazione, nel modo seguente:
“Se expone per parte deli vostri fidelissimi servitorj Angelantonio de Bartholomeo Anselmo de Angelo de Buccialo et Pellegrino de Thomasso de Baptisto de Amelia che conciosia decosa che lanostra Comunità habbia grandissima caristia deacqua da potere valcare pannj delana Et per potere valcare è necessario usare grande subiectione et servitiu alli patroni dove se va al presente a valcare Dove che al presente li prefati oratori per uscire datanta servitu habiano sottilmente examinato tucto eltenimento de Amelia dove se potesse fabricare valchiere che sopperissero albisogno, dove hanno trovato locu acto et comodo al bisogno loro et detucta larte, dove se po fare una o doi o piu valchiere acte ad valcare lipannj (che) se facessero per ladvenire in questa nostra M.ca Citta o maiure parte dessa. Elperche domandano per le V. M. S. esserli concessi li infrascripti capitoli, cio è:
“Jmprima domandano esserli per le V. M. S. concesso el locu collappogio dove se possa murare et fabricare ledecte valchiere Et essi vogliono deloro proprio pagare elterreno quanto senne guastasse o se occupasse per lomuro da farse et che lacqua mundasse o guastasse alipatronj de chi fossero, per quello prezzo se extimasse per doi homini acti et jntendenti detale cose da elegerse uno per parte.
“Jtem che dal loco dove intendo(nsi) edificare dette valchiere in su per quattro tracti de archu non se possa macerare lino ne canepe ne si possa pescare ne fare alcuna cosa per laquale decte valchiere o pannj da valcarse havessero ad recevere detrimento, sotto la pena de quattro ducati doro larghi da applicarse per uno quarto al notificatore et uno quarto allofficiale (che) ne facessi exactione Et laltro quarto ali patroni de dicte valchiere (ed il quarto restante?).
“Jtem domandano che in dicto fossato dove se edificaranno dicte valchiere per doi tracti dearchu ingio (in giù) non se possa edificare alcuno edificio che non contribuischa allaspesa dela para (paratia) (che) fosse facta per li sopradicti nominati, secondo se judicara per dicti homini da elegerse uno per parte.
“Jtem domandano che quando lipatroni dele possessioni non volessero consentire se facciano dicte valchiere, che la nostra Comunità li habbia astrengere (costringere) adfarli fare et concedere dicti edificij da farse et essi vogliono tucto pagare secondo la extimatione da farse como è dicto desopra.
“Jtem humelmente se remectono ale descritioni (alla discrezione) de V. M. S. si la nostra Comunità voglia concederli qualche gratia da poterse fare dicti edificij.
“Jtem che la Comunità faccia confermare lecose predecte dal superiore che verrà”.
I capitoli vengono approvati all’unanimità, con la condizione che il tutto avvenga “sine aliqua impensa Communis Amelie” senza alcuna spesa per il Comune. (2010)
3 - Il 3 Ottobre 1330 si delibera che nessun nobile o appartenente al ceto “de Granditia”, sia della città che del comitato di Amelia, ardisca o presuma acquistare da alcuno, a titolo oneroso o gratuito o a qualsiasi altro titolo, diritto od azione reale o personale, in danno di un popolare (“quod nullus nobilis vel de Granditia Civitatis vel comitatus Amelie audeat vel presumat accipere ab aliqua persona, titulo emptionis vel donationis, seu aliquo alio titulo vel colore, ius, vel actionem realem vel personalem seu aliqua alia contra aliquem de populo vel popularem”). Chi contravverrà, sarà condannato dal podestà in carica a pagare 50 libre cortonesi ed alla privazione di ogni diritto ad esso pervenuto e comunque ogni atto di acquisto, cessione, donazione eseguito in violazione di tali disposizioni, sia di diritto annullato e dichiarato di nessun valore (“si quis vero contrafecerit, in L. libris cortonensibus et privationem omnium iurium eidem acquisitorum per potestatem qui pro tempore fuerit, debeat condempnari et nihilominus ipsa cessio, donatio emptio seu quis alius contractus celebratus contra formam dicti ordinamenti ipso iure sit cassa, irrita et nullius valoris”) e se lo stesso podestà si sarà mostrato negligente nell’eseguire quanto è tenuto a fare, sia egli stesso condannato a pagare 50 libre quando, a fine mandato, sarà sottoposto al giudizio sul rendiconto delle proprie azioni (“et si idem rector in predictis negligens fuerit, in L. libris tempore sui Syndicatus debeat condempnari”).
Lo stesso giorno, viene eletto, per il futuro anno, Maestro di Grammatica Giacomo di Giovanni di Orte, che verrà ad insegnare ed abitare in Amelia, con il salario di 25 libre (“elegerunt in magistrum Gramatice pro futuro anno, habitaturum in dicta Civitate Amelie ad docendum scolares, Magistrum Jacobum Johannis de orto, cum salario xxv librarum”). (2014)
4 - Pietro Tomacelli, napoletano, eletto papa il 2 Novembre 1389 con il nome di Bonifacio IX, a causa della ribellione del popolo romano, insorto per non essere stato compensato delle spese sostenute dalle truppe prestate al pontefice nella guerra contro Giovanni Sciarra, prefetto della Città, fu costretto ad abbandonare Roma ed a rifugiarsi a Perugia.
Durante il viaggio di trasferimento, abbiamo notizia che il Legato pontifìcio fece presente agli Anziani del popolo di Amelia che il giorno 4 Ottobre 1392 il papa sarebbe passato per Narni e che, in tale occasione, gli venisse presentato un dono.
A tal fine, venne imposto il "testatico"(1) di un bolognino.
In qualità di orarori furono inviati al pontefice Pier Giovanni di Giovanni, Ser Cola Lelli, Niccola di Giovanni Ugolini e Ser Lello di Domenico.
La cronaca dell'avvenimento è stata ricavata dagli appunti manoscritti sulla Città di Amelia, lasciatici da Edilberto Rosa, desunti dal foglio 95 delle Riformanze comunali dell'anno 1392.
All'epoca suddetta, era vescovo di Amelia Stefano Bordoni, napoletano, nominato dal detto pontefìce il 7 Maggio 1392, mentre, di lì a pochi giorni (precisamente con bolla datata da Perugia il 19 Ottobre), sarebbe stato nominato podestà, sempre dallo stesso pontefice, il nobiluomo napoletano Angelo Bulcano, che già aveva ricoperto varie altre volte il citato incarico. Era un momento magico per i Partenopei!
(1) Imposizione fiscale "pro capite". (1996)
4 - E' riportata nel volume delle riformanze la seguente lettera, scritta da Viterbo il 4 Ottobre 1420 ed inviata dal Vice-Rettore "in nonnullis locis patrimonij terrarum", Francesco de Picciolpassis, indirizzata "prudentibus viris fidelibus nostris dilectis officialibus, massarijs nostri Castri Focis", cioè agli ufficiali e massari del Castello di Foce, con l'esortazione di obbedire alla comunità di Amelia. Eccola:
"Como per altra ve avemo scritto et volemo che facciate et hobedischiate ala communità damelia como laltri loro contadini, et cossì sapete che N.S. lo Papa disse laltro dì qui in Viterbo a li vostri ambasciatori sì che volemo che N.S. sia hobedito perché simo disposti affare quelo che comanda la sua Santità. Valete".
Uomo avvisato, mezzo salvato, anche se non abbiamo la certezza che i buoni Fociani abbiano ciecamente "hobedischiato" all'invito del Vice-Rettore del Patrimonio. (2004)
4 - E’ tempo di provvedere all’appalto della fornitura del sale per il nuovo anno e, nel consiglio decemvirale del 4 Ottobre 1540, si valuta l’offerta presentata da Angelo, nominato Cotone, il quale si è dichiarato disposto “conducere sal predictum suis sumptibus, cum capitulis et pactis anni proximi preteriti, additis duobus infrascriptis, videlicet” a prendere in appalto il detto sale a sue spese, con i capitoli ed i patti convenuti per il decorso anno e con l’aggiunta dei due seguenti, cioè:
“Jo Agnelo alias Cotone me obligo condurre il sale alla Città de Amelia a mie spese et con li miei denari, ma non voglio essere tenuto se non (a vendere) a peso se non (a) quatrocento octanta libre per ciasche rubbio.
“Jtem per mio salario non voglio se non dece et octo baiocchi per rubbio”.
Nel consiglio generale del giorno stesso si delibera che al detto Angelo si conceda l’appalto del sale agli stessi patti e capitoli dell’anno passato, altrimenti si faccia un nuovo bando.
Occorre, altresì, prendere provvedimenti contro coloro che, chiamati a ricoprire qualche incarico pubblico, non si fossero presentati. Il consiglio generale delibera che “quicumque fuerit electus ad aliquam rempublicam et vocatus legitime venire neglexerit, incidat ipso facto in poenam unius scuti, describendam in libro speculj iussu Dominorum” chiunque venisse legalmente eletto ad esercitare qualche ufficio nell’interesse comune e non avesse obbedito, sia immediatamente multato di uno scudo ed il suo debito sia annotato nel libro degli specchi a cura degli Anziani, i quali, “si erunt negligentes” se, a loro volta, non adempissero a tale dovere, “incidant ipsi et eorum quilibet in poenam iam dictam” cadano nella medesima pena.
Si passa, quindi, all’esame di una supplica collettivamente presentata dai “fideles filij et servi huiusce Reipublicae, syndicus Massarijque omnes castri vestri Frattucciae” fedeli figli e servitori della Comunità di Amelia, sindaco e massari del Castello di Frattuccia, i quali chiedono “se immunes et exemptos fieri ab omnibus gravaminibus, impositionibus et dativis impositis et imponendis tam per aes et libram, quam etiam per capita et focularia” di venir esonerati dal pagamento di tutte le imposizioni e dative sia reali che personali, tanto per capo, che per focolare, “attenta eorum inopia e universali mjseria” considerate la loro personale indigenza e le generali condizioni di miseria. Il consiglio generale decide che “habeatur exemptio alias dicto castro facta per alios sex futuros annos” si conceda loro l’esenzione già altre volte accordata al detto Castello per i prossimi sei anni.
Si tratta, infine, di esaminare la supplica presentata da Donna Violante di Fornole, la quale chiede che le venga fatta grazia e remissione di tutte le imposte reali e personali presenti e future, “praeter quam a lignis debitis seu per eam debendis Palatio Antianali” ad eccezione dell’obbligo su di lei incombente di fornire la legna necessaria al Palazzo degli Anziani, “attenta eius paupertate ac temporum difficultate, nec non gravi onere trium filiarum nubilium” in considerazione della sua povertà e dei tempi difficili in corso, nonché del grave peso di avere a carico tre figlie nubili. Il maggior consiglio, con decisione giudicata grandemente caritatevole (“pijssima sententia”), le accorda la richiesta esenzione “per quatuor scilicet annos proxime futuros” per i futuri quattro anni. E’ un po’ poco, ma meglio di niente ...
(2012)
5 - Con atto rogato dal Notaio Francesco Celluzzi il 5 Ottobre 1412 "in Monasterio S. Manni, iuxta portam primi introytus" nel Monastero di S. Manno (oggi S. Magno), presso la porta principale d'ingresso, presente il Capitolo delle religiose, adunato "sono campanelle solemniter" solennemente, al suono della campanella, le monache "Ferminella Mactelucij, Chiarina Anthonij et Menechella Raymundi, con il consenso dell'abadessa e del Capitolo, fanno pace perpetua "de omnibus et singulis injuriis, contumeliis et offensionibus verbo et opere illatis et perpetratis" di tutte le ingiurie, contumelie ed offese corse a parole e con fatti (si erano forse accapigliate?) con Francesca, vedova di Revaldo, rappresentata in atto dal figlio Nicolò e con Margarita, figlia di Francesco di Revaldo, moglie di ser Paolo Anthonij, rappresentata da suo marito. Della questione pendeva una querela "in Curia Potestatis". (2005)
5 - Con breve apostolico, Clemente VII conferisce a Federico Cornelio de Biliis, Governatore della Provincia del Patrimonio, ogni potere ed autorità di comandare a tutte le Comunità ed alle singole persone “nobis et Sancte Romane Ecclesie mediate vel jmmediate subiectis, sub penis etiam pecuniarijs arbitrio tuo jmponendis et Camere Apostolice applicandis” sottoposte direttamente o indirettamente al papa ed alla Santa Sede, ingiungendo loro, sotto le pene (oltre che corporali) anche pecuniarie (meglio!), da versare alla Camera Apostolica, di fornire “armati homines et arma omnis generis que tibi opportuna videbitur” uomini armati ed armi di ogni genere, a suo essclusivo ed insindacabile giudizio. Il Governatore de Biliis non se lo fa dire due volte e, da Civitella d’Agliano, il 5 Ottobre 1525 scrive quanto segue:
“Havendo da la S.tà de N. S. datone per breve apostolico la sopra scripta commssione, onde per la observantia de la voluntà de Sua Beatitudine et per exemplare castigo de chi temerariamente presumesse alli mandati de la prelibata Sua Santità adversare, per la presente facemo fare bando et commandamento:
“Che nisciuna persona de qual se voglia stato, grado o conditione se sia de maschij, femini, piccoli et grandi, Signori, Domicelli, Communità et particulari persone ardisca né presuma jn alcun modo andare, accostarse et entrare jn Castel de Piero (di Pero), né per alcuno quesito colore ad chi demorasse dentro parlare et jn nissun modo, tanto in dicti quanto in facti ad quelli prestare alcuno favore et subventione (aiuto) de nisciuna generatione (specie) de Arme, cavalli, victuaglie, gente et altre monitioni, sotto pena de rebellione et confiscatione de ogni loro beni ad chi fosse Signore et Domicello et oltre (inoltre) ad ognuno li sia lecito impune(mente) offendere sino alla morte jnclusive (inclusa), come ribelli de Santa Chiesia.
“Alle Communità de Ciptade, Terre et Castelli, sotto pena de decemilia ducati, da applicarse alla Camera Apostolica jpso facto et sensa altra dechiaratione, da procedere per via de represaglie et altri rigorosi modi.
“Alla pena della forca et confiscatione de tuttj soi beni ad qualunche particulare persona.
“Et chi dentro dicto Castello de Piero demorasse sotto alcuno quesito colore et lecita scusa, tanto forestieri de qual se voglia loco, quanto de dicto Castello, contrariando (contrastando) jnimichevolmente alle gente de N. S. se per (nel) termine de un giorno da la presente jntimatione non se sia partito in persona con tutte sue cose, Arme et robe, se jntenda essere jncurso jn la sopradicta pena, adiongendoli che ogne gratia de alcuna passata lor condennatione hauta sia ex nunc (immediatamente) annullata et tale condennatione ritorni jn suo vigore acceso (riportata) jn pristino, da procederse etiam (anche) per castigo de loro temerità et insolente pertinacia per via de represaglie contra de quella Patria et loco che (della quale) lui fosse et possa essere mortalmente jmpune offeso.
“Similmente chi havesse in dicto Castello de Piero portato alcuna cosa (arma) da offendere o defendere o ad pertinente (relativa) al victo, overo in alcun modo quelle tenesse in dicto Castello, per termine de un giorno lhabia de lì extracte, disgombrate et altrimente levare via, ala predicta pena.
“Ancora incurra in dicta pena qualunche sia che jnfra dicto termine havendo o jn alcuno modo tenendo benj et robe de dicto Castello o soi habitanti et lì existentj per alcuno quesito colore ... non ce lo assegni et consegni et sapendo chi lhavesse non lo reveli etiam in dicto tempo et oltra dicta pena la restitutione del doppio de dicta robba.
“Etiam le Communità de Ciptade, Terre et Castelli jncurra(no) in pena de decemilia ducati da procederse rigorosamente alla exactione de dicta pena per via de represaglie, sensa altra dechiaratione da farse, non provedendo ad quanto è sopra decto che alcuno de li soi incurrendo temerariamente in tal contumacia de la presente nostra inhibitione et commandamento debiano astregnere (costringere) et gravare li più proximi de tal perversi contumacj, decernendo (stabilendo) chel patre sia tenuto per el figliolo, jl figliolo per el patre (questa è nuova!), el fratello per laltro et le Communità perli soi, come è decto et sic de singulis (ed altrettanto per le singole persone) alla solutione de tal pena per qualunche caso deli sopradicti. Jn quorum fidem (In fede di ciò) etc. Datun Civitelle Agliani Die V octobris MDXXV”.
Ma di quali gravi torti si erano resi colpevoli, nei confronti del papa, Castel di Pero ed i suoi abitanti, per meritare tanto drastici ed altrettanto poco caritatevoli provvedimenti? (2012)
5 - Con atto ricevuto dal notaio Francesco Celluzzi il 4 Ottobre 1412 “in Monasterio S. Manni, iuxta portam primi introytus” nel Monastero di S. Magno, presso la porta d’entrata, nel Capitolo delle religiose di S. Magno, adunato “sono campanelle solemniter” solennemente al suono della campanella, le monache Ferminella di Matteuccio, Chiarina di Antonio e Menechella di Rainucolo, col consenso dell’Abadessa e del Capitolo, fanno pace perpetua “de omnibus et singulis injuriis, contumeliis et offensionibus verbo et opere illatis et perpetratis” di tutte le ingiurie, contumelie ed offese arrecate e perpetrate con parole e con fatti con Francesca, vedova di Beraldo e con Margherita, figlia di Francesco di Beraldo, moglie di ser Paolo di Antonio. Di queste offese era pendente una querela nella curia del Podestà.
Si vede che anche la pace del chiostro non sempre riesce a tener lontane le umane passioni. (2014)
6 - E’ il 6 Ottobre 1579. Il Cardinale Gesualdo, Governatore della Città, aveva imposto, quale Pretore, agli Amerini, Mons. Pietro Cellini e voleva che esso fosse considerato suo luogotenente, con le relative provvigioni. Ma gli Amerini non intendevano rinunciare ai loro diritti di nominare il Pretore e, quindi, respingevano le pretese del Cardinale, appellandosi ad un breve di Giulio III (1550-1555). Si decise, quindi, nel cosiglio generale tenutosi il giorno seguente, di inviare a Roma il Cancelliere, insieme ad un cittadino esperto in materia, in difesa del buon diritto della Città. (2009)
6 - La prudenza nel mantenimento della sicurezza della Città non sembra mai troppa. Il 6 Ottobre 1326 il consiglio decemvirale, unitamente agli Anziani, propone di “providere quod ad custodiam Civitatis Amelie” provvedere che, per la custodia cittadina si assoldino “pro uno mense futuro xxv famuli ad soldum dicti communis cum uno Conestabile sufficienti et experto, quorum famulorum quilibet habeat quinque soldos (die) quolibet et Conestabilis habere debeat die quolibet decem soldos” per il prossimo mese 25 fanti ed un adeguato ed esperto comandante, a spese del Comune ed i fanti abbiano cinque soldi ciascuno al giorno ed il comandante ne abbia dieci “et quod significetur domino Andree de Tuderto quod placeat ei dictos famulos et conestabilem destinare” e che si comunichi ad Andrea di Todi (verosimilmente preposto alla difesa della Città) che provveda alla destinazione dei detti fanti. (2010)
6 - Nel consiglio decemvirale del 6 Ottobre 1504 si deve discutere di due argomenti assai diversi fra loro.
Il primo riguarda una non meglio identificata offesa recata, da alcune persone restate anonime, durante la decorsa notte (“in nocte preterita”), ad un armato del podestà in carica: “super insultu facto militi presentis domini potestatis”, affinché tale offesa non torni “in vilipendium et iacturam dicti domini potestatis et sue curie” a vilipendio e danno dello stesso podestà e della sua curia. Nel maggior consiglio seguito nello stesso giorno, Angelo Antonio Geraldini, “vir egregius”, propone che “primo et ante omnia mittatur ad D. Gubernatorem ad derogandum statuto civitatis Amerie quod potestas possit procedere contra dictum jnsultum et faciat contra eos processum secundum formam juris et statuti” innanzi tutto si richieda al Governatore che venga concessa al podestà la facoltà -non prevista dal vigente statuto cittadino- di sottoporre a giudizio i responsabili di tale offesa, che coinvolgeva lo stesso podestà ed, inoltre, “quod de condempnatione dictorum delinquentium potestas habeat quartam partem” che al podestà spetti la quarta parte della relativa pena pecuniaria che andrà a comminare e, se “dicti delinquentes et jnsultantes comparuerint coram domino potestate vel aliquis ipsorum” i responsabili del misfatto -o qualcuno di essi- compariranno dinanzi al podestà, “solutis per eos carlenis triginta pro quolibet” dopo aver pagato trenta carlini per ciascuno “per totum diem mercurij proxime futuri” entro il termine del successivo mercoledì, “sit a dicto delicto et insultu ... absolutus”, vengano assolti da tale reato.
Il secondo argomento in discussione si riferisce “super campanis nuper rehabitis a dominis de Alviano” alle campane recentemente restituite dai Signori di Alviano e sottratte a suo tempo dal territorio amerino e coloro, “quibus ablate fuerunt”, cui vennero tolte, ora ne reclamano il possesso e tale circostanza conferma che la pacificazione fra la Città di Amelia e gli Alviano aveva avuto buon esito. Nella seduta del susseguente consiglio generale, Cristoforo Cansacchi, “vir prudens”, propone che “domini Antiani debeant eis distribuere prout eis melius videbitur” provvedano alla loro riconsegna, nel miglior modo che riterranno opportuno. (2011)
7 - E’ morto Papa Urbano VII. All’ordine del giorno del Consiglio Speciale, il 7 Ottobre 1590, vi sono le misure da adottare “pro custodia Civitatis Amerie” per salvaguardare la custodia cittadina. Giovanni Crisolini, “vir prudens et consideratione plenus” uomo prudente e particolarmente attento, così si pronunciò: “conoscendosi apertamente il bisogno di far le guardie alla Città in questo rumor de’ banditi, dico che questo carico sarà bene darlo al S.r Podestà, a far che S.S.ria mandi a chiamare li capi di squadra della battaglia, et gli ordini che debbano guardar le porte il giorno et la notte, con numero de soldati, che li parerà più necessario et ispediente, et che le porte si serrino la sera, subito sonato l’Ave Maria, et consignare le chiavi in mano del Caporale”.
Simili precauzioni erano state già adottate il 16 Aprile 1585, alla morte di Papa Gregorio XIII.
Da ciò devesi dedurre che, durante i periodi di “sede vacante”, aumentava notevolmente il pericolo di crimini, turbolenze e disordini. (1998)
7 - Il 7 Ottobre 1571 nel consiglio decemvirale ci si chiede “quid agendum” cioè cosa fare poiché “homines Castri S.te Restiture denuo fecerunt unam cesam in territorio amerie prope fontem Capite” gli uomini del Castello di S. Restituta ancora una volta recarono danni in territorio amerino, tagliando delle piante nei pressi della Fonte di Capita. Per trovare un’adeguata risposta a questo problema e ad altri che si sono presentati, si decide di parlarne nel successivo maggior consiglio, che si riunirà tre giorni appresso. Nel corso di questo, si propone di rimettere ogni decisione alla Sacra Consulta, alla quale si decide di inviare un ambasciatore, che segua il necessario “iter” a Roma.
Mentre in Amelia si trattavano queste ed altre simili questioni di molto limitata importamza, lo stesso giorno 7, la più imponente flotta che la Cristianità fosse mai riuscita a raccogliere, al comando di Don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V, nelle acque di Lepanto affrontava vittoriosamente la flotta del Sultano ottomano, impedendo a quest’ultimo ed ai suoi successori di poter realizzare il vago sogno dell’islamizzazione dell’Europa. (2009)
7 - Incombe il pericolo che arrivino le truppe spagnole dell’esercito imperiale (“quid videatur agere de militibus hispanis venturis ut dicitur”) ed il Cancelliere aggiunge: “quod deus avertat” che Dio ce ne scampi! Nel consiglio dei X del 7 Ottobre 1530, Pompilio Geraldini -“vir Patrie utilissimus”- consiglia l’immediata convocazione del maggior consiglio, che ha luogo subito dopo, nel quale lo stesso Geraldini propone “quod Domini Antiani mittant octo Cives ad Jll.mum Martium jn domo D.ni Cesaris Geraldini commorantem” che gli Anziani nominino otto cittadini da inviare a Marzio Colonna, ospite, in Amelia, di Cesare Geraldini “qui Cives prefatum Jll.mum D.num exortatum habeant qui velit assistere Amerinos quous(que) milites hispani transitum fecerint” i quali esortino il Colonna che voglia assistere gli Amerini durante il passaggio degli spagnoli; “qui si recusaverit jn futuro consilio celebrando eligatur aliquis Capitaneus jdoneus pro Patria defendenda” e se Marzio dovesse ricusare, in un futuro consiglio si elegga un qualche Capitano adeguato a provvedere alla difesa della Patria “jnterea eligant septem Cives ad providendum et reparandum Civitati, cum auctoritate presentis consilij, nec non jmponendi penas” frattanto, eleggano sette cittadini che provvedano alla difesa della Città, con la stessa autorità del consiglio, compresa quella di imporre pene “ab omnibus eas contrafacientibus de facto exigendas, prout eis melius videbitur et placebit” da esigere, secondo il loro giudizio, da coloro che non obbedissero ai loro ordini “jtem quod omnes Comitatini jntromittantur Ameriam cum eorum bonis” ed, inoltre, che tutti gli abitanti del contado riparino in Città con tutti i loro beni: a questo punto, ci vorrebbe che Amelia si potesse gonfiare come un organetto! (2011)
7 - Il 7 Ottobre 1551 “Comparuit coram magnificis D. Antianis Canmillus (sic) Antonij alias Sciucha fiasche, dicens et exponens quod ipse est pauperrimus et nihil possidet intus vel extra Civitatem Amerie” si presenta dinanzi agli Anziani Camillo di Antonio, detto “Sciucha fiasche” (Asciuga fiaschi: si vede che gli piaceva trincare!), il quale si protesta essere persona poverissima, che nulla possiede né in città, né fuori “et propterea petit eximi et deleri de libro dativarum, iuxta formam statuti loquentis de nihil possidentibus” e, quindi, chiede di non dover pagare le imposte e di venir cancellato dal relativo ruolo, secondo quanto previsto dallo statuto cittadino per i nullatenenti “et ad probandum allegatam paupertatem jnduxit infrascriptos testes quos petijt recipi et admitti” ed, a riprova della sua povertà, presenta, chiedendo che vengano sentiti, i testimoni Pompeo Lazarino, Pandolfo Franco e Durastante Pozo. Gli stessi, sotto giuramento, confermano che Camillo non ha proprietà “et quod verisimiliter ipse non posset aliquid possidere quin ipsi scirent, quia sunt vicini et vicini presumuntur scire facta vicini” e che verosimilmente esso non possa possedere nulla senza che a loro risulti, in quanto, abitando vicino a lui, si dovrebbe presumere che i vicini conoscano bene i fatti di coloro che vivono a stretto contatto con essi “et quod semper versati sunt cum eo” e che hanno sempre praticato con lui. Molto probabilmente, lo avranno anche aiutato ad asciugare i fiaschi!
Soddisfatti delle deposizioni rese dagli amici di Camillo, gli Anziani “mandaverunt dictum Camillum fore et esse delendum de libro dativarum vigore statuti” ordinano che lo stesso, a norma di statuto, debba e sia da depennare dal ruolo delle imposte.
C’è da scommettere che, dopo una decisione tanto favorevole, si siano ritrovati tutti insieme a fare una bella bevuta! (2012)
8 - Maestro Antonio calzolaro di Amelia l’8 Ottobre 1594 cita in giudizio Olimpio di Antonio, alias Tripparella, per il seguente motivo:
“Hiersera et l’altra sera è venuto a pié de l’uscio di casa mia sonando con la citara et cominciò a improvisare in biasimo et dishonor mio, fisciando (sic) con un fiscio et burlando con dire che andasse a pigliare i tordi et dicendo ancora “chi vorrà pigliare i tordi farà capo a Fogliettone che di tordi non ne vengono più”; chiamandomi per sopranome Fogliettone et (V.S.) potrà sopra ciò essaminar Madruccio d’Angelo che la potrà informare sopra ciò et li dirà ancora chi erano con detto Olimpio quando mi cantava a pié de l’uscio questa canzone in disprezzo et dishonor mio”.
Un teste rese la seguente deposizione:
“Potevano essere tre hore di notte in circa sentei che Olimpio d’Antonio alias Tripparella fischiava con un fischio da uccellare a tordi avanti la casa de M.o Antonio calzolaro da Amelia, et dopo che hebbe fischiato, cantò così dicendo “chi de tordi vorrà mangiare bisognerà che sappia cifolare” et poi fischiò de nuovo et andava anco sonando la cetara et questo credo lo facesse per burla et disprezzo di M.o Antonio perché era solito andare a uccellare à tordi et non ne pigliava et perciò si faceva beffe di lui con cantar come di sopra”.
L’abitudine di prendere in giro i cacciatori maldestri ha radici molto antiche! (2000)
8 - L'ebreo Sabato di Terni l'8 Ottobre 1408 scrive agli Anziani di Amelia la seguente lettera:
"Homini Antiani del popolo et ciptà de Amelia facciove ad sapere come Mele mio figliuolo ... la volontà sua è de venire là ad fare larte sua quando sia de vostra volontade et per ciò ve prego che voi li facciate fare uno salvo conducto (salvacondotto) nello cosiglio (sic) almeno per dui anni per alcuna represaglia et per qualunque altra cosa che vui avessevo ad fare con alcuno del nostri, et io faraio venire ipso là co la dompna (donna) sua ad cio che siate più certi che sua voluntade è de morare (abitare) là et per ciò ve prego chel salvo conducto sia sì pieno che basti, et date lu salvo conducto in mano de Vitaluccio meo parente. Offeriscome si ò da fare cosa che ve sia in piacere sò sempre al vostro comando. dio ve conservi in buono stato. dato in Terane viij mensis octobris. (firmato) Lu vostro Servitore magistro Sabato da Teranj".
La lettera dell'ebreo Sabato viene letta nel Consiglio Generale dell'11 Novembre successivo e, "considerato quod ars, et servitium dicti hebrei" in considerazione che l'arte ed il servizio di detto ebreo risultano di comodità (!) per la Città, concede al figlio Mele, con ogni garanzia e franchigia, l'esercizio dell'arte sua (in parole povere lo strozzinaggio) per la durata di due anni. E così saranno "Mele" acerbe per i poveri Amerini per il prossimo biennio! (2006)
8 - L’8 Ottobre 1504, nel maggior consiglio, si discute di una singolare circostanza: durante l’ultimo conflitto tra Amelia ed i Signori d’Alviano, da parte di qesti ultimi vennero sottratte agli Amerini alcune campane. Cessate le ostilità, da parte dei d’Alviano le campane sono state restituite. Il consigliere Cristoforo Cansacchi, “super campanis nuper rehabitis a dominis de Alviano”, sull’argomento delle campane testé riavute, propone “quod domini Antiani debeant eas distribuere prout eis melius videbitur auctoritate presentis consilij” che gli Anziani, autorizzati dal consiglio, distribuiscano le dette campane come a loro sembrerà più opportuno. La proposta ottiene l’approvazione con 30 voti favorevoli e 7 contrari.
Ma non sarebbe stato più semplice restituire le campane a chi fossero state sottratte? (2008)
8 - Sotto la data dell’8 Ottobre 1543 nelle riformanze risulta trascritto un atto mediante il quale le Mantellate (Terziarie) di S. Agostino, in persona delle presenti “venerabiles Mulieres infrascripte”, cioè Donna Caterina Piellis, Donna Dionisia Artemisi, Donna Leonarda Tommasi di Vitale, Donna Livia di Ludovico, Donna Francesca Carleni, Donna Marsilia Bernardini di Anselmo, Donna Cordonia di Valentino, Donna Elisabetta di Luca, Donna Evangelista di Gabriele e Donna Silveria di Antonio di Casino, per sé e per le assenti Donna Strumeria di Pompilio Geraldini, Donna Cherubina di Antonio di Brunotto, Donna Afromia di Giovanni Chiaravalle, Donna Teodora di Lazzaro Cerichelli, Donna Euridice di Bernardino Piergentile, Donna Margherita di Ludovico, Donna Marsilia di Bernardino, Donna Santa di Bernardino, Donna Orsolina di Bernardino de Magistris e Donna Emilia di Paolo Canuti fanno atto di cessione alla Comunità di Amelia di una loro casa sita in Contrada Posterola, confinante “juxta vias publicas a tribus lateribus et res Francisci Pierdominicis Luce ab alio” con vie pubbliche da tre lati e con proprietà di Francesco di Pierdomenico di Luca dall’altro, “et ad effectum et finem quod de dicta domo fiat et fieri debeat et ordinari per dictam Communitatem Monasterium Beate Monice nomine nuncupandum pro monialibus Clausis ibi retinendis” allo scopo e con la finalità che, in detto stabile venga costituito, da parte della Comunità, il Monastero da intitolarsi alla Beata Monica e da destinarsi quale residenza delle suore di clausura da ospitarsi in esso, “sub ea regula et protectione regendis ac cum illis pactis, capitulis ordinibus et conditionibus ad bene honeste devote beateque vivendum prout et sicut dicte Communitati et Civibus ab ea ordinandis et eligendis”, da assogettarsi alla regola e con tutti i patti, capitoli, ordini e condizioni di vita onesta, devota e felice, da redigere e predisporre da parte della Comunità e dei Cittadini di Amelia, “animadvertens prefatarum venerabilium mulierum pientissimam et optimam voluntatem huiusmodi monasterij fabricandi” avuto riguardo alla devotissima e lodevolissima volontà delle suddette venerabili donne di voler in tal modo dedicarsi alla vita monastica.
Si propone, quindi, “quod Magnifici D. Antiani eligant quatuor probos et jdoneos Cives qui … facto prius colloquio cum R.mo D.no Jo. Dom.co Moricono Episcopo Amerinensi de ecclesia seu Cappella in dicto Monasterio construenda” che gli Anziani eleggano quattro probi ed idonei Cittadini i quali, dopo aver precedentemente avuto esauriente abboccamento con il Vescovo Amerino Giovan Domenico Moriconi, circa la costruzione di una chiesa o cappella da erigere nel Monastero, “facultatem habeant … ordinandi, fabricandj, capitulaque pro monialibus ibidem viventibus” abbiano facoltà di far edificare sia la chiesa che il monastero, nonché di predisporre un regolamento di vita per le monache che ivi andranno a vivere. I quattro cittadini eletti furono: Vincenzo Crisolini, Sensino Boccarini, Simonpietro Farrattini e Ser Angelo Corrado.
E’ questo l’atto ufficiale di nascita del Monastero di S. Monica, giunto fino ai nostri giorni e colpito nel 2008 da un rovinoso crollo, ma è per lo meno sconcertante apprendere che, oltre alla sua costruzione, anche le norme che dovevano regolare la vita delle monache venissero, a suo tempo, predisposte dall’autorità laica. (2012)
9 - Gli Anziani di Amelia il 9 Ottobre 1434 scrivono a tutti i rappresentanti (ufficiali, consiglieri, università) del Castello di Attigliano, chiamandoli "amici nostri carissimi":
"Como simo certi sapete, Angelello de Arcangelo de Peluccho et Silvestro del Calonico de Atigliano del mese di jennaro prossimo passato pigliarono Damiano de Jacobuccio nostro caro cictadino nel tenemento di Tode, allora et mo (adesso) amico ad voy et ala nostra comunità e sottoposto alla jurisdictione de lo Jllustro nostro Signore Francesco Sforza et fo menato ad Atiglano ellì messo in prescione et lo dicto Angelello et Silvestro li tolsero vintiuno ducato doro, et de puoy fo rescosso (gli fu fatto pagare) indebitamente et pagò fiorini doro novanta, siché in tucto li vendero (vennero) pagati (fatti pagare) fiorini doro cento undici. Et poiché lo dicto Damiano contra omne debito de justitia fo preso et rescosso, per levare via omne inconvenientia de non potesse (che non debba) intra voy et nuj sequire (derivarne), affettuosamente ve pregamo ve piaccia dare opera effectiva che li dicti Angelello et Silvestro restituiscano li dicti cento undici fiorini ad lo dicto Damiano o se per altro modo ve paresse de provedere si che al dicto Damiano sieno restituiti li dicti cento undici fiorini doro, et dove (se) questo non facessete, ve advisiamo che nuj, da rascione (buon diritto) costretti, non potremo denegare la justitia ad lo dicto Damiano, ciò è che ad sua petitione per li dicti cento undici fiorini non li concedessimo le reprensaglie contra delluomini et beni de quelli da Tigliano (sic), servata la forma de li nostri statuti. Piacciave respondere de vostra intentione per lo presente messo. Parati ad omnia grata vobis". (Pronti ad ogni vostro piacere)".
Chi ha orecchie da intendere, intenda! (2007)
9 - Il 9 Ottobre 1502 viene convocata l’assemblea generale dei cittadini (“concione, sive cerna”), presenti anche le magistrature cittadine, per trattare su di un pressante argomento di interesse pubblico. L’Anziano Ser Eliseo Nacci espone: “quia multe gentes ursine sint coadunate in agris perusino et tudertino et, ut nobis numptiatum est, minantur multa mala nostre Civitati” poiché è giunta notizia che molte genti (armate) degli Orsini siano assembrate nei territori di Perugia e di Todi e, come è stato riferito, sembra stiano minacciando molte sventure per la nostra Città, si chiede che “provideatur publice saluti et detur modus pro pecunijs inveniendis expendendis pro necessitatibus Communis” si provveda alla pubblica incolumità e si cerchi il modo di trovare il denaro occorrente a far fronte alle necessarie difese della Comunità. Il cittadino Ser Ugolino Cresciolini propone che, accertato che dette genti armate siano nemiche anche nei confronti del papa, (altrimenti non sarebbe possibile toccarle!) “mittatur unus currerius romam ad R.mum D.num Cardinalem Salernitanum, nostrum viceprotectorem” che s’invii un corriere a Roma, al Cardinale Salernitano, nostro comprotettore, nonché ad altre personalità amiche, cui si spediscano lettere, “ut reddamus certiores quid nobis agendum sit et interea die noctuque fiant vigilie et excubie in magno numero et speculatores mittantur in loca consueta ac exploratores in castra inimicorum ursinorum” per sincerarsi sul comportamento da tenere ed, inoltre, che, sia di giorno che di notte, vengano appostate vedette e sentinelle in gran numero e si inviino guardie nei soliti luoghi ed esploratori nei Castelli nemici degli Orsini e, “pro inveniendis pecunijs, imponatur imprestantia” per il reperimento di fondi, si imponga un prestito (forzoso). Propone, inoltre, che gli Anziani nominino 4 o 5 banderari o altri cittadini “ad curam et custodiam Civitatis” per provvedere alla tutela ed alla custodia cittadina. Altre proposte simili vengono formulate da Gabriele Ludovici, Angelo Antonio Geraldini, Cristoforo Cansacchi e Giovanni Pellegrini.
Lo stesso giorno, gli Anziani procedono alla nomina di cinque cittadini “super custodia et cura civitatis”, nelle persone di: Ser Rainerio di Gerolamo, Ser Riccardo Geraldini, Tiberio di Ser Arcangelo, Anselmo Cascioli e Antonaccio Petrignani. Sulla custodia notturna, vengono eletti David Perotti e Bernardino di Stefano di Giovanni Grandi, con un compenso per ciascuno. Infine, “super artigliarijs et munitione Communis”, si eleggono Giovanni Gacciola e Averardo Picci, “sine salario”, senza alcuna retribuzione. (2010)
9 - Corre voce che il papa (Clemente VII) passi per Amelia, nel recarsi a Terni. Già fin dal giorno 6 Ottobre 1529 si era proceduto alla nomina di una decina di “spectabiles viros”, deputati “pro recipiendo eum honorifice” per riceverlo con tutti gli onori, ed erano stati a ciò designati Nicolò Racani, Federico Cansacchi, Nicolò Piergiovanni, Angelo Ceracchini, Onofrio Geraldini, Stefano Sandri, Annibale Archileggi, Vincenzo Crisolini, Gerolamo Laureli, Teodoro Mandosi e Pirro Vatelli ed un’altra decina di “nobiles viros” erano stati, del pari, eletti “ad assistendum” per assisterlo, nelle persone di Antonio Mandosi, Laurelio Laureli, Deimo Nacci, Luca Petrignani, Aurelio Boccarini, Giovan Battista Moriconi, Pompilio Geraldini, Pierfrancesco di Alberto Racani, Giovanni Antonio e Dardano Sandri. Inoltre, erano stati eletti depositari dei fondi finanziari “pro sumptu agendo in adventu prefato summi Pontficis”, necessari per le spese da affrontare in occasione della venuta del papa, Ser Tommaso di Ser Taddeo Artemisi e Delio di Perlenzio Vezi.
Era tutto pronto per un simile straordinario evento, quando, tre giorni più tardi, il 9 Ottobre, “habetur novum certum, hoc sero summum pontificem in urbe hortana hospitari, et crastino mane tendere jnteramnam” si diffonde la notizia sicura che questa sera il papa è stato ospitato ad Orte e domani mattina partirà per Terni e, “ut fama volat” come è corsa notizia, “mutasse sententiam pro hac vice ingredi civitatem Amerinam” sembra che il pontefice abbia per questa volta cambiato parere e, quindi, non verrà più ad Amelia. L’affare, quindi, si ridimensiona e si propone che “vere congruum et sanum esset ad eum destinare oratores cum aliquo munere, ne ingrati erga dominum videamur” sembri cosa buona e saggia inviare al papa oratori con qualche donativo, per non sembrare ingrati nei suoi confronti. Si nominano, quindi, Laurelio Laureli e Federico Cansacchi “qui tendant Jnteramnam cum munere infra annotato” che vadano ad incontrare il pontefice a Terni con i doni sotto descritti, “elargiendo prefato S.mo D. n.ro nomine communis Amerinj cum eis gratis verbis quae deus in cordibus infundat eorum pro commendatione et benivolentia Amerine rei publice” da offrire al papa a nome della Comunità di Amelia, insieme a quelle parole che Iddio susciterà nei loro cuori per raccomandare e chiedere benevolenza nei confronti della Città “et res pro prelibato munere sint iste, videlicet” e le prelibatezze da offrire in regalo siano le seguenti, cioè:
Ventiquattro scatole di confetture (fra cui si notano il coriandolo e l’anice, per un totale di 33 libbre);
Marzapani (“octo di peso de libre sidici”);
Cera (“Jn torcie sidici di peso de libre cinquanta”, oltre ad “octo ... facolocti di cera, di peso de libre octo”)
Vitelle (“Jtem vitelle doi de lacte”)
Castrati (“Jtem castrati sei”)
Turdi (“Jtem turdi cento”)
Pollastri (“Jtem pollastri pari dicissepte”)
Capponi (“Jtem capponi cinque”)
Vino (“Jtem some doi de vino in barili et fiaschi nove di varie sorte de vino”).
Con tutta questa grazia di Dio, gli oratori designati, il 10 Ottobre, si presentarono a Terni “ad pedes summi pontificis” ai piedi del papa, “a quo benigne recepti fuisse” dal quale furono benignamente ricevuti (avrei voluto vedere il contrario !).
Il successivo giorno 11 nelle riformanze viene data notizia del ritorno degli oratori, che, “coram magnificis d.nis Antianis numeroso civium cetu comitatis” presentatisi dinanzi agli Anziani, accompagnati da un grande stuolo di cittadini, riferiscono che “munus S.ti sue pergratissimum fuisse, variaque dulci melle referta verba ad Amerine rei publice beneficium a sua B.ne recepisse, quam deus optimus maximus augeat ad salutem” l’omaggio fu assai gradito da Sua Santità, e molte parole dolci come miele nei confronti ed a beneficio della Città di Amelia vennero pronunziate da Sua Beatitudine, che Dio accresca e conservi a lungo in buona salute (magari non soltanto a spese degli Amerini!). (2011)
9 - Il 9 Ottobre 1327 viene ascoltata la richiesta presentata “per Ser Petrum de Tuderto officialem dampnorum datorum petentem sibi de gratia speciali remicti quod non teneatur habere equum in dicta Civitate toto tempore sui offitij, cum ad executionem eorum que habet facere paulum utile videatur” da Ser Pietro di Todi, ufficiale dei danni dati, il quale chiede -per grazia speciale (!)- che non sia tenuto ad avere un cavallo per tutto il periodo del suo ufficio, perché alle esecuzioni che è tenuto a fare, risulta essere poco utile e poiché al mantenimento dell’animale deve provvedere a sue spese, “ipse nolit remictere de suo salario” lui non se la sente di rimetterci una parte del suo salario. Francesco di Nicola propone che la questione sia risolta dagli Anziani. Sparagnino Ser Pietro! (2014)
10 - Gli Anziani, sotto la data del 10 Ottobre 1527, “preceperunt et mandaverunt Antonio Salvati Pelacche genero Benedicti Crocule quod debeat exercere officium banderariatus pro dicto Benedicto infirmo” comandarono e diedero incarico ad Antonio Salvati Pelacca, genero di Benedetto Crocola, di esercitare l’ufficio di banderario al posto del Crocola, caduto ammalato, comminandogli la penale di 50 ducati in caso di rifiuto.
Nel maggior consiglio dello stesso giorno, viene ascoltata la relazione di Camillo Vatelli e Stefano Sandri, oratori inviati ad Orazio Baglioni, per sollecitare la sua protezione della Città:
“Prefatus dominus Horatius petit et requirit ... quod mictantur ad eum homines habentes auctoritatem eligendi ipsum in protectorem huius civitatis” Lo stesso Orazio chiede che gli si inviino persone autorizzate ad eleggerlo protettore della Città “a qua nihil aliud vult nisi quod promictant sibi fidelitatem pro s.ta romana ecc.a et pro liga confederata cum prefata s.ta romana ecc.a” dalla quale null’altro pretende se non la promessa di fedeltà a lui, alla Chiesa di Roma ed alla lega stretta con essa “et ipse d.nus Horatius pro veteri amicitia quam habet cum hac nostra communitate promictit quod milites sancte lighe non molestabunt neque se immictere curabunt in hanc nostram civitatem vel eius districtus” ed il Baglioni, per la vecchia amicizia che ha con la comunità amerina, promette che gli armati della lega santa non la molesteranno, né si intrometteranno nelle sue poprie faccende. “Immo homines, bona et animalia eiusdem defendere, protegere et manutenere” Pertanto, s’impegna a difendere e proteggere i suoi uomini, beni e bestiame “et si opus fuerit mori pro defensione huius civitatis et eius districtus” e, se sarè necessario, dare la propria vita per la difesa della Città e suo distretto. Ma non sarà chiedere troppo?
Infine, Claudio Riccardi, che accompagnò dal Baglioni Camillo Vatelli, chiede di essere risarcito della perdita di un cavallo del valore di sedici ducati d’oro, avendo subito il danno “pro servitijs communitatis” durante un servizio reso alla comunità. Gli viene concesso. (2008)
10 - Le monache dei monasteri di Amelia versano nella più grave indigenza ed il Vescovo Mons. Graziani “decrevit quod moniales Civitatis Amerie exint a monasterio ad perquirendum elemosinas tam in Civitate quam in territorio” ha disposto che possano uscire per la questua in Città e nel territorio. Il consiglio decemvirale del 10 Ottobre 1593 se ne preoccupa, in quanto “unquam fuit observatum” mai si era visto “quod moniales egrediantur extra monasterium” che le monache uscissero dai loro monasteri. Si decide “che domattina li Signori (Anziani) faccino chiamare il Consiglio del X delle quattro scritte, per ragionare del sopradetto negotio et chi non ci verrà si mecta al libro delli spechi per uno scudo”. Nella riunione del dì seguente, il consigliere Cecco Petretti propone “che li Signori Antiani elegessero quattro homini li quali sopra tal fatto avessero autorità di trattare provedere e risolvere et tutto quello che sia necessario per remediare che le monache non eschino del monastero”. Un altro consigliere, Prospero Cansacchi, propone, più realisticamente, “che si faccia una lista di tutti li parenti delle monache et altri et richiederli à far un poco di imprestanza per ciascuno per sovenire li monasteri che non si morino di fame che questa sarà ottima strada che le monache non eschino”. Nel contempo, “gli Antiani faccino raddunare tutti li Santesi per haver minuta informatione delli bisogni delli suddetti monasteri per occorrere alli loro bisogni et intanto mandar a pregar Mons. Vescovo che voglia far chiamare le monache che sono uscite alla cerca et ordinare che non eschino più perché si tratta di sovenirle nel modo detto di sopra”. La proposta del Cansacchi ottiene l’unanimità dei voti.
Si ha la vaga impressione che la sollecitudine degli amministratori di Amelia di quei lontani giorni, circa la difesa del buon nome delle monache, superasse addirittura quella dello stesso Vescovo, anche se quest’ultimo avesse probabilmente privilegiato l’aspetto pratico della vicenda. (2009)
10 - Il 10 Ottobre 1562 il consiglio dei X deve interessarsi di esaminare, fra l’altro, la supplica, di cui è stata data lettura, presentata da Patacchia e Marco suo figlio, “pro pena occisionis et humationis suis (sic) domini Prosperi Cansacchi” per la pena loro comminata per aver ucciso il padrone Prospero Cansacchi ed averne sotterrato il cadavere. Nel Consiglio delle Quattro Scritture, riunitosi lo stesso giorno, Ser Gerolamo Nacci –“annosus et facundissimus vir patrieque assertor” uomo maturo, di grande eloquenza e difensore della patria- propone “quod attentis in illis narratis et concordia inita cum parte damnum passa, solutis per eumdem et eius filium tertiam partem librarum ducentarum inter ambos generali Camerario communis, de reliquo fiat et concedatur et mandetur ut petitur” che, visto quanto narrato nella supplica e considerato che hanno avuto buona pace con la parte offesa (nel corso di una seduta spiritica?), dopo il pagamento della terza parte di duecento libre fra entrambi, da effettuarsi al Camerario comunale, si conceda loro quanto richiesto. Anche se non si conosce in cosa consista tale richiesta effettuata dai due uccisori nella loro supplica, sembra che costoro se la siano cavata piuttosto a buon mercato, pur volendo considerare gli argomenti che il “facundissimus” Ser Gerolamo Nacci avrà potuto sfoderare in loro difesa!
Successivamente, si esamina la richiesta di un immigrato da Siena, della quale è stata già data lettura in Consiglio: “Sanus Senensis rogat sibi concedi jmmunitatem prout in precibus perlectis” un tal Sano senese chiede che gli venga accordata immunità fiscale. Il consigiere Delio Vezio –“providus vir”- “inquit quod si constiterit dominis Antianis quod nihil possideat de suis stabilibus bonis nec sue uxoris, fiat exemptus” propone che se agli Anziani sarà risultato che né Sano, né sua moglie possiedano beni stabili, gli si accordi la richiesta esenzione; “si vero aliquid in bonis habet sue uxoris, fiat tantum exemptus a dativis domini potestatis” se, invece, sarà stato accertato che possiede (e gestisce) qualche proprietà della moglie, sia esentato dal pagamento della sola imposta a favore del Podestà: “ahi che guaio è la muglièra!
A distanza di 34 anni, il 10 Ottobre 1596 in consiglio si discute di due argomenti assai diversi fra loro, il cui ordine di trattazione potrebbe lasciare alquanto sconcertato il lettore, se –come si dovrebbe presumere- fossero stati posti in esame secondo l’importanza del loro contenuto.
Il primo punto, infatti, è stato formulato come segue: “Marcho di Casciola ha fatto un boschetto nelli benj della comunità in luogo detto pozo merlo et il sig. Vicario gli ha fatto un precepto ad istantia del Clero che non debba intrare in detto luogo, et poi l’ha fatto carcerare; quid agendum (cosa si deve fare?)”.
Il secondo argomento così recita: “Questa mattina è stato amazzato Giovanni de Nicola Studiosi et il sig. potestà non si trova nella Città … (secondo il suo segretario, sembra sia andato a Montoro, ma il Vicario dice che si sia recato a Roma); quid agendum”.
Da quanto sopra, si sarebbe portati a pensare che il boschetto di Pozzo Merlo –anche ai nostri giorni uno del posti di caccia migliori dell’Amerino- rivestiva, per i nostri predecessori di oltre quattro secoli or sono, un’importanza maggiore di un morto ammazzato! (2012)
10 - Nel consiglio generale del 10 Ottobre 1391 i lugnanesi Nallo di Maestro Paolo, Maestro Antonio di Giacomo e Ser Quirino di Maestro Caffarino chiedono la cittadinanza amerina “cum honoribus et honeribus (sic) quos et que recipiunt et subeunt alij qui recipiunt stantiantur et sunt cives amelienses” con tutti gli onori e gli oneri che ricevono ed a cui si sottopongono coloro che accettano, si considerano e sono cittadini amerini. Il consigliere Ser Paolo Jacobuzi propone che venga loro concessa la cittadinanza “et in libro ascribantur” e siano iscritti nel libro dei cittadini. La proposta viene approvata con 42 voti favorevoli e quattro contrari. (2014)
10 - Ad Amelia infuriava la peste ed il Rettore di S. Proculo di Valle, prete Evangelista Flollani ed il Rettore di S. Angelo, prete Nicolò di Giacomo Morelli si erano dileguati da circa due anni. Il 10 Ottobre 1468 il Vescovo Ruggero Mandosi si sentì in dovere di provvedere, “maxime pro nunc propter pestem dicta de causa ipsi parochiani propter charentiam dictorum Rectorum multas et infinitas querelas fecerunt ipsi domino Episcopo pro eo quia in extremitate vite aliqui dictorum parrochialium non potuerunt habere sacramenta ecclesiasticha” in particolare perché, a causa della peste, la mancanza dei rettori aveva suscitato molte rimostranze fra i parrocchiani, i quali, in molti casi, non avevano potuto usufruire dei sacramenti in punto di morte. Il Vescovo conferisce le Rettorie a prete Arcangelo di Giovanni, detto Malintoppi, con l’incarico di conferire una rettoria al Canonico Pauluccio dì Andrea. L’atto fu rogato “in cellario” nella dispensa della casa di Santoro Mandosi, forse nella speranza che lì non vi arrivasse la peste! (2015)
10 - Il venerabile religioso e Cavaliere Gerosolimitano Andrea di Acquasparta, Commissario di Padre Cherubino, minore dell’Osservanza di S. Francesco e Commissario Apostolico, il 10 Ottobre 1480, da una cassetta in cui erano conservate le offerte per la Crociata, posta nella Chiesa di S. Fermina, estrae quattro ducati e cinquanta libre e ne fa la consegna al pubblico mercante Pietro Ciardi, quale depositario e cassiere. Siccome il Guardiano di S. Giovanni Battista è deputato a predicare a favore della Crociata in alcune città ed, a tal uopo, ha bisogno di un somaro come cavalcatura, così al Ciardi è data facoltà di spendere la detta somma, ricevuta in deposito, nell’acquisto di un asino, col patto che, se spenderà di più, ne verrà rimborsato. In effetti, l’asino venne acquistato da Matteo Cicchi, sindaco degli Osservanti, e costò cinque ducati. (2015)
11 - Nella seduta consiliare dell’11 Ottobre 1551 vengono esaminate numerose suppliche presentate per lo più da persone condannate a pene pecuniarie, fra le quali troviamo Giovanni alias Travaglino, Gentiluccia di Montecampano, Francesco di Graziola, Gerolamo Spadaccini, Basilio Ciuchi, Stefano Schiattoli, Candia Strappaglia, Roberto alias Canale, Antonio di Collazzone, Benedetto da Camerata, Battista Nicolò Ciuchi, Stefano Venturelli ed altri. Il consigliere Gerolamo Nacci chiede che venga loro ridotta la pena, per lo più ad una terza parte, facendo loro grazia del residuo.
Si esamina anche la petizione di Calfurnio Mandosi, condannato, secondo le risultanze del registro dei malefizi (reati), a pagare 30 fiorini, 50 libre e 40 soldi, per un reato da lui commesso ai danni di qualcuno. In considerazione della riconciliazione dallo stesso avuta con l’offeso, anche a lui viene concessa la riduzione ad un terzo. (2008)
11 - Il giorno 11 Ottobre 1388 viene presentata in consiglio, alla presenza del Vicario Francesco Leonardi e degli Anziani, una supplica, da parte del “fidelissimi servitoris Marij Jacobucj de Amelia” fedelissimo servitore Mario Jacobucci di Amelia, il quale espone che “iam sunt duodecim anni elapsi et ultra” nella Città di Spoleto, da oltre dodici anni, gli vennero sottratti alcuni libri per il peso di una salma, (“certi libri ipsius seu salma librorum”), nonché altre scritture e vari panni, da un tal Giovanni Gezi di Norcia, con il pretesto (“sumpta occasione”) che detto Giovanni avesse mutuato -secondo quanto affermava (“ut dicitur”)- a nome del Comune di Amelia, a Pietro Petrucci, Angelello Celli, Antonio Tomassi e Polliuccio di Ser Giacomo di Amelia e loro soci cento fiorini d’oro, da impiegare “in utilitatem dicte Civitatis” per utilità della città di Amelia e che gli stessi avrebbero promesso di restituire e non restituirono al detto Giovanni, il quale, “nomine represaliarum” a titolo di rappresaglia, aveva effettuato detta sottrazione al povero Mario, che non ne aveva alcuna colpa (“nulla culpa ipsius Marij”). Il consigliere Piergiovanni di Giovanni propone che quanto sottratto a detto Mario avvenne “indebite et iniuste” indebitamente ed ingiustamente e lo stesso “extrahatur indempnis” ne sia conservato indenne e che venga inviato un messo a Giovanni (“quod mictatur ad dictum Johannem unus numptius”) con una lettera del Comune, invitandolo a venire a trattare con gli Anziani. La proposta viene approvata con 39 voti favorevoli e cinque contrari. Tanto Mario può aspettare altri dodici anni! (2014)
11 -- L’11 Ottobre 1393 vengono presentate dinanzi al podestà ed agli Anziani alcune suppliche; una, da parte di Paoluzio, altrimenti detto Carosio, di Macchie, condannato a pagare dodici libre, per aver recato danno ad una proprietà di Ser Beraldo Andreuccoli, nonché ad altre venti libre, soldi dieci e tre denari, per essere stato trovato a recar danno con 34 capre e 70 pecore in un terreno di Fermuzio Lelli. Si protesta “pauperrima persona et nihil possidens” persona poverissima e che nulla possiede (e le capre e le pecore?) e chiede di venir trattato “benigne” ed “amore dei cum supportabili compositione” con una ragionevole benignità e sopportabile pena.
Altra supplica è quella del “pauper et miserabilis homo petrus presbiter paulj de Amelia”, povero e miserrimo prete amerino Pietro di Paolo, il quale “dicit et exponit ad eius notitiam pervenisse se fuisse condempnatum per Ser petrum ... notarium dampnorum datorum dicte civitatis, in quantitate sex librarum denariorum perusinorum ad reclamationem Johannis Bucciarellj, conductoris unius petij terre Ecclesie ameliensis pro eo quod dicitur dictum petrum combuxisse unam sepem cum una vite et unum ramum ficus existente in dicta sepe de dicta poxessione quam tenet dictus Johannes ... et rei veritas sit ipsum petrum ipsam sepem non combuxisse studiose, set ex casu; ex qua combuxione dictus Johannes nullum dampnum recepit nec ipsa terra in aliquo deteriorata est, ymmo potius ipsa vitis que combusta dicitur non est in dicta terra dicte Ecclesie sed in via communis” espone di essergli stata notificata condanna da parte di Ser Pietro, Notaio dei danni dati, a sei libre di denari perugini, ad istanza di Giovanni Bucciarelli, che gestisce un pezzo di terra della Chiesa amerina, per aver bruciato una siepe e, con essa, una pianta di vite ed un ramo di un fico ivi esistente ed, in verità, esso prete Pietro non abbia bruciato dolosamente detta siepe, ma soltanto inavvertitaamente e che, da detta combustione, Giovanni non abbia ricevuto alcun danno, né il terreno ne sia restato svalutato ed, inoltre, che detta vite che si pretende bruciata, non troverebbesi nella terra della Chiesa, ma lungo una via comunale. Chiede, quindi, di venir totalmente scagionato “ne ipse petrus recipiat iniustitiam” per non dover subire lui un’ingiustizia. Se il danno lo ha subito il Comune, poco male è! (2014)
11 - L’11 Ottobre 1473 Mons. Angelo Geraldini, Vescovo di Suessa, fatta riportare e trascrivere dal notaio Nicolò Narducci copia della Bolla di Callisto III del 29 Maggio 1456, con la quale a Matteo di Angelo Geraldini ed ai suoi discendenti maschi si conferiva il titolo di conti palatini, con relativi diritti e privilegi, legittima Ilioneo e Silvio, figli naturali di suo fratello Battista. (2014)
12 - Il 12 Ottobre 1815 venne data comunicazione ai Signori Priori di Amelia, da parte dell’Amministratore Camerale di Spoleto, che la Sacra Congregazione del Buon Governo aveva disposto, a favore del concittadino Ippolito Fossati, lo sgravio sul pagamento della Dativa Reale corrispondente alla somma di scudi 224, “di cui si è riconosciuto giusto doversi minorare l’Estimo Catastrale (sic!) del Fondo Voc. Le Pozzariche, che il suddetto possiede in cotesto Territorio”.
In tempi come i nostri, in cui i carichi fiscali aumentano a getto continuo, consoliamoci che, almeno nel passato, vi sia stata qualche lodevole eccezione! (1997)
12 - Con la scoperta del Nuovo Mondo da parte di Cristoforo Colombo e lo sbarco effettuato il 12 Ottobre 1492, si fa convenzionalmente coincidere la fine del Medio Evo.
Mentre maturava tale epocale avvenimento, in Amelia, lo stesso giorno, molto più modestamente, tal Raniero di Francesco di Giovanpaolo si aggiudicava l’appalto della gabella del macello, effettuando l’offerta vincente di 145 ducati. (2010)
13 - Nella seduta consiliare del 13 Ottobre 1473 si decide di sistemare il lupanare in un luogo alquanto appartato della Città e di proibire alle “pensionanti” di intrattenersi in alberghi e osterie, per evitare che “mulieres honeste et nobiles”, di passaggio per colà, “cogentur videre ea que cum summa lascivia et libidinosa turpitudine cum juvenibus meretrices agunt” cioè, in parole povere per evitare alle “mulieres honeste” di vedere come si comportano con i giovani “quelle signore”. Forse per impedire che venga loro in mente di praticare qualche nuovo sistema di divertimento? (1999)
13 - In data 13 Ottobre 1464 si rende noto che "cum Domini Antiani habuerint notitiam et fuerunt advisati quod dominus Nicolaus de Piccolhominibus de Senis et Angelus olim castellanus Narnee" poiché gli Anziani ebbero notizia (anche se essi erano bene a conoscenza, assai più che per notizia avutane, come eufemisticamente si dice!) che Niccolò Piccolomini di Siena ed Angelo, già castellano di Narni (entrambi nipoti del papa Pio II, venuto a mancare il 15 Agosto) "extorserunt multas pecuniarum quantitates et bona a communi Amerie indebite et iniuste super emptione Castrorum Canalis et Lacuscelli" avessero sottratto indebitamente ed ingiustamente notevoli somme e beni al Comune di Amelia, nell'acquisto dei Castelli di Canale e Lacuscello durante il detto pontificato del Piccolomini, essendo stati ora esortati dal nuovo papa Paolo II (il veneziano Pietro Barbo) a richiedere che i due Piccolomini vengano sottoposti a sindacato "super extorsionibus per ipsos et ipsorum quelibet facte contra ipsum commune" in merito alle estorsioni subite dal Comune da parte di ciascuno di quei due, vengono dal Consiglio generale nominati, in veste di "sindicus et procurator" Ser Abel Ser Pauli et Elias", con piena facoltà di richiedere giudizialmente ai due Piccolomini la restituzione di quanto da essi maltolto al Comune "et expense fiende in dicta causa sint approbate auctoritate presentis consilij" e le spese per la causa siano considerate autorizzate dalla stessa delibera. Non si sarà certi di riavere i denari sottratti, ma di sicuro, intanto, se ne dovranno spendere degli altri! (2007)
13 - Nel consiglio decemvirale del 13 Ottobre 1492 vengono esaminate alcune suppliche.
La prima è presetata da Cappelletto Albanese, probabilmente un oste, “habitator amerie qualiter per curiam presentis domini potestatis fuit carceratus et vincolatus eo quod receptaverit in domo aliquos qui luserunt ad ludum prohibitim” abitante in Amelia, carcerato e posto in vincoli dalla curia del podestà, per aver ricettato presso di sé alcuni giocatori ad un gioco proibito “et a dictis carceribus liberari non potuit nisi promiserit solvere penam incursam secundum formam statuti” e non poteva venir liberato dal carcere, se prima non avesse promesso di pagare la pena prevista dallo statuto per tale reato. Cappelletto si difende dicendo che “si talia facta sunt in eius habitatione, fuerint et sunt preter et contra eius voluntate facta et perpetrata et ipse inscio et ignorante quia non potest continuo adesse hijs qui ad eius domum confugerint ad comedendum et bibendum” se tali cose sono state commesse nel suo locale, lo furono a sua insaputa e contro la sua volontà, non potendo egli stesso essere sempre presente e vedere quelli che vengono ivi ospitati a mangiare e bere. Il maggior consiglio del dì seguente delibera di condannare sia Cappelletto, quanto coloro che erano stati a giocare nel suo locale, a pagare mezzo ducato ciascuno e, del residuo, sia fatta grazia.
Altra supplica viene presentata da “Jaco de Jeronimo et Joanni suo figliolo che conciossia cosa che dicto Joanni sia stato condannato per la corte del presente podestà in libre cinquecento de denari una con Joanni de mario Cinquino per casione che se dice havere carnaliter (carnalmente) cognosciuto el figliolo de Augustino da rosaio, in loro contumacia, del que luj è totaliter (totalmente) alieno et perché non possendose defendere in la corte del podestà, li è stato necessario appellare allauditore de Camera. Ma essendoli molesto piatire (cioè avere questione) con la sua Comunità, più presto vole recurrere ad misericordia de la sua Comunità, che vencere. Pertanto supplica che, attenta la sua jnnocentia, quelle se degnino de dicta condemnatione fare a luj quella medesima gratia (che) è stata facta alli dì passati ad dicto Joanni de mario Cinquo suo compagno, jn pari casu condennato in questa medesima quantità, la quale fo reducta et taxata ... ad ducati cinque, como che è conveniente et justo che in pari casu non sit exceptio personarum (non vi sia disparità di trattamento), essendo maxime luno et laltro bono servitore de questa Magnifica Comunità, el que benché sia justo, tamen (tuttavia) lo receverà ad gratia singulare”. La supplica viene accolta e l’accettazione della condanna sembra lasciare molti dubbi sulla protestata innocenza di Giovanni di Girolamo, che preferisce accettare una condanna infamante, piuttosto che litigare con la Comunità! (2010)
13 - Nel consiglio decemvirale del 13 Ottobre 1470 vengono presentate alcune suppliche da parte di persone oppresse da grande miseria.
Una è esibita da Cristiano di Cola, il quale, “cum sit miserabilis persona et sibi sit necesse sedulo” definendosi persona miserrima, dice di avere immediata necessità di venire soccorso e che gli venga concesso “quod ipse non teneatur ad solutionem dativarum preteritarum et de futuris per aliquos annos” di non essere tenuto al pagamento delle imposte pregresse e di venirne esentato per qualche anno in avvenire, altrimenti “necesse esse” gli sarebbe necessario “peregrinare vitam suam et sue familie” andar ramingo insieme alla sua famiglia; si rivolge quindi agli Anziani “tanquam ad fontem pietatis” come ad una fonte di pietà, che gli venga concessa la richiesta esenzione.
Altra supplica è presentata “per parte deli vostri fidelissimj servitori francisco et soi fratelli già figlioli de Antonio de Marcuccio, concio sia cosa che loro siano remasi senza patre et siano in grandissima povertà como ad ogne persona è noto et non possono la loro vita senza grandissimo affanno et molestia condurla. Perla quale cosa dommandano ale V. M. S. per intuito de pietà et de Misericordia sedigneno farli qualche imonità per quello tempo piacerà ale V. M. S. lequali laltissimo dio conserve in felicissimo stato”.
Nel maggior consiglio riunitosi il giorno appresso, tanto a Cristiano di Cola “pauperrima persona et sine domo et terris” persona poverissima, senza casa né proprietà, quanto ai figli di Antonio di Marcuccio, che “sint nedum pauperes set mendici” non solo sono poveri, ma addirittura mendicanti, vengono rimesse le imposte passate e viene fatta loro esenzione totale “per quinque annos” per i seguenti cinque anni. (2011)
13 - Il 13 Ottobre 1520, con atto rogato dal notaio Francesco di Cristoforo, il Vescovo di Potenza, Giacomo Nini, dona al proprio figlio adottivo Giambattista case e terreni di sua proprietà, siti in Amelia. (2014)
14 - Nel maggior consiglio del 14 Ottobre 1464 viene presa in esame la supplica presentata già dal giorno innanzi da Filippo di Giovanni Goliata di Amelia, nella quale lo stesso espone "che luj per la sua mala ventura sia venuto in grandissima povertà et habia sette bocche ad (da) governare per modo che luna non po aiutare laltra et habia etiam (anche) una figliola grande apta ad maritare et non habia de que (come provvedere) et sia costrecto per la sua miseria et povertà partirse de (da) questa terra el que (che) fa tanto mal volentieri quanto cosa potesse fare in questo mondo perché vorria vivere et morire sotto lale (le ali) de V.M.S. El perché (Per tale ragione) con fedeltà domanda ad esso fare qualche immunità et gratia de date (dative, imposte) et incarchi del comune che per lavenire currerando (verranno applicate) per qualche tempo ad beneplacito de le V.M.S. et questo domanda doverlise fare de vostra solita benignità et gratia speciale le quale (Signorie) laltissimo dio conservi ad vota (bene augurando)".
Il Consiglio, "actenta eius paupertate" considerata la povertà del supplicante, la sua numerosa e gravosa famiglia e la figliola da maritare, delibera che gli venga fatta grazia per due anni di ogni imposizione "pro foculari". Magari non sarebbe stato male aggiungervi l'esortazione a non mettere al mondo altre bocche da sfamare! (2007)
14 - Il momento è assai grave, “cum hostes sacre regie maiestatis et nostri toto conamine toto eorum desiderio ad posse instruunt Civitatem Amelie cum comitatu funditus extirpare” poiché i nemici della sacra regia maestà e nostri, con ogni sforzo e con grande loro desiderio si apprestano ad estirpare dalle fondamenta la Città di Amelia e suo contado. Il 14 Ottobre 1413 l’attualità del pericolo è all’ordine del giorno ed occorre pensare alla difesa della Città e dei Castelli. “Et servari incolumes non speratur nisi provideatur consultui in conducendo pedites ad istius communis stipendia pro nostra et Civitatis et castrorum defensione et solertiori custodia”, ma non si può sperare nella incolumità, se non si provveda, con una deliberazione, ad allestire un corpo di soldatesche al soldo del Comune, per la difesa e la solerte custodia della Città. “Qui pedites absque denariorum copia instantissime reperienda nequeunt invenire” ma i soldati non possono venir trovati senza una gran copia di denaro, da ricercare con la massima rapidità. “Unde ad evitandum pericula in que possemus incurrere nisi celerius occurratur unde veniant denarij in communi pro stipendijs conducendis” quindi, per evitare i pericoli in cui può incorrere la Comunità, è necessario reperire i soldi occorrenti al Comune per il pagamento dei loro stipendi.
Nel maggior consiglio del dì successivo, si propone che “Baptista petri pauli et Archangelus ser dominici” che avevano in corso un processo ed il sequestro dei beni per qualche grave reato di cui si erano resi colpevoli, “solvant in communi quatringentos florenos auri, videlicet Baptista petripaulj centum aureos et archangelus ser dominici tricentos solvere teneantur” versino nelle casse comunali 400 fiorini d’oro e, precisamente, Battista di Pierpaolo sia tenuto a versarne cento e Arcangelo di Ser Domenico trecento “et hoc facto ex sola misericordia et intuitu pietatis auctoritate presentis consilij parcatur eis vita et cassetur processus ipsorum et suorum filiorum cum eorum restitutione bonorum” e, a pagamento avvenuto, soltanto in virtù del senso di misericordia e di pietà (ma vi andrebbe aggiunto: grazie all’urgente bisogno di denari!), con l’autorità derivante dallo stesso consiglio, sia loro fatta grazia della vita, sia annullato il procedimento esistente a carico di essi e dei loro figli e vengano loro restituiti i beni sequestrati.
Certamente Battista e Arcangelo dovevano averla fatta grossa un bel po’!
La situazione di estrema gravità cui si riferisce la delibera doveva derivare dal particolare periodo storico del momento, in cui l’antipapa Giovanni XXIII si accingeva a fortificare ulteriormente il Vaticano, costruendo il “passetto” di collegamento con Castel S. Angelo, in previsione di quanto aveva in animo di compiere il re Sigismondo, nuovo pretendente alla corona imperiale, che, dalla Germania, tuonava, a nome della Cristianità, che la situazione dello scisma d’occidente era divenuta ormai intollerabile con tre pontefici in carica. Infatti, il 9 dicembre dello stesso anno, avrebbe convocato quel concilio di Costanza, da cui sarebbe derivata la soluzione dello scisma, con l’elezione di Martino V. (2009)
14 - Il 14 Ottobre 1408 il notaio Francesco Celluzzi stipula “in arcu seu Loya S. Marie de porta, supra scalas” nella chiesa di S. Maria di Porta, esistente sopra la scala e la loggia (dei Banditori) un atto di quietanza di sei fiorini d’oro che Bartolo Angelocci ha ricevuto dai Canonici della chiesa amerina, per provvedere alla costruzione “unius capelle quam facere et construere promisit in dicta ecclesia” di una cappella che il Celluzzi si era impegnato ad erigere in detta chiesa. (2014)
15 - Nel XVI secolo, in Amelia, non era infrequente l’uso di porre in comune, fra persone anche di sesso diverso, tutti i beni mobili ed immobili posseduti e di dividere relativi profitti e perdite, coabitando sotto lo stesso tetto.
Ne resta documentazione nelle riformanze, nelle quali, sotto la data del 15 Ottobre 1588, vengono registrati gli accordi intercorsi -con tanto di giuramento- fra Angelus Baptiste e Angelica Bernardini e fra Mattia di Giulio Cerichelli e Samia Crucifissa.
Poco meno di un mese dopo, anche tal Cassano Milanese, fabbro ferraio, stringe analogo accordo con il cognato Francesco Bernardini.
Tali convenzioni, che dovevano poi essere sancite “ampliori forma” dalla Camera Apostolica, avevano certamente il loro fondamento nel tentativo di sottrarsi alle tasse che venivano a colpire “super foculari”, cioè ogni nucleo familiare a sé stante, indipendentemente dal numero dei componenti il nucleo stesso (la “imposta di focatico” di buona memoria).
Gli espedienti per cercare di pagare meno che sia possibile al fisco sono antichi quanto... il fisco! (1998)
15 - Nel consiglio decemvirale del 15 Ottobre 1674, al punto 7°, si legge: “Sentendosi l’insolenze che fanno i sbirri di Giove nel territorio di Amelia Voc. Piana, si deve remediare in riguardo della giurisdictione”. Si propone che gli Anzani, “parlatone prima coll’Ill.mo Sig. Governatore, scrivino e preghino il Sig. Duca Mattei che vogli rimediare a questi inconvenienti e non rimediando se ne dia parte a’ Sig.ri Superiori e si scriva a chi bisogna tante volte quante bisognerà per mantenere la giurisdictione della nostra Comunità”. (2008)
15 - Il 15 Ottobre 1474 viene letta nel consiglio decemvirale la supplica presentata “per parte dela infelice et sventurata vidua Angela moglie che fo de paulo de Francisco Tina de Amelia exponente che nela morte de paulo suo marito li sono remasti cinque figli pupilli tre maschi piccoli et due femene de quale una maritata anchor non ha hauta la dote et considerato poco et pochissimo è remaso ne la heredità de paulo et che se epsa volesse retraere la sua dote et pagare li debiti ali decti orfani non remarria niente et che epsa non vederia modo ad poterli sustentare et governare se lu suo misericordioso Commune no li fa qualche gratia de le dative da imponerse como ha facto ad chi recorse ad epso. Et como faccio jo misera almancho fino che questi figli se fanno grandi da potere guadagnare et questo lo demanda per intuitu e per lo amore de dio che ve conserve”.
Nel maggior consiglio del dì seguente si decide che “cum semper Commune misericors fuerit et inopes dicte Angele filij putentur” poiché il Comune è sempre stato misericordioso ed i figli della detta Angela siano da considerare privi di risorse, “de medio foculari gratiam et immunitatem habeant a communi, que annos sex futuros duret” si faccia loro grazia da parte del Comune della metà dell’imposta sul focolare per la durata dei prossimi sei anni. (2009)
16 - In una missiva inviata da Roma il 16 Ottobre 1799, tal Francesco Marini comunica, fra l'altro, al Conte Bartolomeo Farrattini:
"E' certissima la morte del Papa (Pio VI Braschi) nelli Stati della Francia fin dalli 26 Agosto (effettivamente avvenuta a Valence il 29 Agosto) secondo il Cardinale Antonelli (che) trovasi a Venezia e sta bene, ed in detto sito si farà il Conclave (dove iniziò soltanto il 1° Dicembre, nel monastero dell'isola di S. Giorgio Maggiore, messa a disposizione dall'Imperatore Francesco II), e perciò à mandato a prendere li Rocchetti nobili, e la Cappa pavonazza.
"Ieri è uscita una Legge che qualunque forastiere che non abbia il domicilio in Roma da due anni a questa parte, in termine di ore 24 debba partire da Roma, diversamente sarà soggetto alla Legge Militare, se non giustificarà la raggione per cui è obligato trattenersi e ciò suppongo sia stato fatto per mandar via tanti forastieri fuggiti da suoi Paesi per sospetto di giacobinismo.
"Seguirà la rintegrazione di tutti i Luoghi pij soppressi, e questa sarà una cosa buona, basta, col tempo saranno tutte le cose rimesse in sistema".
Qualcuno ci spera ancora oggi! (2005)
16 - Nel consiglio decemvirale del 16 Ottobre 1519 viene prodotta la seguente supplica:
"Supplica ad V. S. et ad questo solertissimo Consiglio la devota Compagnia della gloriosa vergine Maria de pusterla et expone che desideraria la devotione di quella imagine et per li miraculi che ha facti et fa de continuo edificare in quel loco una ecclesia over Cappella che in parte sia decente ornamento di quella devota imagine che essendo de tanta devotione sarria cosa reprensibile lassarla in cossì abiecto loco. Dimandano da questa liberalissima Comunità el torrione di sopra la porta coniuncta ala madonna che possano farce una stantia per secrestia ad tenere calici pianete et altre cose necessarie alla messa et un catalecto imperoché la prefata Compagnia ha intentione nel sepelire ad povere et ricche persone con conditione che occorrendo ad tempi suspecti la Comunità aversene prevalere ne possa disporre ad suo arbitrio etiam che bisognasse per tutela della Città scarcarla. Preterea (inoltre) in questo principio la Compagnia oratrice ha besogno di qualche aiuto se recommanda ad questa Magnifica Comunità et supplica al presente Conseglio se degni voglia degnarse farli la elemosina che li parrà comporti la facultà di questa Comunità. Pregando dio che sempre V. S. et questa Città vivano in stato de pace".
Nel consiglio generale dello stesso giorno, "vir moribus ornatissimus Aurelius Boccharinus et ipse quoque ex senatorum numero ubi rostra conscendit divino nomine invocato" Aurelio Boccarini, uomo di grande prestigio morale ed esso stesso uno dei senatori (anziani presenti), salì sulla tribuna ed ivi, invocato il nome di Dio, "super petitione Societatis dive Marie Porte pusterle consuluit concedendum esse Societati predicte turrionem supra portam ad faciendum sacrarium ut petijt" a proposito della richiesta della Società (leggi “Confraternita”) di S. Maria di Porta Posterola, espresse il parere che fosse da concedere alla detta Società il torrione esistente sopra la porta, per ricavarvi un edificio sacro, come da lei richiesto "et supra demoliatur et accomodetur ad excubias faciendas" e, nella parte superiore, si demolisca e si adatti per ricavarne un posto di guardia. "Pro elemosina autem concedatur gabella platee per annum et pecunie dentur in manibus depositarij ab ipsa societati deputandi nec in alium expendantur quam in fabrica" Per quanto riguarda, poi, l'elemosina da farsi alla Società, le si conceda il ricavato della gabella di Piazza per un anno, da darsi in mano ad un depositario designato dalla Società stessa e da spendersi soltanto per la detta fabbrica. La proposta del Boccarini venne approvata con 42 voti a favore e 6 contrari.
Da quanto sopra, si deduce che la costruzione della chiesa di Posterola, richiesta e caldeggiata dalla Confraternita di S. Maria, venne, nella seconda metà del XVI secolo, assunta ed eseguita dalla Confraternita di S. Girolamo, come consta dall’iscrizione tuttora esistente sull’architrave. (2007)
16 - Il 16 Ottobre 1621, “ad perpetuam rei memoriam. ac ad laudem et gloriam omnipotentis Dei ac Beatorum Martirum Firmine et Olimpiadis Advocatorum et Protectorum Inclite Civitatis Amerie” a perpetua memoria dell’avvenimento ed a lode e gloria di Dio onnipotente e dei Beati Martiri Fermina ed Olimpiade, avvocati e protettori dell’illustre Città di Amelia, nelle riformanze si dà notizia che “fuit fusa campana Comunis, canonicis ritibus et orationibus servatis” venne fusa la campana del Comune, osservati i riti e le orazioni canoniche, “que deinde fuit asportata in Ecclesia Cathedrali S.te Firmine eiusdem Civitatis et in die festivitatis Sanctorum Simonis et Jude” la quale venne quindi trasportata dalla Chiesa Cattedrale di S. Fermina della stessa Città, nel giorno della festa dei Santi Simone e Giuda; quindi, “Ill.mus et Rev.mus Dominus Franciscus Cenninus S. R. E. Cardinalis tituli S.ti Marcelli” l’Illustrissimo e Reverendissimo Francesco Cennini, Cardinale di S. R. C. col titolo di S. Marcello, “Clero, Magistratu et Populo astante solemniter eam benedixit”, alla presenza del Clero, delle Magistrature cittadine e del Popolo, la benedisse; quale campana, “constructa per magistrum Bernardinum ... Pedemontanum”, costruita da Mastro Bernadino Piemontese, “in campanili S.te Firmine diligenter et facillime per Magistrum Dominicum Persianum Tudertinum Fabrum murarium fuit elevata” venne alzata sul campanile di S. Fermina dal fabbro muratore Mastro Domenico Persiano di Todi, con diligenza e con la massima capacità, al tempo dell’Anzianato degli Illustrissimi Signori Roberto Cennini, Stefano Mandosi, Cav. Pietro Laurenzi Sandri e Cap. Gerolamo Cerichelli.
In calce al verbale, campeggia la sagoma della nuova campana, all’interno della quale figura anche l’indicazione del suo peso, in libre 1880. (2008)
16 - Una preziosa lettera, recentemente acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia sul mercato antiquario e già nota in letteratura, venne inviata da Cesare Borgia al Vice Tesoriere della Camera Apostolica di Perugia, Alfano de Alfanis, tramite il suo Segretario e nostro illustre Concittadino Agapito Geraldini. Essa è del seguente tenore:
“Magnifice vir Amice nostre charissime salutem. Berardino Pintorichio da Perosa qual sempre havemo amato per le virtù sue l’havemo novamente riducto ali servitij nostri. Per laqual cosa desideramo sia in ogni sua facenda recognosciuto per nostro familiare Et Jmperho per la casa che lui edifica in Perosa ve ricercamo et astringemo che sommamente li concediate el subsidio consueto de una Cisterna Jmperho che per le sopradicte cause ce sarà molto accepto. Datum in pontificijs Castris ad Derutam xiiij octobris M° D°.
Cesar Borgia de Francia Dux Valencie ac .. “.
Nell’angolo inferiore destro, è chiaramente leggibile la firma del segretario ed estensore: “Agapytus”.
La lettera, che reca all’esterno la data del 16 Ottobre 1500, rende testimonianza di una commissione di lavoro fatta dal Duca Valentino al pittore Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio, nato a Perugia forse nel 1454 e morto a Siena alla fine del 1513.
Riguardo al “Nostro” Agapito, ecco quanto riportato nell’opera “Delle Città D’Italia” di Cesare Orlandi (Perugia 1772) :
“Agapito Geraldini, Arcidiacono della Chiesa Amerina, Segretario di Alessandro VI e poi del Duca Valentino, Protonotario ed Abbreviatore Apostolico. Fu ancora Commissario e Governatore di Faenza, Imola, Pisa e di altre Città d’Italia e finalmente, ad istanza del Re Federigo di Sicilia, eletto Vescovo di Siponto, l’anno 1500”. (2009)
16 - Nel consiglio decemvirale del 16 Ottobre 1490 si esamina, fra l’altro, la supplica presentata da “lo Sindico, Massari homini persone et università del vostro fidele Castello de Santo focetulo vostri Schiavj figlioli et devotissimi servitori, dicenti et exponenti che essendo poverj et miserj et con fatiga sostentando la loro vita maxime essendoli ad tucti moltiplicate (le) fameglie, malamente suppliscono a li loro bisogni senza resparambiare fatiga in quanti modi possono: Et perché la exemptione havuta ja dal principio che vennero ja da la Comunità de Amelia è finita, sonno molestati ja (da) doi annj al pagamento de le gabelle che sono diverse, ale quale non possono resistere finche non compongono altro fundamento de robba da posser pagarle como ja altre fiate hanno exposto ala Comunità in consegli dove li è (stato) resposto havessero patientia essendo vendute alcune de le gabelle che non se poteva tollere la ragione ali comparatori (appaltatori) de epse ... de novo recorrono ale V. M. S. et questo populo, supplicando li voglia fare exempti et liberj da omne datio gabella et pagamento per lo advenire mo commensando (cominciando da ora) per vinti annj più o meno secondo ve parerà ... ad cio possano habitare vivere et morire sempre loro et loro descendenti in tal castello, che quando dicte graveze tucte li bisognasse pagare, bisognarà per impotentia la maiore parte se absentasse et deshabitasse de tal loco, non ce possendo resistere in alcuno modo ... Et ipsi offerono como bonj figlioli et servitorj dì et nocte mectere le robbe et le persone in servitio de la Comunità et maj fugire affannj o periculi, como hanno facto per el passato, che omne uno è informato como sonno vigilanti et prompti ad obedire quando sono stati rechiesti o mandati, secondo questa Comunità ha voluto per suo bene et honore et cusì entendono de fare de bene in meglio ...”
Si decide che, considerando sia interesse della Comunità che gli Schiavoni “maneant in ipso Castello ad tutelam finium Civitatis Amelie” restino nel detto Castello a guardia dei confini della città di Amelia, “ne abire cogantur aut velint, sed perpetuo stent” per non decidere o essere costretti ad andarsene, ma rimangano ivi per sempre, “ipsa tota universitas Sclavorum habitantium in dicto Castello pro octo annis futuris ... sit exempta immunis et libera ab omnibus gabellis oneribus gravaminibus et solutionibus Communis Amelie” l’intera comunità degli Schiavoni abitante nel Castello per i prossimi otto anni sia esentata dal pagamento di tutte le gabelle, gravezze ed imposizioni da parte del Comune di Amelia, con la sola condizione che “si forsan aliquis dictorum Sclavorum in ipso Castro habitantium discedere quandocumque voluerit, ea que a Communi habuerit non possit obpignorare nec vendere nec modo aliquo alienare, sed remaneant pro Communi Amerie, a quo illa habuerunt. Et quod aliter fieret nullius valoris intelligatur” nell’eventualità che alcuno di essi Schiavoni che abitano il Castello volesse partirsene, non possa né pignorare, né vendere o alienare in qualsiasi modo quanto ricevette dal Comune di Amelia, che resterà nella disponibilità di quest’ultimo e qualsiasi cosa venisse fatta in contrario, si consideri di nessun valore ed efficacia. (2010)
16 - L’Uditore del Cardinale Alessandro Farnese il 16 Ottobre 1525 risultava essere l’amerino Don Nicola Mandosio, dottore “in utroque” e Canonico di Cortona. In Roma, dove si trovava in tale veste, ai frati di S. Onofrio, dell’Ordine degli Eremitani, di cui era protettore il Cardinale anzidetto, ordina che un certo fra Mansueto da Bagnacavallo sia sospeso da ogni suo ufficio, sino alla visita del Generale, al quale si debba presentare, pena il carcere. Ma che avrà mai fatto fra Mansueto, che forse aveva un nome che poco gli si addiceva? (2014)
17 - Prete Bartolo Colaj Rubey, vicario generale di Filippo Vescovo, con suo testamento ricevuto dal notaio Paolo Paolelli il 17 Ottobre 1445, espone il desiderio di venir sepolto “apud Eccl. S. Firmine” e lascia 20 soldi di moneta corrente alle singole chiese ed al vescovo e 10 soldi ad ogni monastero.
Inoltre, a Donna Francesca “filia olim Perelli” di Collicello, vedova, lascia “omnia bona mobilia, pecunias et massaricias et fructus proventas ad manus ipsius de bonis et rebus ipsius testatoris”, cioè tutti i beni mobili, denari, masserizie e tutti i frutti delle proprietà di esso testotore.
Si vede che Donna Francesca doveva star particolarmente a cuore a prete Bartolo! (2000)
17 - La rubrica 8 del libro VI dello statuto amerino redatto sotto la data del 17 Ottobre 1441 prende in considerazione le pene previste per colui che "blasfemaverit vel maledixerit vel obbrobriosum verbum protulerit" bestemmiò, maledisse o profferì parole ingiuriose verso Dio, Gesù Cristo e la Vergine Maria. E' quanto occorse al povero Cristoforo, detto Tentellone, il quale rivolge il 23 Giugno 1453 una supplica agli Anziani nella quale, protestandosi "pauperissima persona", essendo stato condannato dalla Curia del Podestà "occasione blasfemie contra beatissimam Virginem Mariam" al pagamento di 50 libre di denari, chiede che, in considerazione della sua estrema povertà, e di una sincera confessione e perdono già concessogli dal Vescovo -"pacem habuit ab Episcopo Ameliensi"- gli venga concessa la grazia del "benefitium confessionis" prevista dalla legge che, in tal caso, concedeva al blasfemo la riduzione ad un quarto della pena pecuniaria. Chiede, inoltre, che, per il pagamento, gli sia assegnato "terminum saltim sex mensium ad solvendum", cioè un termine di almeno sei mesi.
La supplica viene esaminata, il giorno successivo, dal Consiglio generale, il quale, "considerato ira ad quam provocatus fuit ab aliquibus", cioè, in considerazione che Cristoforo proferì la bestemmia in stato d'ira, perché provocato da alcuni, "non animo blasfemandi aliquem sanctum et maxime Virginem Mariam", vale a dire senza intenzione di recare offesa ad alcun santo, e tanto meno alla Madonna, ottenne quanto esposto nella supplica, con 40 voti favorevoli ed un solo contrario. (2004)
17 - Il 17 Ottobre 1417 vengono presentate agli Anziani lettere patenti, datate al primo Ottobre, da parte "magnifici domini nostri Tartalie de Lavello patrimonij Rectoris ac Capitanei et per Micchaelem Theotonicum illarum gerulum" del magnifico nostro signore Tartaglia di Lavello, Rettore del Patrimonio e Capitano, latore delle stesse Michele Teotonico "in quibus effectualiter continebatur quod nullus de Civitate vel comitatus Amelie deberet emere vel levare sal aliunde quam de Corneto, ad penam arbitrij prefati domini" nelle quali si afferma con arrogante determinazione che nessun cittadino di Amelia e suo distretto debba acquistare o prelevare sale da nessun altro luogo che non sia Corneto (attuale Tarquinia), sotto comminatoria di una pena la cui entità viene lasciata ad arbitrio del Capitano. Se ne potrebbe forse dedurre che il buon Tartaglia avesse qualche compartecipazione nella salara di Tarquinia? (2006)
17 - Nel consiglio del 17 Ottobre 1518 si tratta di una singolare questione.“In conspectu sacellj sacratissime virginis Marie de hospitalj sunt quedam taberne seu apothece fabrorum ferrariorum” Davanti al sacello dedicato alla Vergine Maria, in ospedale, vi sono allocate alcune botteghe di fabbri ferrai “que videntur propter opus ac strepitum fabrorum tollere aliquid devotionis et pandere scandalum presbitero celebranti in eodem sacello” che, a causa dei lavori che in esse si svolgono e del rumore che ne deriva, turbano la devozione e suscitano scandalo nel sacerdote officiante in detto sacello. Poiché “sit res indecens ut eas apothecas inhabitent fabrj ferrarij” sembra cosa indecorosa che in dette botteghe risiedano dei fabbri ferrai, si chiede cosa si possa decidere in merito. Il consigliere Bernardino detto Carta propone che, da parte dei Frati di S. Francesco, che avevano dato in affitto dette botteghe ai fabbri, “sponte velint quod apothece predicte locentur alijs artificibus et non fabris” di buon grado si provveda a locare le botteghe ad altri artigiani e non ai fabbri “quod si recusaverint inhibeatur artificibus ne dictas apothecas et habitent nec conducant sub qua pena placuerit Dominis” ed in caso che i Frati non accettassero tale soluzione, si proibisca ai fabbri di occupare dette botteghe e di esercitarvi la propria arte, comminando loro la pena che parrà giusto infliggere da parte degli Anziani. (2009)
17 - Dal periodico “AMERIA” del 17 Ottobre 1897, sotto il titolo “Borseggio”, si legge:
“Nella fiera dell’8 corr. veniva destramente borseggiato il contadino Salvatore Ceccarelli del portafoglio contenente L. 60 in danaro ed alcuni effetti cambiari. Abbiamo più volte richiamato l’attenzione delle autorità sullo straordinario concorso che qui fanno a ogni ricorrenza funamboli di ogni specie, cantastorie, giocolieri e loro seguito e tanti altri ormai conosciuti anche dai colonnini della passeggiata. Una severa censura nel rilascio dei permessi porterebbe un freno alla sospetta invasione”.
Sempre nello stesso numero venne pubblicata la seguente delicata poesia a firma Pio Filiberti di Penna in Teverina, intitolata “LE CAMPANE DEL VILLAGGIO”:
“O liete squille del villaggio mio,
che ancor sonate col rintocco antico,
ne l’udirvi mi par che dall’oblio
si ridesti il saluto d’un amico.
E dir mi sembran: “Ti ricordi i giorni
ch’eri bambino ricciutello e biondo
dei tempi lieti d’innocenza adorni
ch’era di viver tuo gaio e giocondo?”
Campane della mia chiesa romita
ditemi ancora ch’è dolce la vita!
Quanti sogni e visioni lusinghiere
quante promesse dai materni detti,
il labbro ripetea calde preghiere,
vibrava il core di soavi affetti.
Adesso è un suono d’amare parole,
è un folle turbinio di falsi amori
e i lieti dì che fur mi sembran fole,
ne la triste realtà de’ miei dolori.
Dolce rintocco, nel mio cor martella
e dimmi ognora che la vita è bella”.
(2010)
17 - Sotto la data del 17 Ottobre 1528 nelle riformanze risulta trascritto un bando emesso dal Governatore di Amelia, Terni e Narni, il 13 dello stesso mese, contro Dionigi Cardoli di Narni, di cui s’ignorano le colpe, ma che atterrisce per la sua ferocia. Eccone qulche stralcio:
“Al Nome de dio Amen et de la sua gloriosa madre Maria sempre Vergine. Da parte et commissione del R.do Patre M.r Vincentio de Arengatijs de monte Pulciano arciprete Politiano de la cipta de rhiete Teranj et Amelia et anchora de narnj governatore et de la roccha dela cipta de narnj castellano, se fa per lu presente et infrascripto Banno et commissione per deprimere et gastigare la iniqua et proterva et maligna natura et superbia et anche la jnobedientia et rebellione de dionisio cardulo de la cipta de narnj, contra il quale il prefato S.re governatore per multi sui latrocinij assassinij, derobamenti, seditioni, excessi et delicti facti, commissi et perpetrati ... procedette per via de un precepto o mandato ... li comandò che ... infra termine di tre dì ... presentarse davanti ala sanctità de N. S. ... sopto pena de rebellione et de confiscatione de tucti sui bieni et de demolitione de tucte sue case et de tucti bieni in qualuncha loco existenti ... al quale precepto non essenno per il prefato dionisio obedito et exequito, jl prefato s.r governatore in tucte et singule dicte pene il condemnò ... et perché non serria et ne ancho ne procederia bono fine et fructu et utilitate alcuna et honore fare le condennationj se non se mandassero ala debita executione ... et adciò il prefato dionisio rebelle de s.ta chiesia et de N. S. de tali et tanti delicti excessi latrocinij assassinij derobamenti seditioni rebellioni et jnobedientie non se possa gloriare et la condennatione sua habbia la debita executione ... et ad ciò la punitione et castigo del prefato dionisio sia exemplo deli altri ... Per il presente Banno se notifica ad tucte et singule persone (che) jl prefato Dionisio de cardulo essere rebello (sic) di N. S. et di S.ta chiesia et tucti sui bieni essere confiscati ala camera apostolica et come rebelle se commanda ad tucte e singule università communità et luochi ... et singule et particulari persone ... non debiano né permectano receptare ritenere il prefato dionisio in le loro cipta et castellj et proprie case et habitationj né ancho conversare, parlare né praticare né prestarlj alcuno adiuto o favore in qualunche modo se sia, né subvenirlj per il suo victu, jmmo (ma piuttosto) armata manu reicerlo (respingerlo) et amoverlo et cacciarlo de dicti loci, sopto pena de dece milia ducati d’oro et pena jnterdicti (dell’interdetto) se serrà contrafacto per (da parte di) alcuna communità o università et se per persona particulare ... sopto pena de confiscatione de tucti sui bienj et de rebellione ... “. Ma il peggio deve ancora venire: “... ad tucte et singule persone sia licito possano et debiano sensa pena alcuna et sensa banno offendere et fare offendere il prefato dionisio come rebelle de N. S. jn tucti et singulj sui benj et jn persona di epso fino ala morte jnclusive (inclusa)”. Ma non basta: “qualuncha ammazarà o farrà mal capitare jta et in modo (così) che mora, se serrà (sarà) ... bannito et condennato in pena del capo (capitale) et de corpo afflictiva et li siano confiscati li bienj, per il presente banno da mo (ora) ... se li remecte la condennatione ... da qualunche delicto commesso ... Et se ... chi ammazasse o facesse mal capitare il prefato dionisio fosse homicida ... per il presente banno se intenda et sia absoluto ... Et se alcuna altra persona non havesse commesso delicto o excesso alcuno et exequesse .. tale banno contra el prefato dionisio guadagni ... ducati cinquanta de oro ... et li sia concessa la terza parte de tucti et singuli bienj de dicto dionisio ...”.
Ma che diavolo aveva combinato Dionisio Cardoli?
A distanza di soli due anni, i drastici provvedimenti adottati contro il Cardoli non sembrerebbe abbiano rappresentato un efficace deterrente contro la delinquenza, se, nel maggior consiglio del 17 Ottobre 1530, il “solertissimus vir et amator Patrie eximius juris utriusque legum doctor” Luca Petrignani si vede costretto ad esporre quanto segue:
“Animadvertens quod plurima scelerum genera parvitate pene Amerie saepenumero committuntur” constatando che un gran numero di delitti in Amelia vengono sempre con maggior frequenza commessi, a causa dell’inadeguatezza delle pene, “et ab his preferri qui archibusis et his alijs similibus armis abutuntur” e tra questi, in particolare, quelli commessi con archibugi e con simili armi, “ad hoc ut futuris temporibus jmprobi formidine penae a delictis horrendis huiusmodi se abstinere cogantur” affinché, nel futuro, (i malintenzionati) siano costretti ad astenersi da simili orrendi delitti per un maggior timore della pena, “consuluit quod quicunque agressus fuerit seu agredi faceret aliquem” propone che chiunque aggredirà o farà aggredire qualcuno “archibusis sive scoppettis vel aliis similibus armis jncidat jn penam omnium suorum bonorum que statim et jncontinentj jntelligantur confiscata Camere Communis Amerie pro quolibet et qualibet vice” con archibugi o schioppietti o con altre simili armi, incorra, ogni volta, (ma si pensa che ne basti una!) nella pena (della perdita) di tutti i suoi beni, che verranno immediatamente confiscati ed incamerati dal Comune di Amelia “et fiat exul ex Civitate Amerie ac eius Comitatus fortie et districtus per centum annos proxime futuris a die facte agressionis jncipienti” e sia bandito dalla città e suo distretto per i prossimi cento anni (v’è un implicito augurio di longevità!), iniziando dal giorno della perpetrata aggressione “et subito Potestas et Antiani dicte Civitatis qui pro temporibus erunt vexillo Communitatis accepto ad similis agressoris domum proficiscantur, dictamque domum funditus iubeant esse dirutam” e, immediatamente, il Podestà e gli Anziani della Città, che saranno in carica in quel momemnto, preso con sé il vessillo della Comunità, si rechino alla casa di tale aggressore e ordinino che venga demolita dalle fondamenta, sotto pena (se non intervenissero) della privazione del rispettivo loro ufficio e di cento ducati per ciascuno di loro ... da applicarsi per una metà alla Canera della Comunità, per un quarto alla Camera Apostolica e per l’altro quarto alla Curia che ne farà esecuzione.
La proposta fatta dal Petrignani nel consiglio generale viene non solo approvata, ma addirittura riportata e trascritta alla lettera, in forma solenne di atto pubblico, per essere sottoposta all’approvazione da parte dell’autorità pontificia. Il che avviene puntualmente, con l’apposizione, in calce, della formula: “Confirmamus et approbamus ut petitur”, seguita dalla firma autografa del Cardinale Legato Ippolito de’ Medici e dall’annotazione: “Datum Rome, jn Palatio Apostolico, die xxviij Decembris MDXXXJ”. (2011)
17 - “Cum quidam de Castro Montis Campani percusserit eius matrem et potestas voluerit procedere contra eum, Venerabilis vir Vicarius episcopi Amerini inhibuit Potestati et eius Curie ut ne contra eum ad ulteriora procedat” poiché un tale del Castello di Montecampano aveva percosso sua madre ed il Podestà voleva procedere nei suoi confronti, il Vicario del Vescovo aveva fatto divieto al Podestà ed alla sua Corte di agire contro di lui. E’ uno degli argomenti all’ordine del giorno nella seduta consiliare del 17 Ottobre 1507. Nel consiglio generale dello stesso giorno, Domizio di Ser Manno –“eloquens vit”- propone “quod penitus mictatur” che s’invii immediatamente al Vicario vescovile Gian Antonio Cerasi “qui rogare debeat Ven. D.num Vicarium episcopi ut velit revocare inhibitoriam potestati factam circa maleficium perpetratum” affinché lo preghi di voler revocare l’inibizione fatta al Podestà di procedere contro il montecampanese “et si hac via fieri non poterit, quod scribatur et notificetur R.do Episcopo Amerino” e se un tal intervento non sortirà effetto positivo, si scriva e s’interessi del caso direttamente il Vescovo di Amelia. “Misso sollempni partito ad utrosque lupinos albos et nigros more solito” messa ai voti la proposta di Domizio di Ser Manno, questa venne approvata all’unanimità, meno uno: “uno nigro neganti”, il solito Bastiano.
Non si conosce a che titolo il Vicario Vescovile interferisse in un procedimento del Podestà per un reato commesso da chi, a tutti gli effetti, sarebbe dovuto essere persona sottoposta all’autorità civile: forse la madre maltrattata si era fatta monaca? (2012)
17 - Il 17 Ottobre 1473 Mons. Angelo Geraldini, Vescovo di Suessa, fa donazione di trenta fiorini d’oro a tal Piacentino, fedele servitore di Battista suo fratello ed altri trenta gliene promette lo stesso Battista, a condizione, però, che contragga matrimonio e riceva la moglie che gli verrà destinata e consegnata “per manus dicti domini Baptiste” dal detto Battista. Il tutto, come se si trattasse di uno squallido contratto mercantile ed in barba a quel che dovrebbe essere il sentimento amoroso!
Nello stesso giorno, il medesimo Mons. Angelo istituisce tre borse di studio per i giovani di casa Geraldini. Il notaio Nicolò Narducci non perde l’occasione per esaltare i meriti sia della casata Geraldini, che dello stesso Vescovo suessano, che “eius familiam honoribus ornamentisque maximis erexerit, sustulerit, nobilitaverit non tam etate quam scientia et morum elegantia” aveva elevato, sostenuto e nobilitato la sua famiglia. portandola ai massimi onori ed ornamenti, non tanto per il trascorrere del tempo, quanto con la cultura e la elevatezza dei costumi.
Per l’istituzione delle borse di studio, il Geraldini destina il reddito di alcuni suoi possedimenti di trenta salme in quel di Foce. I primi tre ad usufruirne sono Alfonso di Berardino, Ilione di Battista e Stefano di Nicola.
Lo stesso giorno, con atto del notaio Taddeo del fu Giovanni Artinisi, Prete Antonio de’ Artinisiis, Priore di S. Pietro, con licenza del Vescovo Ruggero Mandosi, concede in enfiteusi a Battista Geraldini un orto della Chiesa di S. Nicolò, che è eretta a Cappella di S. Pietro in Parlascio, per provvedere al restauro di detta Cappella. (2014)
17 - Il 17 Ottobre 1479 Mastro Mazono, senese, ma residente a Spoleto, stipula con Antonio, detto el Borgno, di Amelia, un singolare patto a carattere sanitario: s’impegna di curargli e guarirgli il figlio Stefano da una fistola, “ita ut cum uno bastone accedere poterit ex domo sua usque ad eius apotecam et simul redire”, in modo tale che, appoggiandosi ad un bastone, possa recarsi da casa sua fino alla bottega e, quindi ritornare; e, ciò, dietro pagamento di otto ducati d’oro papali ed alla condizione che la fistola non abbia a riprodursi, altrimenti Mastro Mazono sarà obbligato a restituire quanto ricevuto. E’ come pattuire con il medico la riuscita della cura! (2014)
18 - Il notaio Ricco di Francesco redige, il 18 Ottobre 1464, l’inventario dei beni della Chiesa di S. Secondo.
Oltre ad alcuni crediti in denaro, si annotano:
“Una grande bibbia in cartapecora, con copertina di legno. Una croce antica d’argento. Un messale ed un “episcopale”. Un calice con patena d’argento. Un grande breviario “notatum”. Un antifonario in carta bombacina, quasi consunto. Un antifonario per messa cantata. Una cassa di legno. Una pianeta di seta rossa, una pianeta di guarnello bianco, quasi consunta; due camici ornati da messa; un altro camice senza ornato. Un piccolo libro di cartapecora, contenente indulgenze ed altri offici. Un palio di seta variopinta. Due tovaglie antiche da altare con ornati. Due paia di ferri da far ostie. Due campane: una nella chiesa di S. Secondo ed un’altra in quella di S. Sebastiano. Un campanello. Altre tovaglie e pannicelli quasi consunti”.
Fa parte dell’inventario una bottega sita in contrada Platea di S. Maria di Porta, sotto le scale della chiesa e confinante con l’arco di detta chiesa, proprietà di Francesco di ser Tellis e la via.
L’inventario fu redatto nella casa degli eredi di Bartolo Colai, in contrada Posterola. (2000)
18 - “Havendo la bona memoria del Canonico Don Pietro Leonini fatta donazione del suo havere alli PP. della Missione di Roma con peso (sotto condizione) o di dovere aprire una Casa in questa Città d’Amelia per educazione de Giovani Clerici, et in caso d’impedimento di tener tanti Giovani in Roma nel loro Colleggio quanti se ne potessero alimentare con le rendite provenienti dalla sua heredità ad arbitrio del Superior Generale della Missione” come risultante da atto rogato il 9 Agosto 1679, nel consiglio del 18 Ottobre 1710 “essendo passati trent’anni incirca, et non essendosi venuto all’adempimento delle disposizioni della donazione, se pare di dover fare istanza ai detti PP. Missionarij, et ai Sig.ri Superiori che sarà necessario per l’adempimento di quanto sopra si è detto, cioè di concordare in vece di aprire la Casa in Amelia, che non potrebbe effettuarsi per adesso, attese le spese che doverebbero farsi per le fabriche, supellettili, et altro, che detti PP. Missionarij ritenghino tanti Giovani quanti potranno con le dette entrate mantenersi, et a questo effetto supplicare l’E.mo Sig.r Cardinale Imperiali per la sua protezzione et anche Mons.re Ill.mo nostro Vescovo e deputar persona idonea a stipular l’istromento con detti Padri”.
In consiglio prevale la proposta di inviare a Roma i giovani chierici e si deputa, per il disbrigo della pratica, l’Abate Clemente Mandosi. (2008)
18 - Il Cardinale Alessandro Farnese, che sarebbe diventato papa Paolo III nel 1534, aveva fornito ad Amelia una certa quantità di grano, che non era stato completamente pagato. Una lettera scritta il 18 Ottobre 1504 da Valentano agli Anziani, da parte di Giulia Farnese, sorella di Alessandro, sollecitante il saldo, risulta trascritta nelle riformanze il 20 successivo. Ecco alcuni passi del testo:
“Havendo jo più tempo fa hauti da Monsignore mio fratello continui sollicitamenti restarse (che restava) el debito suo (cioè della Comunità di Amelia) del resto de soi grani (che) hebe (ebbe) la vostra comunità ... prima (che) se vegna con quella ad termini odiosi ... me parso ... mandarce lo exibitore presente adposta informato de quanto se resta ad havere; sieno adunque le V. S. pregate tenere modo servirmi et remandare elpresente nostro mandato (inviato) bene expedito come aspectamo con desiderio, per non havere attenere con testa (questa) vostra Comunità altri modi che quelli (che) se aspectano ad (da) una antiqua benivolentia stata (esistente) tra epsa et li S.ri de questa casa (i Farnese) farando (e faranno) lo honore et debito loro mandarce ognie resto (residuo a saldo) et con tucto ciò lo receperemo ad singulare piacere et bene valete. Valentani 18 octobris 1504”.
Nel consiglio generale, che segue lo stesso giorno 20, Ser Eliseo Nacci propone “quod domini Antiani mittant unum oratorem ad D(ominam) Juliam ut dignetur vendere comunitati Amerie salmas centum grani” che gli Anziani inviino un oratore a Giulia Farnese, affinché si degni di vendere alla Comunità di Amelia (altre) cento salme di grano “et quod pro solutione dicti grani et de alio grano jam diu habito a R.mo Cardinali de farnesio obligetur unam gabellam pro dicta solutione” e per pagare sia detto grano, quanto per saldare l’altro già da tempo avuto dal Cardinale Farnese, venga destinato il ricavato di una gabella.
Ma vi è un altro episodio legato al grano acquistato dal Cardinale Farnese. Se ne parla nel consiglio del medesimo giorno 20: “cum sit quod Jacobus pichiarelli et Archangelus musi nomine eorum et aliorum qui miserunt bestias in redeundo cum grano empto a R.mo Cardinali de Farnesio que bestie sublate fuerunt per gabellarios viterbij vel per homines civitatis viterbij” Giacomo Pichiarelli e Arcangelo Musi, insieme ad altri che, come loro, avevano impiegato bestie da trasporto nel viaggio di ritorno con il grano acquistato dal Cardinale Farnese, si videro sottrarre le stesse dai gabellieri o dagli uomini di Viterbo e chiedono, quindi, di essere risarciti. Si delibera di pagare ai danneggiati dieci ducati, da prelevarsi dal pubblico erario.
La vicenda del grano del Cardinale Farnese sta per giungere al suo epilogo. In una lettera scritta da Donna Giulia, da Bassanello, il 10 Novembre agli Anziani, questa mostra di contentarsi, in luogo del denaro, di alcuni tessuti di lana ed, in particolare, di “quactro pecze de biscio et una de cilestro”, aggiungendo: “del che me farete singulare piacere”. Le pezze da destinare alla Farnese vengono dal Comune acquistate da un certo Scipione di Pietro, impegnando il ricavato della gabella del macello ed il giorno 11 Novembre, nelle riformanze, si può leggere l’atto della consegna dei tessuti, fatta dagli Anziani a Ser Simone di Giovan Pietro da Milano, procuratore di Donna Giulia, “pro satisfactione pecuniarum grani venditi per R.mum D.num Cardinalem de Farnesio comuni Amerie” quale pagamento del grano venduto dal Cardinale al Comune di Amelia e Ser Simone, alla consegna, rilascia quietanza “pannorum quatuor lane biscie ad rationem decem octo florenorum pro quolibet panno, ad rationem quinquaginta baioccorum pro quolibet floreno” di quattro pezze di lana grigia, del valore, ciascuna, di 18 fiorini, in ragione di 50 baiocchi a fiorino e, così, per un totale di 72 fiorini.
Ma alla pezza di panno celeste siamo sicuri che Donna Giulia avrà rinunciato?
Una piccola annotazione di carattere biografico. Giulia Farnese, passata alla storia come la “bella Giulia”, per la sua straordinaria avvenenza, era nata nel 1474 da Pier Luigi, aveva sposato nel 1489 Orsino Orsini e, quindi, dal 1509, un gentiluomo napoletano. E’ nota la sua relazione con Rodrigo Borgia, divenuto, poi, papa Alessandro VI. Sua figlia Laura sposò Nicolò della Rovere, nipote di Giulio II. Morì nel 1524.
A distanza di 24 anni, il 18 Ottobre 1528, il consiglio decemvirale è, fra l’altro, chiamato a ricevere la supplica “per parte de la infelice et miserabile donna solomea relicta del quondam Johan Francesco de constantino”, la quale espone “che essendo remasta con certe sue inutili creature, immo (anzi) dannose (addirittura!) et mancho (neppure) esserci il modo da substentarle ad minus (almeno) de pane et non sapere dove recurrere se non ad questo misericordioso conseglio, dimanda dicta povera matre li sia per qualche tempo concessa exemptione et liberarla da angarie et graveze di communità, come sonno date (dative) et occurrentie ala giornata, perché epsa sensa dubio non po resistere ad tanta mendicità sua, il che aspecta de speciale gratia esserlj concesso da le M. S. V. lequali il summo dio voglia prosperare ale cose maiuri”. Il maggior consiglio dello stesso giorno concede a donna Solomea l’esenzione per cinque anni da ogni genere d’imposizioni. (2011)
18 - Arriva in Amelia il Commissario Apostolico per riscuotere uno dei tanti balzelli (“subsidij”) imposti alle popolazioni soggette. Nelle riformanze, il 18 Ottobre 1562, ne viene data la relativa notizia, negl’infrascritti termini:
“D. Comes Saccutius Perusinus Commissarius apostolicus super exactione novi subsidij charitativi vigore suarum patentium” il Conte Saccuzio perugino, Commissario Apostolico, in forza delle lettere patenti riguardanti l’esazione del sussidio ‘caritativo’ (!) recentemente imposto “se presentavit coram magnificis d.nis Antianis in Palatio Antianalj instando pro exactione prime rate Comunitatis Amerie dicti subsidij” si presentò dinanzi agli Anziani nel Palazzo della loro residenza, facendo richiesta del pagamento della prima rata del detto sussidio, a carico della Comunità di Amelia, “qui tamen acquiescens promissioni ei facte de brevi destinando pecunias perusiam”, accettando, tuttavia, le promesse fattegli di un sollecito pagamento del sussidio, da destinare a Perugia (i poveri Amerini, come al solito, erano a corto di contanti!) “et soluto sibi viatico, ac facta promissione de solvendo expensas factas in hospitio Amerie sero precedenti pro se equo et famulo” e dopo aver riscosso (quello sì!) l’importo ‘dovutogli’ per la trasferta e aver promesso di pagare le spese per il suo alloggiamento in albergo, in Amelia, dov’era giunto la sera del giorno prima, per sé, la cavalcatura ed un famiglio al seguito (si vede che, anche lui, non aveva spiccioli!), “discessit” se ne partì. E chi s’è visto, s’è visto, con buona pace dell’albergatore! (2012)
18 - Prete Nicola Polidori il 18 Ottobre 1536 rinuncia alla Rettoria di S. Maria di Frattuccia e viene sostituito con prete Giovanni di Giacomo, entrambi di Amelia ed un Metello Carleno rinuncia alla parrocchia di S. Croce ed è sostituito da Paolo Carleno. “Un “Carleno” vale l’altro!
19 - Nella seduta del 19 Ottobre 1631, nel Consiglio dei Dieci viene esposto quanto appresso:
"Per la morte del S. Card. Borromeo glor. mem. già Protettore di questa Città, è di necessità provederne di un altro, acciò possa esser per la difesa della N.ra Città e suoi bisogni, però potranno pensare in chi si possa dare per supplicarlo a farne questa gra(zia) e se li paresse bene di ricorrere all'Em. Sig. Card. Pio, ch'era V. Protettore, potranno pensare e risolvere". Si chiede "quid agendum", cioè cosa fare in merito.
Si delibera, all'unanimità, di portare la questione dinanzi al Consiglio Generale, il quale, riunitosi lo stesso giorno, "essendo che l'Emin.mo Sig. Cardinal Pio se sia sempre mostrato favorevolissimo verso la N.ra Città in ogni suo bisogno", si è del parere "che si supplicasse S. Em.za ad accettar questa Protezione".
La votazione che ne segue vede "omnes lupinos sexaginta favorabiles, nulla faba contraria", cioè l'unanimità favorevole. (2001)
19 - Il 19 Ottobre 1471 è all’ordine del giorno del consiglio decemvirale un evento di notevole rilevanza: “in adventu magnifici viri Gabrielis d.ni Jacobi de Aptis de Tuderto et d.ni Aleandri Marcti de Oddis Equites Tudertini” in occasione dell’arrivo (di passaggio per Amelia) di Gabriele degli Atti e di Aleandro degli Oddi di Todi “oratores Tudertinorum ad summum pontificem proficiscentium cum comitiva tam peditum quam equitum numero circiter L.” oratori inviati dai Todini al nuovo papa (Sisto IV, Francesco della Rovere, eletto il 9 Agosto) viaggianti con una comitiva sia di fanti, che di cavalieri, per un numero di circa 50 persone “occurrerunt nonnulle expense pro honorificentia facta prefatis oratoribus qui in pedes scalarum palatij antianalis equis descendentes in testimonium vere fraternitatis et amicitie vigentes inter Tudertinos et Amerinos” occorsero alcune spese straordinarie per le onoranze fatte ai detti oratori, che scesero da cavallo ai piedi della scalinata del palazzo anzianale, a testimoniare la fraternità e l’amicizia corrente fra Todini ed Amerini “visitarunt M. d. An. Amelie in festo S.te M. de Monticellis, quo die nundine Amelie celebrabantur” e il dì della festa di S. Maria in Monticelli, in cui in Città era giorno di fiera, fecero visita agli Anziani di Amelia, “astantibus atque convenientibus ad oratorum spectaculum complurimis advenis finitimis” essendo presenti e qui convenuti molti stranieri dai centri circonvicini, per assistere allo spettacolo offerto dall’arrivo dei detti oratori todini. Le spese fatte in tale occasione vengono approvate.
Nella stessa tornata, si legge la supplica di donna Margherita, vedova di Menicuccio di Antonio detto Merlo, con due figlie, in gravi difficoltà economiche: chiede “che non sia tenuta ad pagare alcuna graveza de commune”. Le si concede.
Si tratta, infine, circa “quidam Petrus ... Teotonicus carceri mancipatus occasione unius birreti per eum furto subtracti” un certo Pietro tedesco, carcerato per aver rubato un berretto o, al massimo, un mantello a cappuccio. Gli si fa grazia e lo si libera. (2008)
19 - Nel verbale della riunione consiliare del 19 Ottobre 1505, dopo l’assegnazione dell’appalto della gabella del pascolo, effettuata ad Aurelio di Ludovico per 90 ducati, figura trattato un argomento di ben più grave portata:
“R.mus D. Generalis ordinis minorum Divi Francisci petit ut eius Jntuitu, Hieronymo et Galieno Ser Mannij fiat gratia cum benignitate pro homicidio commisso jn personam Bartholomei” il Generale dell’Ordine dei frati minori Francescani (l’amerino Egidio Delfini) chiede che, per un riguardo verso la sua persona, sia benevolmente concessa la grazia nei confronti di Gerolamo e Galieno di Ser Manno per l’omicidio da essi commesso di un tal Bartolomeo.
Ma la relazione della decisione del consiglio è tanto laconica, quanto terribile: “Super petitione R.mi D. Generalis nihil fuit obtemptum” circa la petizione del R.mo Generale, nulla fu ottenuto. (2011)
19 - Il 19 Ottobre 1326 il consiglio speciale è invitato a deliberare su alcune decisioni da prendere nell’interesse della collettività. Innanzi tutto, occorre fornire la città ed i territorio di sufficienti mulini per macinare i cereali (“ad hoc quod in Civitate Amelie habeatur copia macenandi quod fiant centimbali in Civitate predicta sufficientes ad macenandum”). Altra necessità è quella di fornire adeguata custodia ai Castelli, provvedendo a corrispondere a coloro che avranno il relativo incarico cinque soldi al giorno dagli uomini degli stessi castelli (“quod Castellani ... ad custodiam castrorum Civitatis Amelie ... habeant de bonis hominum de Castris predictis ... quinque soldos pro qualibet die quo steterint in servitium”). V’è, inoltre, da trovare i denari per restituire agli Ebrei Angeluzzo e Vitale il prestito di 75 fiorini d’oro fatto al Comune, secondo loro richiesta (“super petitione facta per Angelutium Judeum nomine suo et Vitalis Judei petentes sibi satisfieri de lxxv florenis de auro mutuatis per eos dicto communi”). Tiralarco di Benvenuto propone che le questioni esposte si portino all’attenzione ed alla decisione del consiglio generale. La soluzione è presto trovata e la conclusione che ne segue non lascia dubbi: sotto pretesto -d’altronde pienamente giustificato- che “metu pene in Civitate et comitatu Amelie mallefitia non committantur” affinché, per timore delle pene, in città e nel contado di Amelia, non vengano commessi reati, per l’avvenire, “hinc ad unum mensem pene sint quadruplicate auctoritate presentis consilij” dal prossimo mese le pene pecuniarie da applicarsi, vengano quadruplicate. E così si troveranno i soldi per i mulini, per la custodia dei Castelli e per restituire il debito agli Ebrei! (2014)
19 - Il Capitolo di S. Fermina, presieduto da Don Leonardo di Giacomo Giovanni, il 19 Ottobre 1465 concede a prete Paolo di Giuliano Sandri, quale privata persona, di edificare sopra un muro appartenente alla Chiesa di S. Fermina, che cinge un orto della stessa, tenuto in enfiteusi da prete Antonio Sandri, ex Priore e prete Paolo Sandri, suo nipote. L’orto confina con i possedimenti di S. Fermina, tra cui una casa lasciata in uso alla “fraternitas frustatorum” di detta chiesa. Il Capitolo, però, si riserva non solo di far delle costruzioni attigue all’edificio che si propongono di sopraelevare i Sandri, ma, qualora costoro aprissero una o più finestre nel muro da elevarsi, si riservano il diritto di farle murare. Senza che quanto concesso possa vietare alla “fraternitas” suddetta che i suoi confratelli possano seguitare a frustarsi liberamente.
Quarantacinque anni dopo, con atto del notaio Vincenzo Artinisi del 19 Ottobre 1510, viene stipulata divisione di beni fra Agapito Geraldini, Arcidiacono e Protonotario Apostolico e suo fratello Virgilio. figli di Bernardino. Successivamente, Agapito dona la sua parte al fratello ed ai suoi discendenti maschi, anche illegittimi, riservandosi l’usufrutto, sua vita durante. (2015)
20 - Il concittadino Gerolamo Geraldini, il 20 Ottobre 1470, viene nominato Podestà di Ancona.
In simili occasioni, cioè quando cittadini amerini venivano nominati podestà in altre città, era prassi di stringere con esse dei patti di reciprocità, in forza dei quali, per nessun motivo, potevano essere concessi diritti di rappresaglia. (1999)
20 - Il 20 Ottobre 1522, “Domini Antiani conduxerunt in moderatorem Horologij platee Magistrum blasinus de Castellaccio, pro carlenis quatuor cum dimidio pro quolibet mense” gli Anziani nominarono regolatore dell’orologio di piazza Mastro Biagino di Castellaccio, con un salario di quattro carlini e mezzo al mese. (2008)
20 - Nel consiglio decemvirale del 20 Ottobre 1504, fra gli altri argomenti, si dibatte “pro reparatione strate Sancti francisci da le donne (sic)” circa la riparazione della strada di S. Francesco delle Donne -ancora forse identificabile al giorno d’oggi con l’attuale Strada delle Torri- “cum sit quod lutius de geraldinis protestatus fuit de dicta strata”, essendosi Lucio Geraldini lamentato a causa della sua inagibilità. Nel consiglio generale seguìto lo stesso giorno, Rainerio di Gerolamo Archileggi, “vir prudens”, propone “quod domini Antiani eligant duos viales spetialiter ad hoc, cum auctoritate presentis consilij et quod possint imponere penas adeo quod dicta via actetur” che gli Anziani nominino due soprastanti (“viales”) per questo specifico compito, per la cui esecuzione il consiglio conferisce agli stessi la facoltà di imporre sanzioni, affinché coloro ai quali spetta il riattamento della strada -cioè ai rispettivi confinanti- procedano ad eseguire i relativi lavori. Gli eletti furono: Ser Eliseo Nacci e Stefano di Giacomo di Luca (Venturelli).
La chiesa di S. Francesco delle Donne -o, meglio, quel poco che ne resta- forse potrebbe riconoscersi nei ruderi del piccolo fabbricato che trovasi sulla pianura, a destra di chi percorre detta strada delle Torri, venendo da Amelia ed andando verso la Strada di Spiccalonto.
Già nel corso della Visita Apostolica alla Diocesi di Amelia, effettuata da Mons. Pietro Camaiani nel 1574, la Chiesa “Sancti Francisci Donarum” era già “penitus collapsa” cioè profondamente crollata, tanto che era stato disposto che venisse “solo equanda”, cioè rasa al suolo e, sull’area di risulta, venisse eretta una croce (“erecta cruce in ... loco ruine”). (2011)
20 - Il 20 Ottobre 1474 il venerabile uomo Baldo Zaffini di Amelia (Farrattini?) ritira quietanza dal venerando “dottore de’ decreti” Francesco de Maccabrinis di Todi, il quale dichiara di aver avuto una certa quantità di grano ed altri cereali e legumi, nonché somme di denari di sua spettanza. All’atto, rogato dal notaio Ricco di Francesco, è presente anche prete Paolo di Giuliano.
Sotto la data del giorno successivo, 21, Mons. Angelo di Tommaso annota -fra i suoi appunti autografi tratti dall’archivio notarile- quanto segue:
“Nella maggior Chiesa di Amelia, Chiesa di S. Fermina, esistono otto Cappelle e cioè: di S. Antonio, S. Marco, S. Biagio, S. Maria Maddalena, S. Clerico, L’Annunziata, S. Giorgio e la Cappella di S. Maria, alcune delle quali hanno il loro titolare Cappellano ed altre no. Per ovviare agl’inconvenienti che ne derivano, il Capitolo, coll’approvazione del Vescovo, concentra tutte queste 8 Cappellanie e si riserva di nominare per l’avvenire que’ Cappellani che piacerà nominare al Capitolo. Vi vedo per la prima volta comparire Dominus Baldus Zaffini”. (2014)
20 - Il 20 Ottobre 1521 il notaio Francesco Fariselli è chiamato a redigere un atto con il quale Innocenzo Boccarini, anche a nome di suo fratello Pietro Paolo, concede in locazione quinquennale a Bastiano di Luca e Barnabeo suo figlio, di Montefalco, un podere detto “La Pescheria”, sito a Pian di Fornole, ai patti di cui si riportano i seguenti:
-gli affittuari (conduttori) debbono “laborare dicta possessione bene et fedelmente a tutte loro spese et rendere al dicto messer Innocentio et fratello lo terzo del grano et la mità de tutti li frutti de li arbori et vite quali sono in dicta possessione;
-“I conduttori dovranno corrispondere il terzo del lino, canepa et lo terzo del seme e delle ortaglie e legumi e la metà del frutto di tutte le galline e piccioni, governati tutti a spese degli stessi conduttori, nonché la metà di uno o due porci”.
-Tutta la semente e gli strumenti a carico dei conduttori.
-“Item de fare bone magesi, seminare, monnare, metere et fare l’aia, trita e fare el pagliaio et ogni altra cosa necessaria in dicto laboreccio a tucte loro spese et usanza de bon lavoratore”.
-I conduttori possono tenere sul podere una vacca ed una cavalla di loro proprietà, senza renderne conto ai proprietari del fondo.
Si giura, da ambo le parti, sui Vangeli, di osservare i patti, sotto pena di cinquanta ducati. (2014)
21 - Con verbale del Notaio Brancatelli in data 21 Ottobre 1398, si dà atto che l'Abate di S. Secondo, prete Pellegrino Pellegrini, convocato il suo capitolo collegiale e, in assenza dei canonici Nicolò Jannis, D.no Andrea Andreucoli e degli altri infracitati, facendo capitolo da solo, al posto resosi vacante in conseguenza della morte del canonico Gian Stefano d.ni Petri e successivamente per rinuncia del chierico Bartolomeo Colai, nominò canonico prete Andrea Ricci, "considerata probitate, scientia, vita et moribus" in considerazione della probità, della cultura e dei retti costumi di vita del neo eletto. Il Vescovo Stefano approva l'elezione. (2001)
21 - Nicola Manni "de Castello, legum doctor", Uditore del Governatore di Amelia e Spoleto, con un decreto in data 21 Ottobre 1453, indirizzato allo stesso, ordina che, "pro bono pacis, unione et concordia" del popolo amerino, l'ufficio dei banderari o Capitani di contrada venga in Amelia ordinato ed affidato a persone da eleggersi dallo stesso Governatore, "una cum Antianis populi et banderarijs qui pro tempore erunt", cioè di concerto con gli Anziani ed i banderari in carica, in termine di otto giorni, con l'avvertenza che tale ufficio non potrà essere ricoperto da chi non risiede nella Città d'Amelia o sia allibrato in catasto "pro libra et summa excedente quantitatem trecentarum librarum", cioè chi possiede beni del valore di oltre trecento libre e ciò conferma la natura popolare di tale ufficio.
Nel rinnovo del bussolo del 27 Luglio 1470, è ribadito in cosa consista l'ufficio del banderariato : "qui capitanei -sive banderarii- habeant curam spetialiter super custodia Civitatis in temporibus oportunis, et quilibet de sua contrada teneatur sibi parere in rebus debitis", cioè sia loro affidata la custodia della Città, rispondendo ciascuno per la contrada a lui assegnata. (2004)
21 - Il 21 Ottobre 1424 Giovanni, tessitore tedesco residente in Amelia, presenta in Comune la seguente supplica:
"Cum ipse Johannis de dotibus sue uxoris habet in dicta Civitate in contrata Collis juxta rem heredum Zeppetelle quamdam domum sive casalenum" Avendo, esso Giovanni, avuto in dote dalla moglie una piccola casetta in contrada Colle, a confine con gli eredi Zeppetelli "et dicta domus sive casalenum sit in procintu et in rugina" e detta casetta stia per minacciare crollo "et ipse cum sit pauper non habet unde possit dictam domum reactare" ed a causa della sua povertà non ha soldi per farla restaurare "et tebule que sunt in dicto casaleno minantur ruginam" e le tegole del tetto stanno per rovinare a terra "que ait predicta vera sint petit dictas tebulas de dicto domo sive casaleno posse elevare ne pereant et hoc petit sibi fieri amore dei et de vestra gratia speciali" poiché ciò che espone corrisponde a verità, chiede di poter togliere le tegole dal tetto, per non farle rompere e questo gli venga concesso per l'amor di Dio e come grazia speciale. A questo punto, sarebbe stato più giusto ed utile chiedere un sussidio per rimettere a posto la casetta, ma la miseria del povero Giovanni doveva essere tanta! (2007)
21 - Nel maggior consiglio del 21 Ottobre 1674 Biascio di Pietro, “fornaciaro”, presenta la seguente offerta:
“Io mi esibisco a mantener mattonato il filo di mezzo spettante alla Comunità (della strada) dalla Porta Pisciolina sino a tutto l’arco di Piazza Santa Maria di Porta, purché la Comunità mi dia giulij quindici di moneta anticipati l’anno, con l’agiuto (aggiunta) per questo primo anno di ducento mattoni”. Gli si concede.
Nella stessa sede, si lamenta che “le scritture esistenti e solite a stare nell’Archivio Episcopale dove sogliono stare tutte le principali scritture della Comunità ... stiano al presente in male stato per difetto forse delli Cancellieri passati e di ciò forse Monsig. Ill.mo nostro Vescovo non ne sappi niente” Si propone, quindi, che gli Anziani inviino al Vescovo il Segretario Comunale “che lo pregasse in nome di questo Publico che essendo vero quanto si dice, voglia Sua Sig.ria Ill.ma ordinare a chi giudicarà necessario che le scritture del medesimo Archivio siano tutte accomodate e messe nelle loro scanzie e filze, conforme si giudicarà esser del dovere e ben fatto e se non li paresse disdicevole che si ritrovasse anco il medesimo Secretario a far questa funzione”. E’ ancora lontano di molti secoli il benefico intervento ordinatore del Prof. Emilio Lucci! (2008)
21 - Il 21 Ottobre 1469 nel consiglio dei X vengono presentate alcune suppliche.
Una è presentata “per parte de Donna Gentilesca moglie che fo de Agnelo dal fino vedova et povera persona non po’ restare (far fronte) alle spese occurrenti in communo denanti alle V.re M. S. et consiglo opportuno considerato la sua inutele famigla ve piaccia far gratia de date imposte per foco solamente non esser gravata per avenire et de tempo passato secondo la vostra bona conscientia e questo domanda alle V.re M. S. per amor de dio et de vostra solita benignità la quale dio conservi”.
Altra è quella presentata “per parte de Donna Benvenuta figlola ia de Juseph alle V. M. S. come ia un anno passato et più la decta donna li fo formato un processo et condempnata in nove libre da Colasanto (Colasanto de Scuttis, romano, podestà nel 1466) allora podestà perché volendo mecter certa pagla in casa sua, li fo decta villania et bactuta dalcunj famigli de Ludovico de Carlo et scapiglata siche sentendose ingiuriata indebitamente per le cose suo proprie se agiuto (ha agito) et defese quanto poteva et per non dare tedio alle S. V. de molte parole che quando sentessite la verità del facto et le cose como passarono grandi et piccoli judicarieno esserli facto grande torto et massimamente essendo Cictadina et bactuta da forestierj indebitamente. Pregase adunque per parte della decta donna Benvenuta che considerando come fuo (furono) passate (le vicende) che lissi cassi el processo et de questo non li sie data più molestia considerando la iniustitia (che) li fo facta delle cose suo proprie alias lissamectino (le si concedano) li beneficij. E questo reputarà dalla V.ra M. S. in gratia speciale et questo processo fo facto sensa examinatione de testimonij et sensa sua confessione”.
Nel maggior consiglio che seguì il giorno appresso, a Donna Gentilesca venne concessa “exentio de preterito et in futurum per quinque annos” la remissione delle imposte pregresse e l’esenzione per 5 anni da venire ed alla battagliera Donna Benvenuta, “consideratis considerandis”, venne ridotta la pena ad un quarto. (2009)
21 - Nel consiglio decemvirale del 21 Ottobre 1561 si prende in esame la richiesta della concessione della cittadinanza amerina da parte “M. Francisci greci pictoris et sculptoris celeberrimi” di Maestro Francesco Greco, pittore e scultore celeberrimo, con tutti i benefici che ne possano derivare. Nel consiglio generale celebrato lo stesso giorno, il Capitano Gian Giacomo Mandosi –“vir spectabilis et generosus”- “ex senatoria classe” uno degli Anziani, pronunciandosi “de civilitate et exemptione per annis xxv petitis per magistrum Franciscum pictorem in suis porrectis precibus” circa la cittadinanza e l’esenzione da imposte per venticinque anni richieste da Maestro Francesco, si pronuncia dicendo che, “cum valde expediat Civitati” poiché tornerebbe di grande utilità e lustro per la Città, “et habeatur celebris fama de virtutibus et probitate dicti magistri Francisci” ed è pervenuta chiara fama del valore e della probità di detto Maestro Francesco, “eidem concedendum esse et libentissime gratiose concedi debere utrumque civilitatem sibi et exemptionem per dictum tempus” sia da concedergli e debba, con il massimo buon grado e graziosamente venirgli concesso tanto il diritto di cittadinanza, quanto l’esenzione fiscale per il detto tempo, “aggregando eum inter alios nostre Civitatis Cives, cum honoribus, officijs, preheminentijs, facultatibus et emolumentibus quibus alij cives uti, potiri et gaudere consueverunt” associandolo fra gli altri cittadini della Città, con tutti gli onori, uffici, autorità, facoltà ed emolumenti dei quali hanno sempre goduto gli altri cittadini “et concedere sibi dictam exemptionem et immunitatem per dictum quinquilustrem ab omnibus et singulis impositionibus et gravaminibus per dictam Communitatem in posterum jmponendis” e di concedergli, altresì, esenzione ed immunità per cinque lustri da tutte le imposte e gravami che verranno applicate dalla Comunità. La proposta viene approvata con 33 voti favorevoli ed otto contrari.
Nello stesso consiglio, si delibera anche su alcune questioni di carattere territoriale. Una sancisce che “montecampanenses non colant bona Hortanorum” gli uomini di Montecampano non debbano coltivare proprietà appartenenti agli Ortani e gli Anziani provvedano in merito, “sub pena per eos arbitranda et applicanda” comminando le pene che riterranno più opportune. Altra decisione riguarda la nomina del medico per il Castello di S. Liberato: “nullum medicum eligi debere donec stabit indecisa lis super castro S.ti Liberati” non si proceda alla sua elezione, finché non sarà stata decisa la vertenza pendente con il detto Castello (forse una contestazione circa la sua dipendenza dal Comune di Amelia). (2012)
21 - Con atto del Notaio Giovanni Brancatelli del 21 Ottobre 1400, l’Abate di S. Secondo Pellegrino Pellegrini convoca il suo capitolo collegiale e, assenti i canonici Nicolò Jannis e Andrea Andreucoli e altri tre, da sé facendo capitolo, considerata “probitate, scientia, vita et moribus” la probità, la cultura e la vita costumata di prete Andrea Ricci, lo nomina canonico, al posto vacante prima per morte di Gian Stefano di Pietro e, quindi, per rinuncia del chierico Bartolomeo Colai. L’elezione viene approvata anche dal Vescovo Stefano (Bordoni, di Napoli). Non altrettanta fortuna ha l’elezione di prete Nicolò Ricci (parente del precedente?) a Rettore di S. Maria di Porta, effettuata dallo stesso abate di S. Secondo e dal suo Capitolo, avvenuta il giorno 29 successivo, che viene rifiutata dal Vescovo, il quale, in sua vece, nomina il chierico Giovanni Venge; il Ricci si reputa diffamato ed appella al papa. (2014)
21 - Il 21 Ottobre 1472, nel testamento di Domenico di Pier Giovanni di Martino figurano presenti alcuni frati agostiniani, fra i quali vi sono un fra Giovanni ed un fra Leonardo “de Alamania, commorantes in Civitate Amelie ad construendum organos in Ecclesia S,cti Augustini de Amelia” di Germania, abitanti in Amelia, in quanto incaricati della costruzione di un organo nella Chiesa di S. Agostino. (2015)
22 - Il 22 Ottobre 1814, l’Amministratore Camerale scrive da Spoleto ai Sigg.ri Reggenti di Amelia questa poco gradita lettera di sollecito:
“Il ritardo, che io vedo nelle Sig. Vostre Ill.me per lo scaduto pagamento della Tassa Strada Corriera e Provinciale ordinata dalla Sagra Congregazione del Buon Governo, mi pone nel maggiore impegno di richiamarle con questa mia al più sollecito adempimento.
“Pria di mettere in pratica quegli atti di rigore, dei quali vengo autorizzato, mi faccio a rinnovar loro queste mie più fervide premure, acciò nel fine del corrente mese, versino in questa mia Cassa il giusto importare della medesima.
“Devo però prevenirle, che spirato detto tempo, e non seguito il pagamento, io non potrò in conto alcuno esentarmi dal procedere contro il di loro Esattore Locale Manu Regia et More Camerali, obbligandolo a quanto prescrive il Motu Proprio del 2 Agosto 1804 relativo all’esigenze delle Tasse Camerali”.
Una tiratina di giacchetta ogni tanto ci vuole proprio! (1997)
22 - "Advento tempore et die extrahendi ex bussulo novum Magistratum"; essendo cioè giunta l'ora di estrarre dal bussolo la nuova magistratura per i mesi di novembre e dicembre, il 22 Ottobre 1615, "intus reperti fuere" (nella capsula furono trovati) i seguenti nominativi: "D. Cesarius J. D. Cap. Faustus C., D. Marcus Antonius J., D. Fabius L.". Ma poiché D. Marcus Antonius J. fu trovato debitore nel "Libro degli Specchi", il suo nome "fuit laceratus et, ex spicciolatis", al suo posto venne estratto il nome di Adriano G., ma, a causa di malattia, si sostituì a sua volta con D. Evangelista V.
Due giorni più tardi, “si fa sapere che il suddetto Marcantonio J. sia ricorso a Roma, per voler entrare” a far parte del Consiglio, malgrado la sua riconosciuta ineleggibilità; il che "si sa che pregiudizio può essere alla Comunità, mentre contro gli ordini soliti si ammette quest'uso".
La mala pianta delle raccomandazioni ha sempre rigogliosamente vegetato in ogni epoca! (2001)
22 - Il 22 Ottobre 1418 viene riportata copia di una lettera che Tartaglia scrive al podestà di Amelia Bastiano (di Gianciotti) di Acquasparta, sollecitando lui e la comunità per avere "prestamente il subsidio per possere (potere) mantenere quessi (sic) compagnoni (che) havemo mandati ale frontere contra lo Conte de Gallese. Item mandamo Cola de Scipizano nostro fameglio per comperare alcuni juppecti (giubbetti?) per fameglj, et andare perfino a Todi. Si che procura selli dovessi tollere ad accacto (cioè acquistare) che diate al detto Cola cinquanta ducati Et mentre va et torna ad Amelia sollecitate se habi (che abbia) tucta la seconda terzaria dello subsidio et mandatenella (mandatemela) per lo dicto Cola che non falli con cio che se po havere. Item scrivemo al vescovo (ce n'è anche per lui!) che pachi (sic) lo subsidio cioe trenta ducati si che sollecitate daverli. Valete".
Fra pagamento del sussidio (cioè una taglia), mantenimento delle bande armate del Tartaglia contro il Conte di Gallese, acquisto di indumenti per le stesse, viaggi di andata e ritorno, i poveri Amerini non sanno a chi dare il resto! (2006)
22 - Il 22 Ottobre 1724 “si deve eleggere il Chierurgo (sic), e si leggono le liste delli requisiti delli Concorrenti scelti, et approvati dal Nobil Conseglio del Diece, del tenor seguente:
“Sig. Gioseppe Buonaventura Giusti. Prattica e teorica per alcuni anni sotto la direzzione del Sig. Domenico Eleuterij Chierurgo condotto di Città della Pieve; sopra tre anni esercitò teorica e prattica nell’Arciospedale di S. Giacomo dell’Incurabili, ove fu decano de giovani e fece le publiche lezzioni e dimostrazioni Anotomiche (sic). 1697: eletto Chierurgo della Città di Chiusi. 1699: confermato, e benservito. 1699: nuovo esercitio di prattica in S. Gio. Laterano. 1702: eletto Chierurgo di Città della Pieve sua Patria, vi ebbe cinque conferme e benservito nell’anno 1707. 1707: eletto Chierurgo della Città di Acquapendente. 1708: confermato per due anni e benservito. 1710: eletto Chierurgo della Terra di Monte Falco, con due conferme, e benservito. 1712: richiamato, eletto per due anni in Città della Pieve, con sette riferme e benservito. 1722: eletto Chierurgo della Città di Nocera, con due conferme, et ivi esercita”.
“Sig. Clemente Petrucci. 1699: Privileggio di Chierurgia, servì per 12 anni nell’Arciospedale di Roma, e per 5 anni in offizio di Priore. 1701: eletto Chierurgo della Terra di Serra de Conti, confermato per 3 anni con augumento di provisione, e benservito. Eletto dalla Terra di Monte nuovo, che ricusò; chiamato per modum provisionis dalla Terra di Mondolfo, che ricusò. 1705: eletto in detta Terra, confermato per due anni, con augumento di provisione e benservito. 1705: eletto dalla Terra di S. Anatoglia, che ricusò. 1706: eletto Chierurgo della Terra di Monte Granaro, confermato per 3 anni e benservito. 1709: eletto primo Chierurgo di Sassoferrato, confermato per 3 anni e benservito. 1711: Chiamato Chierurgo provisionale in Roccacontrada, che ricusò. 1712: eletto Chierurgo della Città di Nocera, confermato e deputato medico provisionale. 1713: eletto Chierurgo della Città di Camerino con provisione di scudi 137, confermato per altri otto anni, confermato per altri tre anni”.
“Sig. Antonio Vanni. 1691: esercizio di Chierurgia nell’Ospedale di S. Giacomo dell’Incurabili per anni sette, e per altri tre anni nell’Arciospedale di S. Spirito. 1701: Patente di Poggiomirteto con provisione di scudi 80 e casa, confermato per due anni. 1706: Patente della Terra di Monterotondo con provisione di scudi 100 e casa, con due conferme. 1716: Patente della Terra di Cascia con provisione di scudi 100, con 5 conferme fino all’anno 1715, et in detto anno confermato per 3 anni coll’augumento di scudi 20, con altre due conferme di tre anni in tre anni, et ivi esercita. 1723: Patente di Leonessa, con provisione di scudi 150, che ricusò”.
Dopo l’esposizione del “curriculum” di ciascun concorrente, si procede all’elezione del nuovo chirurgo: Giuseppe Bonaventura Giusti vinse, riportando 58 voti favorevoli e 20 contrari, contro il Petrucci (18 sì e 60 no) ed il Vanni (40 sì e 38 no). (2008)
22 - Nel periodico “AMERIA” del 22 Ottobre 1899, sotto il titolo “Il discorso della settimana - Nulla dies sine linea”, si legge:
“Quasi ad epoche determinate succede che qui, come certamente lo sarà altrove, qualche fatto tiene desta la curiosità ed è oggetto per vario tempo di tutti i discorsi del popolino. Adesso è la volta del “fantasma”. Sembra adunque certo che un essere di cui non si è potuto stabilire bene il sesso, ma che però deve appartenere ai genere dei mattoidi, nei giorni addietro, vestito di lungo manto bianco, con la figura allungata con qualche meccanismo, percorreva le vie del duomo, S. Giovanni e Pereira, richiamando anche l’attenzione delle sentinelle della casa di Reclusione. Queste pertanto si tenevano all’erta per vedere se si ripeteva il giuoco. Infatti la sera di lunedì 16 corr. la medesima comparsa si faceva viva presso una di quelle e percorreva di fuga il cammino di ronda. Dato l’allarme al picchetto di guardia, il così detto fantasma fu circondato, ma non in modo che non potesse sfuggire. Rincorso, ebbe campo di saltare il muricciolo presso la chiesa di S. Bastiano e mentre scavalcava il detto muro, gli furono tirati alcuni colpi di fucile, che però andarono a vuoto.
“Crediamo che a chiunque sia, passerà la voglia di ripetere queste buffonate, con le quali si può arrischiare benissimo la pelle senza uno scopo qualsiasi”. (2010)
22 - Pietro di Simone, uno dei quattro cittadini eletti per trattare dell’argomento infrascritto, il 22 Ottobre 1539, con il consenso degli altri suoi colleghi, espone:
“Xistus Joannoni apparet condemnatus in libris quinquaginta et mitra, quam, vigore statutorum redimere potest (cum) libris quingentis et ultra refundere debet quartos decem et novem grani minus duobus octarolis” Sisto Giannoni risulta essere stato condannato a pagare cinquecento libre, nonché alla pena della mitra, la quale, in base agli statuti, può venir condonata con altre cinquecento libre; inoltre, deve versare diciannove quarti di grano, meno due ottaioli. Avendo presentato una supplica per venir graziato, ci si chiede “Quid agendum?” cosa fare.
Pier Francesco Racani -uno dei quattro eletti- chiamato dal Cancelliere verbalizzantte “instructissimus vir et in omni re prudens”, propone che, “solutis decem et novem ducatis de carolenis pro pena sue condemnationis et carolenis viginti quinque quos remictere tenetur ex grano ab eo vendito ad mensuram terre Graffignani ad rationem quinque carlenorum pro singulo quarto” dopo aver pagato diciannove ducati di carlini -a scomputo della condanna- e venticinque carlini da sborsare per il grano da lui venduto alla misura della Terra di Graffignano, cioè in ragione di cinque carlini per ogni quarto; “de residuo tam pene quam etiam grani, gratiam habeat”: del residuo tanto della pena, seguìta alla condanna, quanto per la vendita del grano, gli si faccia grazia. La proposta viene approvata a voti unanimi (“omnibus una voce assentientibus”). Non conosciamo i particolari del reato commesso dallo Jannoni, per il quale era stato condannato alla mitra, che il nostro statuto del 1441 riservava ai calunniatori.
Lo stesso giorno “Petrucius malfacti promisit et convenit m.cis d.nis Antianis et mihi Cancellario presenti et pro Communi uti publice persone stipulanti” Petruccio Malfatti ha promesso e convenuto con i Magnifici signori Anziani e alla presenza del Cancelliere, stipulante come pubblico ufficiale per conto del Comune, “omnes publicos fontes puros et nitidos conservare, nec non suis sumptibus quotiens fuerit opus mundare et expurgare” di conservare e mantenere tutte le fonti pubbliche nette e pulite ed a sue spese, nonché di mondarle ed espurgarle ogni volta che ve ne sarà necessità, “cum pacto quod pro eius mercede deleatur ex libro dativarum domini Potestatis pro toto tempore quo fugnerit (sic) in huiusmodi officio” con il patto che, per sua mercede, venga depennato dal registro delle dative del Podestà per tutta la durata del suo incarico. “Quam rem bene et diligenter administrare promisit et jta juravit” la qual cosa promise di eseguire con abilità e diligenza, asseverandola con giuramento.
(2012)
22 - La Collegiata di S. Secondo ha un terreno spettante alla prebenda di Don Pellegrino Juvenelli, sito presso la chiesa stessa “et fontem quinque” e la fonte detta ‘Delle Cinque’. In questo terreno, vi è una parte sodiva ed incolta, nella quale, da parte di alcuni uomini di Amelia, si effettuano scavi per estrarre argilla per loro uso, in conseguenza dei quali, la chiesa e, particolarmente il suo coro, a detta dei periti, minaccia di rovinare. Con atto rogato dal notaio Giacomo di Paolo del 22 Ottobre 1441, si chiede, quindi, al Vescovo di assoggettare a vincolo enfiteutico per un lungo periodo di anni, la parte di detto terreno che, dall’angolo fra la chiesa e la strada, va verso la fonte e la via Piana. Ma non si faceva prima a vietare gli scavi? (2014)
23 - Il consiglio decemvirale, in riunione segreta, il 23 Ottobre 1517 doveva decidere in merito ad una questione protocollare. Il consigliere Lorenzo Boccarini, poiché “erat venturus Jovium R.mus D. Cardinalis Farnesius” stava per giungere a Giove il Cardinale Farnese, “videbatur suum D. R.mum aliquo munere recognoscere” propose che sembrava opportuno gratificare Sua Eminenza di un qualche donativo. Si discusse la proposta del Boccarini “viva voce” e, quindi, “fuit decretum donaretur munere quo alias donatus est etiam dum venerat Jovium” fu deciso di presentare al detto prelato in arrivo a Giove il consueto dono che altre volte gli venne offerto.
Si vede che non era la prima volta che il Cardinale Farnese riceveva gli omaggi degli Amerini e non sarà stata quella neppure l’ultima! (2008)
23 - Dal periodico “AMERIA” del 23 Ottobre 1898, sotto il titolo “GUARDATEVI DAI MICROBI”, è riportato quanto pubblicato da un giornale romano, nei seguenti termini:
“Non è molto tempo che gli igienisti hanno proclamato i baci pericolosi alla salute pubblica, perché mezzo facile e celere di trasmissione di microbi.
“Gli studi in proposito dimostrano che hanno menato più strage i baci che la polvere pirica.
“Anzi, pare che un dotto tedesco sia riuscito a scoprire che Gesù non è morto trafitto dalle lance dei giudei, ma in conseguenza invece ... del bacio di Giuda.
“Un bacteriologo danese ha ora scoperto che un altro veicolo non meno pericoloso è la stretta di mano.
“Lo scienziato di Danimarca assicura che sull’epidermide della mano dell’uomo, ed eziandio della donna, vivono e prosperano delle tribù di bacteri, cocchi e micrococchi, tutti pericolosi, più o meno, alla salute.
“E’ quindi buona regola d’igiene guardarsi dalle mani altrui.
“Il volgo, del resto, aveva già da molto tempo intuito questa verità scientifica, tant’è che anche il più digiuno di scienza medica non ignora quanto male possa fare il contatto di una mano sopra una guancia, specie quando la mano è chiusa e fa parte di un braccio robusto e gagliardo ...
“ ... Oh! gli igienisti!”. (2010)
23 - Il 23 Ottobre 1528 nelle riformanze è riportato il seguente bando:
“Se fa Banno per parte del R.do S.re Governatore magnifico S.or Potestà et magnifici s.ri Antianj et providi electi che qualunche, tanto ciptadino quanto contadino o foristero habitante di epsa cipta et contado de Amelia, che sappia et habia scientia che alcuno di qual stato o conditione se sia, tanto di epsa cipta o suo contado, o vero foristero habitante habia grano, animalj o vero altre robe del hominj de la penna o per compera o per quale altro modo se sia, lo debia rivelare ipso facto a li magnifici si.ri Antianj et serrà tenuto secreto et revelare che robe siano et quanta summa, et guadagnarà il premio da epsi s.ri Antianj; et se alcuno, se homo de la dicta penna, ha notitia alcuna che alcuno de dicti hominj retengano dicte robe de la penna in qual modo se sia come di sopra, lo vengano ad revelare che li serranno facte subito restituire; et similmente se alcuno havesse scientia che alcuno de dicti hominj havesse facta offerta a li capitanei per compera de grano et altre robe de dicti hominj de la penna lo venga ad revelare che serrà tenuto secreto, che guadagnarà il premio similmente”.
Il bando fu “preconizatum per Johannem publicum Tubicinem, per loca solita civitatis Amelie”. (2011)
24 - Gli Anziani, in data 24 Ottobre 1444, deliberano, insieme al comitato della salute pubblica, che, per maggior garanzia di difesa della Città, si mandi a Visso un'ambasceria, per sollecitare la venuta in Amelia di un maestro "qui sciat facere scopplectos"; cioè di un armaiolo, specializzato nella costruzione di schioppi. Si tratta di Mastro Fioravanti di Giovanni, al quale il Comune ordinò, il 1° Settembre 1445, 150 "scupplecti de ferro", che verranno pagati all'armaiolo, in ragione di un fiorino ciascuno.
Dal Cancelliere si annota un elenco di 150 cittadini, che dovranno, a proprie spese, provvedersi di uno schioppo. Le armi dovranno essere approntate per la festa dell'Assunta ed il giorno di S. Fermina (24 Novembre), il Podestà e gli Anziani le passeranno in rassegna, sotto la comminatoria di una pena di 40 soldi a chi ne risulterà sprovveduto.
Da parte del Comune, si pone in palio un panno di lana del valore di 50 bajocchi, in premio di "cuicumque melius tralgere (sic) scit ad signum ponendum per dictos potestatem et Antianos": per colui che saprà meglio centrare il bersaglio apposto a cura dei detti podestà ed Anziani. Una vera e propria gara di tiro a segno! (2001)
24 - Tommaso di Maestro Andrea di Amelia il 24 Ottobre 1394, ad Anziani e consiglio decemvirale, presenta una singolare supplica.
"Cum per dei gratiam a iam diu in Perusio et bononia studuerit in philosophia et medicinalibus artibus" Avendo, per grazia di Dio, da lungo tempo studiato filosofia ed arti mediche a Perugia ed a Bologna "feceritque sicut exigit tale studium largas expensas ultra sui genitoris exigentiam facultatum" ed ha affrontato, come tale studio richiede, notevoli spese, ben oltre le disponibilità del suo genitore "et nunc sit vocatus ad lecturam Perusij ad quam dispositus sit favente altissimo" ed ora è stato chiamato alla lettura (discussione) a Perugia, a cui è preparato "causa adipiscendi dictarum scientiarum doctoratum ut moris est" al fine di conseguire, com'è costume, la laurea nelle citate scienze "in quo de necessitate expedit largissimas fieri expensas pro soluto dicti doctoratus honore" per la qual cosa occorre di necessità affrontare notevolissime spese al fine di conseguire l'onore del dottorato "qui cedet ad honorem Civitatis et Civium ad quorum servitia se offert toto posse" che tornerà anche ad onore della Città e dei Cittadini, al servizio dei quali egli si dispone se e come meglio potrà "tanta inest affectio servendi" tanta è in lui la buona volontà di prestare giovamento. "Igitur supplicat quatenus dignetur Vestra M. sibi de aliquali pecunie subsidio providere considerata temporis dispositione ac facultate prefati Thome genitoris". Supplica, quindi, che la Vostra Magnificenza si degni assegnargli un sussidio in denaro, in considerazione del tempo occorrente e delle (scarse) possibilità economiche del padre "ut possit dictum opus perficere peroptatum" per poter portare a compimento tale impresa, secondo il suo desiderio.
Credo che mai perorazione sia stata più degna di trovare accoglimento! (2007)
24 - Il 24 Ottobre 1750 si legge in consiglio la seguente singolare proposta di Luca Boccarini:
“Ogn’uno sa ed è ben informato delle impertinenze usate ne’ giorni scorsi dalli PP. Zoccolanti riformati di S. Giovanni per voler fabricare di assoluta (pre)potenza nel sito di questa Comunità, senza voler ricevere, né prezzare le citationi e precetti fattili replicatamente eseguire per ordine del Tribunale di Mons.re Ill.mo e R.mo nostro Vescovo, spediti prima ad instanza di questa nostra Comunità e poi ad instanza anche del R.mo Capitolo della Catedrale, avendo al primo precetto il Padre Molto Rev.do (!) Bonaventura da Vitorchiano maltrattato d’ingiurie e minacciato di percosse il Publico Balivo, che glie lo presentò, et avendo successivamente nell’atto della presentazione del secondo precetto, due di essi Padri, uno laico e l’altro sacerdote, in effetti percosso e battuto con bastonate et altre battiture il Balivo medesimo, oltre di aver anche ingiuriato e minacciato il Sig. Angelo Catenacci, uno dei Sig.ri Anziani di Magistrato residenti, sparlato di Mons. Ill.mo e R.mo Vescovo, e suo R.mo Vicario, con altre molte contumelie proferte contro il nostro Publico e Nobiltà, della quale sonosi molti di essi Padri dichiarati non avere alcuna stima e molto meno obbedienza e sommissione alli Superiori, onde sono di parere che se ne dia conto alla Sagra Congregazione de Vescovi e Regolari e si domandi e preghi detta Sag. Congr. per la remotione di detta religione dal detto Convento di S. Giovanni d’Amelia, collocandovi altra religione a beneplacito di essa Sag. Congr., rammemorando anche alla stessa l’altro attentato de medesimi Padri Zoccolanti commesso in tempo di Mons. Carpini Vescovo antecessore, quando fattenli fare un esecuzione di bestie, armata manu (a mano armata) rilevorno dalla depositaria (dei pegni) dette bestie”.
Che i Padri Zoccolanti non fossero stati ancora sufficientemente “riformati”? (2008)
24 - Nel consiglio decemvirale del 24 Ottobre 1529 si tratta, fra l’altro, di favorire la richiesta di un allevatore di Visso:
“quidam caprarius de vissio petit jnmictere certam quantitatem caprarum jn pascuis amerinis” un capraio di Visso chiede di introdurre, nei pascoli della zona, una certa quantità di capre. Il consigliere Pompilio Geraldini “vir nobilis” propone che “jn pascuis amerinis jmmictantur tot capre quot fuerunt jmmisse de anno proxime elapso cum capitulis de anno elapso proxime factis” nei pascoli amerini si immettano tante capre quante ne furono immesse il precedente anno e con gli stessi capitoli, che figurano riportati nelle riformanze sotto la data del 28 Ottobre 1528. Lo stesso giorno, Giovan Battista Vagni “de Villa Vallope”, distretto della terra di Visso, si offre di introdurre in Amelia circa 220 capre alle stesse condizioni ed ai patti stabiliti nel precedente anno. Contemporaneamente, anche un altro capraio di Visso, tal Marino, si dichiara disposto ad introdurre altre duecento capre, alle stesse condizioni, che comprendono, fra l’altro, il pagamento di 150 ducati di carlini ed il patto che i proprietari dei terreni a loro affidati “non possano fare né scotano né legna, et nisciuna altra sorte di exercitio per farne merchanzia” ed, in caso contrario, “caschino in pena de doi ducati de oro per ciasche volta”. Detti caprari, inoltre, “possano tagliare legna per loro uso sensa danno et facenno danno siano obligati a lo emendo et non ala pena”. (2011)
24 - Sotto la data del 24 Ottobre 1540 nelle riformanze si legge:
“Magnifici Domini Antiani elegerunt in moderatorem sperae horologij praesbiterum Peregrinum presentem et acceptantem per annum proxime futurum cum salario et mercede carlenorum viginti quinque” gli Anziani hanno nominato quale regolatore (delle sfere) dell’orologio (pubblico) il sacerdote Pellegrino, presente ed accettante, per la durata dell’intero venturo anno, con lo stipendio di venticinque carlini. “Qui promisit bene diligenterque fungi eius officio. Presentibus nobili et egregio viro d. Vincentio Crisolino et Jo. Francisco Tubiucine testibus”. Lo stesso ha fatto promessa di esercitare detto ufficio con perizia e diligenza, alla presenza dei testimoni assunti nelle persone del nobile ed egregio Signor Vincenzo Crisolini e dell’araldo Giovan Francesco.
A distanza di 34 anni, precisamente il 24 Ottobre 1574, le monache di S. Magno presentano la seguente supplica:
“Molto magnifici Ss.ri et generoso Conseglio. Le R.de Moniche del Venerando Monasterio de S. Manno humilmente supplicano le SS. VV. MM. et questo generoso Conseglio che retrovandose decto venerando monasterio una quantità de terreni nel territorio de Amelia in contrata Monte piglio o monte de S. Jacomo quale confina con li beni de questa M.ca Comunità, desederariano per differentie (contestazioni che) potriano nascere per l’avvenire, se terminasse (si ponessero dei termini) acciò ognuno reconoscesse il suo e, per ciò, fare elettione d’homini nel medesimo Conseglio, (i) quali habbino autorità et facultà de terminare, ch’è quanto decte R.de Monache desiderano dalle SS. VV. Et questo generoso Conseglio, el che facendo riceverando (riceveranno) il tutto a gratia singularissima et non restarando (non si stancheranno mai di) pregare per questa magnifica Comunità il S. Iddio per il suo felice stato”.
Niccolò Cansacchi –“vir approbatissime facundie”- propone che gli Anziani ed il Consiglio “potestatem atque baliam habeant eligendi quatuor eis bene visos ad terminandum et termina affigendum inter magnificam comunitatem et Venerandum Monasterium S. Mannj” abbiano facoltà di nominare quattro idonei cittadini per individuare i confini ed apporre i termini fra le proprietà della Comunità e quelle del Monastero. Meno male che almeno le monache di S. Magno non piangevano miseria! (2012)
24 - Bartolo di Francesco, litigando con Angelo di Giacomo, “irriverenter blasfemavit omnipotentem deum et gloriosam Virginem Mariam” irriverentemente bestemmiò l’onnipotente Iddio e la Gloriosa Vergine Maria “dicendo: sel dicesse dio et la vergene maria testo che dici tu, mente per la gola”. Viene denunciato alla curia del Podestà, dove s’istruisce il processo, ma egli corre alla bottega di Mario Bucci, dove trova il suo confessore prete Giacomo Stoppoloni, gli si getta dinanzi in ginocchio “confitens et dicens eiusdem blasfemie et delicti se immensum penituisse et penitere” confessando e dicendo che, della bestemmia e del delitto commessi si sia immensamente pentito e tuttora si pente. Il sacerdote, ricevuta la confessione “et visa sui cordis contritione” e considerato il suo cuore contrito, gl’ingiunge “in secreto” la penitenza e lo assolve, restituendolo “ad fidelium unionem” alla comunità dei fedeli. Il tutto viene verbalizzato dal notaio Paolo Paolelli il 24 Ottobre 1438, alla presenza di due testimoni. (2014)
24 - Si ha notizia da un atto notarile di Ricco di Francesco che, in data 24 Ottobre 1478 si stava costruendo il Palazzo Anzianale. Il Priore Paolo di Giuliano, anche per suo fratello Evangelista, ha sborsato al depositario del Comune Ponziano di Gian Francesco, cinquantanove ducati, che dovevano essere versati da Antonio di Menecuccio, il quale, riconoscendo il suo debito verso il Priore, gli consegna, in acconto dei cinquantanove ducati, “tres vaccas et unun jovenchum”: che traffico! (2014)
24 - Il 24 Ottobre 1479 i quattro preposti al regime del Castello di Penna, insieme a sessantatre capifamiglia, giurano fedeltà ed obbedienza di buoni vassalli all’Ill.mo Sig. Stefano de Columna (Colonna), Signore di Palestrina e Castelnuovo. Il giuramento avviene sulla via pubblica, presso il Castello e davanti all’immagine della Vergine Maria. (2015)
25 - Il 25 Ottobre 1616 essendo giunto il momento di procedere all’estrazione dei nuovi magistrati per il bimestre Novembre-Dicembre, si andò a prelevare la cassetta del bussolo dalla Chiesa di S. Francesco e si portò “in Palatio Antianali, iuxta solitum” e, alla presenza del Governatore, vennero estratti: “Marcellus V., Cosmus G., Brutus B. e Jacobus C.”; ma poiché Marcellus V. non fu in grado di accettare la carica anzianale, perché malato e Cosmus G. era assente e riscontrato debitore e Brutus B. fu del pari trovato debitore, mentre Jacobus C. ricopriva già l’incarico di Vicario dei Castelli di Foce e Sambucetole, le loro nomine non vennero convalidate e si procedette all’estrazione degli altri nominativi: Darius M., Adrianus G., Antonius S. e Antonius C..
Ma poiché Adrianus G. e Antonius C. furono riscontrati debitori, al loro posto vennero estratti, “ex spicciolatis”: in luogo di Adrianus G., Carolus C. ed al posto di Antonius C., Nicolaus Z.
Ma poiché Nicolaus Z. e Carolus C. erano parenti, non poterono venir eletti; venne quindi estratto Stephanus C., ma, essendo assente e riscontrato debitore, in sua vece venne estratto Pompeus C., ma, in quanto anch’egli assente e riconosciuto debitore, si estrasse il nominativo di Claudius V.
Non credo che vi sia mai stata un’elezione più laboriosa e movimentata! (1997)
25 - Un tal Perello di Dunarobba (Todi) passa la sbarra daziaria “juxta et prope Ecclesiam S.te Firmine de Vallibus” nei pressi della Chiesa di S. Fermina delle Valli, con un mulo carico di vasellame e tira via. I gabellieri lo scorgono e lo fermano, sequestrandogli mulo e carico. Il pover’uomo, che confessa sinceramente di aver tentato di farla franca, prega e supplica che, per amor di Dio, gli restituiscano almeno il mulo. E così avvenne. Il tutto come risulta dall’atto notarile di Ricco di Francesco del 25 Ottobre 1482, redatto “in gabella generali suptus schalis S.te Marie de Porta” nel locale adibito a gabella generale sito sotto le scale di S. Maria di Porta, alla presenza, fra gli altri, di Bartolomeo Cansacchi. (2014)
25 - Il 25 Ottobre 1519, Svetonio Cansacchi deve ricorrere alle cure mediche, perché morso da un cane alla gamba. Si affida alle cure del fisico Dottor Martino da Foligno e guarisce in quindici giorni. E meno male che il cane non era arrabbiato! (2015)
25 - Il 25 Ottobre 1523 il notaio Tommaso di Taddeo Artenisi è chiamato a redigere un contratto per la costruzione di alcuni pilastri nella Chiesa di S. Agostino. Il lavoro è commesso ai Mastri Giacobino ed Antonio suo nepote “de partibus lombardie” lombardi, da parte dei Frati, insieme agli esecutori testamentari della defunta Antonia, moglie di Giovanni Graziani di Amelia, per un importo di centosessanta ducati. (2015)
26 - Su di una parete interna della residenza municipale di Amelia, figura murata la seguente lapide:
"Il Concittadino Professor ANGELO CIATTI deceduto il 26 Ottobre 1922 legava al Comune la tenuta di Fortecesare destinandone le rendite all'istruzione del Popolo e alla beneficienza.
“L'Amministrazione popolare presieduta dal Sindaco Cafiero Liberati, volle qui tramandare del generoso donatore il ricordo e l'esempio.
“Amelia 1.3.1948"
(2004)
26 - Il 26 Ottobre 1550 viene presentata in Consiglio la proposta dei "Fratres cucullati, qui intendunt assumere locum S.ti Jacobi pro continua eorum habitatione et exercitatione divinorum officiorum" cioè dei frati cappuccini di S. Francesco, che intendono eleggere il luogo di S. Giacomo (anche oggi sede del convento dei Cappuccini) quale loro stabile residenza, per dedicarlo all'esercizio degli uffici divini "iuxta eorum professione", secondo la loro professione di fede.
"Gravis et maturus vir ser Dardanus Sandrus, implorato divini numinis auxilio" Dardano Sandri, uomo serio ed autorevole, invocato l'aiuto divino, perora la richiesta dei Frati e propone che gli Anziani "eligant duos cives qui presint necessitatibus dictorum fratrum ac rebus pro eorum commoditatibus faciendis" vengano nominati due cittadini che presiedano alla bisogna, facendo quanto occorre per fornire il necessario aiuto all'insediamento dei frati cappuccini.
La proposta di Dardano Sandri venne approvata a grande maggioranza (60 voti favorevoli ed un solo contrario) e i due cittadini eletti furono Orazio de Magistris e Pandolfo di Maccabeo. (2005)
26 - Nel consiglio decemvirale del 26 Ottobre 1541 molteplici sono gli argomenti da trattare.
Innanzi tutto, alcune suppliche, fra le quail una di Pietro, fratello di Medo, presentata per conto di sua moglie e della figlia Cherubina, condannate a pagare cinquecento libre di denari; un’altra di Cherubino di Narni, anch’esso condannato a pagare venticinque carlini ed altra di un certo Malecianche, gestore di albergo, cui si richiede il pagamento di cinquanta libre. Ma, mentre per le pene inflitte ai primi due non si conosce la motivazione, il Malecianche subì la condanna “quia non monuit forenses in suo hospitio ne arma portarent” per non aver diffidato i forestieri ospitati nel suo locale dal portare armi. Nel consiglio generale seguìto lo stesso giorno, alle donne di Pietro si fa grazia della metà della somma da esse dovuta ed al narnese Cherubino vengono rimessi i due terzi del dovuto. Per quanto, poi, riguarda l’albergatore Malecianche, il consiglio, appellandosi alle norme del vigente statuto, decide che un obbligo come quello richiestogli “non est in usu” non risulta fra quelli attualmente praticati e, quindi, “fiat sibi gratia liberalis” gli si rimetta per intero la pena.
V’è altresì da provvedere a quanto possa occorrere, essendo previsto “adventu summj Pontificis” l’imminente arrivo del Papa Paolo III Farnese. Si propone “quod eligantur quatuor Cives qui cum Dominis Antianis auctoritatem habeant totius consilij providendum ad omnia quae fuerint necesse” che si eleggano quattro cittadini, i quali, insieme agli Anziani, abbiano la stessa autorità dell’intero consiglio, per provvedere a quanto necessario a far fronte ad una simile evenienza. Non è da escludere che il passaggio del papa per Amelia fosse in relazione con gli spostamenti del pontefice durante la costruzione, a Perugia, della “Rocca Paolina”, iniziata nel 1540, nella quale era stata impiegata anche manodopera amerina (v. quanto detto al seg. giorno 27), come è chiaramente lasciato intravedere dal contenuto di un’altra supplica presentata lo stesso giorno da Arcangelo Sordoni, per un debito a suo carico inserito nel libro “malefitiorum”, relativo “vastatoribus Perusie”, cioè ad un processo penale a suo carico, riguardante il rendiconto di somme di denari avuti dal Comune per il pagamento degli operai impiegati per eseguire opere di carattere edilizio nella detta Rocca a Perugia, che dovevano comprendere anche lavori di demolizione. In effetti, la costruzione fu preceduta dall’abbattimento di una parte delle case appartenenti ai Baglioni e dalla demolizione di quasi tutto l’antico borgo di S. Giuliana. Quanto ne resta al giorno d’oggi è quel che si salvò dalla distruzione seguita al 1860, dopo l’annessione di Perugia al Regno d’Italia. (2012)
27 - In occasione della concessione da parte del Papa Sisto IV a Stefano Colonna del feudo di Penna in Teverina, già posseduto dalla famiglia colonnese e ad essa ritolto in successive molteplici usurpazioni, il Colonna, protettore di Amelia, affida alla stessa la tutela del riavuto castello.
Venuto nella nostra Città il 27 Ottobre 1479, “benigne et summo gaudio et amore totius rei publice honoratus fuit et ad perpetuam memoriam tante felicitatis, columna marmorea in foro publico posita, ex abbatia S.ti Benedicti prope Ameliam delata fuit, et maximo campanarum ac tubarum strepitu, in medio ejusdem fori erecta extitit”; cioè: con grande benevolenza e somma gioia ed amore venne onorato dall’intera comunità e, a perpetuo ricordo di tanta felicità, gli venne dedicata una colonna marmorea, già esistente nell’abbazia di S. Benedetto nelle vicinanze di Amelia, che, con grande giubilo, al suono di campane e trombe, venne collocata al centro del foro cittadino.
Tale gioiosa cerimonia risulta annotata nelle riformanze ed il solerte cancelliere Gian Benedetto di Ser Guglielmo da Norcia vi riproduce anche il disegno della colonna dedicata all’illustre ospite.
Secondo alcuni autori, detta colonna deve identificarsi con quella che ancora oggi può vedersi sulla loggia dei banditori, nell’attuale Piazza Marconi. (1998)
27 - Il 27 Ottobre 1410, fra le spese straordinarie affrontate dalla comunità e di cui necessita trovare la copertura finanziaria, figura: "pro dono facto Magnifice domine Magnifici Capitanei Sfortie", cioè un donativo alla consorte del Capitano Sforza, in visita ad Amelia. Oltre ad 8 paia di capponi ed altrettante di pollastri, vino, pane, spezie (2 libbre di anice), orzo, paglia, cera, lardo, sale, affitto di case per accogliere la Signora ed i famigli, compreso il risarcimento per alcuni vasi rotti, si spesero circa 80 libre.
Non è fatta menzione del nome della nobile dama. Sappiamo, però, che Muzio Attendolo Sforza di Cotignola (1369-1424) ebbe tre mogli legittime e una dozzina di figli. Dalla prima, Antonia de' Salimbeni, ebbe Chiusi e quattro castelli; dalla seconda, Caterina Alopo, cinque castelli in Basilicata; dalla terza, Maria Marzani, figlia del duca di Sessa, vedova di Ludovico II d'Angiò e del conte di Celano, ebbe molti castelli in Terra di Lavoro e negli Abruzzi. Da un'amante, Lucia Terzani, di Marsciano (PG), ebbe il più noto dei suoi figli, Francesco, divenuto duca di Milano.
Il soprannome "Sforza" -che fu poi adottato stabilmente come cognome- gli venne attribuito dal Capitano di ventura Alberico da Barbiano, per la irruenta valentìa da lui dimostrata in battaglia. (2006)
27 - Il 27 Ottobre 1477 Pietro Brancatelli di Amelia presenta al consiglio decemvirale una supplica, nella quale espone che, "per curiam presentis d.ni potestatis fuit condemnatus in libris octuagintaseptem cum dimidia" dalla curia dell'attuale podestà fu condannato a pagare 87 libre e mezzo "occasione quod percussit manu vacua pluribus percussionibus Valerium Mascij de Lacuscello" per aver percosso più volte a mani nude Valerio Masci di Lagoscello. Chiede umilmente che "attenta eius paupertate et quia fuit gravissime vulneratus dictus orator in capite cum maxima sanguinis effusione" considerata la sua povertà e l'essere stato gavemente ferito in testa con copiosa effusione di sangue "et propterea per plures menses fuit infirmum et in periculo mortis constiututum" ed a causa di ciò restò infermo per molti mesi ed in pericolo di vita "ut notum est omnibus et gravia damna expensis passus est" com'è a tutti noto e di aver subito gravi danni per le spese "et tamen cum eo fecit bonam pacem" e di essersi tuttavia riappacificato con esso (Valerio), chiede, quindi, che gli venga rimessa la pena pecuniaria e cassato il processo. Nel consiglio generale del dì seguente, gli si concede che "solutis decem libris tempore presentium d.norum Antianorum cassetur condemnatio et residuum condonetur ei" dopo il pagamento di 10 libre da effettuare durante il vigente anzianato, gli si condoni il residuo e si annulli il procedimento. (2007)
27 -Il 27 Ottobre 1472, con la sua solita forbita ed aulica prosa, il Cancelliere di Amelia Battista de Quarantottis di Norcia notifica al Maestro Nicolò di Ser Andrea Concini la sua nomina a “preceptore scolarum Civitatis Amelie”, giustificandola col nobile desiderio degli Amerini “cupientes filiolis posterisque nostris scientiam virtutesque ac probatissimos mores tamquam hereditarium munus ac certum et stabilem legatum relinquere” di lasciare in eredità ai figli e posteri loro come in un retaggio stabile e sicuro, la scienza, le virtù ed i più che comprovati lodevoli costumi. Il relativo salario “per collegium doctorum et notariorum civitatis” da un collegio formato da dottori (avvocati) e notai cittadini, in numero di ben 24, viene stabilito nella riunione del successivo 20 Novembre, in 32 fiorini per un anno, in ragione di 50 bolognini a fiorino. Ma Maestro Nicolò non si vede arrivare. Il 6 Dicembre gli viene scritta una lettera di sollecito, pregandolo a presentarsi in termine di 10 giorni, “alioquin si secus feceris, hac eadem serie litterarum, dictam electionem et salarium decernimus esse nullius valoris roboris efficacie vel momenti” altrimenti, se non verrà, tutte le comunicazioni scrittegli, l’elezione ed il salario saranno considerati nulli e di nessun valore. Ma non è ancora finita: infatti, il successivo 23 Dicembre, in luogo di Maestro Nicolò, che ha dato forfait, viene eletto precettore delle scuole amerine Maestro Allegretto di Giacomo “de Pegis”, il quale, finalmente, accetta l’incarico. (2008)
27 - Il 27 Ottobre 1493 risulta annotato nelle riformanze che “Doctus vir Magister Persimon de Spoleto Amerinus scolarium preceptor” il Maestro di scuola e uomo dotto Piersimone da Spoleto, precettore degli scolari amerini, comparso dinanzi agli Anziani, “collegialiter congregatis” collegialmente riuniti in udienza, “exibuit atque assignavit eisdem unam furchectam argenteam ponderis unius untie ac octo ligarum” presentò ed offrì loro una forchetta d’argento, del peso di un oncia e otto leghe (?) in occasione della sua elezione per quell’anno “De qua furchecta Jacobus Tornana Scindicus Communis Amerie, cum presentia, assensu et voluntate prefatorum Magnificorum Dominorum Antianorum quietavit in forma ...” della quale forchetta, Giacomo Tornana, Sindaco del Comune di Amelia, alla presenza, con l’assenso e la volontà dei suddetti Magnifici Signori Anziani, rilasciò la dovuta quietanza nelle forme consuete. (2009)
27 - Il 27 Ottobre 1489 nel consiglio dei X viene esibita “petitio quaedam” una petizione “pro parte venerabilium Religiosorum Guardianorum fratrum Capituli et Conventus Sanctae Mariae Annunciate et Sancti Johannis Baptistae de Ameria” da parte dei religiosi e Guardiani dei frati del Capitolo e dei conventi di Santa Maria Annunziata e di San Giovanni Battista di Amelia “quod cum in dictis conventibus sint ad presens nonnulli fratres qui indigent vestium seu tunicis pro substentatione vite ut divino cultuj habilius vacent” poiché nei detti conventi vi siano diversi frati che abbisognano di vesti, ossia tonache per la loro sussistenza e per meglio applicarsi al culto divino “et ipsi non sint potentes facere impensam cum nihil habent” e gli stessi non hanno la possibilità di affrontarne la spesa, non possedendo nulla, “ex corde supplicant V. M.cis D.” supplicano amorevolmente gli Anziani, affinché “dignentur quod amore Dei, Beate Virginis eius Matris et Sancti Johannis Baptiste aliquod auxilium ex aere publico efficere et prebere eisdem” si degnino, per l’amor di Dio, della Beata Vergine di Lui Madre e di San Giovanni Battista, possa venir loro concesso un aiuto, da prelevarsi dal pubblico erario, affinché “quo ferventius apud Deum orando, intercedant pro salute et conservatione Magnifice rej publice Amerine” con rinnovato fervore, possano intercedere pregando Dio per la salvezza e la conservazione della Comunità di Amelia.
Nel maggior consiglio del giorno appresso, si delibera che “gratis ducati decem largiantur ipsis fratribus, partendi eque et pro dimidio jnter ipsos duos conventus ut quilibet ad vestendos fratres ducatos quinque habeat” si elargiscano ai frati dieci ducati, da ripartirsi equamente fra i due conventi, di modo che ciascuno di essi ne abbia cinque, da destinare all’acquisto delle loro tonache.
Sette anni più tardi, precisamente il 27 Ottobre 1496, un breve di Alessandro VI, fatto recapitare agli Anziani dal Cardinale Legato de Lunate, fa presente “quemadmodum Bartholomeum de Alviano suis exigentibus demeritis et excessibus per bullam nostram declaravimus excomunicatum et maledictum ac nostrum et ecclesie rebellem” come, con sua precedente bolla, avesse dichiarato scomunicato, maledetto e nemico suo e della Chiesa
Bartolomeo d’Alviano, a causa delle sue gesta e degli eccessi da lui commessi “omnibusque stantibus et bonis suis stabilibus atque mobilibus privatum ipsaque bona sua nobis et camere nostre apostolice confiscata esse” e, perciò, ne avesse dichiarato confiscati tutti i beni mobili ed immobili a favore suo e della Camera Apostolica “et propterea cum de tanta sua protervia, pertinatia et rebellione ipsum punire et castigare decrevimus” ed, inoltre, avendo deciso di punirlo e castigarlo di tanta sua proterva ostinazione e ribellione, dallo stesso Cardinale Legato “vobis intimari et requiri fecimus” ingiunge agli Anziani che si tengano pronti (“vos disponere deberetis”) che, ad un comando del papa, “tamquam fideles et devoti nostri et ecclesie subditi contra status et bona dicti Bartholomei pro servitio nostro irrumperetis” debbano irrompere nello stato e nei beni di Bartoloneo, come si conviene a fedeli e devoti sudditi suoi e della Chiesa, avendo avuto assicurazione dallo stesso Cardinale che gli Amerini abbiano sempre risposto ai suoi comandi “cum omni obbedientia et prontitudine”, della quale cosa il papa grandemente si compiace. E “sicut ad punitionem Virginij Ursini rebellis nostri cum exercitu ad auferendum ab eo status suos” come già inviò un esercito contro Virginio Orsini, ribellatosi al papa, per togliergli lo stato, vuole ora che venga riservato al d’Alviano lo stesso trattamento. Esorta, comunque, gli Amerini “quod si homines terrarum et locorum predictorum ad nostram et ecclesie obbedientiam iuxta tenorem brevium nostrorum que sibi scribimus libenter venire et se subicere voluerint” che se gli uomini e le terre del d’Alviano si sottoponessero spontaneamente all’obbedienza di quanto comandato dal papa, siano benevolmente trattati “nullamque lesionem eis fieri neque damnum inferri permictat” e non venga loro torto un capello. Confida, infine, che gli Amerini “pro vestra fidelitate et devotione” per la loro fedeltà e devozione, si apprestino ad eseguire con esattezza e di buon grado quanto loro comandato (“precise et libenter exeque