N O V E M B R E


1 - Per manifestare ad Altobello Chiaravalle di Canale la riconoscenza per aver condotto gli Amerini alla vittoria contro gli Ortani nella battaglia del 31 Ottobre 1498, il successivo 1° Novembre, nel consiglio dei x, in considerazione che "benefitium huiusmodi a mente huius Amerine Civitatis ulla vetustate deleri poterit nec auro compensari possit" che il beneficio di tale vittoria non potrà venir cancellato dalla mente della nostra Città dal trascorrere del tempo, né poter essere ripagato dall'oro, si propone di convocare il consiglio generale per provvedere degnamente "erga prefatum Magnificum Altobellum suorum in Rempublicam Amerinam benegestorum" nei confronti del Chiaravalle delle sue gesta a vantaggio della comunità amerina. Infatti, il dì successivo, in detto consiglio, il Governatore "Vir Magnificus dominus Nicolaus de Montedurante de Interamna" e gli Anziani, su proposta del consigliere Cristoforo Cansacchi, approvarono che "prefatus Magnificus vir Altobellus de Canali et sui filij ac posteri ac descendentes et tota eius progenie fiant et sint cives in perpetuum civitatis Amerie et consortio civium Amerinorum aggregentur" che Altobello, suoi figli e successori siano e si considerino in perpetuo cittadini di Amelia, ed, inoltre, che "sint in perpetuum liberi, immunes et exempti ab omnibus gabellis, dativis, gravaminibus et oneribus realibus et personalibus" siano per sempre esentati dal pagamento di ogni imposta, tassa ed oneri reali e personali; inoltre, egli e suoi discendenti "et ipsorum famuli et stipendiarij portare arma impune per Civitatem Amerie" ed i loro dipendenti abbiano licenza di portare impunemente armi in città e nel distretto. In segno di maggiore ossequio, vengono altresì consegnati ad Altobello "catracciones et claves portarum castri Canalis" i chiavistelli e le chiavi delle porte del Castello di Canale, che si trovavano appesi sotto l'arco di piazza nuova, presso S. Maria di Porta.

Ma gli onori non bastano a riempire la pancia: "eidem Magnifico Altobello elargiantur" allo stesso Altobello vengano elargiti, traendoli dall'erario pubblico, "ducati ducenti, pro quibus quidem reperiendis" 200 ducati, per reperire i quali gli Anziani avranno facoltà "pignorandi repignorandi ac vendendi gabellas communis et ipsarum fructus et proventus et etiam vendendi seu pignorandi possessiones et bona communis ubicumque existentia" di pignorare, subpignorare e vendere le gabelle comunali e suoi proventi, nonché di vendere o pignorare le proprietà comunali dovunque esistenti. Infine, venga dato al Chiaravalle quanto il Comune deve ancora riscuotere "a domino Victorio de Canali pro residuo quingentorum ducatorum domino Victorio pro Commune dicte civitatis mutuatorum"da Vittorio di Canale per il residuo del credito di 500 ducati prestati a detto Vittorio dal Comune di Amelia.

Ma Altobello ci ha preso gusto e gioca al rialzo: il successivo 8 novembre chiede che la cittadinanza ed i benefici ad essa connessi siano riconosciuti anche ad altri nominativi, "omnes de domo claravallensi de canali" tutti della casata dei Chiaravalle di Canale, e, naturalmente, a loro e discendenti. Infine si enumerano altri nove, da includere fra i "beneficiati", fra i quali il connestabile Luigi Tosabecchi, Michelangelo Pangrazi di Todi e Piergerolamo de Stancollis. (2006)


1  -  Il 1° Novembre 1527 nelle riformanze risulta riportato un lungo elenco delle “suppellectilia” del Palazzo anzianale consegnate dagli Anziani uscenti ai nuovi eletti.

Fra queste, vi figurano: un crocifisso d’argento; un calice con patena d’argento; quattro tazze d’argento, con l’annotazione, a fianco, della loro conservazione presso tal Andrea di Valentino, “in pignus pro scudis decem” (date in pegno a garanzia di dieci scudi); un messale; diversi sigilli d’argento, con l’immagine di S. Fermina; venti scodelle grandi e trentuno piccole, di stagno; ventisei salviette; una tovaglia grande da tavola; diversi alari (“capufocos”); due bacili di oricalco; alcuni caldari; un vaso di rame chiamato “refrescatoriam”, forse per tenere al fresco dei cibi; varie forchette, di cui alcune d’argento ed altre di ferro; un mortaio di metallo e due di pietra, con pestasale di legno (“cum pistello ligneo”); una graticola di ferro; una cuccuma (“cucumum”) di rame; un tappeto; una cassetta “pro pane reponendo” (per conservare il pane), munita di ben tre serrature! (“cum tribus clavibus”). Vi figurano anche “duos extinctores de stagno”, che -naturalmente- non si riferiscono ad apparecchi antincendio, ma a semplici spegnimoccoli!  (2011)


1  -   -  Sotto la data del 1° Novembre 1463, il notaio Antonio di Giacomo riporta la seguente notizia:

Il bastardo Giovanni di Ambrogio di Ser Antonio di Ser Ugolino ottiene la dispensa per essere promosso al chiericato e ad altri ordini e benefici, anche curati, purché “non sit paterne incontinentie imitator et suffiicientis bonitatis” non sia imitatore dell’incontinenza paterna e sia dotato di un sufficiente grado di bontà. Non si conosce chi dovrà esserene il giudice. (2014)


1  -  Nelle riformanze è riportata una curiosa lettera, datata 1° Novembre 1738, con la quale il Canonico Giuseppe Nacci e Fra Antonio Lucani, minore conventuale, in rappresentanza dei Signori “Ecclesiastici, tanto Secolari, quanto Regolari di questa città, a nome delli medesimi si protestano che nella risoluzione che sarà per prendere questa Ill.ma Comunità intorno all’assegnamento pel mantenimento delle strade situate fuori di questa città, non intendono che sieno soggetti  ad alcuna spesa i detti Sig.ri Ecclesiastici, tanto più che il chirografo di N. Sig.re Papa Clemente XII in data delli 9 Giugno 1734 non gli obbliga a soccombere (sic!) per le dette strade ad alcun pagamento, ma solo dichiara che i Sig.ri Ecclesiastici sieno tenuti pel mantenimento delle due strade consolari che sono state aperte nella Provincia della Marca e dell’Umbria, la prima, che da Foligno, per Nocera, Fabbriano e Jesi, conduce alla marina, e la seconda d’Ascoli à Loreto, come in detto chirografo ... Quindi è che i detti Sig.ri Ecclesiastici, non essendo compresi in detto chirografo per non esser confinanti a dette strade consolari, non possedendo i Sig.ri Ecclesiastici d’Amelia in quelle parti, molto meno si debbono comprendere nel preteso mantenimento delle strade pubbliche o vicinali d’Amelia ...” Il ragionamento non farebbe una grinza se gli “Ecclesiastici” residenti in Amelia, nei loro spostamenti, si muovessero “per via aerea”! (2015)


2 - Il 2 Novembre 1522 il rappresentante ("locumtenens") del Cardinale Pomponio Colonna in Amelia, D. Camillo Aligeri, dal Palazzo degli Anziani approva i "Capitula pro manutenendis querqubus" (cioè per la conservazione delle querce), da questi formulati e votati per potere ed autorità del Consiglio Generale della Città, nei seguenti termini:

"Primo. Qualunca persona (che) tagliarà nel territorio d'Amelia, over suo destrecto, cerqui, o cerri dal pedicone (piede), ipso facto caschi in pena d'un ducato d'oro, d'applicarsi per la metà alla Comunità d'Amelia, un quarto allo accusatore, che serrà tenuto secreto con un testimonio degno di fede, l'altro quarto allo officiale che ne farà exequtione, et sia tenuto oltre la pena in altrettanto, cioè un ducato d'oro per la emenda.

“Item chi tagliasse rami de' predicti arbori incorra (nel)la pena de cinque carlini per ciaschedun ramo, et in altrettanto d'emenda, da applicarse la pena como detto sopra, et de nocte radoppi la pena et la emenda, et similmente alli forastieri radoppi la pena et l'emenda. 

“Item chi portasse legna de arbori sopradicti tanto in la terra (di Amelia), quanto ...  de fora, caschi in pena de cinque carlinj per soma per ciascheduna bestia, et ciascheduna volta, da applicarse como di sopra, ancor che non ne portasse in dicta bestia sino (soltanto) un pezo.

“Item ad tucti quelli che portaranno dicte legne, ogni officiale tanto del potestà, et officiali de damnj dati, quanto Vicarij de le castella, li possono dare (richiedere) el juramento, si le han tagliate nel suo, overo in quel d'altrui con licentia del patrone, anchora al patrone se possa dare el juramento, si l'ha dato licentia, benché (in quanto) sieno lavoratori. Trovandose haverle facte nel suo, o in quel d'altrui con licentia del patrone, non incurra (in) pena alcuna ...

“Item nella selva del Comune se possano tagliar cerri, et far legna morte senza pena, et lo capitulo che parla de' cerri se intende nelle possessioni d'altri senza licentia, ma in la selva del Comune chi tagliarà cerqui se intenda  caschar in  (la) pena sopradecta.

“Item che le pene nelli sopradecti capitoli descritte, se intendano oltre la pena statutaria, quale non se levino.

“Item nelli dubij et differentie, che nascessero, siano judici li Antiani, over chi tenesse in vece loro, insieme col Consiglio de' X". (2001)


2  -  Nelle riformanze, sotto la data del 2 Novembre 1491, viene annotata la seguente notizia:

“ll.mus dominus Leonardus Cibo S.mi D. N. D.ni Jnnocentij (nepos?) divina providentia pape VIIJ ex Tuderto Ameriam venit” L’Ill.mo Signore Leonardo Cibo, (parente, forse nepote del papa Innocenzo VIII e Governatore di Amelia), da Todi era venuto in Amelia “ubi propter homicidium nuper commissum in persona Francisci Ser Benedicti prostravit domum Armannis Nicolaj Caroli homicide” dove, a causa dell’omicidio poco tempo prima commesso nella persona di Francesco di ser Benedetto, fece demolire la casa dell’omicida Armando di Nicola di Carlo. “et exhortatus est Cives ad pacem et unionem et ad bene vivendum et ad obedientiam Sanctissimi Domini N. ut decebat pastorem et Gubernatorem, quem hic erat primus adventus Ameriam” ed esortò i cittadini alla pace ed all’unione, alla buona convivenza ed all’obbedienza a Nostro Signore (il papa), come si conveniva ad un pastore ed al Governatore, del quale questa era la prima venuta in Amelia, dopo che “acceperat Gubernum” ne aveva assunto la guida.

Come prima venuta, gli Amerini non se ne potevano certo lamentare! (2010)


2  - I tempi sono duri e le monache se la passano male e chiedono di elemosinare. Nella riunione consiliare del 2 Novembre 1574 Gian Nicola Cansacchi –“circumspectus vir”- propone che “M.ci D.ni Antiani una cum consilio decem et aliquibus alijs Civibus accedant ad Ill.mum D. Episcopum” gli Anziani, insieme ai membri del consiglio decemvirale e ad altri cittadini, si rechino dal Vescovo (Baldo Farrattini), il quale “est profecturus Romam” è in partenza per Roma e ad esso venga raccomandato di adoperarsi presso la Curia Romana “agere omne bonum offitium pro monialibus nostre Civitatis” con ogni buon ufficio a favore delle monache della nostra Città. (2012)


2  -  Il 2 Novembre 1475 il Capitolo ed i Canonici della Sacrosanta  Chiesa Lateranense nominano  Rettore di S. Paolo e di S. Romana di Amelia il chierico amerino Guglielmo de’ Frattucciolis. E’ quanto si rileva dall’atto rogato dal notaio Taddeo di Giovanni Artemisi.

In virtù di bolla di concessione papale, il Monastero di S. Agostino era stato investito, da molti anni, del godimento dei beni della Chiesa di S. Angelo di Ciricano. Il Vescovo di Amelia, forse ignorando -come gli stessi frati- l’esistenza di questa bolla, aveva conferito quel beneficio a Girolamo di Ser Manne Arcangeli, che aveva in mano -non si sa a quale titolo- il materiale possesso di detta bolla. Colto da rimorso, Girolamo va dai frati e consegna loro l’originale documento ed il 2 Novembre 1499 rinuncia ufficialmente al carpito beneficio ed indennizza il Monastero dei frutti mal percepiti. (2014)


2  -  Il 2 Novembre 1557, nella chiesa di S. Francesco, presenti il Guardiano, il Vicario ed i frati, si radunano le pizzocchere di S. Francesco, con la loro Abbadessa. A costoro, sin dal 1509, da Ser Giacomo di Ser Polideo di Canale furono lasciati tutti i di lui beni per testamento, comprese due case in Via della Piaggiola, con l’intenzione di permettere ad esse di condurre vita in comune, ma poiché parecchie di loro continuano a starsene a casa loro o andar vagando e, mancando di protettori, non sono in grado di provvedere con le rendite dei loro beni ai bisogni vitali, restando anche alla mercé di quelle che rimangono a vivere a casa propria, fanno istanza al Comune di eleggere una commissione di cittadini che le proteggano nei loro bisogni temporali, escludendo quelle che rifiutano la vita in comune. E’ ora di fare un po’ d’ordine anche fra le pizzocchere! (2014)


2  -  Nella seduta consiliare del 2 Novembre 1577 viene  dibattuta una questione di sconfinamento territoriale da parte degli ufficiali narnesi, che avevano aggredito alcuni fociani che pascolavano in territorio amerino. L’Anziano Benedetto Venturelli fa presente “quod homines castri Focis comparuerunt et querentes exposuerunt jnsolentiam factam eorum hominibus ab officialibus Civitatis Narniensis, et captura, et effusione sanguinis eorum hominibus” che gli uomini del Castello di Foce si erano presentati ed avevano denunziato le prepotenze fatte loro dagli ufficiali del Comune di Narni, catturandoli e ferendoli, anche con effusione di sangue. Orlando Gherardocci -“vir prudens et expertus in consulendo”- propone che “necesse est scribere communitati Narniensi ac etiam Gubernatori de huiusmodi re tante considerationis et modo procedendi ab eorum officialibus in hominibus jurisditionis Amerie et intra territorium ipsius, stantibus capitulis et circa confinia servanda” sia necessario scrivere alla Comunità di Narni ed anche al Governatore su di una questione di tanta importanza e sul modo di comportarsi da parte dei loro ufficiali nei riguardi degli uomini soggetti alla giurisdizione di Amelia, richiamandoli all’osservanza delle convenzioni esistenti e al rispetto dei confini fra le due Comunità. Ma, considerando l’elevato grado di “insolentia”, cioè di arroganza e di violenza degli ufficiali narnesi, giunti fino a catturare e ferire i poveri ed innocenti fociani, il “prudens” Venturelli non avrà peccato di eccessiva prudenza? (2015)


3 - Il cuoco degli Anziani, Nicola, alias Friggetto, ha "domandato licenza, et dechiarato de non voler più servire." Che fare? Nel consiglio decemvirale del 3 Novembre 1602 occorre decidere in proposito. Ma è nel consiglio generale riunitosi lo stesso giorno che viene dibattuta la faccenda. "D.nus Eques Silvester Cansacchus, vir eloquentia ac nobilitate insignitus" il Cavalier Silvestro Cansacchi, uomo dotato di eloquenza e nobiltà, "dixit che non volendo il Friggetto più servire, li Signori Antiani provedano d'un altro per il servitio che egli faceva, havendo reguardo de far buona elettione et de megliorare", propone cioè che gli Anziani ne eleggano un altro in sua vece, ponendo cura di sostituirlo con uno meglio di lui che, da quel che traspare fra le righe, non doveva essere un cuoco troppo apprezzato. "Quod deinde fuit pariter confirmatum a supradictis dominis consiliarijs" La proposta del Cav. Cansacchi fu confermata dai consiglieri, i quali, in luogo della votazione "per palluctationem more solito" col solito sistema delle pallotte, "fuit a pluribus acclamatum vincatur viva voce et ideo minime fuit palluctatum", dalla maggioranza dei presenti fu approvato per acclamazione, senza passare per la consueta palluttazione. Si vede che sul miglioramento della cucina erano tutti d'accordo! (2007)


3 - Nel monastero di Santo Stefano erano depositate e conservate alcune tazze d’argento, donate alla Comunità in occasioni solenni, quali, ad esempio, avvenute nomine podestarili. Tali preziosi cimeli, non di rado, venivano successivamente utilizzati per finanziare opere d’interesse pubblico.

Il 3 Novembre 1493 Angelantonio Bartolomei, Berardino Geraldini, Evangelista Racani, Ugolino Nicolai e Tommaso Moriconi, cittadini amerini soprastanti per l’esecuzione del restauro del Castello di Mimoia, si recano, in corpo e deputazione, al detto Monastero “et inde, ex crateribus deputatis pro fabrica dicti castri Mimoje acceperunt crateres decem animo vendendi et pro reparatione sive fabrica dicti castri expendendos” e, da esso, prelevarono dieci tazze (d’argento), con l’intenzione di venderle e ricavarne denaro per sopperire alla spesa suddetta.

Infatti, il successivo giorno 10, i detti soprastanti -assente il solo Geraldini- procedettero alla vendita a Paolo Petrignani delle dieci tazze argentee, del peso di sei libbre, sei once ed un ottavo, per il complessivo prezzo di 55 ducati e 4 carlini, in ragione di 10 carlini a ducato. Detta somma venne consegnata dall’acquirente a Pietro Ciardi, depositario del denaro occorrente alla fabbrica di Mimoia; il tutto “prout patet in libro Rubro ad cartas 313 ad introitum suj depositariatus”, come risulta annotato nel libro “rosso” delle entrate del suo ufficio di depositario e con rilascio della regolare quietanza. (2008)


3  -  Nel consiglio del 3 Novembre 1498 sono all’ordine del giorno alcuni provvedimenti di ordine pubblico, “ut civitas Amerina bene custodiatur” per una efficace custodia cittadina. Fra l’ altro, si delibera “quod de nocte deputentur quatuor Ascultatores ad ascultandum circumcircha Civitatem” che, nottetempo, si dia incarico a quattro persone, che vadano intorno alla Città a prendere informazioni di quanto avviene: sembrerebbe quasi la creazione di un servizio di spionaggio! Inoltre, si istituisce anche una custodia notturna  “ad portas” e si nomina un soprastante “ad requirendum dictas custodias” per la sorveglianza alle porte cittadine, con un congruo salario, da convenire fra gli Anziani e lo stesso incaricato. Altro soprastante viene nominato “ut captivi qui sunt in campanili bene custodiantur” per la sorveglianza e la cura dei prigionieri chiusi nel campanile (“habeat de eis curam”) e, per maggior sicurezza, si nominano, all’uopo, due custodi di giorno e due di notte.

Lo stesso giorno, si delibera di donare ad Altobello di Canale le serramenta e le chiavi (“catracciones et claves”) del Castello omonimo, “pro benefitiis ab eo receptis”, in simbolico riconoscimento dei benefici da lui apportati alla Comunità di Amelia. (2010)


3  -  Il Vicario Francesco di Santa Vittoria ha prestato servizio ventuno giorni e, “suorumque offitialium familie et equorum” insieme agli ufficiali al seguito, compresi i cavalli, deve avere 55 fiorini. Ma “pecunia nec introytus sint in communi” nelle casse comunali non si trova il becco di un quattrino. Il 3 Novembre 1387 Domenico Petruccioli propone che, da parte del Consiglio, “ordinentur et fiant tres gabelle nove” vengano ordinate e create tre nuove gabelle. Ma che bella pensata ha fatto Messer Domenico! (2014)


3  -  E’ morto il Priore Paolo de’ Sandris. Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cibo) conferisce il Priorato al suo familiare e commensale, il nob. Pier Francesco de Laurelis e alla bolla di nomina, riportata dal notaio Tadeo di Giovanni Artemisi in data 3 Novembre 1485, viene data esecuzione dal Vicario Paulutio, canonico amerino. (2014)


 3  -  Il 3 Novembre 1796 nelle riformanze si legge quanto segue:

“Ognuno delle Si. Loro Ill.me resta ben inteso (è al corrente) a quest’ora, come fin sotto il dì 8 Ottobre del corrente anno 1796, con Editto Sovrano venne annunciato il desiderio che dimostrava il Santo Padre ricevere da suoi sudditi qualche dono gratuito nella presente circostanza della Guerra, per supplire alle gravose spese dalle quali non puole esimersi in conto alcuno ... Si propone di raccogliere un quantitativo da ogni ceto della Città, affine di poter dimostrare ancora Noi l’animo nostro verso il Sovrano (il papa) che ha tralasciato l’imposizione di una gabbella obbligata (obbligatoria) al pagamento, per esigerla volontaria, contentandosi anche del pochissimo. Qui non si deve costringere alcuno al pagamento né per il più né per il meno, ond’è che rimanendo il tutto a beneplacito di ogni individuo, sappiasi almeno quanto possa raccogliersi per la sunnominata offerta ...”. A tal fine, Stefano Cansacchi propone che, seduta stante, vengano nominati dei rappresentanti di ogni ceto. Risultano eletti: il Conte Giovanni Piacenti e Nicola Assettati “per il Ceto Nobile”, Girolamo Grisci “per il Ceto Civico”, Giuseppe Gentili e Domenico Marchegiani “per il Terzo Ceto”, Carlo Pernazza detto Bussetto e Lorenzo Tinarelli detto Sticcietto “per il Contado d’Amelia”. “Per li Castelli, poi, fu risoluto doversi pregare i respettivi Vicarij ad eleggere un Deputato per luogo, a loro piacimento, per ricevere ... l’offerte gratuite per l’effetto sudetto ...”. 

Il coscienzioso Segretario verbalizzante Pietro Andora conclude: “E rese grazie al Signore, fu dimessa la sudetta Congregazione”. (2015)


4 - Nel Consiglio dei Dieci del 4 Novembre 1391 viene letta la supplica presentata dall' "humilis servitor" Lorenzo "de Urbe", maestro "ad regendas scolas gramaticales" preposto ad insegnare la grammatica nelle scuole della Città di Amelia, il quale espone che "propter rerum et necessariorum immensam et gravem penuriam", a causa della grave penuria di mezzi di sostentamento, il salario accordatogli dal Comune ed i proventi derivantigli dagli scolari "non commode sufficiunt ad substentationem vite sue et aliarum inevitabilium expensarum" non sono più sufficienti al suo sostentamento ed a sopperire alle altre inevitabili spese e, pertanto, "vestro potius et dicti communis eget subfragio subveniri" è necessario che gli si venga in aiuto da parte dell'amministrazione comunale con un congruo aumento di salario, "ut erga suos scolares in doctrina possit comodius interesse" per poter più decorosamente svolgere le sue mansioni di insegnamento.

Convocato il Consiglio generale per il dì seguente, si delibera di corrispondere al maestro Lorenzo "pro venturo tempore" per l'avvenire "medium florenum mense singulo ultra salarium" l'aumento di un mezzo fiorino al mese, oltre al salario già assegnatogli per il passato. (2005)


4  -   Sotto la data del 4 Novembre 1464 nelle riformanze risulta trascritto il mandato che i Cardinali “Tuscolanensis, Hostiensis et Portuensis” di Tuscolo, Ostiense e Portuense, “miseratione divina episcopi Sancte Matris Ecclesie” per misericordia divina vescovi cardinali di Santa Romana Chiesa, delegati da papa Paolo II “super sancte chruciate negotio” per l’organizzazione della crociata contro i turchi, conferirono ad Agostino di Mastro Vincenzo da Siena, mercante residente a Viterbo, “ad exigendum pecunias quascumque et singula alia bona ... dicte sancte cruciate expectantia” per riscuotere denari e quanto altro necessario per la detta santa crociata “ab infrascriptis civitatibus terris locis et personis” dalle infrascritte città, terre, luoghi e persone “provincie patrimonij” della provincia del Patrimonio di S. Pietro. La “raccolta” di quanto necessario al detto “negotio” riguarda un’ampia gamma di materiali: “aurum, argentum, ferrum, arma, pannos siriceos, laneos, canapaceos, granum, biscottum, ordeum, legumina, carnes, pisces et alia omnia quecumque ad opus et usus dicte sancte chruciate” oro, argento, ferro, armi, panni di seta, di lana e di canapa, grano, biscotto, orzo, legumi, carni, pesci e quanto altro occorrente per la santa crociata. Il tutto da ottenere “in vim sancte obedientie ac mille ducatorum pena si contra fecerint vice qualibet mulctandarum” in virtù della santa obbedienza e sotto pena di mille ducati di multa per ogni volta che vi fosse stato un rifiuto. Segue un elenco di tutte le città tenute a versare un contributo in denaro, fra le quali figura anche Amelia, per una cifra di 254 ducati.

La crociata contro i turchi, che era stata un’idea fissa del predecessore di Paolo II, cioè di Pio II, al fallimento della quale quest’ultimo aveva presenziato dal colle di S. Ciriaco di Ancona, dov’era morto il 15 Agosto di quello stesso anno, in vana attesa della flotta cristiana, era stata “risventolata” da Paolo II, su sollecitazione di Giorgio Castriota, detto Skanderbeg, in appoggio all’Ungheria, ma destinata anch’essa a fallire miseramente. (2009)


4  -  Donna Angela, vedova di Pietro di Menico, si era oblata alla Chiesa di S. Fermina. Ma ci aveva ripensato ed ora, 4 Novembre 1452,  vuol essere liberata da tale obbligazione e riportata “in eo statu quo prius erat” nello stato in cui era prima, per poter disporre dei suoi beni a proprio piacimento. Il Priore  Sandri ed il Capitolo la accontentano. Si vede che non aveva le idee troppo chiare! (2014)


4  -  Il Priore della Cattedrale Don Nicolò Franchi il 4 Novembre 1553, con atto del notaio Fazio Piccioli, nomina suo procuratore Don Vincenzo Vanaforio, cittadino romano, perché rinunci, in man del Papa o di altro avente potestà, al Priorato, in favore del chierico Ottaviano, fratello di detto Vincenzo Vanaforio. Sulla sua anima, giura che non v’è simonia, “nec dolus, nec fraus” né dolo, né frode. Excusatio non petita ... (2014)


5 - Gli Anziani, nella seduta del 5 Novembre 1443, eleggono professore di grammatica il ven. bacceliere fra Giacomo Matteoli, con lo stipendio di 24 fiorini, da pagarsi per bimestre, oltre gli emolumenti che percepirà dagli scolari, in ragione di 2 soldi per ogni discente "vesperas", 1 bajocco per ogni discente "Donatum", mentre dai "facientibus latinum per quascunque regulas bajocchos duos singulo mense".

Non era cambiato gran che dalle retribuzioni pagate al maestro Laurentius Johannis de Urbe nel 1391, che ammontavano a 24 fiorini l'anno, compresa l'abitazione, oltre quanto percepito dagli scolari, che pagavano mensilmente 1 bolognino per l'insegnamento fino a Donato, per quello fino al componimento latino 3 soldi e per l'insegnamento ai "latinantes" più progrediti 5 soldi. Soltanto nella prima categoria di discenti, ora era compreso l'insegnamento dei vespri. (2001)


5 - Il 5 Novembre 1391 il Consiglio Generale, fra l'altro, è chiamato a decidere sulla supplica presetata da tale Tomassa, moglie del quondam Massaiolo Bariselli di Amelia, la quale espone di essere stata "contumaciter condemnata" condannata in contumacia e bandita dal vigente Podestà per essere entrata nel possedimento di Mattheolo Fuscini di Amelia ed aver ivi prelevato "spicas grani de gregnis" spighe di grano dai covoni di Angelello Mattei, per un valore di 30 soldi, come da atti. La povera Tomassa chiede "amore dei cum sit pauper et miserabilis" per l’amore di Dio, essendo povera e miserabile, di essere ribandita e rimessa nei termini, dichiarandosi disposta a pagare quanto dovuto. E questo chiede per grazia speciale "ad hoc ut non vadat vagabunda", per non essere costretta ad andare errando, a causa del bandimento. Le si concede quanto richiesto.

Non si può, comunque, non restare sconcertati dalla eccessiva severità di alcune norme, la cui sanzione potrebbe a noi sembrare oggi decisamente sproporzionata alla reale gravità del reato. (2005)


5 - Il 5 Novembre 1493 viene presentata la supplica di un tale Andrea di Lello, detto “Gilercha”, di Amelia, vittima -a suo dire- di un’ingiusta esecuzione, il quale espone che quando “el cavaliere del potestà de Amelia volendo pignorare ad casa del dicto Gilercha per la data (tassa) del Medico quale haveva pagata, la donna del dicto Gilercha facendo resistenza, decto cavalero e famiglia (suoi birri) li dectero multe percosse et fererola nela mano, unde el dicto Gilercha per defensione de la donna sua per cavarla de le loro mano percosse decto cavaleri nela spalla con una presa e repigliò el pigno, donde per la corte del potestà fo condempnato in fiorini doro quarantacinque et nel quarto piò (con la maggiorazione di un quarto) perché non pagò infra x. dì, onde parendo havere iusta causa de defensione gravandolo de quello (di cui) non era debitore et havendo dicto cavaliere factoli altre iniurie, li fo necessario fare tale defensione”. La decisione, “actento quod sibi fuit exclusa causa delinquendi” in considerazione -sembra- che gli fosse riconosciuta la mancanza del reato, fu di condannare il povero “Gilercha” al pagamento di un solo ducato, forse per aver aggredito un pubblico ufficiale.  (2008)


5  -  Nel consiglio decemvirale del 5 Novembre 1773  devesi provvedere, “pro bono publico”, cioè nell’interesse comune, ad un’emergenza:

“Monsignore Ill.mo Vescovo fa sapere, per mezzo del nostro Segretario, di pensarsi a trovare una Mammana (cioè una levatrice), giacché, per morte di  Anna Maria Fulvi, non vè donna atta per il servizio suddetto, e perché possa concorrervi qualche donna capace et abile potrebbe questa Comunità pagarli la pigione della casa”.

Il consigliere Capitano Olimpiade Petrucci prende la parola dicendo: “E’ cosa troppo necessaria per vantaggio et utile delle Partorienti di rimpiazzarsi una Mammana idonea, giacché per morte della accennata Anna Maria, non ve (vi é) nesunaltra donna capace in Città e giacché il nostro Sig. Dott. Cenni Medico esibisce (presenta) Rinalda Mammana di Nocera, si potrebbe, per annimarla (incoraggiarla) a venire pagarglisi il viaggio e per tutto il tempo che qui rimarrà, la pigione di casa e l’occorrenze per il viaggio per questa sol volta e la pigione della casa in avvenire, si prendi dalle spese straordinarie, ad arbitrio sempre del Consiglio de’ X”.

La proposta del Petrucci “reportavit omnia vota favorabilia” riportò l’unanimità dei consensi. (2009)


5  -  Dopo l’avvenuta esecuzione -come deducesi dalla frase “post justitiam factam”- di alcune fattucchiere accusate di incantesimi e di cui è cenno il 24 Settembre 1446, il successivo 5 Novembre si torna sullo stesso argomento, asserendo che, in Città, “sint multe lingue dolose et infamatorie infamando aliquas dominas contra debitum” vi siano molte male lingue che gettano indebite accuse nei confronti di alcune donne “ex quo possit orirj maxima dissentio in Civitate Amelie et possit esse causa turbationis pacificj et tranquillj status dicte Civitatis” dalle quali ne possa derivare un notevole motivo di discordia, con conseguente turbativa del pacifico e tranquillo stato della Città. “Quare ut ovietur periculum et dicte lingue se abstineant ab infamationibus infuturum” per la qual cosa, affinché si elimini un tal pericolo di disordini ed al fine di ottenere, per l’avvenire, che dette malelingue si astengano dalla loro attività infamatoria, si delibera di concedere al podestà la necessaria autorizzazione di indagare e procedere “contra dictas tales maledicas linguas” contro tali lingue malediche ed infamanti. La proposta viene approvata nel seguente maggior consiglio con 20 voti favorevoli e ben 17 contrari. Si vede che la credenza nel potere delle fattucchiere, anche in Amelia, era tutt’altro che scarsamente radicata.

Nello stesso consiglio vengono presentate alcune suppliche.

Una viene presentata “per parte dele heredj (degli eredi) de Urbano dantonio de Amelia como ipsi s(o)no remasi mo (ora) senza patre como sapete et s(o)no cinque figloli maschi et una femina piccolinj excepto uno lo maiore che ad questi dì ha comenzato a fare laguarda (la guardia) et lo patre loro li ha lassatj in tantj debitj che è bisognio se venda quello pocho de terreno che hanno per satisfare ali debitj che sono circha xxx fiorini doro; remangono dunqua senza niuno bene da potere vivere, pertanto se recommandano per lamore  de dio  ale V. M. S. suplicando devotamente ne dignate per acto de pieta et de misericordia ordinare et reformare et ad ipsi gratia per (l’amore de) dio fare che ipsi redj (eredi) sieno liberj et exemptj de non pagare alcuna data se imponesse per lo vostro comuno per foco et per lo sale per quello tempo nelquale le decte redj se allevassero almeno per cinque annj et più et meno como fosse de Vostro piacere de Vostra solita benignità et gratia spetiale”.

Altra supplica viene presentata da Angelo di Antonio  di Giovanni, alias Miscicchio di Amelia, che espone di essere stato condannato in contumacia nel decorso mese di Maggio dal podestà e giudice dei reati penali, Corrado Majani di Napoli, in 50 fiorini d’oro, raddoppiati per non aver pagato nei temini previsti “occasione quod ipse Angelus percussit et vulneravit Jacobum de lombardia famulum Antonellj Tome de Amelia” per aver percosso e ferito il lombardo Giacomo, servo di Antonello di Tommaso di Amelia “et quod a dicto tempore citra ipse Angelus semper ivit exul” e da allora in poi se ne stette lontano da Amelia e, “cum habuit pacem cum dicto Jacobo a se offenso” avendo avuto buona pace con detto Giacomo, da lui offeso, chiede che gli venga rimessa la pena pecuniaria, “cum offerat se paratum solvere quartam partem dicte orriginalis pene”, offrendosi di pagarne la quarta parte, come gli consentirebbero i benefici previsti dallo statuto; “que quarta pars  facit summam duodecim florenorum aurj cum dimidio” ammontante a dodici fiorini e mezzo.

Nel seguente consiglio generale, vengono accordate le richieste come sopra formulate nelle due suppliche. In particolare, ad Angelo il termine entro cui dovrà versare la quarta parte della pena non potrà eccedere la durata  dell’Anzianato allora in carica. (2010)


5  - Il 5 Novembre 1440 il consiglio decemvirale è chiamato, fra l’altro, ad approvare alcune uscite di denaro fatte per pubblica utilità, fra le quali figurano alcune spese di rappresentanza, come quella di nove libre “pro honore facto Magnifico Bracio de Perusio” –che non può riferirsi al noto capitano di ventura Braccio Fortebracci da Montone, in quanto deceduto già da molti anni, ma a qualche altro “Braccio” che a quei tempi si “agitava” nelle nostre zone. Altra spesa è quella di otto libre “pro honore facto quinquaginta peditibus de Suriano qui venerunt in ausilium et favorem Comunis Amelie” per la onorevole accoglienza fatta a cinquanta fanti di Soriano accorsi in aiuto di Amelia.

Nello stesso consiglio si prende in esame anche la seguente supplica, particolarmente pietosa:

“Supplicase humelmente et cum devotione denanti alle V. M. S. S.ri Antiani et Spectabili Consiglieri del Conseglio del popolo de la Ciptà de Amelia per parte delle devotissime creature del vostro Comuno figliole et heredi del jnfelice et sventurato Antonio di Cecho del Ciopto el quale è morto jn servitio del vostro Comuno, narrante et exponente le decte heredj continuamente esser gravate (molestate) dallj Offitialj del decto Comuno per cascione de date jnfernate (imposte pregresse) et nove quali hanno da pagare et per li tempi passati come appare allibrj dell’Jnfernj (nei registri dei morosi) del decto Comuno et altri libri dellj Camorlenghi, per la qual cosa humelmente supplicano, attenta la loro infinita povertà et miseria ve voglia piacere nelli vostrj opportuni Consigli ordinare et reformare et alle decte heredj gratia fare de tutte et singole dative vechie et nove qualj apparono in li decti librj delli Jnfernj et del Camorlengho per qualunqua cascione realj et personali, tanto de sale (imposta sul sale) quanto de altre graveze et date del decto Comuno quali fossaro tenute ad pagare et per le date da jmponarse farli gratia per dece anni pro tempore da venire, più et meno, secondo alla vostra benigna descritione (discrezione) parerà, le quali tutte et singole cose domandamo doverse fare de gratia speciale per le V. M. S. per lamore de dio et per jntuito de pietà et de misericordia”.

Nel Consiglio generale del giorno seguente Ser Antonio di Ser Ugolino propone “quod considerata paupertate earum et quia obiit jn servitium Comunis Amelie, quod fiat gratia eis secundum quod in earum supplicatione continetur et apparet” che, in considerazione della loro povertà ed essendo Antonio di Cecco morto durante il suo servizio alle dipendenze del Comune, si faccia loro grazia secondo quanto richiesto nella supplica. 

Altra supplica, in tutto e per tutto simile alla precedente, usando addirittura le stesse parole, era stata presentata il 21 Ottobre dello stesso anno dagli eredi di un certo Masciolo, un altro dipendente del Comune, Si vede che stare al servizio del Comune non era molto remunerativo! (2012)


5  -  Il 5 Novembre 1525 il notaio Francesco di Cristoforo è chiamato a redigere il testamento di Luciano Geraldini, di Pietro. Costui dispone di venir seppellito a S. Francesco, “in cappella Geraldinorum” e lascia, “pro iudicio generali” (quale elemosina), un ducato, da dividersi equamente (!) fra Vescovo, Chiese e Monasteri; alla Chiesa di S. Francesco, però, lascia due ducati a parte “pro salute anime sue” e, per un decennio, a S. Francesco, nell’anniversario della morte. Lascia, inoltre, pingui legati al figlio della ‘serva’ e, ad una certa Fulvia di Perugia, “intuitu pietatis et amore dei” per spirito di pietà ed amor di Dio, lascia quattro ducati e due some di grano, nonché il suo mantello di “panno celestino”. Tutto il resto del patrimonio, andrà alle nipoti.

Si vede che a Luciano Geraldini premeva più il figlio della serva, che la salute dell’anima! (2014)


6 - Il 6 Novembre 1516 dinanzi agli Anziani compare "Johannis Zaffinj" Giovanni di Zaffino (un Farrattini?), il quale espone "se habere quoddam viridarium seu hortum positum in pusterula juxta moenia Communis" di possedere un verziere od orto sito in contrada Posterola, in adiacenza alle mura comunali, nel quale sono piantate "nonnulle plante malorum citrorumq." alcune piante di mele e di cedri "petijt quidem veniam edificandi super dictis menibus tantum muri quantum sufficeret ad obstandum aquilonj ne noceret plantis predictis" chiede, quindi, il favore di poter costruire sulle mura una sopraelevazione sufficiente ad impedire al vento di aquilone di nuocere ai detti alberi. Promette "se demoliturum quotiescumque placeret dominis et consilio generali" di demolirla ogni qualvolta ne fosse richiesto dagli Anziani e dal Consiglio generale. Gli Anziani, considerando che quanto richiesto da detto Giovanni "potest redundare in utilitatem quam in incommodum Communis" può risolversi in una utilità maggiore di quanto non sia l'incomodo per il Comune, "benigne concesserunt cum conditionibus ut supra" diedero il consenso alla sopraelevazione richiesta, ai patti proposti dal richiedente.

E' un buon esempio di contemperamento fra utilità privata e pubblica convenienza. (2006)


6 - Con breve inviato da Firenze, in data 6 Novembre 1419, riportato nelle riformanze nel marzo dell'anno successivo, papa Martino V, in seguito a supplica degl'interessati, espone che Giacomo, figlio del Cavaliere amerino Beraldo, "malignitate temporum" per malignità dei tempi, "absque alia rationabili causa", senz'altro ragionevole motivo, "tam ipse quam Nicolaus et Bartus filij dicti Beraldi fratres sui", tanto lui, quanto gli altri due figli di Beraldo, Nicolò e Bartolomeo, suoi fratelli, "omnibus suis bonis mobilibus et immobilibus expoliati fuere, que nunc per alios de facto absque juridico titulo detinentur" furono spogliati di tutti i loro beni mobili ed immobili, ora di fatto detenuti da altri, senza alcun titolo legale e, "ut afflictio adderetur afflicto, exilio proscriptioneque extiterunt iniuste dannati" per aggiungere afflizione agli afflitti, vennero ingiustamente condannati all'esilio ed alla proscrizione. Il papa, compatendo le peripezie occorse a Giacomo e fratelli, "paterno affectu" con paterno affetto chiede che "sublatis hinc inde rancoribus" eliminato d'ora in avanti ogni rancore "cum pace et tranquillitate civitatis ipsius in larem proprium remictantur" in pace e tranquillità della stessa Città siano reintrodotti nella propria casa. 

La votazione che ne segue si pronuncia con il sistema secondo il quale "cuicumque placet" chiunque è favorevole, "surgat pedibus et si quis vellet contrarium sedeat" si alzi in piedi e chi è contrario, resti a sedere. Tutti furono favorevoli ai figli di Beraldo: "surgesserunt pedibus, nemine sedente" cioè tutti si alzarono e nessuno restò seduto. (2007)


6 - Sul periodico “Ameria” del 6 Novembre 1898 venne pubblicata  la seguente pregevole lirica di Pio Filiberti, cittadino pennese, in belle quartine di endecasillabi a rima alterna, che riproponiamo ai nostri Lettori.


Il dì dei morti


Nei mesti cimiteri dei villaggi

per squallide campagne abbandonati,

tra i ricchi mausolei nivei, dai raggi

pigri del sol d’autunno rabescati,


là, dove poche croci ergonsi al cielo

quasi a implorarne la pietà infinita,

là, dove langue un fior su debil stelo

a rammentar ch’ivi cessò una vita,


dove splendono lampade superbe

a l’ombra di marmorei monumenti,

e tra pregiati fior, tra esotich’erbe

vanno scherzando profumati venti,


quest’oggi, dei ricordi sacri il culto

attira il mondo in pio pellegrinaggio,

e il consorzio civil tutto è un singulto,

è un pianto solo al funeral viaggio!


Per ogni mente passa una visione,

per ogni volto un soffio di dolore,

ne li occhi è il pianto e la desolazione,

ne i petti tutti un palpito d’amore!


Udran però le preci i trapassati?

udranno il pianto ch’empie il cimitero?

ovver cenere muto, ossi scarnati,

sordi a ogni voce resteran? Mistero!...


Ma il simbolismo de la nostra fede,

che collega coi morti i morituri,

sotto l’urto dei secoli non cede,

e durerà finché la terra duri.


Andiamo dunque a favellar coi cari

defunti nostri che ci atteser tanto,

oggi che su la terra e sovra i mari

aleggia un soffio d’ideale santo! 

(2008)


6  -  Avuta notizia del vittorioso scontro condotto dagli Amerini contro gli Ortani il 31 Ottobre 1498 al comando di Altobello Chiaravalle, il Cardinale Legato Giovanni Borgia scrive da Roma agli Anziani, in data 6 Novembre, la seguente “letterina”:

“La S.tà de N. S.re et Noy con grandissima displicentia et jndignatione havemo jntesa la exhorbitantia et sevitia per voy usata contra li homini de Horte et la detentione de molti prescioni, senza haverce havuto respecto alcuno ad dio, ala prefata S.ta Sede Apostolica et per non havere havuta anche vera informatione de la natura de la cosa, non habberimo (avremmo) possuto farce alcuna provisione, como intendemo fare per lu debito del nostro offitio, jntendendo voy procedere de malo in peius more ferarum” (di male in peggio, come le bestie) “etiam contra quilli (che) havete in mano; pigliando argomento meno che bono del captivo animo et proposito vostro et volendo provedere non se moltiplicheno jnconvenienti, ve comandamo, sub pena rebellionis et vigintimilium ducatorum auri de facto sine aliqua declaratione Camere Apostolice applicandorum (sotto pena di ribellione e di 20.000 ducati d’oro da destinarsi immediatamente e senza nessun’altra dichiarazione alla Camera Apostolica) debbeate incontinenti tucti et singuli prescioni detenere illesi, et de quilli fare quello tanto che per Noy serrà ordinato, certificandove che omne jnnovatione serria jrritamento de la mente de N. S.re et nostra, (le) quali sondo (sono)sì gravemente offese da voy et vostri complici”.

A rincarare la dose, il successivo giorno 9 giunge un breve del papa, che afferma di aver saputo “non sine gravi animi displicentia” che gli Amerini, “una cum Altobello de Canali et nonnullis exititiis Civitatis nostre Ortarum” insieme ad Altobello di Canale ed alcuni fuorusciti ortani “armata manu invasisse Civitatem ipsam Ortarum et expugnato eius ponte” a mano armata abbiano invaso la città di Orte ed espugnato il suo ponte, di aver ucciso alcuni cittadini e di averne fatto prigionieri un gran numero (“non parvum numerum”), di averli portati in Amelia e messi in carcere, con sprezzo dello stesso papa e della Sede Apostolica (“in nostrum et Sedis Apostolice contemptum”) e con grave scandalo e pericoloso esempio per molti (“pernitiosum exemplum et scandolum plurimorum”). Intima, quindi, agli Amerini, sotto pena di ribellione, della perdita di tutti i loro privilegi e di 25.000 ducati d’oro (5.000 più di quelli minacciati dal Legato!) che il giorno successivo alla ricezione del breve (“infra unum diem”) scarcerino tutti i prigionieri e li rimandino liberi (“dictos captivos omnes liberare et cum effectu relaxare debeatis”), altrimenti sarà proceduto irremissibilmente contro di loro all’esazione della pena e all’applicazione delle altre sanzioni (“Alioquin ad exactionem ipsius pene et ad alia remedia contra vos irremissibiliter procedi faciemus”). (2010)


6  -  Sul periodico “AMERIA” del 6 Novembre 1898, sotto il titolo “Passeggiata ginnastica” si legge:

“Il 27 Ottobre gli alunni del Convitto Boccarini di Amelia si recarono nell’ameno paese di Giove, accompgnati dal Rettore Prof. Alfonso Morganti  e dall’egregio maestro Alfredo Zenobi, insegnante di ginnastica. Percorsa la strada militarmente, al loro arrivo furono accolti dalla gentilezza di tutti i paesani indistintamente.

Sostati nell’ex convento di S. Giovanni, gentilmente concesso dall’Amm.ne Canonici Mattei, si recarono poi ad ammirare l’incantevole vista che si gode dal paese, ne percorsero le vie, quindi visitarono l’imponente castello del Duca Canonici Mattei, accompagnati dal Sig. Raffaele Del Chicca, che si addimostrò con loro oltremodo cortese.

Verso sera ripresero la via per Amelia, dove giunsero freschi e senza disagio alcuno, come di ritorno da una passeggiata ordinaria ...”.

Poiché tutto lascia pensare che la “passeggiata ginnastica” sia avvenuta a piedi -e per di più “militarmente”- c’è da chiedersi di che rude tempra fossero dotati gli alunni del “Boccarini”! (2011)


7 - Il Governatore Leonardo Cibo, affine del papa Innocenzo VIII, in data 7 Novembre 1491, emana il seguente bando:

-punizione di ogni bestemmia con 8 ducati d'oro;

-proibizione di portare armi, pena 2 ducati e 2 tratti di corda; se di notte, la pena viene raddoppiata;

-proibizione di girare di notte senza lume per la Città, dopo il suono della campana, pena mezzo ducato;

-non effettuare giochi proibiti, pena un ducato;

-proibizione di dar cibo e ricetto a banditi e condannati, pena 50 ducati;

-chiunque può impunemente uccidere un condannato a morte; se ad ucciderlo sarà, a sua volta, un condannato a pena capitale o pecuniaria o un bandito, gli sarà rimessa ogni pena;

-proibizione di opporsi alle esecuzioni civili o criminali poste in essere dalla Corte del Podestà, pena 50 ducati;

-proibizione di giocare alla palla "in li chiostri delle chiesie et conventi de Amelia cioè de' frati de Sancto Francesco et Sancto Augustino et li altri", pena 2 ducati;

-obbligo di denunziare al Governatore, entro 10 giorni, le possessioni comunali che detiene, "sotto pena de ducati doi d'oro per ciaschuno modiolo de terra". (2001)


7 - Il 7 Novembre 1518 gli Anziani "commiserunt Dominico de Leonissa publico preconi" ordinarono al pubblico banditore Domenico da Leonessa "qualiter per loca publica et consueta banniret et intimaret ne quis cuiuscumque conditionis fuerit" affinché in pubblico e nei soliti luoghi consueti renda noto ed intimi che nessuno, di qualsiasi condizione sia "audeat vel presumat per Civitatem Amerie ludere ad cuturellam" ardisca o si riprometta di giocare "ad cuturellam", sotto pena "unius ducati de carlenis pro quolibet contrafaciente" di un ducato di carlini per ogni contravventore.

Resta da capire in cosa consistesse tale gioco che, probabilmente, dava luogo a scommesse in denaro. Se l'assonanza con il termine gergale "cuzzolare", cioè "rotolare" potesse essere presa in considerazione, se ne potrebbe dedurre che tale gioco dovesse somigliare a quello della ruzzola o anche ad una trottola: forse una specie di roulette "ante litteram"?

Tale interpretazione non sarebbe in contrasto con quanto già formulato nel consiglio dei x del 3 Febbraio 1508, nel quale fu presentato un intervento "de cutulatione sive ludo cuturelle per Civitatem ... cum videatur aliquid mali inde exoriri" in quanto, da detto gioco, eseguito per la Città, ne potesse derivare qualcosa di male e, nel consiglio generale del dì seguente, venne ribadito il concetto, suggerendo che "quilibet cutulator cutulans per Civitatem incidat pena duorum carlenorum" ogni rotolatore che rotolasse per la Città, cada nella pena di due carlini; proposta che venne approvata con 54 voti favorevoli e 5 contrari, questi ultimi forse di "cuzzolatori" irriducibili! (2006)


7  -  Nei secoli passati era prassi abituale ed altamente encomiabile stipulare, dopo scontri verbali e materiali intercorsi fra due o più persone, un atto tangibile di pacificazione, che avveniva, normalmente, nel Palazzo del Popolo, alla presenza del magistrato e dei testimoni.

E’ quanto si rileva in un atto notarile rogato da Paolo Paulelli, il 7 Dicembre 1438, con il quale Giacomo Morelli di Amelia e Giovanni Nardi di Narni “fecerunt sibi ad invicem pacem et remissionem perpetuam pacis osculo interveniente” fecero vicendevolmente pace e remissione perpetua, con tanto di scambio di bacio, “de omnibus et singulis iniurijs, contumelijs et offensionibus hinc inde factis et perpetratis” di tutte le ingiurie, contumelie ed offese a vicenda scambiatesi et intercorse fra loro ed, in particolare, per aver il detto Giacomo schiaffeggiato Giovanni “malo modo et animo irato”, tanto da procurargli una ferita con effusione di sangue. (2014)


8 - Dalla residenza municipale di Amelia, l’8 Novembre 1816 viene diramata la seguente notificazione:

“Il giorno 12 del corrente mese di Novembre, la Congregazione Somasca, incaricata della pubblica istruzione in questa Città, aprirà per la prima volta le scuole nel solito locale del Colleggio di S. Angelo. All’impegno, che la Congregazione Somasca assicura dedicarsi in questo, quanto utile, altrettanto necessario provvedimento, vedano di corrispondere gli abbitanti della Città, onde possano ritrarre quel profitto, che la Società da loro si aspetta; e che li PP.RR. ed il Consiglio si meritano, dietro le loro indefesse cure e sollecitazioni, che si sono date a questo riguardo”.

E’ auspicabile che, frequentando dette scuole, si ottenga almeno il risultato di saper scrivere “collegio” con una sola “g” e “abitanti” con una “b” soltanto! (1999)


8 - E' per lo meno assai singolare dover constatare che, nelle delibere consiliari, insieme ad argomenti relativi alla ordinaria amministrazione, ne vengano affrontati  altri della massima importanza e gravità, con una promiscuità che non può non lasciare sconcertati.

E' quanto avvenuto e regolarmente annotato il giorno 8 Novembre (erroneamente indicato Ottobre) 1459, in cui, dopo aver trattato circa l'approvazione di alcune spese non comprese in bilancio e della riscossione di certi crediti del Comune, si passa ad esaminare, quale terzo argomento del giorno, la tragica vicenda del nobile Angelo da Camerata, il quale, "ob delictum et excessum per eum commissum secundum formam iuris et statutorum Civitatis Amelie meretur trascinari per civitatem usque ad locum justitie deputatum et ibi plantari ita quod moriatur" a causa di delitti ed eccessi da lui commessi, secondo il diritto e gli statuti cittadini è meritevole di venir trascinato per la Città, fino al luogo deputato per le esecuzioni ed ivi venir piantato in terra, finché muoia. E' la pena capitale della pastinazione (o propagginazione), prevista dalle rubriche 33 e 34 del libro IV dello statuto del 1441, per assassini e traditori, che consisteva nell'immissione, a testa in giù, in una buca fatta nel terreno, che poi veniva riempita di terra, provocando la morte del condannato. La relazione continua: "multis de causis videatur quod sibi debeat capud incidere et non cum tanta rigiditate juris contra ipsum producere" per molti motivi sembrerebbe che gli si debba troncare il capo e non agire contro di esso con tutto il rigore della legge "et potestas" ed il podestà "sine deliberatione consilij non possit sine eius preiudicio penas impositas permutari" senza delibera consiliare non possa cambiare, senza incorrere in sanzioni, le pene previste dallo statuto. Inoltre, poiché erano corse voci e sussistevano dubbi circa la effettiva consistenza del tradimento commesso contro la Città di Amelia ed il suo pacifico stato, gli Anziani "scripserunt Magnifico domino Johanni de Malavoltis existenti Asisium et Gubernatori Urbis Rome" avevano scritto ad Assisi a Giovanni de Malavolti ed al Governatore della Città di Roma e ad altri che non credevano che fosse stato commesso tradimento e che "vellent mictere unum fidum dominum" volevano che si inviasse un messo "ad videndum et palpandum veritatem facti" per indagare ed accertare la verità circa quanto accaduto "et numptius non sit reversus" ed il nunzio inviato non era ancora ritornato. Poiché al podestà stanno decorrendo i termini per l'applicazione della pena, occorre deliberare circa la loro proroga e la commutazione della stessa. Si rimanda, quindi, al consiglio generale che viene convocato per il 9 Novembre successivo, nel quale, "considerata qualitate dicti Angeli et eius nobilitate ac etiam licteris pro recomendationi ipsius etc. quod incidatur sibi capud et non procedatur secundum auctoritate statutorum etc. et quod more Nobilium emantur pro comune duo blachia panni Nigri etc." in considerazione della qualità di detto Angelo e la sua nobiltà ed anche delle lettere di raccomandazione a suo favore, gli sia tagliato il capo e non si proceda secondo le norme statutarie e che, secondo la consuetudine nobiliare, il Comune acquisti due braccia di panno nero (per avvolgerne il corpo). Si decide anche "quod terminus mortis ipsius prorogetur usque ad diem lune proximi futuri" che il termine per l'esecuzione venga prorogato fino al successivo lunedì.

Da quanto sopra, si può dedurre che sulla colpevolezza di Angelo da Camerata non sussistessero dubbi e che l'unico "beneficio" a lui concesso fu di venir decapitato e non piantato nel terreno a testa in giù (cioè "pastinato") e poter, in tal modo, "godere" del trattamento riservato ai nobili. (2006)


8 - L'8 Novembre 1517 nel consiglio dei X si discute, fra l'altro, di un argomento che riguarda da vicino il nostro artista più noto, vale a dire il pittore Gian Francesco Perini. "Extabat sententia per R.D. vicarium Episcopi contra Communitatem et in favorem Jo. Franc. Perinj in causa maleficij" Era stata emessa sentenza da parte del Vicario vescovile contro la Comunità ed a favore di Gian Francesco Perini in una causa penale "extabat etiam appellatio facta per procuratorem Communitatis" ed era stato presentato appello da parte del procuratore della Comunità; "quid ergo agendum ad prosequutionem (sic) litis" si chiede che si deliberi circa la prosecuzione della causa.

Non sappiamo di quale reato si sia reso responsabile il Nostro. La decisione viene comunque rinviata al consiglio generale, che si pronunzia per la prosecuzione della causa, se ciò parrà opportuno agli Anziani. (2007)


8 - L’8 Novembre 1471 da parte degli Anziani viene deliberato “quod per curiam potestatis Amelie detur ac dari debeat favor et auxilium domino Nicolao Coclidi” che, da parte della curia del podestà, si conceda  favore ed aiuto a Nicolò Cocle (che ha portato sue genti di origine greca a  ripopolare Sambucetole), affinché “ad omnem eius requisitionem et petitionem” a sua richiesta e domanda, “circa errata hominum habitantium in castro S.ti Focetuli tantum per eum corrigenda et punienda” possa avere potere di correggere (cioè giudicare) e punire gli errori commessi dagli abitanti del Castello non soltanto “juxta seriem capitulorum” in attuazione dei capitoli (sottoscritti con il Comune il 9 Settembre) “quam etiam circa omnia concernentia bonum et commodum dicti castri et hominum eius” ma in ogni questione riguardante il bene e l’utile del Castello e dei suoi abitanti. (2008)


8  - La priorità della conservazione della salute umana ha avuto fondamentale importanza in ogni periodo storico, ma era maggiormente avvertita nei tempi passati, quando l’insorgenza delle malattie, specialmente di quelle epidemiche, aveva cause ancora del tutto sconosciute e non si sapeva con quali mezzi farvi fronte. E’ certamente con tale proposito, che l’8 Novembre 1525 si procedette alla ricorrente “Electio hominum ad sanitatem” elezione di alcune persone che sovraintendessero al mantenimento della pubblica salute. Gli eletti, per la circostanza, furono Ser Dardano Sandri e Cesarino di Crisostomo, “qui juraverunt in forma” che prestarono giuramento secondo la prassi e diedero mandato ai banditori Gian Francesco e Carlo di render di pubblica ragione le misure da adottare in merito, fra le quali, con priorità, l’ingiunzione ai custodi delle porte cittadine di non lasciar entrare forestieri senza espressa licenza di essi sovrastanti, i quali avrebbero dovuto sorvegliare anche coloro che intendessero uscire dal territorio amerino, imponendo loro una specifica autorizzazione, con il presumibile intento di sorvegliarne a suo tempo il rientro. (2012)


8  -  tto rogato dal Notaio amerino Giovanni Brancatelli dell’8 Novembre 1395, Ser Giacomo del fu Maestro Bartolomeo e Menico del fu Matteo, già del Castello di Montecampano ed ora di Amelia, con il reciproco consenso, vendono  a Pietro Manni di Amelia, quale Priore della Confraternita di S. Maria dei Laici, stipulante in nome e per conto della stessa Confraternita, un pezzo di terra, di proprietà dei suddetti, posto in Amelia, nella Contrada di S. Silvestro, al Vocabolo Fernicola, confinante con proprietà della Chiesa di S. Silvestro di Urigliano, proprietà di Villano di Marco, proprietà degli eredi di Cello di Cola Falcioni e degli eredi di Matteuccio Mattei, salvo altri più precisi e reali confini. (2014)


8  -  L’8 Novembre 1469, con una solenne procedura, Antonio de Cordoba, Maestro Generale della Milizia di S. Lazzaro di Gerusalemme e dell’Ordine di S. Agostino, Milite di tutti gli Ospedali e di tutti i luoghi della Milizia e dell’Ordine sopra detti, al di qua ed al di là del mare e al di qua e al di là dei monti, Visitatore e Riformatore, dalla Sede Apostolica specialmente deputato, ingiunge ad Antonio di Ser Simone, di Porchiano, di comparire dinanzi al suo tribunale, costituito per l’occasione in una casa di Borgo, di Amelia, per  rispondere e difendersi da una certa inquisizione fatta contro di lui e, cioè, se sia malato di lebbra e se, in contravvenzione alle prescrizioni igieniche, si celi in casa sua. Dinanzi al Visitatore Apostolico, si presenta Pasquale, fratello del lebbroso e confessa la verità, chiedendo che il malato “non mittetur in locis publicis et in hospitalibus interdicis” non venga mandato nel pubblico lazzaretto, ma che venga tenuto chiuso “in dicto Castro, in domo propria” nella sua casa di Porchiano, e ciò chiede “intuitu pietatis et misericordie et amore Dei” per pietà e per misericordia ed amore di Dio.

Tuttavia il De Cordoba, vista la confessioe e la petizione del malato, nonché i pareri di numerosi “medicorum, ciurisicorum et fisicorum et quam maxime Magistri Elie Hebrei in civitate Amelie commorantis” medici cerusici e fisici ed, in particolare quello di Mastro Elia Ebreo, abitante in Amelia, sentenzia “Christi nomine invocato”, dopo aver invocato il nome di Cristo, che Antonio di Ser Simone del Castello di Porchiano fu ed è malato di lebbra, e gli confisca tutti i suoi beni mobili ed immobili a favore dell’Ospedale di S. Maria Maddalena, sita fuor delle mura di Terracina. Per emanare una tanto ‘pietosa’ risoluzione, c’era proprio da invocare la protezione divina!

Il giorno stesso, il fratello di Antonio, Pasquale, ricupera i beni confiscati, sborsando al De Cordoba centocinquanta ducati “boni auri et justi ponderis” di oro fino e di giusto peso.

E così la lebbra di Antonio viene messa ... in condizioni di non nuocere! (2014)


8  -  L’8 Novembre 1553 il Priore Nicolò Franco essendo, fra gli altri numerosi incarichi, anche esecutore e contutore testamentario del fu Pietro Tofani “et quia ipse est discessurus et non possit ulterius exercere dictam tutelam propter eius partentiam” e poiché sta per partire e non può quindi più esercitare detta tutela, “ea propter renuntiat aliis contutoribus, petens hec admitti”, per tal motivo si presenta dinanzi al Vescovo Giovan Domenico Moriconi e rinuncia al suo incarico, delegandolo agli altri contutori. Il Vescovo ne prende atto e gli consente la rinuncia. Nella speranza che si possa far a meno di lui! (2014)


9 - Una lettera indirizzata agli Anziani viene scritta congiuntamente dal Riformatore Bartolomeo Vescovo di Cremona  e dal Capitano Sforza in data 9 Novembre 1410, con la quale, rispondendo ad una precedente lettera degli stessi Anziani, si fa presente la consapevolezza che, da parte di Antonio de Guidoctis luogotenente di Todi, "proceditur contra dominum Guiglelmum de Claravallensibus et eius sequaces tamquam rebelles sancte matris Ecclesie" è in atto un'azione militare contro Guglielmo di Chiaravalle e suoi seguaci, quali ribelli alla Chiesa, "de quo ab intimis dolemus" della qual cosa si dolgono dal più profondo dell'animo, "dubitantes ne id sit fomentum maximorum malorum in illis partibus", dubitando che ciò possa apportare in quelle zone rimedio ai maggiori mali. Dopo aver informato gli Anziani che si spera nell'aiuto di persone fedeli al papa, alle quali sono state effettuate richieste in tal senso, la lettera termina con una esortazione: "Vos autem state medij, ad nullam partem proclives, ne dispendium aliquod subeatis" restate neutrali, senza prendere partito per nessuna delle due fazioni in lotta, per non doverne subire  un qualche danno.

Non credo che i buoni Amerini avessero bisogno di una simile raccomandazione, considerando quanti guai avevano dovuto sopportare senza che loro ne fossero andati in cerca! (2006)


9 - Nel consiglio generale del 9 Novembre 1404 vengono esaminati molti e diversi argomenti, fra i quali sono da notare i seguenti:

Premesso che "cum ex divina pagina clare percipiatur quod nisi Dominus custodiverit Civitatem frustra vigilant qui custodiunt eam" come chiaramente si deduce dai testi sacri, se Dio non proteggerà la Città, i suoi custodi si adopererebbero invano per essa "et helimosinam iuxta dictum evangelicum extinguat peccatum et misericordem deum hominibus reconciliet" e che, secondo il detto evangelico, l'elemosina estingue il peccato e riconcilia Dio misericordioso con gli uomini, i frati di S. Francesco e di S. Agostino presentano una supplica al Vicario ed agli Anziani, con la quale, appellandosi che "diu est in ipsa Civitate" da molto tempo in Città vige ed è applicato lo statuto nel quale, nel libro delle elemosine, capitolo secondo, è chiaramente previsto che, ogni anno, il Camerario del Comune corrisponda, "pro auxilio" in aiuto dei detti religiosi, la somma di 40 libre di denari per ciascun ordine, da prelevare dalla somma che  "solvunt et solvere consueverunt et debent porclanenses et comitatini dicte Civitatis pro censu debito ipsi Civitati in festo S.te Firmine de mense Novembris" pagano e per consuetudine debbono versare quale censo dovuto ad Amelia i Porchianesi ed i contadini, in occasione della festività di S. Fermina, chiedono, quindi, che gli vengano corrisposte le dette somme, in considerazione che, "ob malitiam temporis" a causa delle cattiva congiuntura, non gli sono state pagate da diverso tempo, "ad grave damnum et incommodum" con grave danno e pregiudizio per i frati ed i loro conventi. 

Passando ad altro argomento, in considerazione che "quelibet civitas artificum numero et industria decoretur et nobilitet ac melior reddatur" ogni città aumenti il proprio ornamento, si nobiliti e si migliori con una maggior presenza di artigiani attivi, viene esaminata la richiesta di Bongiovanni Martini di Ferrara, "sutor", calzolaio, che espone: "ipse velit habitare stare et moram trahere in Civitate Amelie et exercere artem suam cum sua uxore que est de ipsa civitate Amelie" di voler venire ad abitare e dimorare in Amelia con sua moglie di origine amerina ed esercitare liberamente la sua attività artigiana, chiedendo "sit factus immunis ab omni onere personali per decennium" che gli sia concessa immunità per dieci anni da ogni onere personale. Gli si concede, purché dia idonea garanzia di rimanere ad abitare in Amelia per tutto il detto periodo, pagando però le relative imposte, "prout alij cives" come gli altri cittadini.

Si esamina anche la supplica presentata da Telle Paolelli e Antonio Nerbi del Castello di Sambucetole, banditi e condannati in contumacia da Viviano "de portu nagone" Vicario della Città allora in carica, in quanto "dictus Tellus armatus spata de ferro percussit et vulneravit cum dicta spata quam habebat in manu Menecutium Bertoloni de dicto castro tribus percussionibus cum sanguinis effuxione" detto Telle con una spada di ferro che teneva in mano, colpì tre volte Menicuccio Bertoloni, anch'esso di Sambucetole, procurandogli ferite sanguinolente "videlicet una in capite et una in barba et alia in pede" e precisamente lo colpì sul capo, al volto e ad un piede "et dictus Antonius Nerbi armatus spata percussit et vulneravit dictum Menecutium quinque percussionibus et vulneribus" e lo stesso Antonio Nerbi, a sua volta, inferse a Menicuccio cinque colpi di spada. Il Vicario  aveva condannato Telle a pagare 130 fiorini d'oro e Antonio a pagarne 150, secondo quanto chiaramente risultante dal libro dei verbali criminali redatto dal notaio Antonio Tei di Giovanni da Orte. I due supplici, che si autodefiniscono "miserabiles persone et fidelissimi dicti communis" persone di grande povertà e di provata fede nei confronti di Amelia, "petunt amore dei ad benignam compositionem et gratiam admicti de gratia speciali", chiedono di essere ammessi, per speciale grazia e per l'amore di Dio, ad una benevola composizione e riduzione della condanna. Il Consiglio delibera di rimettere la questione "pro utilitate statu bono et paciffico (sic) dicti castri" per l'utilità e la conservazione dello stato pacifico  del castello di Sambucetole, agli Anziani, "una cum duobus hominibus per eos eligendis de qualibet contrata dicte Civitatis" insieme a dieci persone da eleggersi da loro, due per ogni contrada cittadina, "visa eorum supplicantium pace et concordia  in forma valida et oportuna" dopo aver constatato che fra essi supplici sia intervenuto un valido atto di riconciliazione e di pace. Gli eletti, per ciascuna contrada, furono: Tommaso Leonardi e Francesco Angeli della contrada Colle, Niccolò di maestro Giovanni e Ugolino Jacobuzzi, della contrada Platea, Beraldo Andreuccoli e Ser Giovanni di Ser Filippo, della contrada Valle, Pietro Manni Boccarini  e ser Giovanni di Roberto della contrada Posterola e Antonio Cole e Pietro Berti, della contrada Borgo.

La decisione, formulata il 17 successivo, riduce la pena pecuniaria  a 15 libre per ciascuno dei due condannati, da pagarsi entro il mese di Novembre e la cassazione del bando, a condizione che gli stessi facciano ritorno e riprendano ad abitare in amicizia nel Castello da cui erano stati banditi entro il successivo mese di Marzo. (2007)


9 -Nel Consiglio decemvirale del 9 Novembre 1754, al quinto punto posto all’ordine del giorno, si legge:

“Mediante persona nobile è stato pregato l’Ill.mo Magistrato per parte delli RR. PP. del Convento della SS.ma Annunziata di permettere alli medesimi di fare un taglio d’Alberi, o sia apertura nella macchia vicino al Convento, verso la parte di tramontana, a fine che, per mezzo di detta apertura detti Padri possino godere l’aria della tramontana, per rendere più salubre il sito esistente in luogo basso, in cui i Padri ivi commoranti per cagione di aria grossa, spesso soggiacciono ad infermità”.

C’è da chiedersi che tipo di aria “grossa” si respiri oggi nelle nostre città, se quella che si respirava all’Annunziata nel XVIII secolo faceva ammalare i frati! (2008)


9  - Nel  Consiglio dei X del 9 Novembre 1510 vengono, fra l’altro, ascoltate alcune suppliche.

Una è presentata da Placenzio, detto Sbucula, detenuto in carcere per furti commessi, nei seguenti termini:

“Se expone et supplica humilmente per parte del vostro devoto servitore piacente de tegalo de naturale de ameria como per sua desgratia nel tempo de la caristia per comparare (comprare) el pane ha tollte et exportate (asportate) alcune frigole (poco rilevanti) cose in più diversi tempi (e) lochi, como se nota in ne la inquisitione contra de lui formata, beché non crede siano de quello prezo (valore di cui) se scrive che fosse in tucto non giongono al valore de quattro ducati et benché sia poverissimo che non ha si non una povera casecta et uno casalecto de valore de vincticinque ducati … ha pagato in quello ducati diciocto  …(e) la casa obligata (impegnata) per vincti ducati a la restitutione .. de la dota de la moglie, pure se recommanda ad quelle (Signorie) vogliano pena furcti (la pena per aver rubato) redurla ad pena peculiaria (sic) secondo la sua piccola facultà (possibilità) per misericordia de la sua famigliola et quelle (Signorie) dio conservi”.

Un’altra supplica è presentata da “Johanni et Anzelmo de Scaffola da machie che lacessite (provocati) et tirati da molte iniurie da Grabrielle de nicolò de decto loco, con uno cortello (che) haveva in mano dicto Johanni el percosse et firì con sagnue (con effusione di sangue) che ad pena le firite se cognubero (si vedevano) al collo infra (dal collo in giù), benché … el potestà in nela inquisitione (nel verbale) pogna (parli di) una firita in gola, la quale senza medico in poci (pochi) dì forno gurite (furono guarite) … per la corte del potestà de ameria sono stati condennati cioè Johanni in firini (fiorini) doro dece et perché loro non vorriano abandonare la patria, supplicano humilemente (le Signorie che) se digneno de decta pena farli gratia et predicte cose le demannano ale vostre magnifice signorie le quale dio le conservi in bono stato”.

V’è, infine una penosa supplica scritta in latino, presentata dallo “infelicis turcarellus et baiulus huius magnifice communitatis” infelice Turcarello, uomo di fatica al servizio della Comunità, il quale, “cum sit pauper senes  et cechus, habeatque unam natam adultam et cecham et infirmam” essendo povero, vecchio e cieco ed avendo una figlia adulta, cieca ed inferma “et non habeat modum alendi se neque eius familiam”, non essendo in grado  di sfamare né se stesso, né la sua famiglia, “idcirco humiliter supplicat dominationibus V. M. in presenti concilio ut dignentur ipsum turcarellum liberum et exemptum facere ab omnibus datis et honeribus qui imponerentur per commune dicte civitatis amerie pro vigintiquinque annis prossimis et futuris et hoc petit de gratia et amore dei ad V. M. D. quas dominus ad vota conservet” perciò supplica umilmente gli Anziani (chiamandoli ‘Dominazioni’), che si degnino di farlo libero ed esentato dal pagamento di tutte le imposte e gli oneri fiscali che verranno applicati dal Comune cittadino nei prossimi venticinque anni, chiedendolo per grazia ed amore di Dio alle Signorie ed augurando loro la protezione dell’Altissimo.

Nel maggior consiglio, che ha luogo il giorno successivo, Arcangelo di Bartoccio Cerichelli propone che a Placenzio detto Sbucula, “solutis per eum decem ducatis, de residuo fiet sibi gratia, quodque sit exul a civitate amerina per duos annos” dopo aver pagato dieci ducati, si faccia remissione del resto della pena e che, per due anni, sia bandito da Amelia “et si infra dictum tempus deveniret ad manus curie suspendatur furcis” e se, durante detti due anni fosse stato catturato (per essere ritornato anzi tempo), venga impiccato. Una proposta tanto severa e quasi disumana viene tuttavia approvata con cinquanta voti favorevoli e solo undici contrari.

Domizio Mandosi –“vir facundus et eloquens”- nello stesso consiglio propone che ai macchianesi Giovanni ed Anselmo di Scaffolla “solutis per eos quinquaginta carlenis, de residuo fiat ei (sic) gratia liberalis, dumtamen habeant pacem a parte offensa” dopo aver pagato cinquanta carlini, si rimetta il resto della condanna, purché ottengano il perdono dalla parte lesa. La proposta viene approvata con cinquantaquattro voti favorevoli e sette contrari.

Infine, Plinio di Ser Abello Vatelli, perorando la richiesta di Turcarello, propone che, in considerazione della fedeltà, povertà ed anzianità dello stesso, “dictus Turcarellus sit immunis liberus et exemptus ab omnibus datis imponendis per commune dicte civitatis imponendis durante tempore sue vite” sia libero ed esentato dal pagamento di tutte le imposte che verranno applicate dal Comune finché vivrà. Poiché il povero Turcarello aveva chiesto, nella sua supplica, l’esenzione per venticinque anni, sembrerebbe che quanto ottenuto superasse addirittura le sue aspettative, ma, considerando la sua età avanzata, ci si dovrà convincere del contrario!

Nella medesima riunione consiliare si dibatte altresì circa un’importante questione di carattere procedurale, così formulata: “si videtur ordinare et statuere quod pretores qui pro tempore erunt in civitate amerina non possint torquere aliquem pro aliquo maleficio aliqua ratione vel causa sine presentia magnificorum dominorum antianorum …” che si deliberi che i pretori (cioè i podestà, nella loro funzione di organo giudicante) non possano sottoporre a tortura nessun imputato di qualsivoglia delitto, senza (si badi bene!) la ‘presenza’ degli Anziani. Nel consiglio generale del giorno seguente, con cinquantanove voti favorevoli e solo due contrari, si approva la delibera nella sua nuova formulazione: “potestates qui designabuntur ad officium preture civitatis amerie non possint nec debeant quoquo modo torquere vel tormentare aliquam personam pro aliquo malefitio cuiuscumque sit conditionis sine licentia magnificorum dominorum antianorum populi dicte civitatis sub pena privationis eorum offitij” i podestà che verranno nominati ad esercitare l’ufficio giudiziario non possano, né debbano in alcun modo sottoporre a tortura nessuna persona, di qualsiasi condizione, per nessun delitto, senza la ‘licenza’ degli Anziani, sotto pena della perdita del loro ufficio. C’è da pensare che gli Anziani non tenessero proprio a presenziare alle torture, accontentandosi di dare il loro assenso. (2012)


9  -  Donna Nicoluccia aveva lasciato, con suo testamento, una casa in Contrada della Valle, “dandam et distribuendam amore dei pro anima sua”, da destinarsi per amore di Dio ed in suffragio della propria anima, dopo la morte del marito, ma costui, il 9 Novembre 1429, senza attendere più oltre, cede la casa al Vescovo, che, a sua volta, la cede in elemosina a Pasquale Marcolucci, povero “et satis filiabus onerato” notevolmente gravato da diverse figlie femmine, affinché possa, con detta casa, dotarne almeno una.

E’ una lodevole gara di generosità, a beneficio dei meno fortunati!

A distanza di poco più di quarant’anni, il 9 Novembre 1471 Mastro Bartolomeo di Regio, domiciliato ad Acquasparta, avendo ricevuto in prestito dal nobil uomo Battista Geraldini ventiquattro fiorini papali e mezzo, paga il suo debito cedendogli, con tanto di strumento notarile redatto da Nicolò Narducci, quindicimila mattoni grossi e tremila piccoli. Contento Battista Geraldini, contenti tutti! (2014)


10 - Il Generale dell’Ordine dei Frati Minori, l’amerino Fra Egidio Delfini, scrive il 10 Novembre 1501 da Venezia una lettera agli Anziani di Amelia, proponendo loro di assumere “per fisico et Cirurgico Mastro Antonio medico” il quale “harebbe assai grato fosse Condotto in Amelia”.

La peste ha ripreso ad infuriare e fra Egidio se ne dichiara assai rattristato: “hommene doluto assai, maxime che io non me sia ritrovato da lì ove havesse sì potuto giovare come me harei oprato et forciatomi”.

Aggiunge parole di conforto per le calamità che hanno colpito “la nostra terra”:

“Si dio ve visita non vi conturbate perché cussì fa meritare et prova omne uno che lui ama”.

Fra Egidio Delfini, appartenente a nobile famiglia del patriziato amerino, rivestì il prestigioso incarico di Generale dei Minori Francescani, cercando di unificare le varie branche dell’Ordine. Curò la costruzione del chiostro della Chiesa di S. Francesco, come rilevasi dall’iscrizione posta sull’architrave d’ingresso. (2000)


10 - Il 10 Novembre 1518 viene riportata la decisione con la quale "S.mus D. N. Leo x jussit ponerentur in banno" il papa Leone X comandò di porre in bando, cioè proibire la circolazione dei "quatreni albi cum insigne leonis" quattrini bianchi (d'argento) con il contrassegno del leone "quia varijs locis fuerant adulterati" perché in diversi luoghi vennero falsificati "et ita cum magna omnium iactura in posterum quatreni similes in desuetudine abierunt" e, di conseguenza, per l'avvenire tali quattrini vennero considerati non più in corso, con grande danno di tutti coloro che li possedevano. (2006)


10  -    Il 10 Novembre 1470 in consiglio viene presentata e letta la supplica di Giorgio del Mezzo, di Amelia, “dicente et exponente ale V. S. Conciosiacosa che ipso sia povera et miserabile persona, et gravato da una gravissima infirmità, intanto (tanto) che non po’ menare (movere) nisiuno membro se non la lengua, et le mano non se po ponere ala boccha, siche fa de besogno sia inbocchato come fosse uno mammolo de uno overo duj annj et quello pocho che haveva fo locrato (venduto) per lasua grande infirmità. Ancora è constricto nutricare lusuo patre per lasua rata (a sua volta) luquale è uno cippo (tronco) et infirmissimo, et quando nela sua casa ce è qualche pocho de pane, non cè delvino, se non quando ce provede la misericordia dedio, et de queste lemosine vivino. Perlaqualcosa dice che ogne dì è constricto dali offitiali et gravato ad pagare le date como fosse ricchissimo. Pertanto recorre ale V. M. S. supplicando per acto de pietà et de misericordia che ipso non sia tenuto a pagare alcuna data del communo. Et dele passate sia cassato. Et questo (per) quanto sia iusto, nientedemeno lo demanda per lamore dedio. acciochè dio coserve et prospere le V. M. S. et tucta la vita in bono stato quanto a vuj è de piacere Amen”. Gli viene concesso.

A margine della supplica, vi è un’annotazione scritta il 31 Dicembre 1478, secondo la quale detto Giorgio, che aveva evidentemente recuperato la salute, s’impegnava, per il futuro, a pagare le imposte “prout alij amerini faciunt” come gli altri cittadini. (2009)


10  -  Sotto la data del 10 Novembre 1498 risulta trascritta nelle riformanze la seguente supplica:

“Magnifici S.ri Antiani et consigleri del magnifico consiglo generale de la Magnifica Ciptà de Ameria. Lu sfortunato Minico de Ignatio del Collicello habitante in Amelia, gravemente piangendo et dolendose del suo male, supplica humelemente ala pietà et misericordia de V. M. S.  che, actenta la crudele morte del infelice Pernicola suo figlolo morto et occiso per defensione de la patria, lassato el povero patre senza alecuno (sic) bene, vecchio, povero et carcho de grave fameglia de figle femine, che le V. S. per lu amore de dio et per misericordia de tanto male li concedano la exemptione de tucte graveze imposte et da imponerse per questa Magnifica Comunità, ad ciò che quelle figlole (che) le sondo (sono) remaste in casa non habbeano ad capitare male, ve piaccia per lamore de dio, o per la via del hospitale del Communo, o per qualuncha altra via ne paresse farle qualche subscidio per maritarle. Ad ciò che li altri per tale subscidio non temano mecterse ala morte per lu suo Communo (cioè dar la vita per la Comunità), et de ciò facendose, dio vene renderà merito et darrà continua victoria ad questa Magnifica Communità contra nimici” (voltata pagina, il Cancelliere prosegue in lingua latina, invocando immunità per il povero Menico da tutte le imposte occorse e da quelle future, sia per sé, che per il figlio Giovanni Battista, per dodici anni dopo la sua morte. Chiede, inoltre, che gli venga elargito un sussidio di 150 libre di denari “pro maritandis et nuptij traddendis duabus eius filiabus” per maritare due delle sue figlie, specificando: “sectuagintaquinque libre pro qualibet dictarum filiarum” 75 libre per ciascuna di esse; “ut res hec animos omnium excitet ad se exponendum pro Amerina republica”; e tutto ciò affinché serva da esempio a sacrificarsi per la propria patria. 

Il consiglio concede quanto richiesto dal povero Menico nella supplica, con la seguente motivazione: “actento quod Pernicola filius dicti Minici fuit interfectus pro defensione Magnifice Reipublice Amerine et ut aliis evidentissimum prebeatur exemplum ad se morti exponendum in benefitium huius Magnifice Civitatis” in considerazione che Pernicola, figlio di Menico, fu ucciso per difendere la magnifica Repubblica Amerina ed affinché rifulga, con la massima evidenza, l’esempio di colui che ha sacrificato la vita a beneficio di questa Città. (2010)


10  -  Il 10 Novembre 1521 un tal frate Nicolò di Girolamo, volendo professare la religione dei frati minori dell’Osservanza, fa testamento, lasciando ogni avere a sua madre, cui fa obbligo di pagare un suo debito di appena diciotto grossi: ma non faceva prima a pagarlo lui? Dopo la morte di lei, intende che passi tutto a suo fratello germano. (2014)


11 - Con l’elezione al soglio di Pietro di Martino V (Oddone Colonna), avvenuta l’11 Novembre 1417, cessò quello che è passato alla storia come il Grande Scisma d’Occidente.

Mons. Angelo Di Tommaso, Priore della Cattedrale amerina dal 1913 al 1946, grande latinista e appassionato studioso di storia locale, dalle sue approfondite consultazioni degli atti notarili depositati -allora- presso l’archivio mandamentale, ricavò le interessanti notizie che qui di seguito si riportano:

“Durante il grande scisma occidentale, iniziato nel 1378 e terminato nel 1417, con l’elezione di Martino V, i notai amerini, nelle intestazioni degli atti, pongono Urbano VI, Bonifacio IX, Innocenzo VII, Gregorio XII e questo anche dopo l’esautorazione sua e di Pietro de Luna (Benedetto XIII), proclamata nel giugno 1409 a Pisa dai 22 cardinali di entrambe le parti; i quali allargarono lo scisma nominando Alessandro V Filargio, frate minore ed Arcivescovo di Milano.

“Veramente trovo che sino al settembre 1409 è nominato vero papa Gregorio XII, ma col dicembre di quell’anno, s’intestano gli atti ad Alessandro V. La esautorazione avvenne a Pisa, il mese di giugno di quell’anno 1409 e precisamente il 26.

“I nostri poveri antenati, prima di orientarsi in tanta confusione, avean bisogno di pensarci su.

“Del resto, nessuno dei tre (papi) stava a Roma. Gregorio XII, da Rimini passava in Austria. Alessandro V, che morì di apoplessia il 1410, si tratteneva a Bologna, Pistoia, Prato, Pisa; e Pier di Luna (Benedetto XIII) dopo Avignone si rifugiò in Ispagna.

“Morto Alessandro V a Bologna, vi ebbe per successore Baldassarre Cossa, Giovanni XXIII, che trovo riconosciuto da’ nostri notai.

“Dopo la deposizione di Giovanni XXIII nel Concilio di Costanza il 20 maggio 1415, si continuò qui -forse ignari della deposizione- ad inserirlo negli atti, sino al settembre 1415, ma nel testamento di Francesco Orsini, che è del 16 dicembre 1415, si legge: “Sede Ap.lica pastori vacante” e ce n’erano tre, tutti gaglioffi.

“Questa dicitura si continuò sino all’elezione di Martino V, l’11 novembre 1417.

“Il deposto Giovanni gli si gettò ai piedi. Gregorio era morto un mese prima e Pier de Luna si ostinò nello scisma sino all’ultimo, nel giugno 1424, morto a Peniscola (Valencia) in riva al mare”.  (2000)


11 - Nella riunione consiliare dell'11 Novembre 1406 si discute di un avvenimento della massima gravità. I notabili amerini Ser Giovanni di Stefano, Ser Lello di Domenico e Ser Ghezzo di Ser Leonardo, non si sa se mossi da motivi politici o d'interesse o d'altro, comunque "indebite, iniuste et nulla rationabili causa" indebitamente, ingiustamente e senza un ragionevole motivo, avevano fatto arrestare e porre alla tortura Ser Beraldo Andreucoli, con i figli Nicolò, Bartolo, Angelo e Giacomo ed il nipote Tomaso di Ser Domenico, nonché Rocco, figlio naturale di Ser Beraldo, anche se non s'intende come sia stato possibile far catturare e torturare delle persone, senza una giusta causa. Ad ogni modo, gli accusati, coadiuvati da complici, si vendicarono dell'affronto subito, uccidendo i tre denunzianti e, "cumque scriptum sit quod damnum quod quis sua culpa sentit, sentire non videtur", poiché sta scritto che il danno che qualcuno riceve per sua colpa non si considera tale, in Amelia universalmente si reclama la liberazione degli omicidi e s'invia anche un'ambasciata al papa, per ottenerla. Nel frattempo, fra gli uccisori ed i consanguinei degli uccisi viene fatta e conclusa la pace. (2001)


11 - L’11 Novembre 1724 fra i punti messi all’ordine del giorno nel consiglio decemvirale ve n’è uno che reca:

“Essendosi resisi laceri li mantelli del Magistrato, e non poco lograti li robboni, se pare far di nuovo altri quattro robboni”.

Il Capitano Luca Geraldini avanza la seguente proposta:

“Son di parere che si comprino altri quattro robboni e perché la spesa sia durevole, si faccino di velluto, con domandarne la licenza alla Sagra Congregazione”.

Il “robone” era una veste signorile, che i cavalieri e i gentiluomini usavano nelle cerimonie solenni ed i nostri poveri, ma dignitosi magistrati amerini tenevano a far buona figura quando comparivano in pubblico. A proposito, ma perché non si decise anche l’acquisto di altri mantelli, giudicati “laceri”, senza dover fare nuovamente ricorso alla licenza della Sacra Congregazione? (2008)


12 - La colonna eretta dagli Amerini sulla Piazza di S. Maria di Porta nell’ottobre del 1479, in onore di Stefano Colonna, come tutte le cose che riguardano i Colonnesi, dà fastidio a Cesare Borgia “ill.mo d.no duci Valentie” l’illustrissimo Duca Valentino.

Nella seduta consiliare del 12 Novembre 1501 il nobile “vir Christoforus Cansacchus” fa appunto presente che l ‘ “ill.mus dux Valentie non placet quod dicta columpna esset in dicta platea: tunc in proposito omnes (pro)videant ad relevandam dictam columpnam”.

Messa ai voti la proposta, con 85 “lupinos” favorevoli e nessuno contrario, si delibera tale rimozione, tanto doveva essere il timore di perdere la “benevolenza” di personaggi scomodi come Cesare Borgia e il suo “paparino”! 

Ad ogni modo, una colonna -anche se non sia certo che si tratti proprio di quella dedicata a Stefano- figura ancora oggi al suo posto, a fianco della loggia dei banditori. In epoca fascista, vi era stato collocato sopra un fascio di metallo, rimosso poi alla caduta di Mussolini. (2000)


12 -Il 12 Novembre 1474, il consiglio decemvirale prende in esame la supplica presentata agli Anziani da Angelo di Matteuccio Bartolomej di Amelia, “dicente che conciosia cosa che decto Angelo sia stato condennato per la corte del presente potestà in summa de cento libre de denari per cascione de una turbatione de possessione ad instantia de Tricutio de Mactiaccj de Amelia ... in altro modo sia la verità, come quasi ad tucti è noto. Donde el decto Angelo humilemente se ricommanda ale V. M. S. che de gratia speciale pagato uno ducato et quello altro (che) parerà ale prefate V. M. S. selli casse el processo et habiase respecto ala sua povertà et al caso et ala cosa che è, poiche se dice che dove è la povertà la rascione sole tacere”.

Nel maggior consiglio del dì seguente, “cum omnes sciant eum virum fidum et bonum ... quia pauper est” in considerazione della reputazione che tutti hanno di Angelo quale uomo fidato e buono e, per di più, indigente, si decide di cassare il procedimento contro di lui, col pagamento di un ducato e mezzo. (2008)


12  -  Alessandro VI ha sempre bisogno di soldi, anche se le esauste finanze dei suoi sudditi non sono in grado di soddisfare le sue richieste. Il 21 Agosto 1501 aveva fatto sapere alla Comunità di Amelia che pretendeva 5.000 ducati d’oro, ma le casse comunali non potevano far fronte ad un simile esborso. Ad ogni modo, nelle riformanze, sotto la data del 12 Novembre 1501, v’è memoria che Pietro Paolo Cerichelli, oratore inviato dagli Anziani al papa “ha pagato li ducati millj de oro di Camera ad la S.tà di N. S. ad uno conto delli iij.m (3.000)” che Amelia si era obbligata a pagare, dopo aver ottenuto una riduzione sulla cifra originariamente richiesta. Uno dei quattro ambasciatori amerini restati a Roma fa sapere agli Anziani che “poiché esso (Cerichelli) senne è voluto ritornare (in Amelia) et non ha possuto havere la quetanza de dicti ducati milli da sua S.tà per molte occupationi, ne ho facta questa lettera ad cautela di V. M. (gli Anziani)”, nell’attesa di poter ottenere una regolare quietanza “in bona forma”. Per ingraziarsi maggiormente il favore dei Borgia, gli ambasciatori avevano consigliato di eleggere a protettore di Amelia il Duca Valentino, il che seguirà il giorno 14 successivo, anche se un tale vassallaggio sarebbe stato ben lontano dal rappresentare una  soluzione accettabile -e soprattutto dignitosa!- ai problemi della nostra Città. Tanto per rendere l’idea, Cesare, come primo “grazioso” provvedimento, chiede “quod in columpna que est in platea sancte marie maneat arma S.mi d. n. et sue dominationis” che sulla colonna di Piazza S. Maria di Porta sia posta e resti ben visibile l’Arme del papa e del “Protettore” Cesare “et quando Ill.mus Dux Valentie non placeret quod dicta columpna esset in dicta platea, tunc inpopulo omnes vadant ad relevandum dictam columpnam” e quando lo stesso Duca Valentino non gradisse più la presenza della detta colonna, tutto il popolo vada, di conserva, a toglierla dalla piazza. Comunque, se l’attuale colonna sita sulla loggia del banditore è ancora la stessa di cui si parla, probabilmente il Valentino non manifestò mai la volontà di farla togliere. (2010)


12  -  Le pinzocchere del Terz’Ordine di S. Francesco dovevano averle fatte grosse, se il 12 Novembre 1532 vennero espulse da una casa, già appartenuta al defunto Giacomo Polidei Franchi, in Via della Piaggiola, a loro pervenuta per sostituzione ereditaria. La motivazione: “propter earum malam et inhonestam vitam, quam a decem annis et ultra gesserunt” a causa della loro vita disonesta, da esse condottavi da oltre dieci anni! A seguito di ciò, la casa rimane disabitata ed assegnata, dalla S. Penitenzieria, alla Chiesa di S. Francesco, ma i frati, “ne in futurum dicte mulieres in dicta domo sub eorum fratruum protectione et regimine talia et similia perpetrent in dedecus dicti conventus et religionis S.ti Francisci de Ameria” affinché, in futuro, dette donne non potessero ancora occupare la casa e commettervi, sotto il regime dei frati, cose che fossero in grado di tornare a disdoro ed offesa della religione francescana, cedono la casa alla Fabbrica di S. Pietro di Roma. Ben fatto, Fratelli! (2014)


13 - Fra il Convento dei Minori, rappresentato dal Guardiano Francesco Vezzi ed i coniugi Stefanelli, il 13 Novembre 1414 viene stipulato un atto notarile, con il quale questi ultimi fanno oblazione totale dei loro beni e delle loro persone, assoggrttando se stessi ed il loro patrimonio “Christi amore et animarum suarum salute” per amore di Cristo e per la salute delle loro anime, alla regola e disciplina francescana.

Di per sé, l’atto sembrerebbe ispirato da sante intenzioni ed elevate finalità, ma occorre precisare che la pratica delle oblazioni da parte di molte persone, sia di Amelia che del contado, consistente nell’impegnare i loro patrimoni ai luoghi pii ed alle chiese, per sottrarli alle imposizioni fiscali e, quindi, “in fraudem” ed in danno del Comune, portò quest’ultimo ad adottare delle sanzioni nei confronti di quelle chiese che accettassero “oblati”, come si legge nelle delibere dei Consigli dei Dieci e Generale, sotto la data del 28 dicembre 1421, con le quali si stabiliva di sospendere a tali enti religiosi l’annuale offerta di cera e del “bravio”.

Ecco un “escamotage” che non sarebbe venuto in mente neppure agli evasori dei giorni nostri: farsi frate per non pagare le tasse! (2000)


13  -  Il 13 Novembre 1467 gli Anziani “unanimiter et concorditer eligerunt nominaverunt ac deputaverunt in castellanos turris collicelli” ad unanimità di voti, nominarono castellani della torre di Collicello “pro duobus mensibus proximis futuris hodie Xpi nomine incohando et ut sequitur finiendo” per i due mesi prossimi venturi, iniiziando, nel nome di Cristo, dal giorno di oggi e seguitando ininterrottamente per detto periodo “et cum salario unius ducati mense quolibet et quolibet ipsorum ad rationem lxxij bolenenorum pro quolibet ducato infrascriptos, videlicet: Brunectum Andree de Amelia et Gualtaructium menicutij de Collicello” e con lo stipendio di un ducato al mese, per ciascuno di essi, in ragione di 72 bolognini per ducato, gl’infrascritti, cioè: Brunetto di Andrea di Amelia e Gualtaruccio di Menicuccio di Collicello, “qui juraverunt et dicto die habuerunt licteras” i quali prestarono giuramento ed ebbero la lettera di nomina nel giorno suddetto. (2009)


13  -  Il 13 Novembre 1491 nelle riformanze è annotato che, per ordine ed incarico avutone dal Governatore Lorenzo Cibo e dagli Anziani, il Cancelliere Gerolamo Nutillo di Foligno riferisce che al documento infrascritto venne data la massima pubblicità, tramite il pubblico banditore Pietro Dominici di Trevi e suoi colleghi, per tre giorni consecutivi, cioè i giorni 8, 11 e 13 del mese di Novembre “per loca consueta Civitatis” nei luoghi consueti della Città e che tale documento è del seguente tenore:

“Per parte et Commissione delli Ill.mi S. M. Leonardo Cibo, dela S.tà de N. S. Affine et de Spoleti, Tode, Fuligni, Ameria etc. dignissimo Governatore, se fa bandire et commandare che non sia alcuna persona in la Ciptà de Amelia de qualunca stato, grado et Condetione se sia, che ardisca né presuma biastimare dio né la Sua Matre Gloriosa Vergene Maria o in alcuno modo desonestamente nominare el suo Sancto nome, sotto pena de ducatj octo doro per Ciascuno et Ciascuna volta che contrafacesse, da applicarse per la terza parte ala Comunità, la terza a lo officiale che ne farà la executione et laltra terza allo accusatore, quale cum suo juramento et un testimonio serà creduto et tenuto secreto; Et chi biastimasse alcuno Sancto, o Sancta, cada in pena de duj ducati doro, da applicarse como de sopra.

“Ancora se fa bandire et comandare che non sia persona acuna de qualunca stato, grado et Condetione se sia, che ardisca né presuma portare per la Ciptà de Amelia alcuna generatione darme da offendere né da defendere, sotto pena de ducati doi et duj tracti de Corda se serà trovato o veduto portare decte arme de jorno et se serà de nocte de ducati quattro et quattro tracti de Corda, da applicarse la pena pecuniaria (certo non anche i tratti di corda!) come de sopra. Et lo accusatore similmente sia creduto con suo juramento et uno testimonio.

“Ancora se fa bandire et commandare che non sia alcuna persona de qualunca stato, grado et conditione sia che ardischa né presuma andare per la Cipta de Amelia de po (dopo) el consueto sono del (sic) Campana senza lume, sotto pena de Mezo ducato per ciascuno et ciascuna volta che sarà trovato contra fare, da applicarse per meita (sic) alla Comunità et latra meita allofficiale che ne farà la executione.

“Ancora se fa bandire et comandare che nella Cipta de Amelia non se debbia  giocare ad giochi prohibiti, sotto pena de uno ducato per Ciascuno et Ciascuna volta che sarà trovato contra fare; et in tal pena caschi cossì chi in casa sua receptasse ad giocare, come li Giocatori medesimi, da applicarse per la terza parte come de supra; et se lo giocatore che havesse perduto accusarà il Compagno, o Compagni, non cadrà in pena alcuna Et se li faranno restituire li soj denarj.

“Ancora se fa bandire et commandare che non sia alcuna persona de qualunca stato, grado et Conditione se sia che ardisca né presuma receptare alcuno sbandito o condemnato realmente o personalmente, né darli alcuno adiuto o favore, né magnare né bere, sotto pena dei ducati Cinquanta doro per Ciascuno et Ciascuna volta che contrafacesse, da applicarse per la terza parte come de supra.

“Ancora se fa bandire et Publicare che ad Ciascuno sia licito offendere et Amazare omne Condemnato della vita (a morte) senza esserne maj tenuto ad alcuna pena et similiter chi indefensione(in difesa) sua se retrovasse. Et se uno sbandito capitalmente, o condemnato in pecunia, occidesse uno altro sbandito dalla vita, se dechiara ex nunc (fin da ora) esserli perdonata et remessa la pena et la condemnatione sua, senza che maj più ne habbia ad essere recercato (praticamente: “mors tua, vita mea!”).

“Ancora se fa bandire et commandare che non sia persona alcuna de qualunca stato, grado, et condetione se sia (che) ardisca né presuma opponerse né per alcuno modo directo, vel indirecto, dare jmpedimento ala Corte del Podestà né ad altri officiali nele loro executioni, tanto Civile, quanto Criminale, sotto pena de ducati Cinquanta doro per ciascuno et ciascuna volta che contra facesse, da applicarse per le meità ala Comunità da (sic) Amelia et laltra meità allo officiale che ne farà la executione.

“Ancora se fa bandire et comandare che Niuno debbia giocare ala Palla in li Chiostri dele Chiesie et Conventi de Amelia cioè de frati de Sancto Francesco, Sancto Augustino et li altri, sotto pena de duj ducati doro per ciascuno et ciascuna volta che contra facesse, da applicarse per la terza parte como de supra.

“Ancora se fa bandire et commandare che ciascuna Persona de qualunca stato, grado, Et condetione se sia, lo quale tenesse et occupasse terrinj (sic) o Possessioni del Commune de Amelia, debbia fra termine de dece dì proximi haverlo Manifestato (denunciato), sotto pena de ducati doi doro per ciascuno Modiolo de terra che tenesse occupato, da applicarse ipso facto alla Camera apostolica et da exigerse  da ciascuno tali benj occupanti jrremissibiliter (senza remissione). Datum Amerie die VIJ novembris MCCCCLXXXXJ”. (2010)


13  -  Con atto rogato dal notaio Ugolino Jacobuzzi, il 13 Novembre 1414, il Guardiano del Convento dei Minori, Francesco Vezzi, accoglie l’oblazione integrale dei beni e delle persone dei coniugi Stefanelli, che, “Christi amore et animarum suarum salute” per amore di Cristo e per la salvezza delle loro anime, si assoggettano alla regola e disciplina francescana.

Nei secoli passati, questo tipo di “oblazione” veniva posto in essere, per lo più, per sottrarre alla tassazione dell’autorità civile i beni e le persone degli “oblati”, con buona pace della salvezza delle loro anime! (2014)


13  -  Il 13 Novembre 1796 si presenta agli Anziani il Governatore Dottor Pietro Arduini, dal quale “fu esposto che, per ordine della Segretaria di Stato non solo, ma anche per parte del Tribunale di Perugia, deputato dalla stessa Segretaria di Stato, si deve venire ad “una Recluta (reclutamento) forzata di un uomo per ogni cento Individui ed avendo lo stesso comparente a tale effetto deputato li due Nobili Sig.ri Nicola Lancia e Carlo Petrucci, il primo dei quali per indisposizione di corpo dovette rinunciare ed il secondo atteso alcune impertinenze che da qualcuno gli sono state dette; per evitar dunque qualunque sinistro evento ed affinché il Nostro Sovrano possa esser pontualmente ubbidito in ciò che ordina, specialmente nella Recluta sudetta, perciò fa istanza alle Sigg.rie VV. Ill.me che venga formato un bussolo di tutti quei soggetti che possono in tale impiego aggire e (per) reclutare quei Giovani che crederanno necessari e che non meritano alcuna eccezzione ... e che un tal bussolo venga con la massima diligenza e sollecitudine formato per il buon servizio del Nostro Sovrano”. Essendosi defilati i due eletti dal Governatore, uno per indisposizione “di corpo” e l’altro forse perché offeso per le “impertinenze” dettegli da qualcuno, si procede all’elezione di altri due “deputati”, che risultano essere il Can. Ubaldo Farrattini e lo stesso Carlo Petrucci, riconfermato, malgrado le dette “impertinenze”, forse perché la ricusazione dell’incarico fu giudicata pretestuosa e mirata ad evitare la “rogna” del reclutamento forzato. (2014)


13  -  Il 13 Novembre 1473, il Preposto Generale della Compagnia di Gesù rinuncia ad un’eredità di duecento scudi, lasciata da Lorenza Geraldini, perché gli usufruttuari nominati Scipione Geraldini, fratello della testatrice, ha trentotto anni e Graziosa, sua nipote, ne ha soltanto dodici e troppo lunga sarebbe l’attesa. Si conviene che la rinunzia venga compensata con l’immediato versamento di sessanta scudi. Meglio pochi e subito! (2015)

  

14 - Nelle riformanze del 14 Novembre 1501 si legge quanto segue:

“Antiani del populo et Comune della Ciptà de Ameria ad tutti quelli ad chi (ai quali) perveranno le presenti o la notitia de esse, facemo noto che hoge, adi quattordici de novembre dell’anno millesimo quingentesimo primo Indictione quarta et del felicissimo pontificato del S.mo in X.ro patre et Signor nostro Signore Alexandro per la divina providentia papa sexto l’anno decimo, essendo proposto ad questo popolo ad generale consiglio per li debiti modi et sollepnità radunato, come l’Ill.mo principe et victoriosissimo Signore don Cesari Borgia de Franza, Duca de Romagna et de Valentia, Signor de Piombino et della S.R.E. Confalonieri et Capitaneo generale, mosso da sua spontanea et cesarea volontà, liberalità et clementia ad misericordia de le calamità de esso populo il quale, oltre la presente afflictione de la carestia et crudelissima pestilentia per assidue incursione, prede, incendi et occisioni oppresso et exausto da vicini, con adiuto et concorso de altri popoli et Signori ad esso inimici, ha offerto ad noi et ad esso populo ad presso la S.tà de N.S., la sua protectione et contra qualunque offensore et tutela sua accepta volontieri et con animo letissimo tale offerta, recognoscendose chiaramente et confessando essere per questo causa immensa et (da) immortale obligatione abstrecto”.

Vengono delegati Ser Ugolino de Crisciolini e Cristoforo de Cansacchis come procuratori ed oratori presso il Valentino, per “rengratiarlo quanto maiurmente sappiano et possino” di tanta magnanimità.

Si conferisce loro ogni potere di far sottomissione al Duca, assicurandolo di rinunziare a qualsiasi altra “clientela et sequela con qualsivoglia altri ecclesiastici o seculari Signori et in spetie Colonnesi et Savelli”.

La soggezione è totale: riguarda “le nostre persone et tucti nostri beni mobili et immobili presenti et futuri, per mezo de juramento et publico contracto”.

Mai, forse, la dignità del popolo amerino raggiunse un più basso livello! (2000)


14 - Correva l’anno 1789. Mentre in Francia, esattamente da quattro mesi, era iniziato a crollare l’”ancien régime”, che avrebbe trascinato seco il dispotismo assolutistico delle vecchie monarchie europee, dalle nostre parti, più modestamente, era crollato il ponte di Narni. Se ne discuteva nella riunione consiliare del 14 Novembre, in tali termini:

“Essendo caduto il Ponte di Narni, si rende per tale effetto impedito il corso di questa Posta per la solita strada; dovendo dunque per tal motivo il Postino traviare la medesima, e passare per Terni, con sommo suo incommodo per sì laborioso, e lungo viaggio, conviene pensare alla spesa tanto di detto Postino, che di una cavalcatura, che il medesimo dovrà prendere ogni Posta per sì lungo viaggio.

“L’Ill.mo Signore Francesco Franchi Clementini consulendo dixit: Sono di sentimento, che per supplire alla spesa del suddetto trasporto delle Lettere debba crescersi il pagamento delle lettere ad arbitrio dell’Ill.mi Signori Anziani”.

Nemmeno a dirlo, la proposta venne approvata all’unanimità. (2007)


14 - Il restaurando castello di Mimoia, non appena rimesso in ordine, avrà bisogno di venir adeguatamente abitato. Il Comune di Amelia si rivolge ancora una volta al greco Nicolò Cocle, ormai divenuto amerino, affinché, come ebbe a fare a suo tempo per il Castello di Sambucetole, s’impegni a condurre alcune famiglie -probabilmente di suoi connazionali- nel castello di Mimoia, non appena reso nuovamente abitabile. Il 14 Novembre 1493, nelle riformanze, è data notizia del saldo di 35 ducati, sul totale dei 50 convenuti con il Cocle, per provvedere al nuovo insediamento. Trascriviamone alcuni brani.

“Spectabilis vir dominus Nicolaus Chocles grecus Amerinus civis sponte ex certa eius scientia, liberoque arbitrio fuit contentus et confessus habuisse et recepisse in pecunia numerata ducatos trigintaquinque de carlenis ad rationem decem carlenorum pro quolibet ducato ab Egregio viro Petro Ciardi de Ameria depositario pecuniarum fabrice ac repositionis et restaurationis castri Mimoje” lo spettabile Signore Nicolò Cocle greco e cittadino amerino, di sua spontanea volontà, si dichiarò soddisfatto ed accusò ricevuta della somma di 35 ducati di carlini, in ragione di dieci carlini a ducato, avuti dall’egregio Signore Pietro Ciardi di Amelia, depositario del denaro occorrente per la fabbrica ed il restauro del castello di Mimoja, “pro residuo et finali pagamento et solutione quinquaginta ducatorum de carlenis eidem domino Nicolao promissorum pro conducendis familiis ad habitandum castrum Mimoie ... Qui dominus Nicolaus promixit predicta omnia osservare sub pena dupli dicte quantitatis applicanda communi dicte Civitatis Amerie” ricevuti quale residuo della totale somma di 50 ducati di carlini, a lui promessi per condurre alcune famiglie ad abitare nel detto castello ... Lo stesso si obbligò ad osservare ogni suo impegno, sotto pena della restituzione del doppio di quanto ricevuto, da incamerarsi dal Comune della Città di Amelia. (2008)


14  -    Ser Antonio di Ser Ugolino di Amelia il 14 Novembre 1467 viene eletto e nominato ambasciatore della Comunità presso il papa Paolo II (il veneziano Pietro Barbo), per ricorrere contro una sentenza emessa dal Vescovo Governatore di Todi e Commissario e “ad reprobandum certa instrumenta falza producta in causa per Claravallenses” per confutare alcune scritture false esibite in causa dai Chiaravallesi, che vantavano diritti sul Castello di Collicello. Detto Ser Antonio, lo stesso giorno, partì a cavallo da Amelia senza scorta “et portavit suum Memoriale sigillatum sigillo communis super predictis”, recando un memoriale sigillato con il sigillo comunale in merito ai fatti sopradetti “ac etiam portavit secum quoddam instrumentum videlicet copia copie scriptum in carta menmrana veterissima” e portò seco anche un atto -cioè la copia di una copia- scritto su carta membranacea antichissima “acceptum de archivio communis quod erat factum in anno domini millesimo cclxxxxv. in quo continebatur qualiter homines de castella venerunt ad obedientiam huius communitatis Amerie et petierunt construi novum castrum pro eorum habitatione, quod Castrum fuit Colicellum” prelevato dall’archivio comunale, redatto nell’A. D. 1295, nel quale era narrato che gli abitanti dei Castelli  si erano sottomessi all’obbedienza verso Amelia ed avevano chiesto di poter costruire un nuovo castello per abitarvi e che questo fu appunto il Castello di Collicello. Nell’incarico di Ser Antonio era previsto che tale documento doveva venir riportato in Amelia e riposto nuovamente in archivio. In calce a quanto sopra, si legge che lo stesso ambasciatore fece ritorno in Amelia il 14 Dicembre successivo: una missione durata un intero mese; si spera che abbia almeno avuto esito positivo! (2009)


14  -  “Quoniam pestis iam diu atrox Amerinam Civitatem Celicolum Gratia relinquerat ...” poiché la peste, per lungo tempo tremenda, per grazia celeste ha lasciato la Città di Amelia ... ; con questo preambolo, il 14 Novembre 1481 inizia l’esposizione del cancelliere verbalizzante, che seguita: “Cives omnes jncivitate rediere festinabant” tutti i Cittadini si affrettavano a tornare alle loro case. E, quindi, gli Anziani, considerando che la Città fosse restata “pluribus mensibus sine terrore justitie propter absentiam pretoris” per molti mesi senza il deterrente della giustizia, a causa dell’assenza del pretore “et populum eiusdem civitatis potius sine pane quam sine justitia gubernari non posse” ed il popolo può venir governato piuttosto senza il pane, che senza la giustizia, “quapropter Dominum Andream Moratinum de forlivio pretorem amerinum cum tota sua familia ad ipsos vocari fecere”, per tale ragione, i detti Anziani fecero convocare dinanzi a loro, quale pretore di Amelia, Andrea Moratini di Forlì, con tutta la sua “famiglia”, che il solerte cancelliere passa in rassegna: Giovanni de Tolomei di Subiaco, Giudice “a latere”; Ser Menico di Giovanni di Roma, milite associato; Ser Petruccio Angeli di Collevecchio, ufficiale per gli atti straordinari; Ser Antonio di Giovambattista di Cori, notaio addetto alle cause penali; Giovanni di Francesco di Bologna, quale “domicello”; Cristoforo di Giovanni di Alforio (?), Severino e Roberto di Guglielmo, di origine francese e Berardino piemontese; tutti servitori (“famuli”). Chiude la lista “unus equus pilaminis baij lupatus a cossa sinistra” un cavallo di pelame bajo, con una cicatrice di morso di lupo sulla coscia sinistra. (2010)


14  -  Sul periodico “AMERIA” del 14 Novembre 1897 può leggersi, sotto la non meglio identificata firma “A. I.”, la seguente delicata poesia, intitolata “Cadon le foglie ...”:

Cadon le gialle foglie ad una ad una

Dai rami secchi, ché l’inverno torna,

E la squallida terra arata e bruna

Niuna bellezza di natura adorna;

Ma all’aure nove e tepide d’aprile

Ridiverrà più vaga e più ridente,

Ricca di foglie e d’ogni fior gentile

Che olezza sotto l’etere lucente.

Pur nel vivere mio di rose adorno,

Le mie speranze ed i miei sogni vidi

Cadere d’un sol colpo un triste giorno,

Al mesto tramontar d’amori infidi,

E poi più belli li rividi ancora

Tornare in vita per non più morire,

A me formando la novella aurora

Del più sicuro e limpido avvenire.

(2011)


14  - Il 14 Novembre 1535 nelle riformanze risulta trascritto un precetto fatto agli Anziani da parte di Monsignor Grimani, presbitero Cardinle di S. Marcello, Patriarca di Aquileia, Legato di Perugia, ecc., con il quale li esorta ad obbedire al Commissario Francesco Benzi “super taxis equitum levis armatarum” circa il pagamento della tassa relativa alle cavalcature dei cavalieri armati alla leggera, che aveva esposto al Legato che, sebbene avesse più volte sollecitato gli Anziani della città, (“jnstantissime requisierit”) sotto pena di gravissime pene, affinché venisse soddisfatta tale tassa da parte della Comunità di Amelia (“et eis sub gravissimis penis ... ut de taxis per ipsam Comunitatem debitis satisfacerent”), tuttavia il suo pagamento era stato sempre rimandato, come tuttora si cerca di rinviare (“id tamen semper facere distulerunt prout differunt”), in vilipendio del mandato papale e con notevole pregiudizio della Camera Apostolica (“in mandatorum  apostolicorum vilipendium et Camere apostolice preiudicium non modicum”) e volendo, come deve, impedire che la Camera Apostolica ne possa ritrarre un tale danno (“volentes ut tenemur huiusmodi Camere apostolice preiudicio obviare”), da parte del papa, il Legato ha avuto mandato di imporre agli Anziani ed ai cittadini responsabili e a ciascuno di loro che si mostrasse disubbidiente, in solido, il pagamento di duemila (!) ducati d’oro (“in solidum ... duorum milium  ducatorum aurj a quolibet  vestrorum contrafaciente de facto auferendorum”), da applicarsi alla Camera Apostolica (“Camere apostolice applicandorum”); pertanto, lo stesso Legato dispone e comanda che, nel termine di tre giorni, debbano procedere al pagamento di detta tassa (“infra terminum trium dierum ... procurasse ...  dictarum taxarum debita integraliter satisfiat”).

Non sappiamo se i poveri Amerini siano riusciti a far fronte al pagamento della “tassa sui cavalli”. Ad ogni buon conto, sotto la data del 4 Febbraio 1536, nelle riformanze risulta indicato, in un quadro riassuntivo, quanto dovuto “pro quolibet bimestre” per ogni bimestre, dai vari Castelli per la famigerata “Taxa equorum”: Porchiano, 20 carlini; Collicello 5, Foce 15, Fornole 15, Macchie 15, Montecampano 10 e Frattuccia 6. (2012)


15 - "Lèvati tu, ché mi ci metto io!". Questo sarebbe stato, in buona sostanza, il succo  del discorso che "Ser Petrus Ser Symonis de Florentia" avrebbe fatto -e forse fece- al Cancelliere in carica del Comune di Amelia, avvalendosi del titolo, a suo favore, di maggior peso, cioè dell'amicizia -e conseguente protezione- di Giovannello Tomacelli, autodefinitosi "germanus", cioè fratello del papa Bonifacio IX (il napoletano Pietro Tomacelli), esibendo agli Anziani la lettera d'investitura da detto Giovannello stilata il 15 Novembre 1401, consegnata a Ser Pietro di Simone e ad essi da quest'ultimo presentata il 3 Dicembre successivo.

In tale lettera, Giovannello, "considerantes, suasi in corde", considerando ed essendo pienamente persuaso "quod Civitas Amelie provincie patrimonii eiusque cives et incole" che Amelia, città della provincia del patrimonio, suoi cittadini e coloni, che il Tomacelli considera degni del suo affetto e paterna benevolenza, "aliquem probum habeant cancellarium et fidelem" debbano avere un cancelliere di provata probità e fedeltà, nomina Pietro di Ser Simone "Cancellarium civitatis predicte pro uno anno proxime futuro incohando a die qua tu te duxeris ad officium exercendum" Cancelliere di detta città per il prossimo anno, iniziando dal giorno in cui Ser Simone si recherà a prenderne possesso "quocumque alio ibidem cancellario exinde penitus amoto" dopo essere stato preventivamente rimosso da tale incarico qualunque altro cancelliere vi fosse in esercizio.

E' questo un chiaro esempio di quell'arrogante presunzione di onnipotenza che, da parte dei potenti (meglio prepotenti) di turno veniva esercitata a vantaggio di amici, conoscenti e parenti, senza alcuna considerazione per coloro che, pur meritevoli, non potevano vantare altrettanto validi "titoli di merito". (2006)


15 - Il 15 Novembre 1477, da Roma, il Cardinale di Milano, presbitero "sub titulo Sancte Marie in Transtiberim" (Santa Maria in Trastevere) scrive agli Anziani una lettera, riportata nelle riformanze sotto la data del successivo 27 Dicembre, del seguente tenore:

"Havemo inteso per (da) quella vostra comunità essere (stato) formato uno processo contra Bentivogli da Orthe homo darme de d. Christophoro nostro nepote per cas(ci)one che se dice essere stato una cum (insieme a) certi altri soldati ad fare certo damno in quello vostro tenimento nella passata (passaggio) che fecero in andare ad Montone et benché noi non vogliamo excusare (indagare) se dicto damno fosse facto o no, nientedimeno non pare honesto che costui solo debbia portare la pena delli altri che havissero fallito (sbagliato). Pertanto pregamo V. M. el voglino havere per riccomandato per nostro amore et ricognoscerlo como homo nostro et de nostro nepote et anche per cascione chel dicto d. Christophoro ha capituli (accordi) con la S.tà de N.S. (il papa) che delicti (che) fussero commissi per soi homini darme et fameglia non se possa cognoscere (giudicare) se non per (da) lui medesimo. Sicché pregamo V.M. li voglino far cassare dicto processo ad nostra instantia. De che V.M. ce ne farà cosa gratissima. Offerendoce ad omne piacere de quella comunità ...".

Nel maggior consiglio del dì seguente -neanche a dirlo!- il processo a carico del Bentivoglio viene cassato, facendo a lui "gratia liberalis", con buona pace di chi ha dovuto sopportare i danni ricevuti. (2007)


15  -  Il 15 Novembre 1498 gli Anziani ed il consiglio decemvirale deliberano di concedere agli uomini del Castello di Montoro, che ne hanno fatto richiesta, di poter “colere, arare et seminare possessiones Amerinorum que sunt in finibus  hortanorum” coltivare, arare e seminare i terreni di proprietà degli Amerini, a confine con il territorio ortano.

Lo stesso giorno si delibera che “captivi hortani vulnerati et egri curentur et medentur sumptibus Communis” i prigionieri ortani detenuti nel campanile, che fossero feriti o malati, vengano curati e medicati a spese pubbliche “et extrahantur de campanile, prestitis idoneis cautionibus de non discedendo” e si facciano uscire dallo stesso campanile, dietro idonea garanzia, da parte loro, di non darsela a gambe. (2010)


15  -  Mattiolo di Simone di Amerino è Priore di S. Pietro in Parlascio, con la cappella parrocchiale della Chiesa di S. Nicolò, all’interno di Amelia e Rettore della Chiesa rurale “sine cura” di S. Giacomo de Redere, nonché Cappellano del Cardinal Diacono Baldassare di S. Eustachio, legato pontificio per Bologna e Vicario Generale di S. Romana Chiesa. Volendo permutare le sue rettorie con il canonicato della Chiesa Maggiore (Cattedrale) e con altro di S. Secondo, tenuti dal Canonico Angelo di Ser Beraldo, che, a sua volta, vorrebbe permutare col Mattioli, ottengono il relativo decreto dal Legato Cardinal Baldassare, decreto che il Mattioli presenta al Capitolo. Fra i Canonici, vi è pure Donadeo di Narni ed è presente anche il Vescovo. L’atto viene rogato dal Notaio Francesco Celluzzi il 15 Novembre 1409.

Il Cardinale Baldassare Cossa, di Napoli, divenne poi l’antipapa Giovanni XXIII, che, durante il Concilio di Costanza, si dileguò, in abito da ortolano, rifugiandosi a Sciaffusa, senza eseguire la promessa rinuncia al papato, Poi, però, finì col prostrarsi al nuovo eletto Martino V, che umanamente lo accolse, assegnandogli un posto fra i Cardinali. (2014)


16 - Il 16 Novembre 1527, "ad evitandam contagionem pestiferam", vengono redatti e banditi i nuovi "Capitula et Ordines Sanitatis", che dovranno venir scrupolosamente rispettati, "sopto pena de ducati quattro de oro" e con il rischio di vedersi bruciata la casa, "ad arbitrio et voluntà" dei soprastanti, deputati alla loro osservanza.

Riportiamone alcuni:

 - "Per rendere continuo honore a l'alto Dio, adciò (che) sua Madre ce liberi da la influentia pestifera et ogni altro male, ogniuno debia guardare et riverire et observare le festività de la domenica, senza far lavoro alcuno, sopto pena de carlini quattro de chi contrafarà.

 - "Tucti quelli che sono suspecti di peste debiano  non uscire fora de casa senza espressa licentia.

 - "Qualuncha persona, di qual grado o conditione se infermarà di qual sorte de infirmità, se debia assignare  a li decti deputati infra termine de un dì, et non uscire né praticare fora di casa, senza licentia de li dicti soprastanti, sopto pena de carlini vinti; et lu patre sia tenuto per lo figlio, lo fratello per lo fratello, lu patrone per lu garzone, et ad ciascuno sia licito accusare et serrà tenuto secreto.

 - "Il confessore, il medico et li carriatori non escano di casa se non sono chiamati al mancho da uno de' dicti deputati, quali li condurrà dove serrà bisogno.

 - "Il medico del comune non veda urina o infermo alcuno et quello vada a medicare senza licentia et volontà de' dicti deputati.

 - "Adciò li prefati soprestanti portino il premio in parte de le loro fatighe, se li ordina et dà per loro salario per ciasche mese per ogniuno di loro ducato uno de carlini, da pagarse  de le intrate et beni del Commune, et il loro officio duri doi mesi". (1999)


16 - Nella seduta del Consiglio dei Dieci del 16 Novembre 1780 dovendosi provvedere, fra l’altro, a stabilire il prezzo della ghianda, il Consigliere Nicola Studiosi fece la seguente proposta:

“Quantunque nei tempi passati si sia stabilito di porre due prezzi alle jande e cioè uno alla dolce e l’altro all’amara, vedendo in oggi esser ciò pregiudicevole a particulari, perché non equivale la janda di cerro a quella di elce, essendo la janda di cerro assai inferiore a quella di elce, perciò sarei di sentimento di doversi dare il prezzo a ciascuna qualità di janda, tanto dolce, che quella di elce e quella di cerro”.

Annibale Petrignani, appoggiando la superiore proposta dello Studiosi, così si esprime:

“Sarei di sentimento di provvedere per quest’anno il prezzo della janda dolce a scudo uno e baj. 10 il rubbio, stante la scarsezza della medesima; la janda d’elce a baiocchi settanta il rubbio, e quella di cerro a baj. 50”.

A grande maggioranza, la proposta viene approvata.

Si vede che, nel XVIII secolo -come d’altronde fino a pochi decenni or sono- la raccolta ed il consumo della ghianda avevano un’importanza notevole per il nutrimento del bestiame. Ma siano certi che servisse soltanto a quest’ultimo? (2000)


16  -  Il 16 Novembre 1527 si procede alla nomina dei Soprastanti o Prefetti della sanità pubblica, che, “habentes respectum ad probitatem, jntegritatem et sufficientiam” in considerazione della loro probità, integrità e competenza, vengono scelti nelle persone di Bernardino Apollinario, Timoteo Venturelli, Stefano Vatelli e Gerolamo di Angelantonio Geraldini. 

Di seguito, vengono redatti i relativi “Capitula et Ordines Sanitatis”. 

Se ne riporta qualche brano della parte introduttiva, non precedentemente reso noto:

“A laude et gloria del summo dio, de la sua gloriosissima Matre Maria Virgine, de li Advocati et Protectori de la magnifica cipta di Amelia olimpiade et Firmina, de li gloriosi S.to roccho et sebastiano et de tucti sancti et sancte de la celeste corte.

A salute de tucti li habitanti di epsa cipta, suo conta(do) et districto se ordina et capitula per parte del mag.co et generoso homo del luna et laltra rascion doctore Misser Stefano Johanninense de la inclita cipta de siena, de la mag.ca cipta de Amelia dig.mo Potesta, de li mag.ci s.ri Antianj et Egregij soprestanti et prefecti de la sanità di epsa ciptà.

Che nisciuna persona di qual grado conditione o preheminentia se sia, tanto ciptadino, quanto foristero, ardisca né presuma contravenire contradire et non observare li jnfrascripti capitulj et ordinj, et non prestare ogni obedientia ali dicti soprestanti sopto pena de ducati quattro de oro, et tanto più quanto parerà ad ipsi soprestanti, secundo la qualità de la cosa, perfino jn dece ducati similj, de facto da exigerse et da applicarse per la mità ala Fabrica del Beato roccho, per un quarto ala communità, e per laltro a dicti soprestanti, de li quali doi quarti se debian dare boligninj dece alo exequtore che ne farrà executione effectuale; et se alcuno fosse tanto obstinato et temerario che ali commandamenti de dicti soprestanti non volesse obedire, oltra la pena predicta li prefati soprestanti habiano facultà et potestà andar ale case de dictj jnobedienti con il foco et infocarlj et farlj jnfocare le case sensa rispecto alcuno, ad arbitrio et voluntà de dicti soprestanti”.

Naturalmente, il tutto e sempre “a laude et gloria ...” (2011)


17 - Il 17 Novembre 1498 giunsero in Amelia “D.nus Andreas de Mactiolis legum doctor eximius et Petrus Ludovici de Archa vir nobilissimus” l’esimio dottore Andrea de Mactiolis ed il nobilissimo Signore Pietro Ludovici di Arca, oratori inviati dal Comune “magnifice Civitatis Narnie” della magnifica Città di Narni “ut pacem inirent inter Commune Civitatis Amelie et Communitatem Civitatis Hortane” per trattare la pace fra le comunità di Amelia e di Orte “fueruntque dicti oratores narnienses ylari vultu recepti a M.cis dominis Antianis, civibus, universo populo Amerino” e i detti oratori narnesi vennero accolti con volto sorridente dagli Anziani, dai cittadini e dall’intero popolo amerino “et hospitati sunt in domibus Magnifici equitis domini Berardinj de Geraldinis Amerini Civis” ed ospitati in casa del Cavalier Berardino Geraldini, cittadino di Amelia. (2008)


17  -  Il 17 Novembre 1498 i Priori di Narni scrivono agli Anziani di Amelia, chiamandoli “fratres amantissimj” (sic), inviando loro due oratori e, precisamente, il Dottore in legge Andrea Mattioli Savioli ed il nobile Pietro Ludovici de Arca, i quali espongono “ornatissime” con molta eloquenza “quod Communitas illa omni quo potest studio hortatur Communitatem hanc Amerinam ad pacem iniendam cum Communitate Civitatis Hortane” che la Comunità di Narni esorti quella di Amelia, con ogni possibile zelo, ad iniziare trattative di pace con Orte, “pro qua pace tractanda et perficienda ipsa Communitas Narniensis sumptibus et laboribus minime parcet” per trattare e conseguire la quale, la Comunità di Narni si dichiara pronta e disposta a non risparmiare alcuno sforzo. 

Convocato il maggior consiglio due giorni appresso, Cristoforo Cansacchi propone che, innanzi tutto, si ringrazi nel modo più degno la Comunità di Narni “de tam singulare amore quem erga Communitatem Amerinam ostendit” di tanta singolare benevolenza mostrata nei riguardi di quella di Amelia, ma, quanto a trattare la pace con gli Ortani, suggerisce che ci si avvalga pure dell’opera mediatrice della Città di Narni, ma sia salvaguardato l’onore della Città di Amelia e l’incolumità dei suoi cittadini, appartenenti a tutte le classi sociali, nonché dei fuorusciti ortani; “ad quam pacem tractandam Magnifici D.ni Antiani eligant quatuor cives probos et bene informatos” e, al fine di trattare detta pace, gli Anziani eleggano quattro cittadini di indiscussa probità e bene informati in merito, i quali prendano accordi fra le due Comunità di Narni ed Amelia  “ubi et quando opportuerit” dove e quando sarà ritenuto opportuno “et facta optima discussione omnium, ante quam res firmetur” e sia fatta completa ed esauriente disamina di ogni questione, prima che si addivenga alla firma del trattato di pace; “sed ut comodius et abilius dicta pax tractetur” ma, affinché detta pace si possa trattare nel modo più conveniente ed acconcio, “prius et ante omnia” prima di tutto si trattino e si ottengano delle idonee garanzie “in forma de jure validis” nelle forme legalmente valide; “sed quantum ad captivos, fiat excusatio pro nunc” ma, quanto ai prigionieri, si soprassieda per ora al loro rilascio, “sed si qui sunt infirmi, extrahantur de campanile et accurate medeantur” ma se alcuni di essi fossero infermi, si traggano fuori dal campanile e si curino con la massima premura. Il consiglio del Cansacchi viene approvato e vengono eletti “super pace tractanda cum hortanis” Ser Ugolino de Cresciolinis (Crisolini) Gabriele de Archilegiis (Archileggi) Cristoforo de Cansacchis (Cansacchi) e Ser Taddeo de Artinisis (Artemisi).

Giunge anche in Amelia una lettera scritta agli Anziani fin dal 14 Novembre da Fabrizio Colonna, il quale è anch’egli del parere di soprassedere alla riconsegna dei prigionieri ortani, per condurre le trattative di pace da una posizione di maggiore forza. Eccone alcuni passi:

“Intendemo che in Roma se fa grande operatione per liberare quissi prescioni de Orte che tenete et perché noy per tucto domatina ce devemo trovare insemi con il S.re Prospero (Colonna) et provedere ad quello (che) sia opportuno per lu statu et bene vostro; jmper ho (perciò) voglate (sic) in ogne modo soprasedere la relassatione de quilli et voy sapete quanto importa; et Noy, se li prefati non se relassino  sì presto, farrimo tale opere che, o per forza, o per accordo, le cose restarando (rimarranno) in boni termini et con utile et honore vostro ... Subito parlato che haveremo (con) lu S.re Prospero et jo ve mandaremo uno homo bene informato de quanto serrà el besogno vostro et de quissi amici nostri de Horte; per ho (quindi), non se relasse presciono alcuno fino ala venuta del dicto homo mio”.

Nel frattempo, giunge ad Amelia anche un’altra lettera, inviata agli Anziani da Pietro Colonna, fratello di Francesco, al quale era affidato il Castello di Penna e che gli Amerini avevano contattato per una richiesta di aiuto contro gli Ortani. Pietro si scusa, perché Francesco è molto propenso a declinare l’invito. Eccone alcune frasi più significative:

“... per altre nostre ve havemo facto intendere la voluntà nostra è de volere tenere in pace li subditi nostri per quanto ce serria possibile et si come nonl’havemo messi in guerra per lo Ill.mo S.re Prospero, lu quale ... ce è fratello, multo mancho (tanto meno) jntendemo de mecterceli ad posta de altri, et tanto piò che cognoscemo che omne pocha de guerra che havessero quissi de la Penna, per essere poverissime persone, serria lultima loro desfactione (rovina) ... et Noy non ce trovamo in arme da posser  guerregiare et havemo delli affandi (difficoltà) ... Noy non havemo soldati: bisogna che ce governamo secondo li tempi; semo bene contenti che quando ne la Penna sia victuagle ultra al bisogno ... ne sia servita ... la Comunità de Amelia; sì come havemo facto al S.re Prospero. Ma in guerra nolli volemo mectere et così ve dechiaramo; sapete bene che lu S.re Ulisse da Mugnano et lu S.re Vicino sendo (essendo) pure de casa Ursina et hando (hanno) da quesse bande piò che Noy et non se impacciano in guerre et in queste cose multo piò (tanto più) ... non ce impacciamo Noy, che non ce havemo salvo che (soltanto) uno castellecto, lu quale lo comparò (acquistò) la bona memoria de nostro patre de soy denari; ce volimo sforzare de mantenerlo et non ruinarlo et per quanto possemo non volimo intrare in guerra, salvo che non ce fosse lu jnteresse del papa, el quale ce è superiore et per lu quale siamo per mectere (impegneremmo) lu statu, la vita propria et li figloli”. Bella lezione di saggezza! (2010)


17  - Il 17 Novembre 1597 fra gli argomenti trattati in consiglio figura il seguente: “Le Poverelle Monache di S.ta Monica, di S.to Stefano et S.ta Catherina si trovano excommunicate et quelle di S.ta Monica senza vitto et quasj disperate”. Venturello Venturelli propone “che la Città faccj lettere di raccomandatione a favore delle dette Moniche alla Congregatione (del Buon Governo)”. Ma cosa diamine avevano combinato di tanto grave le nostre povere monachelle di allora per meritare addirittura la scomunica? (2012)


17  -  Un tal Mantieni Menecuzzi di Montecampano era stato incarcerato dal Podestà, perché non pagò il ‘collatico’ di un bove agli Agostiniani. Il Superiore di questi ultimi, frate Sinsino, il 17 Novembre 1505 lo fa scarcerare, a condizione che il Mantieni ceda una sua casa in Amelia ai frati. Non sappiamo la effettiva consistenza del ‘collatico’ di un bove, ma non era meglio che Mantieni “mantenesse” la casa e cedesse ai frati il bove? (2014)


18 - Il 18 Novembre 1994, in una strada di Sarajevo, un cecchino serbo uccise, freddamente e deliberatamente, il bimbo settenne bosniaco Nermin Divovic, una fra le tante migliaia di vittime innocenti della ferocia umana.

Anche se, purtroppo, la cronaca giornaliera degli avvenimenti bellici nei territori della ex Jugoslavia e in altre parti del mondo insanguinate da guerre fratricide ci ha qualsi abituati a considerare sempre più in ribasso il valore della Persona Umana, il ricordo dell'inutile sacrificio del fanciullo Nermin resti costantemente impresso nella nostra mente e serva da monito a ciascuno di noi, ogni qualvolta dobbiamo prendere delle decisioni che possano, in qualunque modo, arrecare sofferenza o soltanto un ingiusto danno ad un nostro simile. Ricordiamo, in proposito, quanto ci ha tramandato la profonda saggezza dell'Alighieri:

"Temer si deve sol di quelle cose

ch'hanno potenza di fare altrui male:

dell'altre no, ché non son paurose". 

Non sarebbe fuor di luogo che i nostri Amministratori prendessero in considerazione la possibilità di intitolare una via cittadina al piccolo Nermin, quale simbolo di tutte le Vittime Innocenti dell’umana malvagità.

(1996)


18 - "Premisso nomine Salvatoris", cioè dopo un'invocazione al Cristo Salvatore, il 18 Novembre 1447 viene convocato il consiglio speciale dei Dieci, nel quale il Gonfaloniere degli Anziani, Niccolò di Ser Luca espone che necessita reperire "unde veniat pecunia" dove trovare i soldi per far fronte ad alcune spese straordinarie, fra le quali figurano ben ventidue voci relative a persone che hanno fornito, fra tutti, la ragguardevole quantità di 206 "pignatelli ficuum" portati in omaggio "S.mo D.no N.ro et aliquibus d.nis Cardinalibus" al Papa (Niccolò V, Tommaso Parentucelli, eletto il 6 Marzo di quell'anno) e ad alcuni Cardinali.

Gli Amerini erano noti fin dall'antichità per la squisitezza dei loro fichi secchi e le offerte di gustose confezioni di tali frutti in pignattelli erano un modo assai garbato ed efficace di "addolcire" le persone che potevano tornare utili alla Comunità. (2007)


18 - Il 18 Novembre 1523 “Magnifici Domini Antiani commiserunt Jo. Paulo publico preconj qualiter se conferat per loca publica et consueta” gli Anziani danno incarico a Giampaolo banditore del Comune, che si rechi nei luoghi pubblici e consueti della Città “et alta voce banniat quod ne quis audeat cuiuscunque gradus sit extrahere aliquod genus armorum e districtu Amerie tam offensibilia quam defensibilia et salnetrum sulfure plumbum et alia ad bellum necessaria” e ad alta voce bandisca che nessuno, a qualsiasi categoria appartenga, ardisca di far uscire dal distretto amerino qualsivglia genere di armi, tanto da offesa, che da difesa, né salnitro, né zolfo o piombo o altro materiale necessario alla guerra, “sub pena decem ducatorum et quatuor ictus funis pro quolibet contra faciente et pro qualibet vice”, sotto pena di dieci ducati e quattro tratti di fune per ogni trasgressore e per ciascuna volta.

V’è, inoltre, questione fra Terni e Narni. Lo stesso giorno, “cum videatur esse opus pium tractare pacem inter Comunitates Interamnensem et Narniensem ne ad graviora damna incurrant”, poiché sembra opera meritoria trattare la pace fra le dette Città, ad evitare più gravi danni, “vir accuratissimus et pacis amator Aurelius Bocharinus” il consigliere Aurelio Boccarini, uomo diligentissimo ed amante della pace, propone che “cum cessaverit pluvia, mittatur Cancellarius et exponat Comunitati Interamne et Comunitati Narnie quod si volunt quod Comunitas Amerie intromittatur ad pacem tractandam omni quo poterit studio dabit operam ut in pace vivant” quando avrà smesso di piovere, si mandi il Cancelliere presso le comunità di Terni e Narni, proponendo loro che, se saranno d’accordo che Amelia si adoperi per trattare la pace fra loro, essa si prodigherà in ogni miglior modo perché possano vivere in pace, “quod si recusant ad alia non intromittet Comunitas inter eos”; se ricuseranno il suo aiuto, la Comunità di Amelia desisterà da ogni intromissione fra loro.

Sempre, beninteso, se avrà smesso di piovere! (2008)


18  -  Sembra che le rendite dell’Abbazia di S. Valentino di Alviano siano godute da Donna Pantasilea Baglioni, la vedova del Condottiero Bartolomeo, la quale risulta in mora sul pagamento del sussidio papale imposto dalla Tesoreria pontificia al clero amerino e quest’ultimo, tramite la Curia dell’Uditore, il 18 Novembre 1540 fa porre il sequestro su sette some ed un quarto di frumento di Donna Pantasilea. Costei, per riaverlo, ne affida l’incarico ad un suo procuratore. Si vede che i fasti della famiglia maritale erano tramontati da un pezzo! (2014)


19 - Papa Martino V invia “Dilectis filiis Potestati et Prioribus populi Civitatis nostrae Ameliensis” ai diletti figli Podestà ed Anziani di Amelia il seguente “breve”, che viene trascritto in copia nelle Riformanze, sotto la data del 19 Novembre 1424, di cui forniamo la traduzione:

“Diletti Figli salute ed apostolica benedizione. Vogliamo ed ingiungiamo che nella nostra città di Amelia o nel suo territorio, come meglio sarà possibile, facciate accogliere e benevolmente trattare cento cavalieri delle Genti del diletto figlio il Nobile Signor Francesco Sforza, Conte di Cotignola, e provvederli al giusto prezzo di vettovaglie e di quant’altro necessario.

Dato da Roma, presso S. Maria Maggiore, il giorno 9 del mese di Novembre, nell’anno settimo del nostro pontificato”.

Ma quanti “figli diletti” aveva questo papa! e tutti ai suoi comandi! (1997)


19  -  Papa Urbano VI, da Perugia, con lettera in data 19 Novembre 1387 nomina Podestà di Amelia e Castellano di Porchiano fra Bartolomeo Carafa, Priore dell'Ospedale di S. Giovanni di Roma "cum salario, officialibus, sociis, familiaribus, emolumentis, honoribus et oneribus consuetis". Il neo eletto il 1° gennaio 1388 presenta agli Anziani le credenziali del pontefice, pronunzia il giuramento di rito, anche come Vicario "in temporalibus" di Amelia e Castellano di Porchiano. Con sé reca due notai, un giudice ed un socio milite, due domicelli e dodici "berovarij", di cui due teutonici e tre "Colliscipionis"; e di Collescipoli sono anche i due notai. Fanno parte del seguito anche tre cavalli. (2001)


19  -   Il 19 Novembre 1464 giunge in Amelia il Cardinale Riccardo di S. Eusebio, legato della sede apostolica, accolto “honorifice triumphanter et ingenti gaudio obviante sibi turba permagna cum palmis et lauro” con grande onore e trionfalmente e da una grandissima folla andatagli incontro con grande gioia e con palme e fronde di alloro, acclamante alla Santa sede ed al papa Paolo II, “campanis universis sonantibus” ed al suono di tutte le campane e, quindi, dal vescovo e da tutto il clero solennemente accompagnato nella sede vescovile, deputata per la sua accoglienza da parte della Comunità di Amelia. Il quale Legato, “postquam fuerit a dominis Antianis et alijs Civibus visitatus”, dopo aver ricevuto il benvenuto da parte degli Anziani e degli altri Cittadini “ipsis et Comunitati predicte bullas apostolicas sue legationis infrascripti tenoris et continentie presentavit” presentò ad essi ed alla Comunità la bolla apostolica della sua Legazione, dell’infrascritto tenore e contenuto, come io Cancelliere ho verbalmente trascritto “et est talis” ed è il seguente ... E qui il buon Cancelliere, forse anch’esso preso da un eccesso di esultanza, si dimenticò di trascriverne il testo! (2009)


19  -  Sotto il titolo “Audace furto”, sul periodico “AMERIA” del 19 Novembre 1899 si legge:

“Nella notte dal 6 al 7 corrente mediante scassinamento di persiane, rottura di fenestre (sic) e dei relativi scuri, uno o più individui si introducevano nell’ufficio d’Amministrazione degli Eredi Colonna in piazza S. Francesco. Aperti a forza alcuni cassetti, asportarono circa £.70 e forse messi in sospetto da qualche rumore, non ebbero tempo di fare maggiori perquisizioni che avrebbero loro fornito più abbondante messe.

Il rinnuovarsi di questi fatti, condotti sempre con un medesimo sistema, denota apertamente che in Amelia esiste una vera associazione di malfattori, i quali ad epoche fisse fanno la loro comparsa. Certo non è facile, come qualcuno crede, lo scoprire i reati commessi nel più bujo della notte, ma il tener d’occhio degli individui la cui esistenza è un vero problema, sarebbe affare assai più facile per le relative deduzioni”. (2011)


19  - Con breve del 19 Novembre 1535, riportato nelle riformanze il 4 Dicembre successivo, papa Paolo III, in considerazione che il Podestà di Amelia, precedentemente nominato, il romano Camillo di Ser Roberto, risulta essere “legitime impeditus” ad esercitare il suo ufficio, dà mandato al Presbitero Cardinale Agostino sotto il titolo di S. Apollinare, per procedere alla nomina, in sua vece, di un nuovo Podestà (Pretore) per il prossimo semestre, con il salario consueto e quanto inerente al suo ufficio “iuste et diligenter exercendo” da esercitarsi con giustizia e diligenza e “non recipiendo aliquod genus muneris preter esculenta et poculenta” senza ricevere alcun altro genere di introiti, oltre cibi e bevande.

Il 23 successivo è data notizia che il nuovo eletto, Didaco di Sante, ha proceduto al giuramento di rito nelle mani del Reverendo Padre Giovanni, Vescovo “papiensis” (di Pavia), uno dei membri della Camera Apostolica.

Il seguente giorno 26, l’Esattore di quest’ultima, Bindo Altoviti -di cui è stata data ampia notizia già sotto la data del 31 dicembre, nell’Almanacco del 2011- trasmette agli Anziani la notizia della consueta tassa pagata ai Reverendi Segretari di detta Camera, da parte del nuovo eletto, prima di iniziare il suo ufficio, nei seguenti termini:

“ ... la presente si fa per dirvj che ad suo piacere faccia admettere a Messer Didaco Santes Pretore de Amelia in dicto offitio per un semestre, che qui siamo satesfactj da luj e contentj ...”

Segue la dichiarazione che il Podestà Didaco, dopo “craterarum argentearum presentationem” la presentazione delle consuete tazze d’argento, ha fatto la “mostra” di rito della sua famiglia agli Anziani, così composta:

Ser Gerolamo di Ser Federico da Collescipoli - socio milite.

Ser Francesco di Ser Francesco Stefanuzi da Todi - notaio dei malefici.

Ser Paolo Dominicj Martellonj di Collescipoli - notaio degli affari straordinari.

Francesco di Ser Pasquetto di Collescipoli – domestico.

Giangerolamo Patronj di Collescipoli – domestico.

Alessandro de Ferramisilici da Ferrara – domestico.

Serafino da Narni - domestico.

Filippo di Ser Filippo di Collescipoli - auriga.

Chiude la “familia” l’immancabile cavalcatura: “Equus pilaminis nigri” cavallo di pelo nero, con tanto di briglia e sella.

E la presentazione è fatta! (2012)


19  -  La chiesa parrocchiale di S. Maria di Montecampano è restata vacante per rinunzia di prete Marco del fu Santoro, di Amelia. Il Vescovo Giovan Domenico Moriconi la conferisce al chierico Vico Moriconi. Un suo parente? (2014)


20 - Il Gonfaloniere di Amelia il 20 Novembre 1818 riceve la seguente lettera dal Capocomico Francesco Pandolfi di Roma:

“Tenendo io una Compagnia Comica, che credevo porla in attività per il futuro Carnevale nel Teatro Pace di questa Città (di Roma), attese alcune differenze insorte, non si è potuto combinare. Però bramerei esercitarla in codesto Teatro, qualora sia libero, ed in tal caso, mi farà cosa gratissima rendermene inteso, o farmelo intendere da chi volesse consiliare, con quei patti, e condizioni chiare, sapendo bene informarmi del costume de’ palchi, biglietti, regalie alla Compagnia, e simili per mia regola. La suddetta Compagnia poi produrrà seralmente un’opera nuova, in scena guarnita, con precisione di vestiario e decorazioni. Perdoni l’incommodo. Attendo sollecito riscontro, perché il tempo è ristretto”. (1997)


20 - Dall’Ufficio Provinciale di Terni dell’ Ente Nazionale Profughi, il Commissario Straordinario fa diffondere, a mezzo manifesto, quanto segue:

“Il Duce dello Stato Nazionale Repubblicano, Capo del Governo, con decreto 20 novembre 1943-XXII, ha istituito alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Ente Nazionale per l’Assistenza ai profughi e la tutela degli interessi delle Provincie Invase.

“Compito di detto Ente è:

“a) dare assisteza ai profughi sfollati, i quali si trovino in condizioni di disagio in dipendenza delle contingenze belliche;

“b) rappresentare, durante l’occupazione, gli interessi delle terre invase impostandone i problemi nel programma dello Stato Fascista Repubblicano;

“c) sviluppare i contatti fra i cittadini profughi o nativi delle Regioni invase comunque residenti in altre Provincie per cementarne ed alimentarne i vincoli nel quadro del comune amor di Patria;

“d) stabilire il collegamento con le famiglie rimaste nei territori invasi attraverso trasmissioni di notizie, informazione e quanto altro possa occorrere.

“Tali compiti saranno, in via di massima, attuati mediante:

“a) manifestazioni culturali, artistiche e sportive; b) mostre che stimolino le iniziative personali; c) ricerche storiche e letterarie, che rievochino le glorie dei Paesi da cui i profughi provengono; d) istituzione di ritrovi a carattere regionale, ove si cimentino i vincoli di solidarietà e di fratellanza; e) collegamento dei profughi con le famiglie rimaste nelle terre invase; f) sussidi in denaro; g) fornitura di vestiario ed alloggio; h) assistenza sanitaria; i) svincolo di piccoli pegni; l) assstenza legale; m) collocamento in impieghi o lavoro.

“Agli effetti dell’assistenza, sono da considerare profughi:

“1) Coloro che provengono dalle Provincie invase dal nemico, perché sinistrate o per timore giustificato di rappresaglie; ovvero per ordine militare;

“2) Coloro i quali, trovandosi temporaneamente fuori della loro residenza abituale in terra invasa, sono rimasti nelle terre non occupate, privi di reddito o di aiuto;

“3) Coloro che, pur essendo abitualmente nelle terre non occupate, tuttavia traevano i loro mezzi di sussistenza dalle rendite di patrimonio esistenti nelle terre invase;

“4) I nativi delle terre invase che traevano i loro mezzi di sussistenza da parenti militari od impiegati, che per ragioni di servizio si trovano attualmente nelle terre invase.

“Si invitano quindi tutti i profughi e corregionali delle Provincie invase (Calabria, Campania, Corsica, Lucania, Puglia, Sardegna e Sicilia), non abbienti e abbienti residenti in Terni, a volersi presentare nell’Ufficio Provinciale dell’Ente Nazionale Profughi, Via Roma 124, mentre quelli che si trovano nei Comuni della Provincia, presso la Segreteria comunale del Comune stesso, per riempire, i primi, il modulo per il riconoscimento di profugo e quindi essere assistiti nelle varie forme sopra indicate, ed i secondi, per poter cementare i vincoli di solidarietà e di fratellanza fra tutti i nativi delle terre invase”.

 Da notare che, fra le Provincie invase, figura anche la Corsica,  considerata -almeno a quanto risulta dal citato manifesto- parte integrante dell’Italia.  (1999)


20 - Il notaio Paolo Paolelli, in data 20 Novembre 1429, riceve il testamento di “Bucius Lelli Pacepti” di Montecampano, con il quale il testatore lascia disposizione di venir sepolto “intus ecclesia S. Marie de dicto Castro” nella Chiesa di S.Maria di detto Castello e nomina usufruttuaria di tutti i suoi beni la moglie Donna Paola Buti “donec honeste et caste vixerit et ad secunda vota non transierit”, finché vivrà onestamente e castamente e non passerà a seconde nozze; altrimenti i suoi figli ed eredi dovranno corrisponderle ogni anno “tres tinellos grani, duas salmas vini, sive musti (tre tinelli di grano, due salmi di vino o di mosto) cum uno caratello de ligno capacis duarum salm. (con un caratello di legno della capacità di due salme), unum orceum oley, capacis octo petictorum (un ocio d’olio, della capacità di otto petitti) (petictum = 2 litri circa) et L. libras carnium porcinarum porci masculi (e 50 libre di carne di maiale maschio)” e siano tenuti “ipsam induere de panno lane (vestirla con panni di lana)” da 16 bolognini al braccio, “quotiescumque necesse fuerit” (ogni volta che sarà necessario). (2000)


20 - Il 20 Novembre 1459 in Consiglio viene presa in esame la sentenza emessa dal Podestà contro "quedam mulier nomine Barbara sclava uxor Luce sclavj" una certa donna slava di nome Barbara, moglie di Luca, anch'esso slavo, "propter malleficium per eam commissum contra Angelum Fornarij, proiciendo contra ipsum duos lapides et ipsum in blachio (sic) vel alibj percutiendo sine sanguine" a causa del reato da lei commesso, per aver tirato due pietre contro Angelo Fornari ed averlo colpito in un braccio ed altrove, senza però alcuno spargimento di sangue. La condanna è pesante: cento fiorini d'oro. In considerazione che sia detto Luca che la moglie Barbara sono assai poveri e si vedrebbero costretti a lasciare la Città e a non farvi più ritorno, il che risulterebbe a danno del Comune, alle dipendenze del quale trovasi lo stesso Luca, questi, facendo appello alla  "misericordia et caritate et pro utilitate Communis", chiede che sia lui che sua moglie non siano costretti a lasciare la Città e che alla detta Barbara sia condonato il pagamento della sopra citata pena. Il Consiglio accoglie la supplica e delibera la remissione della pena e la sua totale cancellazione dal relativo registro comunale.

E' singolare constatare che in Amelia, ancor prima della massiccia immigrazione di greci e slavi nel Castello di Sambucetole, avvenuta nel 1471, vi fossero già persone di origine orientale, evidentemente fuggite in occidente dopo la conquista turca di Costantinopoli del 1453. (2004)


20 - Dal periodico AMERIA del 20 Novembre 1898:

"IL CARRETTINO POSTALE - Per suggerimento dell'AMERIA fu collocata non è molto una nuova cassetta per l'impostazione nella così chiamata "Piazzetta di Nanni Colonna" (probabilmente corrispondente all'attuale Largo Cristoforo Colombo) ed adottato il mezzo decente del carrettino coperto, per il trasporto della corrispondenza, che prima effettuavasi a spalla. Questo carrettino però fa un rumore da carriaggio, quando passa vicino mette un tremolio nelle budelle (sic) come i tamburi di una volta ed ha la virtù di svegliare al mattino anche quelli che abitano molto lontano dalle vie che percorre. Vedasi di rimediare a questo inconveniente, a cui si è aggiunto ultimamente lo stridore della meccanica che fa venire la pelle d'oca". (2006)


20  -  Nel periodico “AMERIA” del 20 Novembre 1898, sotto il titolo “Collegio Convitto Boccarini”, si legge:

“Questo istituto ha raggiunto pel nuovo anno scolastico un numero di alunni (62) mai verificatosi dalla sua fondazione. Questa affluenza, è duopo farlo risultare, si deve tutta all’operosità del Rettore Sig. A. Prof. Morganti, il quale alla rigorosa disciplina, unisce una correttezza di perfetto gentiluomo. Anche nello studio i Convittori fanno le migliori prove. E siccome queste nostre scuole hanno tenuto sempre un giusto primato per la riuscita degli alunni alle scuole superiori, si rende perciò indiscutibile che le medesime debbano essere fornite di professori patentati su tutte le materie, mentre ci si assicura che alcune delle più importanti di esse vengano disimpegnate da chi è mancante dei titoli necessari. E questo sarebbe di grave danno”. (2010)


Il 20 Novembre 1511, presente e consenziente il Capitolo della Cattedrale, le monache di S. Caterina accettano nel loro monastero Blancina Geraldini, di Angelo Antonio, che assume l’obbligo di versare la prevista dote di cinquanta ducati, “cum omnibus alijs rebus et fornimentis et bonis solitis in dicto monasterio”, unitamente a tutti gli altri beni ed accessori soliti e consueti nel detto Monastero. (2014)


20  -  Il 20 Novembre 1541 Onofrio Geraldini e Simon Pietro Farrattini, che avevano avuto assegnato dal Comune l’appalto della gabella del pascolo fin dal 1538 e per la durata di vent’anni, per un corrispettivo di ben duemilaquaranta ducati di carlini, forse per non essere più in grado di sostenerne da soli il rilevante onere, ne cedono la quinta parte a Federico Cansano, per un importo pari a quattrocentoquattro ducati. In tre, il carico si porta meglio che in due! (2014)


21 - Essendo Vicario di Amelia "nobilis et strenuus vir" il nobile e valoroso signore Giovanni Mazzarelli, detto "Mezzoprete", di Corneto (odierna Tarquinia), nel consiglio generale del 21 Novembre 1403 si tratta, fra l'altro, della richiesta "Magnifici et excelsi domini" del magnifico ed eccellente signore -in mancanza di altro, si abbondava in titoli, a quel tempo- Giovannello Tomacelli, fratello del papa, che fa presente agli Amerini "oporteat ad presens ex maxima necessitate solvere tertiam tertiariam subsidij impositi pro stipendio Mostarde" che necessita, con la massima urgenza, pagare la terza parte del sussidio -leggi "taglia"- imposto per soddisfare allo stipendio di Mostarda, Capitano, in quel periodo, delle genti armate al servizio del papa, ma "al soldo" delle popolazioni soggette, ammontante alla bazzecola di 165 fiorini d'oro. "Et ne incurreant in maiorem dampnum" e, per evitare il peggio, "unde veniat pecunia in comuni pro dicta solutione facienda, opporteat de celeri remedio providere" occorre provvedere con rapidità a trovare da dove rimediare il denaro al Comune per tale pagamento.

Il consigliere Pietro Boccarini propone "quod imponantur mille libre denariorum que viderj suo sufficiunt cum hijs que exigentur ex dativa Martij" che si impongano (ai poveri Amerini!) mille libre di denari, che, a suo giudizio, dovrebbero bastare, insieme ai denari da ricavarsi dalla dativa del mese di marzo; "quarum mille librarum C. libre imponantur Castris Colcelli, Sancti Focetolj et Fractuccie" delle quali 1000 libre, 100 si facciano pagare ai Castelli di Collicello, Sambucetole e Frattuccia; "pro reliquis vero viiij.c ordinentur et ponantur v. bol. pro quolibet foculare et tres per capud hominis et unus pro allibratis Civitatis et comitatus Amelie" per le residue 900 libre, si imponga una tassa di 5 bolognini per ogni focolare, 3 "pro capite" ed uno "per libram", cioè secondo l'allibramento catastale degli abitanti di Amelia e contado.

Messa ai voti, la proposta passa all'unanimità meno uno. Si vede che almeno una persona ebbe il coraggio di manifestare il suo dissenso!

A circa un anno, un mese ed un giorno di distanza, il 25 Dicembre 1404 -tanto per santificare il Natale- Ser Giovanni Paoluzzi di Cagli, procuratore e cancelliere di Capitan Mostarda, rilascia ricevuta a Ser Matteo di Ser Roberto, Camerario del Comune di Amelia -che, almeno in quella occasione, non mostrò di avere difficoltà finanziarie analoghe a quelle sopra descritte- della somma di 266 fiorini d'oro, "pro stipendio sui et suorum sotialium conducte presentis anni" per lo stipendio (o sussidio, o taglia che dir si voglia) spettante a detto Mostarda e suoi associati per la condotta dell'anno in corso, compresi in detta somma 66 fiorini già pagati dal Comune di Amelia a Foscarello Cole di Matelica, caporale del Mostarda e per conto di quest'ultimo. Tale sussidio era stato concesso da papa Bonifacio IX che, deceduto il 1° Ottobre 1404, era stato degnamente sostituito dall'inetto Innocenzo VII, che non fece alcun tentativo di comporre lo scisma d'occidente. (2007)


21  -   Con lettera datata 21 Novembre 1412 (riportata nelle riformanze sotto la data del 30 successivo) il Cardinale Vicario Colonna scrive da Roma agli Anziani in relazione alle prossime scadenze degli uffici del podestà e del cancelliere, da cui si può rilevare, ancora una volta di più, la diretta dipendenza di Amelia per la nomina di tali uffici. Eccola:

“Horamai poiché sappressa la fine dellofficio del vostro podestà, provederemo che subito averete el novo Et pertanto se così tosto non si potesse fare et venisse el termine dello ufficio del vostro podestà presente, vogliamo esso stia nello ufficio et allui si pagi pro rata del suo salario infin che mandaremo laltro. Anchora provederemo di novo Cancellieri et però voglamo anchora che il cancellieri che è al presente stia tanto nellofficio che noi mandaremo laltro. No scrivemo altro per ora dio sia con voi”. (2009)


21  -  Il 21 Novembre 1535 nell’Episcopio, alla presenza dei Canonici Casino de’ Casinis, Vicario vescovile, Arcangelo de’ Mandosiis ed Evangelista Cresciolini, il Vescovo Moriconi, per servizio del culto divino nella Cattedrale, elegge i seguenti sei Cappellani: prete Bernardino Angrofo, prete Marco di Nicolò, prete Serafino di N., prete Nicolò Polidori, prete Sensino di Nicolò e prete Paraclito di Nicolò, tutti di Amelia, il quali dovranno servire durante ogni settimana in tre alternativamente, nelle tre messe celebrande giornalmente e, nei giorni festivi, tutti insieme alle messe ed agli uffici, “cum cottis in coro” in coro, con le cotte. L’atto relativo risulta redatto dal notaio Bernardino Angrofo, uno dei sei Canonici. E poiché anche i Cappellani devono vivere, pur non chiedendo “nisi victum et vestitum” se non il vitto ed un vestito, il Vescovo assegna loro alcune some di grano, da prelevarsi dai frutti di S. Maria in Canale, dove trovasi colono Giambattista Moriconi, padre dello stesso Vescovo. (2014)


22 - Con procedura d’ufficio, il 22 Novembre 1595 si emette condanna nei confronti di quattordici cittadini giovesi, i quali, “malo animo et intentione, dolose et appensate, Deum pre oculis non habentes” con intenti malvagi, dolosamente e cupidamente, non avendo Dio innanzi agli occhi, “ausi fuerant sepe sepius alejs ludere, videre, ludere permictere, contra formam bannimentorum et decretorum in vilipendio Curie”, osarono spesse volte e ripetutamente giocare ai dadi, guardar giocare o permettere che si giocasse, contro le disposizioni dei bandi e dei decreti del Tribunale ed in vilipendio (degli stessi).

Il divieto si estendeva anche ai giochi di carte. (1997)


22 - Gli Anziani ed il consiglio dei x, in data 22 Novembre 1498, "unanimiter et concorditer delliberaverunt et ordinaverunt quod magnifico viro domino Altobello de Canali mutuentur quatuor archibusij" all'unanimità decretarono di mutuare ad Altobello di Canale quattro archibugi. Riesce quasi impossibile pensare che un simile personaggio avesse bisogno che il Comune di Amelia gli prestasse delle armi! (2006)


22  - ll 22 Novembre 1562, nel corso del consiglio decemvirale, “R.di Canonici S.te Firmine exposuerunt se lesos sentire de gabella ficuum noviter imposita” i Canonici della Chiesa Cattedrale di S. Fermina espongono una loro protesta, ritenendosi lesi dall’essere stati assoggettati al pagamento della gabella sui fichi recentemente imposta dal Comune, “pretendentes ad eam non teneri possidentes bona ecclesiastica in emphiteosim, aut ad livellum” ritenendo di non dovervi essere assoggettati, in quanto possessori di beni della Chiesa, a titolo di enfiteusi o di livello.

Nello stesso consiglio, “Jo. Franciscus Perini rogat se deleri de libro speculi de tribus puntaturis consilij” il pittore Gian Francesco Perini chiede di venir cancellato dal libro dei debitori, dove risulta essere stato segnato per tre assenze fatte nelle sedute consiliari, “cum eo tempore quo fuerit punctatus abesset Ameria et post reditum non fuerit ei intimatum” in quanto, in quel periodo in cui venne “puntato”, era assente da Amelia e, dopo il suo ritorno, non gliene fu fatta alcuna notifica. (2012)


23 - Il 23 Novembre 1399 viene stipulato atto di quietanza della bella somma di 300 fiorini, "ad rationem quatuor librarum et viij sol. pro quolibet floreno" in ragione di quattro libre e otto soldi per fiorino, che il Comune di Amelia pagò al "vir nobilis Johannes Protonobilissimus alias Faciapecora de Neapoli honorabilis Vicarius Civitatis Amelie" nobile Signore Giovanni Protonobilissimo, detto Facciapecora, da Napoli, quale Vicario (cioè podestà) della Città di Amelia "pro semestri incepto die xj mensis Junij proximi preteriti et finiendo die x de mense decembris proximi futuri" quale salario dovutogli per il semestre iniziato l'11 giugno e da terminare il 10 del venturo mese di dicembre, "vigore electionis facte sibi per dictum commune Amelie et etiam vigore electionis et lictere sibi facte occasione dicti officij vicariatus per Magnificum et illustrissimum dominum Johannellum tomacellum militem dicti domini nostri pape germanum ducem et rectorem etc." in forza dell'elezione a lui fatta dal Comune di Amelia (puramente formale!) ed anche (e soprattutto!) in forza dell'elezione e della lettera d'investitura nell'ufficio di Vicario fattagli dall'illustrissimo capitano e rettore Giovannello Tomacelli fratello del papa (e questo è il maggior titolo di merito!). 

Invece del nomignolo "Facciapecora", per il “vir nobilis Johannes”  sarebbe stato forse più appropriato quello di "Facciatosta"! (2007)


23 - Il 23 Novembre 1493 vengono stipulati i capitoli del cottimo affidato, dopo diversi esperimenti d’asta, dagli Anziani -presenti i soprastanti alla fabbrica- a Mastro Pietro di Mastro Giovanni, Mastro Stefano di Cristoforo “de Vallibus”, Mastro Andrea di Pietro Mancini di Como, “omnes de partibus provintie Lombardie”, i quali fecero la migliore offerta per “facere et fabricare ac reponere muros dicti castri Mimoye” costruire e restaurare le mura del Castello di Mimoia, “pro pretio quatragintaduarum librarum denariorum quamlibet perticham muri et cum pactis et capitulis infrascriptis”, dietro corrispettivo di 42 libre di denari per ogni pertica di muro ed ai patti e capitoli infrascritti. Proviamo a vederne alcuni.

Innanzi tutto, detti mastri lombardi s’impegnano “fabricam dicti castri Mimoye bene ac diligenter facere fabricare et expedire eorum sumptibus et expensis” di eseguire il lavoro della ricostruzione del castello con ogni diligenza, provvedendo in proprio sia per la eseuzione dei lavori (“magisterij”), sia per procurare l’occorrente (“calcine, puzulane et arene et mictere mixturam perfectam”); se, in loco, “puzulanam non reperirentur, promictunt mictere arenam de fossato” non rinvenissero puzzolana, si obbligano ad adoperare la sabbia del fosso.

I lavori dovranno venir terminati “per totum futurum mensem Maij anni proximi” a fine maggio dell’anno seguente “et totum dictum castrum muro altitudinis decem vel duodecim pedum ad minus et latitudinis duorum pedum circum circha dictum castrum” e l’intere mura del castello dovranno avere un’altezza di almeno 10 -12 piedi ed uno spessore di due.

“Item promictunt facere et fabricare in dictis muris turriones quatuor” promettono, inoltre, di edificare lungo le mura quattro torrioni o anche di più, se così sembrerà opportuno ai soprastanti alla fabbrica e nei luoghi e delle dimensioni da questi ultimi da stabilire.

Dovranno, inoltre, sempre compresi nel compenso pattuito, venir costruiti nelle mura “balisterias et bomarderias tot quot erunt necessarie” postazioni per le balestre e le bombarde, sempre secondo il giudizio degli stessi soprastanti.

Le misure da adottarsi nella costruzione siano “ad communem mensuram dicte Civitatis Amerie” quelle adottate dal Comune di Amelia.

“Item promictunt componere et immictere januam seu portam dicti castri”; dovranno, inoltre, sistemare e porre in opera la porta del castello, con materiale, tuttavia, fornito dal Comune di Amelia.

I lavori dovranno essere eseguiti “bene et perfecte” e nei termini convenuti “et de pulchritudine et perfectione ac bonitate ipsius fabrice et laborerij stetur declarationi et juditio duorum virorum peritorum in Arte eligendorum per supradictos superstites” e della esecuzione a regola d’arte e circa il buon aspetto e la perfezione dell’intera fabbrica, ci si rimetta al giudizio di due tecnici periti dell’arte, da eleggersi dai soprastanti.

Ai Maestri lombardi appaltatori dei lavori sia lecito servirsi di “omnes lapides qui essent circum circha dictum castrum Mimoye” di tutte le pietre giacenti attorno al castello “et etiam omnes lapides qui essent ruinate intus dictum castrum” ed anche quelle che si trovassero in rovina all’interno di esso “et existentes in terra” e giacenti in terra, “sed non possint nec debeant accipere lapides de muris qui non essent ruinati” ma non possano cavare pietre dai muri ancora in piedi; comunque, servirsi sempre ed esclusivamente di materiali di proprietà del Comune e non di terze persone. Questo valga anche per quanto riguarda il procacciarsi legnami, con tassativo divieto, però, di abbattere piante fruttifere.

Il Comune si obbliga a pagare “temporibus congruis” alle scadenze previste quanto pattuito con i mastri lombardi, impegnandosi a difenderli e proteggerli “ab omni molestante persona” da ogni molestia, “adeo quod dictam fabricam tute libere et secure perficere et expedire valeant”, in modo che possano eseguire e condurre a termine la fabbrica in piena tranquillità e sicurezza. (2008)


23  - Il Vicario vescovile richiede al consiglio decemvirale riunitosi il 23 Novembre 1568 che si pronunci circa una questione di mera precedenza nel coro della chiesa di S. Fermina, affermando “quod prima sedes et locus chori … ecclesie Amerine est Re.mi D. Episcopi existentis et in eius absentia R.di eius Vicarij” che il primo posto nel coro della chiesa Cattedrale compete al Vescovo ed in sua assenza, al suo Vicario “et secunda sedes et locus est D. Potestatis et officialis in temporalibus pro tempore existentis” ed il secondo posto spetta al Podestà o ad un suo ufficiale in carica “quodque si contigerit quod Potestas sive officialis in temporalibus sedeat in prima sede seu loco predicto, adveniente R.mo D.no Episcopo seu in eius absentia R. D.no Vicario” e se dovesse avvenire che il Podestà o un suo officiale si fosse seduto al primo posto,  sopraggiungendo il Vescovo o, in sua assenza, il suo Vicario, “Potestas et officialis recedit a dicta sede et primo loco et tendit et redit ad suam secundam sedem e locum” il Podestà o il suo ufficiale debba togliersi dal primo posto e recedere al secondo, che gli compete “et predicta ab immemorabili tempore citra fuisse consuetum et observatum” in quanto un simile cerimoniale viene praticato ed osservato da tempo immemorabile. 

Ma v’è da occuparsi di una circostanza ben più grave: “perplurimi cives noverunt ad M. D. Antianos dicentes quod … Civitas Amerina et illius homines vigore informationis date per D. Potestatem Ill.mo Cardinali Alexandrino et sacre consulte fuerint diffamati de rebellione et tumultu” molti cittadini hanno riportato agli Anziani notizia che la Città di Amelia ed i suoi cittadini sono stati diffamati ed incolpati di ribellione e disordini dal Podestà, presso il Cardinale Alessandrino e la Sacra Consulta. Il consigliere Belisario Geraldini propone che gli Anziani scrivano ai nostri ambasciatori a Roma, che si rechino “apud Ill.mum Cardinalem et alios superiores dictam nostram Civitatem exculpare de huiusmodi calumnia” presso il Cardinale e le altre autorità e discolpino la nostra Città da una calunnia di tal fatta; Orlando Guidotti, altro consigliere, propone che, ad ulteriore discolpa “de calumnia illata de rebellione” di una tal calunnia, si aggiunga che il nostro popolo “ullo unquam tempore passus fuit talia sufferre” non ha mai dovuto tollerare siffatte accuse. (2012)


23  -   Nel consiglio generale del 23 Novembre 1392 si espone che, da parte del Cardinale Bartolomeo di Rieti, Legato apostolico, è stato richiesto al podestà ed agli Anziani “quod faciant pacem et concordiam cum exititijs dicte civitatis, ipsosque exititios remictant intus ipsam civitatem” che si faccia pace con i fuorusciti della città e che gli stessi vengano riammessi nel consesso cittadino.

Ser Benedetto Bondi “unus ex dictis consiliarijs” aggiunge che “pro vera pace et unione dicte civitatis omnes et singule condempnationes et sententie late et date in dicto communi usque in presentem diem de quibuscumque mallefitijs, culpis, excessibus et delictis factis, commissis et perpetratis quocumque et qualitercumque contra quoscumque exbampnitos, rebelles et condempnatos ... personaliter seu pecunialiter” per una vera pace ed unione fra i cittadini, tutte le condanne e le sentenze pronunciate in questa Città, fino al giorno di oggi, per ogni tipo di reati, eccessi e delitti commessi per qualsiasi ragione da persone sbandite e condannate, sia a pene corporali che pecuniarie, vengano rimesse e cancellate ed essi sbanditi “possint et valeant tute et libere reintrare et ingredi ipsam civitatem” possano rientrare liberamente e senza timore nella Città. Aggiunge, infine, che “cum in dicta reintroductione sit necesse fieri sumprus” poiché per effettuare tale rientro sarà necessario affrontare delle spese, che provvedano gli Anziani con i proventi del Comune. La lodevole proposta di pacificazione generale del Bondi viene messa in votazione e riporta tutti voti favorevoli meno uno: il solito Bastian contrario! (2014)


24 - S. Fermina, Patrona di Amelia e Civitavecchia, secondo la tradizione subì il martirio il 24 Novembre dell'anno 304, sotto l'imperatore Massimiano, padre di Massenzio e suocero di Costantino, cui aveva dato in isposa la figlia Fausta.

Un’inedita iscrizione su lapide di travertino, murata per riutilizzo su di una parete dell'orto di attuale proprietà Spagnoli-Morelli (Via del Teatro, n°.14), risulta dedicata a questo imperarore.

Si ignorano le ragioni che suggerirono ai nostri antenati tanto riguardo verso l'Erculeo.

Essa è del seguente, preciso tenore:

M AURELIO VALE

RIO MAXIMIANO

PIO  FEL  INVICTO

AUG               DD

(1996)


24 - S. Fermina, Patrona di Amelia. Riproponiamo a quanti ci leggono l’inno, in eleganti strofe saffiche, che faceva parte delle funzioni liturgiche di questo giorno, seguito da una sua libera traduzione


“Quid Sacram, Virgo, generosa Martyr,

Ambiunt frontem duplices Coronae?

Nempe non unum gemino reportas

Hoste triumphum.

Mollior fregit neque te voluptas,

Impotens flexit neque te Tyrannus,

Tu graves poenas, pariterque blandos

Vincis amores.

Liliis Sponsus recubat, rosisque

Tu tuo semper bene fida sponso,

Et rosas Martyr, simul et dedisti 

Lilia Virgo.

Summa Laus Patri, genitoque Verbo,

Et tibi compar utriusque Nexus,

Virginum, per quem Sacra corda puris

Ignibus ardent”


(Perché, Vergine, cinge, e Martire pietosa

la sacra fronte duplice corona?

Non un solo trionfo certamente

sovra doppio nemico riportasti:

né la più dolce voluttà t’infranse,

né il rabbioso tiranno ti piegò.

Tu cruda sofferenza parimenti

vincesti, ed invitanti brame.

Giace lo Sposo sopra gigli e rose:

gioiosamente sempre a Lui fedele,

desti Martire rose, gigli Vergine.

Sia somma lode al Padre

e all’Incarnato Verbo

e a Te, del pari, Amor ch’entrambi avvinci,

per cui di vergini i cuori venerandi

si accendono di fiamma virtuosa)

(1997)


24 - Nell’occasione della festività della nostra Patrona, vorremmo far conoscere ai Concittadini una composizione poetica che il Prof. Don Ermanno Rosellini le dedicò, in occasione del XVI centenario dal martirio, presentandola in un volumetto di liriche umbre da lui intitolato “Delicta Juventutis”, edito in Amelia nel 1918, presso la Tipografia Economica. 

Ve la riproponiamo, sperando di far cosa gradita.

“Cadder de’ secoli

lungo il cammino,

d’Alba le glorie

e di Quirino.

S’erse a redimere

l’umanità

la Croce, simbolo

di libertà.

Fermina, vergine,

figlia d’eroi,

tu prima il simbolo,

nunziasti a noi.

L’antica Ameria,

per tua virtù,

ruppe degl’idoli

la servitù.

Bella qual angelo,

al sommo Bene

d’amor ti strinsero

salde catene.

Tua gloria e giubilo

fu ’l Cristo amar,

e il fior di vergine

a Lui serbar.

Per Lui, fortissima

fanciulla, al core

negasti patria,

parenti e amore.

E invan t’arrisero

censo e beltà,

invan del secolo

la vanità.

Arse implacabile

l’odio al cristiano

del sanguinario

Dïocleziano;

La morte intrepida

sfidasti allor,

forte d’eroico

prisco valor.

Siccome il rorido

fior d’una serra

schïanta il turbine

violento e atterra,

sì spento, o Vergine,

cadde il tuo fral,

surta all’empireo

l’alma immortal.

Bevve il purissimo

sangue la polve

cui la ciclopica

muraglia volve;

e al Cristo vergini

quel germogliò,

le palme e i martiri

moltiplicò.

Sì da tue ceneri

bella eroina,

surse la giovine

Chiesa amerina.

Il sesto decimo secol or è

che incensi e suppliche

leviamo a Te.

Deh, santa martire,

ascolta i voti

di noi degeneri

tardi nepoti,

a quei magnanimi

che, tua mercè,

del Cristo trassero

primi alla fé.

(1999)


24 - A causa della peste, il 24 Novembre 1575 vengono deliberate misure precauzionali, impedendo a chiunque di entrare in città, senza bolletta lascia-passare. I mercanti che provengono da Recanati o da altri luoghi dove si è manifestato il contagio, facciano la quarantena fuori della Porta di Amelia.

Il successivo 6 Maggio, vengono assunti analoghi provvedimenti, non essendo ancora cessato il pericolo della pestilenza.

Come se non bastasse il flagello della peste, il 10 Marzo 1577 si rende necessario nominare una commissione per combattere l’invasione delle locuste.

Peggio delle dieci piaghe d’Egitto! (1998)


24 - Pietro quondam magistri Nicolai, alla presenza del Ven. Petrillo di Damiano, canonico amerino rettore della Chiesa di S. Procolo, “flexis genibus” a ginocchi piegati, personalmente costituitosi  dinanzi al verbalizzante notaio Francesco Celluctij il 24 Novembre 1408, espose che, “nel presente mese di novembre, bestemmiando Dio, disse le seguenti parole: che sia alonta de dio”, come risulta dagli atti della curia della città di Amelia, nel processo intentato contro di lui dal podestà della città.

Il medesimo Pietro, confessandosi della detta bestemmia e delitto, dichiarò essersi pentito e pentirsi “cum magna sui cordis contritione”, con sua grande contrizione di cuore, impetrando “salutarem penitentiam et remissionem dicti delicti” una salutare penitenza e la remissione del detto delitto.

Il canonico Petrillo, “intellecta et udita dicta confessione” dopo aver ascoltato la confessione di Pietro, considerata la contrizione del suo cuore, dopo avergli imposto in segreto la penitenza, diede al medesimo “remissionem et absolutionem de blasfemia et delicto predicto” remissione ed assoluzione dal delitto di blasfemia e, con l’autorità a lui concessa , “ad fidelium unionem restituit”; lo riammise nella comunione dei fedeli, dalla quale, bestemmiando, si era colpevolmente separato. Con tale confessione, lo scaltro Pietro evitava la pena comminata dagli statuti per tale reato.

L’atto fu rogato nella chiesa di S. Procolo, “iuxta altare dicte ecclesie”, presso l’altre di detta chiesa, che trovavasi in contrada Vallis.

Bell’esempio di confessione rogata con atto pubblico notarile!

Si pensa cosa avverrebbe oggi, se per ogni bestemmia, si dovesse ricorrere al notaio? (2000)


24 - Il Cardinale Legato Bartolomeo, del titolo di S. Martino ai Monti, in seguito ad umile supplica, dalla sua residenza del palazzo vescovile di Narni, in data 24 Novembre 1392 -festa di S. Fermina- trasmette agli Amerini un rescritto di assoluzione, nella forma più ampia ed agli effetti dell'Inquisizione, dai molti vari e diversi delitti, eccessi, crimini e defezioni perpetrati sia dal Comune che da privati, contro S. Madre Chiesa, tanto per aver aderito all'antipapa Clemente VII (Roberto di Ginevra, eletto a Fondi il 20/9/1378 dalla fazione dei cardinali francesi), di dannata memoria ed ai suoi fautori e complici, quanto per le ribellioni, sedizioni, omicidi, incendi, adulteri, incesti, ratto "virginum et monialium" di vergini e di monache, invasione ed occupazione di beni ecclesiastici, devastazioni, furti, catture di uomini e donne, bestemmie, ecc. di cui gli Amerini si erano -a suo dire- resi colpevoli. 

Ma sarà poi stato vero che i nostri predecessori si siano macchati di così numerosi ed efferati misfatti? (2001)


24 - Ss. Fermina ed Olimpiade, Compatroni di Amelia. S. Fermina, Patrona anche della Città di Civitavecchia, viene ivi celebrata il 28 Aprile.

Il 24 Novembre 2004 viene celebrato in Amelia il diciassettesimo centenario dal martirio della Patrona S. Fermina, con adeguate cerimonie e molteplici iniziative. (2004)


25 - Nella “sala magna” del palazzo comunale, convocati il Consiglio generale dei 40 ed il Consiglio speciale dei 10 “de populo” in data 25 Novembre 1398, si rende necessario deliberare su di un argomento che riguarda il mestiere più antico del mondo. “Ad evitandum magis malum et periculum quod occasione mulierum bone fame oriri in dicta civitate possit et quaddam facinora et scelus quod contra naturam in ipsa civitate committuntur sepe sepius” per evitare un male maggiore ed un più grave pericolo che, per le donne di buona fama, possa derivare dai reati contro natura che vengono commessi in città con sempre maggior frequenza, si propone “quod in dicta civitate fiat et ordinatur in loco magis habile et congruo postribulum in quo meretrices continua residentia faciant” che in Città sia allestito, nel luogo più idoneo e adatto, un postribolo, nel quale le meretrici possano risiedere con continuità.

Arcangelo Jacobi propone che gli Anziani abbiano la facoltà di trovare in città un luogo per “predicto postribulo ordinandi”, predisporre il detto postribolo, che sia “habilis, actum et congruum et domos emant ubi meretrices earum comodum habeant”, acqistino un immobile adatto, dove le prostitute abbiano tutte le loro comodità e, per l’occorrenza, possano spendere “de pecuniis comunis usque ad quantitatem vigintiquinque florenorum” fino a 25 fiorini, da prelevarsi dalle casse comunali.

Messa ai voti, la proposta di Ser Arcangelo viene approvata con 56 “pallucte reperte in bussula alba del sic” palline trovate nell’urna bianca del sì, non ostante 4 “palluctis in bussula nigra repertis in contrario non obstantibus” palline trovate nell’urna nera del no. (1999)


25 - Da una relazione trascritta nelle riformanze, abbiamo una puntuale quanto cruda descrizione dell'assedio e distruzione che "Castrum Collicelli, oppidum Civitatis Amelie" il Castello di Collicello ebbe a patire il 25 Novembre 1461, ad opera dei "Claravallenses de Canali" Chiaravallesi di Canale, nemici  del Comune amerino, i quali, "more predonum" agendo da predoni e con grande quantità di armati, sopraffecero  i "perpauci pedites" i pochi fanti schierati a difesa del castello, non senza aver subito pesanti perdite durante l'espugnazione della munita "Turrim" delle mura. Avuta ragione dei difensori, "Claravallenses per dictum Castrum vagantes igni domos omnes que a primo incendio evaserunt dedere" i Chiaravallesi irruppero nel Castello, dando alle fiamme tutte le case che si erano salvate da un precedente incendio patito dallo stesso Castello nel decorso mese di Settembre e a stento sette case abitate si sottrassero alla rovina. Giunta notizia in Amelia del "facinus thetrum" dell'orribile misfatto, "illico populus totus ad arma concurrit", immediatamente tutto il popolo corse alle armi, "factuque impetu contra truculentissimos hostes" e, assalito con foga il truce nemico, che era intento alla demolizione del Castello, "permultos hostium neci dederunt" fecero strage di molti nemici. Nel conflitto, perirono oltre sedici amerini "ex Claravallensibus jaculis, lanceis ensibusque" colpiti da frecce, lance e spade dei nemici, "in turpissimam fugam versis", che vennero volti vergognosamente in fuga e non ne scamparono più di una dozzina.

La relazione si chiude precisando che quanto sopra fu scritto "ad perennem memoriam future posteritatis" a perenne memoria delle future generazioni, affinché tutti sappiano che "Claravallenses communis Amelie acerbissimos hostes eidem communitati damna ingentia fecisse" i Chiaravallesi, quali acerrimi nemici di Amelia, infersero alla comunità danni di grande rilevanza. (2004)


25 - Il 25 Novembre 1475 il consiglio decemvirale esamina la supplica “della poverissima donna Jacoma moglie di Tomasso de Ceccho Stradella de Amelia dicendo come crede esser noto alle V. M. S. lei essere rimasta vedova con più figlioli piccolini et senza nesuno appogio ne rendita donde possa la sua e de li suoi doi figlioli vita poverissima sostentare se non solamente de le fatiche et sudore delle sue proprie braccia, continuamente è visitata dali offitiali per le date et gravezze che la comunità impone et che li sarrìa impossibile di satisfare si quilli poveri figlioli non mandassi mendicando. Recurre ala solita clementia delle V. S.  che li piaccia riformare et ordinare  che infino che li decti soi figlioli non sonno in età non sieno tenuti ad pagare gravezza alcuna”. Nel maggior consiglio del dì seguente, si delibera che “quoad filius masculus maior natus ... erit annorum quindecim ... sit dicta supplicans exemptis et immunis a capite et foculare” finché il figlio maschio più grande di donna Giacoma non avrà compiuto gli anni 15, la stessa venga esentata dal pagamento di ogni imposta “pro capite” e sul focolare, con remissione, altresì, di tutte le imposte pregresse. (2008)


25  -   Il 25 Novembre 1407 Francesco Correr, altro nepote del papa Gregorio XII (ma quanti nepoti hanno questi papi!) scrive da Todi agli Anziani di Amelia la seguente missiva:

“Nobiles Amici nostrj carissimi. Come per altra nostra ve avemo scripto, alla quale ne maravigliamo assaj non me avete resposto, che uno dallacoscello con tre suoj compagni che erano andati ad correre (certamente non per una gara, ma verosimilmente per fare una scorreria) in le terre de quilli dalviano, tornandosene per lo terreno de Amelia fuorono per li vostrj prisi, che li dovessete relassare non se trovando avessero facto altro che andati in le terre de quillj dalviano. De novo ve scrivemo che li debiate relassare, non se trovando habiano facto altro e si avessono commesso o facto niuno delicto, o altra faccenda per la quale non se debiano relassare, volemo me ne avisiate”. (2009)


25  -  Il 25 Novembre 1466 nelle riformanze viene registrata la notizia che, dopo molteplici bandi, aventi per oggetto la locazione di una fornace di proprietà comunale, sita in Amelia,  “in contrata podij Ceci” (l’attuale “Pojo Cicio?), constatato che nessuno volle fare un’offerta superiore a quella presentata da Scaramuccia di Pasquale ed Antonio di Angelo “forna(cia)rij”, a questi ultimi viene aggiudicato in locazione l’uso della detta fornace “pro una cocta tantum, pro pretio et nomine pretij bononenorum quinquaginta” per effettuarvi soltanto una sola cottura di calce, per il corrispettivo di 50 bolognini, da pagarsi al camerario del Comune entro il giorno 15 del successivo mese di Dicembre, con l’espresso patto che detti fornaciari non siano tenuti a pagare la gabella generale, né altro, per la detta cottura. 

Lo stesso giorno, ma undici anni più tardi, cioè il 25 Novembre 1477, il solerte Cancelliere Nicolò di Antonio di Montefalco comunica al Maestro Vittorio di Nepi che “in vigilia sancte firmine esset deliberatum per collegium notariorum civitatis Amerie” la vigilia di S. Fermina (cioè il giorno 23) il collegio dei notai della città di Amelia “facerent electionem magistro Victorio nepesino, declarantes ipsi quod salarium suum esset florenorum trium singulo mense ad rationem quinquaginta baiocchorum pro floreno” lo elessero all’incarico di docente scolastico, con il salario di tre fiorini al mese, in ragione di 50 baiocchi per ogni fiorino, compresa l’abitazione, nonché “alijs emolumentis prout habetur magister Stephanus Aquilanus in anno superiori” con gli altri emolumenti, come fu concesso nel precedente anno al Maestro Stefano dell’Aquila, consistenti in un contributo da riscuotere da ogni scolaro, pari a due bolognini al mese, per “quolibet scolari facienti latinum” ogni “latinante”; per gli altri, un solo bolognino; mentre per “auditoribus vesperorum” i discepoli apprendenti i vespri, soltanto due soldi.

Il neo-eletto viene, quindi, esortato a rispondere “de acceptatione vel renuntiatione (quod procul absit) infra biduum post habitam presentem” se accetta o se rinunzia -che ciò non avvenga!- due giorni dopo il ricevimento della comunicazione.

Maestro Vittorio non solo accetta, ma, in una lettera spedita il 30 successivo, risponde ... per le rime!

“Quod mihi misistis scriptum gratamque salutem

Accepi, et lectum terque quaterque fuit

Et primo in me virtutes fulgere probatis

Ingenij dotes additis atque mei

Cum mihi nullae sint, ut connixi inter dotes

Me dignum facitis et numerare placet

Preterea placuit: doctos interque magistros

Eligere meque graves connumerare viros

Utque bonas artes studium, sanctosque mores

Edoceam, amerios morigerem pueros

Quin igitur mihi fas est dictam capessere viam

Amerios cupio: Sic ego polliceor”.

(2010)


26 - I Conventi di S. Francesco e di S. Giovanni, nominati eredi da Ser Giacomo di maestro Paolo di Amelia di tutti i suoi beni, nei quali era compresa “paries anterior... que est incepta et non perfecta ecclesie S. Francisci de Amelia”, la parete anteriore della chiesa di S.Francesco, di cui era appena iniziata la costruzione, volendo dar corso ai lavori, chiamarono Menico Mannuzi, di Amelia, Giovanni alias Caroso di Nicola di Castel dell’Aquila e Santo di maestro Menico di Carignola, nel todino, maestri, muratori e scalpellini, e, con istrumento rogato dal Notaio Giovanni Brancatelli, in data 26 Novembre 1401, si accordarono per l’esecuzione dei lavori.

Detti artigiani dovevano scavare le pietre da sistemare “pro facie dicte parietis” per la facciata, entro il distretto di Amelia, trasportarle sul posto di utilizzo, a spese degli eredi e quivi “lapides conciare, pulire, actare, arotare et explere” sgrossarle, detergerle, adattarle, arrotarle e sistemarle “iuxta operis ministerium, bene, legaliter, sine fraude, ad usum bonorum magistrorum”; il tutto da eseguire secondo le norme, senza frode e a perfetta regola d’arte.

Il compenso per i lavori venne pattuito in trenta soldi di denari cortonesi “pro quolibet pede dictorum lapidum perfectorum” per ciascun piede di lunghezza delle lapidi, poste in opera e rifinite.

La penale per inadempienza era fissata in “centum florenorum auri” cento fiorini d’oro: una bella cifra! (1998)


26 - Il Cancelliere comunale Barnaba di Sarnano, con la sua consueta dovizia di elaborati termini dallo stile classicheggiante, per conto della Comunità, il 26 Novembre 1474 scrive a Maestro Elia medico ebreo, che si degni venire in Amelia, dove gli sarà affidata “humanam fragilitatem” l’umana fragilità della salute dei cittadini, “que innumerabilibus morbis subiecta est” che è soggetta all’insidia di innumerevoli malattie. Si rivolge, dunque, a Maestro Elia, sperando che egli accetti di diventare “Medicum phisicum ac cyrurgicum dicte nostre Civitatis Amerie eiusque comitatus ac districtus pro uno anno proximo futuro” medico fisico e chirurgo della Città di Amelia, suo contado e distretto per il prossimo anno, “incipiendo die tertia futuri mensis Martij anni venturi millesimi quadringentesimi septuagesimi quinti et ut sequitur feliciter  terminando” da iniziare il 3 Marzo del prossimo anno 1475, fino al felice termine del periodo di un anno, “cum salario, mercede ac provisione quinquagintaquinque ducatorum auri ad rationem septuagintaduorum bononenorum pro quolibet ducato” con il salario di 55 ducati d’oro, in ragione di 72 bolognini per ducato. Inoltre, il medico avrà, da parte degli abitanti del contado e dei distrettuali, “vecturas equi seu equorum ac etiam expensis rerum esculentarum et poculentarum que ad victum pertineant” la fornitura di cavalcatura e le spese relative a cibi e bevande. Infine, “teneris etiam conducere tecum unum hebreum foeneratorem” sarà autorizzato a condurre con sé un usuraio ebreo, che avrà facoltà di fare prestiti ad interesse, contro garanzia di idonei pegni, “secundum illa capitula que olim Magister Salamon cum nostra communitate habuerit” secondo le condizioni ed i capitoli stipulati a suo tempo fra la Comunità Amerina e Mastro Salomone ebreo.

Ma, nonostante le sviolinate fattegli dall’ottimo Cancelliere Barnaba e le allettanti condizioni propostegli, tre giorni dopo Maestro Elia medico risponde : “havemo chiaramente inteso la affectione et benivolentia”  delle quali viene gratificato e, dichiarandosene non meritevole (“cognoscemo la nostra facoltà non essere tanta che potesse rendere gratia ale V. M. S.”) si defila dall’incarico con rammarico: “me doglio assaj alo presente non posser satisfare ad esse (Magnifiche Signorie”).

Non sappiamo se la rinuncia di Maestro Elia sia stata dettata da sincera modestia o, piuttosto, da non essergli sembrato adeguato il compenso offertogli, usuraio compreso. (2008)


26  - Sotto la data del 26 Novembre 1514, nelle riformanze si dà atto che, “coram magnificis dominis antianis in eorum palatio consedentibus humaniter” dinanzi ai Magnifici Signori Anziani, benevolmente e coralmente assisi nel loro palazzo, “Generosus eques dominus bernardinus gerardus fanensis comparens” è comparso il generoso Cavaliere Bernardino Gerardo di Fano, esibendo “breve quoddam apostolicum rubra cera piscatoris anulo signatum de refirmatione sui officij potestarie pro semestri cepturo die xxvj novembris 1514 et ut sequitur feliciter finiendo” un breve apostolico munito del sigillo con l’impronta dell’anello piscatorio del papa in cera rossa, con la riconferma del suo ufficio podestarile per il semestre che andrà ad iniziare con il giorno 26 Novembre corrente e da compiere felicemente fino alla sua prevista scadenza.

Di seguito, risulta trascritto il breve emanato dal papa Leone X in data 5 Novembre e firmato, in calce, dal segretario apostolico: “P. Bembus”.

Pietro Bembo, umanista dottissimo ed elegantissimo ciceroniano, era nato a Venezia nel 1470; fu chiamato a Roma da Leone X come segretario ai brevi, dove restò dal 1512 al 1519. Quivi convisse con una Morosina, da cui ebbe tre figli. (Notizie desunte dal DIZIONARIO ENCICLOPEDICO ITALIANO). (2012)


26  -  Il 26 Novembre 1407 il Notaio Francesco Celluzzi -che si definisce “notarius dicti domini Episcopi”- redige, su richiesta dello stesso Vescovo, il napoletano Stefano Bordoni, un interessante, quanto sconcertante atto, dal quale si estraggono i seguenti brani, particolarmente significativi.

Dopo essersi rivolto a tutti i componenti del clero Amerino, fa loro presente che “pro parte domine Jacobe filie olim ser Lelli Dominici et Pauli Macthiacij de Amelia heredum ex testamento ipsius ser Lelli, non absque querela fuit expositum coram nobis qualiter post mortem ipsius ser Lelli” da parte di Donna Giacoma -figlia del fu ser Lello Dominici- e di Paolo Mattiacci, di Amelia, eredi testamentari del detto Lello, venne esposto a noi, con disappunto, che, dopo la morte di Ser Lello, “nonnulla suppellettilia, masseritia et res mobiles eiusdem hereditatis ad dictos querelantes spectantia et pertinentia fuerunt ascondita et subtracta et ut ipsi heredes asserunt, per dominam Mactheam uxorem olim ipsius ser Lelli vendita et ad alia loca quedam occulta reposita” numerose suppellettili, masserizie e beni mobili, compresi nell’eredità e di pertinenza dei ricorrenti, vennero nascoste e sottratte e -come gli stessi eredi asseriscono- vendute o occultate da Donna Mattea, già moglie di Ser Lello. Pertanto, detti eredi richiedono al Vescovo “de opportuno remedio provideri” che provveda opportunamente in merito e questi “precipimus et mandamus quatenus sub excomunicationis pena” ordina a tutti i sacerdoti che, a pena di scomunica, a richiesta dei detti eredi Donna Giacoma e Paolo, “in vestris ecclesiis diebus dominicalibus et festivis, publice et alta voce, numptietis et moneatis quod quicunque habet vel sciret habentem aliquam massaritiam et rem mobilem spectatem ad dictos heredes” che, nelle rispettive chiese, nei giorni domenicali e festivi, pubblicamente ed ad alta voce, annunzino ed ammoniscano che chiunque avesse o sapesse che qualcuno abbia una qualche cosa mobile spettante ai detti eredi e “quicumque emisset de suppellectilibus massericiis et rebus predictis post mortem prefati ser Lelli debeat ipsis heredibus resignasse seu nobis revelasse intra xv dierum spatium a die monitionis huiusmodi computandum, sub pena excomunicationis” chiunque avesse acquistato una qualunque delle cose mobili facenti parte dell’eredità di ser Lello, dovrà consegnarla a detti eredi o farne denunzia al vescovo, entro il termine di quindici giorni dall’ammonizione pubblica, sotto pena della scomunica.

A prescindere dalla singolarità della procedura, a nessuno venne in mente che anche la moglie del defunto potesse vantare diritti sui beni da lui relitti? (2014)


26  -  Il 26 Novembre 1544 il Priore della Cattedrale Nicolò Franchi acquista trenta capre a venticinque bajocchi l’una da un tal Casciolo Filippi di Farnetta, dimorante a Sambucetole e gliele affida in soccida. Il 31 Maggio dell’anno successivo, lo stesso Priore acquista una casa in Borgo, gravata di livello a favore della Chiesa di S. Fermina e spende quaranta ducati di carlini. Ma quanto aveva da fare! (2015)


27 - Il 27 Novembre 1819 il Gonfaloniere di Amelia ricevette, dalla Polizia Distrettuale di Todi, la seguente curiosa circolare:

“E’ stato derubato (sic!) una cane da caccia, di circa anni 2, pelame rosso, coda tagliata lunga un palmo, denti guasti, e quando si chiama “Teverino” subito viene appresso. Prego pertanto V.S.Ill.ma, a farne fare delle ricerche, essendo di una persona, che molto mi interessa. Tanto le devo; ed ho il bene rassegnarmi di V.S.Ill.ma D.mo S.re Obl.mo (segue firma)”. (1997)


27 - Il 27 Novembre 1527 dinanzi al Consiglio vengono portati in discussione quattro argomenti: il primo, relativo all’approvvigionamento del grano; il secondo riguardante la provvista del pane “pro crastina die” per il giorno seguente; il terzo circa alcune richieste degli ortani, volte ad ottenere la restituzione di alcune cose loro sottratte ed il quarto, infine, vertente su cosa fare di due prigionieri, tali Guidotto da Perugia e Alessandro da Mandoleto, detenuti nelle carceri comunali. Dopo aver discussi e deliberati i primi tre argomenti, sul quarto ed ultimo, Pompilio Geraldino propone che i due prigionieri, “actentis eorum malis operibus, justitientur in die veneris proximi futuri et de eis fiat ultima finis” a causa dei loro delitti, vengano giustiziati il venerdì successivo e sia in tal modo posto termine alle loro esistenze. 

Tanto poco doveva valere, anche in quei tempi calamitosi, la vita umana, da non meritare neppure il primo “punto all’ordine del giorno”! (1999)


27 - Il 27 Novembre 1459 il bresciano Jannone chiede asilo politico, rivolgendo agli Anziani ed al Consiglio la seguente singolare supplica:

"Supplicase denanti ale V. M. S. Signori Antiani et Consiglio pro parte de Vostro fedelissimo Jannone da Brescia (vi è cancellato "Bergamo") Jbellinissimo, el quale ha lasciata et habandonata la propria patria per partialità la quale se rege per quella iniqua parte Guelfa et ha deliberato de vivare et morire in questa Vostra magnifica Cità la quale se rege in pacifico stato de Sancta Chiesa et de parte Jbellina, Et riposare in pace senza quella dampnata affectione de parte Guelfa che se rege Brescia. Et pertanto se recomanda ale Vostre Magnifiche Signorie considerato che è povera persona et lo meglio che habia sia la sua persona, la quale se po mectare ad omne retaglio quanto che de alcuno servitore habiase, che lisse faccia immunità et exentione da Jncarichi da ponarse reali et personali per trenta anni proximi da venire, et più et meno, secondo pare ale Vostre Magnifiche Signorie. Et questo per lo Amore de Dio et dela Jllustrissima et excelsa parte Jbellina triumphante".

Si propone di rimettere la supplica al Consiglio Generale, il quale, riunitosi il dì seguente, "considerata qualitate ipsius et fidelitate erga Civitatem Amelie et presentem statum pacificum", delibera "quod sibi fiat immunitas Custodie et dativarum imponendarum in Civitate Amelie pro igne et capite tantum pro viginti annis proximi futuris" gli sia concessa la dispensa dalla Custodia e da pagamento delle dative personali e per focolare da imporsi in Amelia nei prossimi venti anni e non trenta, come richiesto. E' già qualcosa! 

Ma, a questo punto, occorre fare una precisazione.

Come mai lo sfegatato ghibellino (“jbellinissimo”) Giannone da Brescia lascia la sua città perché “sotto quella iniqua parte guelfa” e viene in Amelia, a porsi “sotto il pacifico stato de Sancta Chiesa et de parte jbellina”?

La spiegazione è, forse, da trovare considerando il pontefice allora regnante: Pio II (Enea Silvio Piccolomini), sotto il cui regno si delineò, con forza, la figura del papa-re, che impersonava un misto di genio e sregolatezza pagano-cristiano e che -secondo il Rendina- “in un frenetico spirito missionario, pensò di superare la crociata e convertire addirittura i Turchi” e, scavalcando l’imperatore, arrivò perfino a promettere a Maometto II la corona imperiale. (2004)


27  -   Il 27 Novembre 1447, alla presenza degli Anziani, venne stipulato un contratto di appalto per opere murarie da eseguirsi nel Castello di Sambucetole da parte di Mastro Stefano “de lucano” lombardo, cui intervennero, in rappresentanza del Comune di Amelia, Francesco di Ser Arcangelo, Stefanuccio di Giacomo e Giacomo Pei, cittadini a ciò eletti -assente soltanto l’altro loro socio Matteo di Giacomo-. Il contratto, cui si addivenne dopo i rituali bandimenti ed esperimenti d’asta, aveva per oggetto “fabricare de bona fabrica et bono muritio omnes muros et circuitum fabricando in dicto castro” l’edifcazione, secondo le buone norme dell’arte muraria, di tutte le mura di cinta del Castello, dell’altezza e spessore convenuto con i detti rappresentanti della Comunità, con opera e materiali necessari al compimento di detto lavoro a totale carico e spese dell’appaltatore Mastro Stefano, con facoltà, peraltro in quest’ultimo, di “accipere et operarj omnes et singulos lapides existentes extra dictum castrum et eius fossos et omnes et singulos lapides qui ceciderant de muris dicti Castri” servirsi e porre in opera tutte le pietre che si trovassero fuori del Castello e suoi fossati e di quelle cadute dai muri all’interno di esso, con facoltà, altresì, di “facere fornachiam ubicumque ei comodius videbitur et sic incidere flascam (sic) et alia ligna necessaria” fare una fornace per la calce dove sembrerà a lui di maggiore convenienza e tagliare impunemente il frascame e la legna necessaria alla detta bisogna. Mastro Stefano si obbligò, inoltre, a provvedere al riattamento della porta del Castello a sue spese, salvo, da parte del Comune, la fornitura delle pietre che fossero necessarie al suo completamento. L’opera doveva venir compiuta entro un anno dalla data del contratto e doveva comprendere l’apposizione, lungo le mura, di tanti torrioni quanti ne fossero parsi opportuni da parte dei rappresentati della Comunità. Il corrispettivo dell’opera era stabilito “pro pretio et nomine pretij sectem florenorum auri pro qualibet perticha muri” in ragione di sette fiorini d’oro per ogni pertica di muro. La penale per eventuale inadempienza era fissata in 50 fiorini. (2009)


27  -  Un matrimonio in piena regola risulta celebrato il 27 Novembre 1407 dal Notaio Francesco Celluzzi di Amelia, nella casa degli eredi di Martino Petruccioli, sita in Contrada Colle ed alla presenza dei testimoni Bartolomeo Angiulelli Petruccioli, Ser Coluccio Buzzi e Giovanni di Cola Manni di Amelia, fra Donna Mattea figlia del fu Giliuccio Barti di Amelia ed Aurelio di Domenico, pure di Amelia. Il Notaio rivolge prima alla donna la domanda di rito “si volebat per legitimum maritum” Aurelio “secundum ritum Sancte Matris Ecclesie” ed alla risposta della stessa “quod sic si deo placebit” sì, se piacerà a Dio, rivolge la stessa domanda allo sposo, che risponde con la stessa formula di accettazione. Il Notaio, quindi, prosegue la celebrazione dicendo: “Et sic matrimonium per verba de presenti per impositionem anuli in anulari digito manus dextre” E così, il matrimonio, per dichiarazione dei presenti e con l’inserimento dell’anello sull’anulare della mano destra, “contractum extitit inter ipsos” risultò contratto fra di essi.

E’ evidente che il Notaio Celluzzi era anche prete. (2014)


27  -  Il 27 Novembre 1543 si sta costruendo il Monastero di S. Monica e, “super fundatione et fabrica” dello stesso, sono eletti dal Comune di Amelia Vincenzo Crisolini, un Boccarini, Simon Pietro Farrattini ed Angelo Corrado. (2014)


28 - Dal periodico AMERIA del 28 Novembre 1897, in un articoletto titolato "L'Uomo Fakiro", si dava la seguente notizia:

"La sera del 25 corrente, l'artista Elio Nob. Procaccini dette nella sala del palazzo comunale un variato trattenimento di fakirismo e illusionismo, riscuotendo continui e meritati applausi per l'inarrivabile e sorprendente esecuzione dei vari esperimenti.

“Questa sera darà una seconda ed ultima rappresentazione con esperimenti del tutto nuovi.

“Un concertino, composto di alcuni musicanti che geltilmente si prestano, rallegrerà il divertimento".

Agli Amerini di oggi, adusi a vedere ben altri esperimenti d'illusionismo provenienti dal palazzo comunale, un simile spettacolo non avrebbe probabilmente fatto l'impressione che fece oltre un secolo fa. (2006)


28 - Il 28 Novembre 1410, per mandato degli Anziani, venne convocata la cerna, nella quale Tommaso Leonardi espose che Bartolomeo vescovo di Cremona, Conte e Riformatore, nominato in tale carica da Giovanni XXIII (antipapa) nel decorso mese di Giugno, trovandosi (piuttosto bene) ad Amelia, presso i frati di S. Francesco, "dixerit et mandaverit quod per commune Amelie provideatur de vita sua" fece sapere che, da parte del Comune di Amelia, si provvedesse al suo mantenimento; in conclusione, a mezzo dell'Abate Melchiorre, fece conoscere che egli "velle a comunitate Amelie quinquaginta florenos auri mense quolibet ad minus pro sua provisione" chiese che, quale sua spettanza, la comunità gli corrispondesse almeno 50 fiorini d'oro al mese.

Ser Francesco Celluzi propose "quod supplicetur prelibato domino Bartholomeo quatenus dignetur esse contentus ad quantitatem XXX florenorum auri mense quolibet, considerata impoxibilitate huius comunitatis" che, in considerazione delle difficoltà finanziarie della comunità, il Riformatore Bartolomeo si degnasse di contentarsi di 30 fiorini al mese.

Altro membro della cerna arrivò a concedere al Riformatore 40 fiorini al mese.

In conclusione, si propose che "domini Antiani vadant ad prelibatum dominum Bartholomeum et eidem humiliter et devote supplicent quatenus dignetur velle ab ista comunitate Amelie xxx flor. auri mense quolibet, si huic quantitati non esse contentus quod dignetur  et contentus esse ad xl. flor." gli Anziani andassero da Bartolomeo e lo supplicassero umilmente di accontentarsi di 30 fiorini o, al massimo, di 40. Se poi non fosse possibile ottenere alcuna riduzione, "quod adimpleatur voluntas eius iuxta petita per eum et quod nunc dentur eidem d.no Bartholomeo centum flor. de gabella generale pro sua provisione duorum mensium" si facesse la sua volontà e gli si dessero 100 fiorini per i primi due mesi (dicembre e gennaio), da ricavarsi dalla vendita della gabella generale.

"Qui domini Antiani statim post predicta sine intervallo temporis iverunt et accesserunt ad prefatum Bartholomeum". Senza por tempo in mezzo, gli Anziani se ne andarono in corpo e deputazione da Bartolomeo e gli esposero quanto deliberato dalla cerna, dicendo: "primo, quatenus dignetur, considerata paupertate et maxima indigentia dicte comunitatis Amelie" in primo luogo che, considerata la povertà e la massima indigenza in cui trovavasi la comunità di Amelia, "esse contentus ad xxx fl. auri", si contentasse di 30 fiorini. Bartolomeo non accettò una cifra inferiore ai 50 fiorini mensili. Chiese, pertanto, che gli si dessero 100 fiorini (per due mesi), da ricavare dalla vendita della gabella generale.

Il giorno successivo, il Reverendo “Riformatore” Bartolomeo concesse agli Anziani... l'autorizzazione a vendere la gabella generale, per essere pagato di quanto richiesto. E così sia! (2007)


28 - Il 28 Novembre 1330, presenti i consigli generale e speciale, gli Anziani ed i rettori delle arti, convocati “ad sonum campane et vocem preconis” a suon di campana e voce di nunzio, su mandato “magnifici viri Francisci domini Boninsegne de Bictonio” di Francesco di Boninsegna da Bettona, podestà della Città, si discute “quid placeat providere super licteris missis dicto communi pro parte communis et hominum de Montecampano” cosa si voglia deliberare per provvedere circa lettere inviate al comune da parte della comunità e degli uomini di Montecampano, “quibus continetur quod certi homines de Narnea nuper equitaverunt et de territorio eorum et castri Gructoli acceperunt quosdam boves ipsorum et secum duxerunt  contra debitum rationis”, nelle quali lettere si dice che, recentemente, degli uomini di Narni fecero cavalcata nel loro territorio, catturando nel Castello di Grottole alcuni loro buoi, che portarono via con sé, contro ogni diritto e ragione.

Si propone di inviare a Narni alcuni ambasciatori per recuperare le bestie sottratte, intimando, nel contempo, agli uomini di detta città, di desistere da ogni azione di danneggiamento verso gli Amerini; in caso contrario, sarà in arbitrio del podestà, degli Anziani e di quanti altri ne avranno potere, di agire come giudicheranno esser più utile alla difesa dell’interesse comune.

Nella stessa tornata, si delibera di fissare ai molendinari (“tappetarij”) di ricevere 16 denari “pro quolibet tinello olivarum” per ogni tinello di olive, “et non ultra” e non di più. (2008)


28  -   Dal periodico AMERIA del 28 Novembre 1897 si riporta la notizia sotto il titolo: “Una gradita visita”:

“Il giorno 14 corrente la fanfara di Fornole, vicina frazione di questo Comune, venne a passare un giorno fra noi. Un modesto banchetto, a cui si unirono anche vari nostri musicanti, fu apparecchiato con vera precisione nella trattoria Vincentini, ove i commensali passarono ore nella più schietta cordialità e nella massima allegria.

“Con pensiero nobile e gentile venne raccolta fra gli intervenuti la somma di L. 6, versate dal Vincentini al Comitato per il ricordo marmoreo ad Alarico Silvestri.” (2009)


28  -  Nel consiglio decemvirale del 28 Novembre 1528 si dibatte circa alcuni argomenti di natura assai diversa. Uno riguarda l’opportunità di alcuni provvedimenti adottati dalla curia del Podestà, che ha concesso diritti di rappresaglia, in Amelia, “pro interesse externorum” nell’interesse di alcuni forestieri, “quod in dedecus et damnum civitatis cadit” il che si ripercuote a disonore e danno della Città. Si propone che gli Anziani chiamino dinanzi a sé sia il Podestà che la sua curia “et bonis verbis rogent eos quod prefatas represalias modo aliquo exequtionj haud mandent et deinde inhibeant, enarrando hanc esse mentem communitatis” e con appropriate parole chiedano loro di non dare esecuzione alla dette rappresaglie e, quindi, vietino la loro concessione, facendo presente che questa è l’opinione della Comunità, perché ciò tornerebbe a grande vergogna e pregiudizio per la Città di Amelia.

Altro argomento trattato: “cum hiems jam sit et due salmae lignorum  pro die quolibet Palatio Antianalj ... non sufficiunt pro igne palatio congruo” è arrivato l’inverno e due salme di legna al giorno non sono sufficienti per un congruo riscaldamento del Palazzo amzianale. “Providendum est cum comitatinis” occorre provvedere, accordandosi con gli abitanti del contado, sui quali -a quanto sembra- incombeva, in quel periodo, l’obbligo della fornitura. Si decide “quod non solum due, sed tres et quatuor si opus erit dentur per comitatinos salme lignorum Antianali palatio” che non solo due, ma anche tre e quattro salme di legna, se sarà necessario, vengano fornite al Palazzo “et nequaquam toleretur quod ignis solitus palatij deficiat” e non sia giammai tollerato che il fuoco necessario venga mai a mancare al Palazzo: si vede che gli Anziani erano tipi piuttosto freddolosi!. (2011)


28  -  Giovanni Geraldini, Vescovo di Catanzaro, nominato esecutore testamentario del fratello Angelo, Vescovo di Suessa, poiché quest’ultimo aveva, fra l’altro, lasciato un oliveto per rifornire d’olio la lampada dell’altare maggiore di S. Fermina, essendo state sedate le controversie tempo prima sorte fra i Geraldini ed il Capitolo, il 28 Novembre 1486, d’accordo con quest’ultimo, invece dell’uliveto, acquista un piviale del valore di quaranta ducati. E per l’olio si provvederà altrimenti. (2014)


29 - Il 29 Novembre 1403 i solerti amministratori di Amelia "volentes quod diligenti cura circa ea que concernunt statum comodum et utilitatem dicte Civitatis diligenter intendere", nel lodevole intendimento di rivolgere la più diligente attenzione verso quelle cose che concernono il benessere e l'utilità della Città, "omni modo via jure et forma quibus melius potuerint ex omni arbitrio auctoritate et baylia et forma quorumcumque statutorum et ordinamentorum dicte Civitatis ipsius comitatus" cioè, in parole povere, nel modo migliore possibile e con l'ausilio e l'autorità derivante ad essi dagli statuti ed ordinamenti cittadini "ac etiam respicientes solerti diligentia utilitatem Civium ipsius Civitatis" ed avendo presente con solerte diligenza l'utilità dei Cittadini, "eligerunt et deputaverunt in magistrum  gramatice et ad legendum ipsam gramaticam et auctores in dicta Civitate Amelie pro tempore sex mensium proximi futuri incipiendo in xpi nomine in kal. mensis decembris proximi futuri et feliciter finiendo" elessero e nominarono maestro di grammatica ed insegnante della stessa e degli autori (latini) in Amelia, per i sei mesi prossimi, ad iniziare -nel nome di Cristo- dal 1° Dicembre incipiente e fino a felice conclusione, il Maestro Paolo Salvati di Amelia, "cum salario et emolumento in tabula dicti communis ordinato et apposito", con il corrispettivo deliberato e previsto nel bilancio comunale.

Ma non era altrettanto chiaro se si fosse detto -sic et simpliciter- che al Maestro Salvati si prorogava l'insegnamento per altri sei mesi? Ma la forma vuole pure la sua parte! (2007)


29  -   Il 29 Novembre 1473 nel consiglio decemvirale vengono lette alcune suppliche.

La prima è presentata “per parte del vostro devotissimo servitore Ser Anthonio  del Mancino de Atigliano dicente che tucto el tempo dela sua vita sia praticato in Amelia et suo destricto salvo et securo senza alcuna sospitione et circa uno anno li sia dicto che luj ha qui uno processo facto iam (già da) anni vinticinque et venendo poteria havere mancamento (cioè sarebbe potuto venir arrestato). Et pertanto domanda de gratia spciale advegna dio (sebbene) la sua domanda sia iusta, doverse cassare et annullare lo decto processo perché lui non se trovò maj in nulla violentia della Magnifica comunità de Amelia et in quello tempo era in lombardia, como legiera cosa (facile) serria ad provarlo. Et perché qualche spesa la comunità porria fare, offerisce per recognoscere la gratia pagare la spesa che usa fare la M. V. Comunità la vigilia de Natale, secondo parerà ali presenti Magnifici Signuri Antiani, aliquali con fede sempre se recommanda”.

Altra supplica è quella presentata da “Gratiano de Ser Alexandro de la decta ciptà dicente che concio sia cosa luj sia stato condennato per certo delicto come se dice per luj commesso nel tempo de Carlo da Cesi ià potestà de Amelia per ipso et per la sua corte, in libre cinquanta de denarj più et meno como nelo decto processo se contene al quale se referisce, Et indebitamente sia proceduto contra de luj per la corte del decto potestà nel delicto del quale como noto non se dechiara (colpevole) perché lui è muto et surdo et ipso né altri per ipso non lu ha defeso che manifestamente uno muto non po iudicarse ala inquisitione. Et per la decta cascione sia stato preso et incarcerato et benché prima fugisse fo represo et mo dimora imprescione unde ha bona castigatione del suo errore, pertanto homelemente recorre ad quelle (Magnifiche Signorie) reccomandandose che per intuitu de pietà et misericordia se digneno ordinare et ad ipso de omne pena fosse incurso sino al presente se facia liberale gratia et che quantuncha per decte rascionj parà iusto, lo riceverà da le V.re Signurie Magnifice in dono et gratia singularissima”.

Nel maggior consiglio del dì seguente, si decide di concedere ad Antonio del Mancino franchigia per sei mesi, prorogabile di altri sei mesi e, nel frattempo, s’indaghi in modo più approfondito se assolverlo o condannarlo.

Per quanto riguarda Graziano, “habeat gratiam a consilio”: gli sia rimessa ogni pena. (2009)


29  -  Nel consiglio dei X del 29 Novembre 1500 viene esaminata la supplica presentata “per parte dela sventurata et povera vedova Donna Morbida, mogliera ià de Ciochio de Stinchi de Amelia, che essendo lei remasta vedova con quattro figlole femine adulte hora may da maritare et uno figlolo maschio piccolo, senza alcuna facultà de possere vivere, se non quanto lei con le dicte sue povere figlole se exercetano con le loro braccia per vadagnare qualche pocho de pane. Et quando fosse constrecta ad pagare le date et altre graveze che se impongono per questa Magnifica Communità, bisognarà che andasse mendicando per lu mondo, inseme con le dicte figlole. Recorre aduncha et supplica benevolemente ale V. M. S. et al Magnifico Conseglo generale che se digneno haverle misericordia et compassione et farle gratia de tucte date incorse et imposte fino al presente et de quelle (che) se imporrando per questa Magnifica Communità per dece anni proximi da venire et piò et meno, secundo parerà et piacerà ad dicto Magnifico Consiglo generale. Et ciò demanda de gratia per elimosina et per lo Amore de dio, da le V. M. S. le quale dio conserve in prospero et felice statu”.

Il maggior consiglio del dì seguente concede alla povera Donna Morbida quanto richiesto. (2010)


29  -  Nel consiglio decemvirale del 29 Novembre 1467 si dibatte circa alcune questioni, fra le quali si riportano le seguenti. 

Da parte di molti cittadini si è fatto presente agli Anziani che “bonum et utilem esse pro honore et utilitate communis Amerie hedificare sive construere certas apothecas supra scarpam muri platee sante Marie jn porta, et positum sive locum dicti muri vendere pro communi prefato plus offerenti pro construendo apotechas predictas” torni ad ornamento ed utilità della comunità edificare alcune botteghe al di sopra del muro della Piazza di S. Maria di Porta, di proprietà comunale, ponendo i luoghi su cui effettuare dette costruzioni all’asta pubblica ed assegnandoli al maggiore offerente. Il consiglio generale tenutosi il giorno seguente decide che le costruzioni avvengano alla condizione che tutti coloro che intendessero costruire dette botteghe “possit et valeat ipsas hedificare et construere cum voltis” debbano costruirle con soffitto a volta “et super ipsas apothecas facere unam logiam copertam cum scalis ad ipsam intrando pro comodo et usu civium ibi stare volentium” e sopra le stesse edificare una loggia coperta, con delle scale di accesso per consentire ai cittadini che volessero entrarvi, di sostarvi a loro beneplacito. Per dare, poi, all’intero complesso uniformità di stile ed armonia, si delibera ed ordina “oportere omnes insimul et in unum construantur et fient, ad hoc ut non remaneat aliqua pars ipsarum inperfecta et non finita” che i lavori siano effettuati contemporaneamente, per evitare che una sua qualche parte possa restare non compiuta e turbare in tal modo l’equilibrio dell’insieme. E’ un bell’esempio di corretta gestione dell’urbanistica cittadina, che molto avrebbe da insegnare anche alle amministrazioni dei giorni nostri.

Altra questione affrontata dal detto consiglio riguarda un provvedimento di polizia: “Marius petri Berardutij de porchiano fuerit inventus per militem presentis potestatis portare arma vetita et prefatus potestas intendat et vult quod ipse Marius solvat unum ducatum de auro” Mario di Pietro Berarducci di Porchiano fu trovato da un milite del podestà in carica in possesso di un’arma vietata e lo stesso podestà vuole che detto Mario paghi un ducato d’oro, secondo le norme emanate dal Governatore; ma, poiché si presume che l’imputato “non malitiose portasse dicta arma, set (sic) potius oblivionis” non recasse detta arma con cattive intenzioni, ma piuttosto per mera dimenticanza del divieto, “cum sit et reputatur bonus et honestus homo” avendo fama di uomo mite ed onesto, il consiglio generale delibera che, “atenta (sic) puritate et bonitate dicti Marij qui certe non malitiose exportaverit dicta arma inventa per Militem potestatis” in considerazione, appunto, dell’onestà e rettitudine di detto Mario, che certamente senza fini illeciti era stato sorpreso dal milite del podestà in possesso dell’arma, “quod soluta parte potestatis sibi tagnente, recipiat gratiam de residuo pene” che paghi soltanto la parte della pena spettate al podestà e, per il residuo, gli si faccia grazia.

Altro argomento trattato riguarda una supplica presentata “per parte del vostro fidelissimo servitore petro de veraldoccio, del vostro Castello de porchiano”, il quale “expone che con ciosia cosa che neltempo delapotestaria de lodovico da Cappo da mantua (podestà nel 1465) fosse condampnato in libre cento de denari et se non pagava in x dì (entro 10 giorni) pagasse el duppio et questo fo perché fo inducto jn testimonio per parte delacorte de ipso potestà per uno mallefitio quale se diciva essere commisso per uno manni da porchiano jn persona de Johanna de Jovannolo da porchiano, el quale petro supplicante una (insieme) collaltri testimonij jurò et testificò non saperne niente, como nellacti della corte de ipso potestà appare per le mano de ser Johanmartino offitiale de mallefitij de ipso potestà et così jurato et hauta licentia insemi collaltri testimonij dati se partì et andò a monte fiascone ... Et de poi per la corte del prefato potestà fo proceduto contra ipso supplicante et condampnollo in contumatia nela dicta quantità per speriuro et falsario ... perché deciva (sic) non havere jurato elvero et ipso manni principale (imputato) assolvecte per innocente. Onde M.ci S. potete bene comprehendere alu decto petro esserli facto torto che se Mannj fo absoluto per non colpevole ipso petro non poteva jurare el falso, che non poteva sapere quello che non era. Et perché se dice ove cade ellaseno, lì remane ... onde se prega le S. V. per parte de ipso suplicante livoglia piacere lisse casse et anulle la dicta sua condampdampnasione (sic) et lui se offerisce pagare duj ducati con uno pocho de termene lisse faccia; altramente li serà necessario contra sua voglia et natura lassare porchiano perché è si povero che non porria mai pagare né tucta né meza dela dicta pena. Et pertanto ve dignate volerlo per vostro servitore como laltri vostri  da porchiano et questo demanda degratia dale V. M. S.  lequali dio conserve jnfelicissimo stato”. Si decide che Pietro paghi la quarta parte della pena, cioè 25 libre di denari, “quas vigintiquinque libras solvere teneatur tempore  presentis offitij Antianatus. Et de residuo dicte pene dictus petrus recipiat gratiam auctoritate presentis consilij” che dovrà pagare entro il periodo di durata dell’Anzianato in corso. Del residuo, gli si faccia grazia, per autorità dello stesso consiglio.

A 51 anni di distanza, il 29 Novembre 1528 viene data notizia che “R.dus d.nus Antonius Herculanj episcopus chariatensis” Vice-Legato di Perugia e dell’Umbria, ecc., “se contulit ex castro bassanj nuper a militibus ecclesiasticis occupato et sub dicta die in civitatem Amelie circa hora quarta noctis” dal Castello di Bassano occupato il detto giorno dall’esercito pontificio,si è portato  sotto la stessa data in Amelia, dov’è giunto a circa quattro ore di notte, è stato ospitato nel Palazzo Anzianale e onorevolmente e munificamente ricevuto (“honorifice receptus”) il giorno seguente. Si dà ulteriormente roboante annuncio che “Miles et phalanx ecclesiastica castramentata prope castri bassani murum et in illud irruens” il “glorioso” Milite (l’Ercolani) con l’esercito pontificio accampato contro le mura di Bassano, avevano fatto irruzione entro quest’ultimo, “illud expugnat rapinis, cedibus, stupris, captivitatibus, incendijs et ruinis subsebuentibus, clamoribus, suspirijs, luctis, varijsque alijs criminibus refertis” e lo avevano espugnato, compiendovi rapine, uccisioni, stupri, catture e incendi e con notizie di conseguenti rovine, strazi, sospiri, lutti e diversi altri crimini.

Forse Attila, ai suoi tempi, non avrebbe saputo mostrarsi altrettanto feroce quanto i “milites ecclesiastici”!  (2011)


29  -  Il 29 Novembre 1493, a S. Angelo della Valle, “flexis genibus et manibus junctis” in ginocchio ed a mani giunte, davanti a Frate Pietro Spagnuolo, della Congregazione francescana di prete Angelo di Clarino, Congregazione stanziata a S. Maria dell’Annunziata di Michignano, commissario di Fra Gabriele da Venezia, Vicario Generale di quella Congregazione, si presenta l’eremita amerino fra Silvestro di Tomaso di Gian Simone, il quale, volendo assicurarsi il paradiso, “actentis bonis operibus et laudabilibus moris” in considerazione delle buone opere e dei lodevoli costumi dei frati dell’Annunziata, offre e dona alla suddetta Congregaazione “Clarena” e, per essa, a Frate Pietro, la sua persona ed ogni suo avere, alla condizione che i Frati lo provvedano di vitto e vesti, assegnandogli una comoda cella per dimorarvi e per consumarvi i pasti da solo, senza venirne rimosso contro sua volontà ed essendo libero di portarsi altrove senza richiederne il permesso; inoltre, che gli sia consentito di trattenere quaranta ducati d’oro di quelli ricavati dalla vendita della sua casa e che le somme che gli amministratori del convento realizzeranno dall’alienazione dei suoi beni vengano impiegate “tantummodo” solamente nella costruzione dei dormitori dello stesso convento, il che avviene il 20 Ottobre 1496, quando la costruzione viene affidata a Mastro Martino Lombando, per il corrispettivo di ventisei carlini papali per ogni pertica di muro, che avrà lo spessore di un piede e mezzo.

Fra Silvestro, in attesa del paradiso in cielo, vorrebbe trovare un posto accogliente anche in terra! (2014)


29  -  Negli atti del notaio Bernardino de’ Acetellis viene data notizia  che “Guidottus proditor cum Alexandro suspensi et trucidati in quartis in vigilia S.ti Andree de mense novembris 1527” il traditore Guidotto ed Alessandro sono stati giustiziati mediante impiccagione e poi squartati il 29 Novembre 1527. Trattasi certamente di un certo Guidotto da Perugia ed Alessandro da Mandoleto, detenuti nelle carceri amerine, di cui venne decisa l’esecuzione nella seduta consiliare del 27 dello stesso mese (v. Almanacco del 1999). (2014)


30 - Il 30 Novembre 1934 cessò di vivere, in Amelia, nella sua abitazione di Via del Crocefisso n.10, all'età di 85 anni, Giacomo Biribanti, noto al pubblico amerino con il nomignolo di "Lollo" o "Lolletto".

Questo singolare personaggio rappresentò, per molti decenni, una figura particolarmente pittoresca nell'ambito dei cacciatori professionisti della zona ed anche l'aspetto fisico contribuì notevolmete alla sua notorietà: basso di statura, per lo più in tenuta da cacciatore, con calzoni di pelle di capra, teneva abitualmente in capo un berretto di pelliccia di tasso, con la coda pendula sulle spalle, alla maniera di Davy Crockett ed usava un linguaggio vernacolare così puro ed incontaminato, con espressioni tanto vivaci ed argute, da costituire un autentico "tipo caratteristico".

La sua fama di cacciatore ai colombi selvatici, che esercitava da un palco eretto nella zona boschiva sita a nord-est di Amelia, fra Macchie e Frattuccia, denominata Campi Osi, lo aveva portato ad essere richiesto anche fuori dell'Umbria.

La Ditta di Antonio Girotti che, all'epoca, vendeva, fra l'altro, articoli di caccia, chiamò addirittura un tipo di polvere da sparo "Polvere da caccia tipo Lolletto", con la sua effigie, riprodotta sulla scatola di latta, che lo ritrae in piedi, mentre sta caricando il suo lungo fucile ad avancarica, a bacchetta.

Ma certamente la figura ed il nome di questo prototipo di cacciatore sarebbe stata prima o poi dimenticata nel corso degli anni, se non fosse stata immortalata dal Signor Augusto Attili, arguto ed apprezzato poeta vernacolare, che conobbe personalmente il Biribanti e ne seppe cogliere le espressioni più tipiche e pittoresche.

"La Canzona de Lollo", uscita, appunto, dalla penna del Sig. Attili e che viene qui riproposta, è scritta anch'essa nel più puro vernacolo amerino, che sta ormai perdendosi definitivamente, vivendo più soltanto nel ricordo di pochi cultori di antiche memorie.

LA CANZONA DE LOLLO

"A Lollo!"."O 'gnora, che m'éte da dicia?

ecché? el palummi? None, nun ce l'aio.

So 'nnuto Amelia pe' famme 'na camicia,

sacc'ìo si da Griomede (1) la troaraio.

M'oli vinì a troane a Campi Osi?

Sciji 'na jornatella meno male,

pji 'orde Montepijo, a Macchie e Rosi,

el buco, el Sor Filippo e là do'ale.

De che? te spierdi? No, nun te lo crea!

la stràe la sai, comme te poi sbajane?

Veni donca dima' e porta 'm pù 'l bea".

(Sul posto di caccia)

"Bon jorno, aggià quassune?

Lo vi' si m'ai troato?

Te sì scionnato presto

e ài pure sgammettato!

Si vòi, t'appiccio 'l foco:

fa be' 'na sciombratella!

'ntratanto metto el trufi

drento la sacchettella;

pu' stegno el lume e jemo.

El tempo simma' è umano,

si tira scilocchetto,

vearai si li crocchiamo!

Tu schiàffete attollàne,

Jò 'nfonno al cappannone,

ché pu', quanno sì stracco,

te mitti corgo jone.

Io mo' dajo 'na 'ntenta

pe' fatte vea 'l zimmello:

èstolo là denanzi,

su 'n cima al cerro bello.

Ce n'ajo più due suli:

uno me morse 'sera,

mustra lo colze 'n golbo;

peccato, pora fera!

Zitto! eccone 'n certi:

vengono alati alati!

mo' co' du' rugolate

te li vearai posati.

El signi li cunusci:

sta' 'ccorto, nu' sbajane,

ché mo' 'na scoppionata

de certo che se fane!".

(Segnali e tiro)

"L'ài 'uto? sine? brao!

Semo iti bene 'dero!

Un andro va a cascane

là 'merso 'l campo e 'l pero:

peghè mannallo prèce?

Jémolo a retroàne,

sinnò quarghe golbaccia

ne se lo và a magnane;

scàppace 'n pu' lane,

scarufa li streppuni:

l'aretroj, pegh'è 'nnuto

jò propio vordeguni!

Un'andra svagatella

là 'n merso 'l Patrignone:

ce fao? Macché, pe' gnente,

vao menzo de frulluni;

agguàstali, stao aldi!

pàrgano muscigliuni!

Porca d'una sconobbia!

lo spago s'è 'ncaniato!

aguarda 'n pu' 'l zimmello,

ne s'è scapocerrato!

Me tocca scegna jone,

accanca 'n pu' su tune!

si stà 'llusì 'l zimmello,

voji nu' sparamo piune!

Pu' me s'è fatta fame,

ma ci ò poco da sceje:

ho messo su du' fae

che so' pure scruèje.

Areccosse du' oa

malappena fedate;

mustra le cosse sòrema,

nu' l'àjo aretroate.

Mò co' 'sto pezz' 'e pane

ròseco 'n tozzettello,

allusì come 'n cane:

che ci 'oli fà carello?!

Pune arerranco sune

e tu pòi 'rescegna jone,

peghé questa è l'oretta

de vea 'che ramajone.

Accìcciate co' l'antri

dal cerro del troscione:

è un posatoro brào,

lo pijano benone!"

(Fischi di avviso:

Fo...fo...fo...

Fofofo.... fooooo!)

(Tiro: Bubù..bu!bu!bu!)

"Mannaggia la biastima!

Che ve séte fregato?

Ma séte fracio propio!

Nun éte 'ncò 'mparato?

Comme? nun éte 'nteso

mammanco 'l fischiettone?

Ce  n'émio 'na posata,

sirào stati 'n mijone!

e manc'uno n'è 'nnuto!

Ma brai!!!

Che cacciaturi summi!!!

Jete a parà le crape,

e  nnò a 'mmazzà 'l palummi!

Basta, mo' è fatta;

che me ce arrabbio a ffane?

Attente pe' n'andr'orde,

nun vojo smadonnàne!

Voji sirà, ma vedo

che nun c'è da fa' più quèlle:

mammanco s'areggìrano

quelli delle pajelle.

Quanti n'émo areccossi?

Undici? Ebbè so' 'na dozzina,

e n'è ita assai mejo

de mercuddì a mmatina.

Tirebbe nove bòtte

co' certa porve fracia,

'n pu' lo stioppo sporco:

c'éa fatta jò la racia...

e n'areccosse uno!!!

M'ammazzòro un zimmello,

me rubbòro le lime

e m'agguastài sù ritto!

Uh, fijo, le biastime!!!

Te n'òli jì? Arevecce!

Pìjate du' bioccuni

e magnatélli a casa,

'nzème col maccaruni!

L'andri li dò al patrone,

che m'à detto penzasse

a mannalli al cirùsico (2)

e all'argento 'le tasse" (3)


(1) Cleomene Colonna aveva un negozio di tessuti circa a metà Borgo (oggi Via della Repubblica n.49)

(2) Medico

(3) Agente delle imposte 

(1996)


30 - Nel Consiglio generale del 30 Novembre 1461, per provvedere adeguatamente a difendere la cittadinanza di Amelia contro gli attacchi dei Chiaravallesi e porre gli stessi in condizioni di non più nuocere, si propone che gli Anziani eleggano due cittadini per ogni contrada -da quella di Borgo 4 o 5- ai quali venga concessa facoltà di scegliere dei provveditori "super guerra", con ogni potere di eseguire quanto necessario ed opportuno per ben condurre le ostilità. Agli stessi viene conferito ogni potere, affinché, a mezzo del Podestà, vengano puniti coloro che non ubbidiranno ai loro ordini con una pena pecuniaria che, se, a loro giudizio, dovesse eccedere dieci ducati, comprenderà anche la facoltà di carcerare e "poni facere ad torturam et torquere cum tractibus funium", cioè di applicare la tortura dei tratti di corda.

Mala tempora currebant! (2004)


30 - Il 30 Novembre 1428 nelle riformanze risulta annotato da parte di Luca Petruccioli, Cancelliere del Comune di Amelia, che il "publicus preco Nofrius", il banditore Onofrio gli riferì "qualiter ex commissione sibi facta per dominos Antianos populi dicte Civitatis", che su commissione degli Anziani, "ad petitionem Magistri Angeli hebrey", a richiesta di Maestro Angelo ebreo, "duobus vicibus et divisis diebus" per due volte ed in giorni diversi, nei soliti luoghi deputati ai pubblici bandimenti, "alta voce sono tube premisso" a voce alta, preceduto da squilli di tromba, "bannivit et preconizavit quod quicumque habeat aliquod pignus apud dominum Magistrum Angelum debeat recoligisse" fece bandimento che chiunque avesse dato in pegno alcunché al detto ebreo Angelo, fosse tenuto a ritirarlo (naturalmente previo pagamento di quanto dovuto) "per totum mensem decembris proximi venturi" entro il venturo mese di dicembre, altrimenti, "a dicto termino in antea", scaduto detto termine, Maestro Angelo, "qui est de dicta Civitate discessurus", che prossimamente lascerà la Città, "non vult ad restitutionem teneri" non vuol essere più tenuto alla restituzione del pegno, che verrà da lui incamerato.

Purtroppo, partito un usuraio, ne verranno altri e, per gli Amerini, finché nel 1470 non verrà istituito il Monte di Pietà, il ricorso agli usurai ebrei andrà ad aggiungersi alle quotidiane ambasce nella ricerca del modo meno doloroso per sbarcare il lunario. (2005)


30 - Durante la pestilenza che afflisse la Città di Amelia nell'estate del 1478, i Lugnanesi si resero colpevoli verso gli Amerini "insolentijs factis" di azioni riprovevoli, non meglio precisate. Ci si domanda cosa fare "ita quod post hac non glorientur de malis actionibus erga amerinos" per non dar modo ai Lugnanesi, una volta cessato il contagio, di gloriarsi delle loro male azioni. Nel maggior consiglio del 30 Novembre di quell'anno Ludovico Boccarini propone che, "durante decennio, nullus de Lugnano, maris vel femina, possit intrare civitatem" per la durata di dieci anni, nessun lugnanese -maschio o femmina- possa entrare in Città "excepto Marcantonio Francisci et Profilio Bacarotij" ad eccezione di Marcantonio di Francesco e di Profilio Bacarozzi (che, evidentemente, non si erano macchiati di colpe verso gli Amerini), "sub pena duorum ducatorum" sotto pena del pagamento di due ducati per ogni violazione del divieto "et quod nullus det eis aut alicui ipsorum lanam ad filandum" ed, inoltre, che nessun amerino dia a qualche lugnanese lana da filare, sotto la stessa pena. Se qualche amerino avrà da riscuotere crediti da un lugnanese, potrà liberamente accedervi e, se non avrà ottenuto soddisfazione, che "ex nunc represalie habeantur pro concessis contra eos eorumque res et bona" gli sia riconosciuto immediatamente il diritto di rappresaglia contro i Lugnanesi ed i loro beni, eccezion fatta dei Lugnanesi abitanti in Amelia. Infine, "non possit accipi aliquis de Lugnano ad servitia amerinorum" nessun lugnanese potrà essere assunto a servizio degli Amerini.

La proposta del Boccarini viene approvata con due soli voti contrari.

Ma che diamine di colpa avranno mai commesso i Lugnanesi?

Nel medesimo consiglio si esaminano anche le suppliche presentate da Angeluzzo Giovanni Cessi e Manno Saracini, entrambi di Porchiano, condannati in contumacia dal podestà al pagamento, ciascuno, di 500 libre di denari, da pagarsi nel termine di 10 giorni, pena il taglio di una mano e, addirittura, in caso di cattura, "quod debeant decapitari" alla decapitazione! E ciò perché accusati "per vim carnaliter cognovissent personam Laurentij de Porchiano" di aver sodomizzato tal Lorenzo pure porchianese; inoltre, ai due sono stati contestati anche altri reati per percosse e ingiurie. Se la cavano con il pagamento di otto ducati ciascuno: probabilmente non tutte le accuse dovevano rispondere a verità. (2007)


30 - Il 30 Novembre 1792 vengono messi all’asta i boschetti di caccia ai tordi di proprietà comunale, per un periodo di nove anni.

Per i boschetti in località Casagline, Pasciarello, Ciuffa, Sarapolledra, Pietra Cavata, Monte Dònico, Scalcinati, Tavarnelle, Spicchio, Pozus Domini piccolo e Massanello non vi furono offerte.

Per il boschetto in località Scardaffa, Giuseppe Nacci offrì uno scudo l’anno e Giovanni Masiani se lo aggiudicò, offrendo uno scudo e 50 bajocchi.

Il boschetto in località Ciavattino fu aggiudicato a Giovanni Mariani, per 10 bajocchi l’anno.

Anche il boschetto in località Mure de’ Luchiano venne aggiudicato allo stesso Mariani, per 15 bajocchi l’anno.

Il boschetto in località Monte Ciminaccio venne aggiudicato a Nicola Pugnaletti, per 20 bajocchi l’anno.

Il boschetto in località Pojo Petricco venne aggiudicato a Giuseppe Crudeli, che offrì 10 bajocchi l’anno.

Lo stesso giorno, vennero posti all’asta anche alcuni posti di caccia alle palombe, che diede i seguenti risultati:

Il posto in località Cellarine non venne aggiudicato per mancanza di offerte.

Il posto in località Ficarella venne aggiudicato a Giuseppe Nacci, per 30 bajocchi l’anno.

Certamente anche alcuni “nembrotti” dei giorni nostri saranno in grado di riconoscere l’ubicazione e la valentìa di molti dei sopra citati posti di caccia.  (2008)


30  -   Il 30 Novembre 1493 nel consiglio decemvirale si legge la seguente supplica, presentata da Don Eugenio degli Uberti, per conto di alcune famiglie lombarde:

“Expongono et supplicano ale V. M. S. certi lomardi (lombardi) habitanti nela Marcha nel teritorio de Exij (Jesi) con le loro fameglie como loro hando (hanno) inteso che nel teritorio de Ameria sondo (sono) alcuni lochi inhabitati et inculti et voglono le predecte V. S. et hando (hanno) ordinato novamente siano habitati da qualche bone et pacifiche fameglie et voglono darce et donare una certa quantità de terreno per testa, se vedeno al presente essere detratiati (trattati) indebitamente da la communità de Exi (Jesi); la Scriptura dice sapientis est mutare prepositum (è del saggio il saper mutar d’avviso) et voleno actendere (vogliono credere) ubi bonum ibi patria (che dove è il bene, ivi sia la patria) et perché loro intendono essere cosa certa, hando (hanno) deliberato mandare questo presente latore ad vedere et intendere la cosa et handoli  (gli hanno) data piena liberta che lui possa determinare et capitulare (trattare) tanto per li altri quanto per lui et sondo (sono) tanto bene affiglolati (hnno tanto bei figlioli) tanto quando le V. M. S. vederando (vedranno) tanto belle creature sen vederando (si vedranno)  et trovarando multo contenti. Et io dompno Eugenio deli Uberti da pavia alias (una volta) al tempo de Mon.re R.mo de San Marcho ho offitiato in Sancto Marcho tre anni continui al tempo che lu vostro Episcopo era Mastro de casa (suo superiore) sì che sempre ho portato spetiale amore ale V. M. S. et ad quella communità. Faccio fede (i miei raccomandati) esser homini pacifichi humili suffitientissimi et io como vero sacerdote dico essere così et ultra al lavoro campestro hando (hanno) multe altre Arte digne: chi sa lavorare de legnamine, chi de bocte et chi de fornace da cantoni et da calcina et chi de carbone et de multe altre Arte al proposito  (secondo beneplacito) de V. M. S.  et secundo ne haverete de besogno ne informarete Johanni de busseto presente latore, perché questa communità de Exi ne ha levate multe fameglie de Lommardia et da poi che li hando facte belle le possessioni et hando reducti de buschi (dei boschi) in belli jardini li detratiano (maltrattano) tanto in molte et altre angarie per modo che non possono vivere et trovanose (si trovano) de mala voglia, perché hando perdute le persone al tempo dela peste et mo detractano (maltrattano) li vivi, sì che piò (più) presto se voglino levare da partito”. Prosegue esponendo: “Me pare che ... le V. M. S. hando ottenuto da la S.tà de N. S. che chi vole venire in quelle parti ad habitare possano vendere le loro possessioni se ben fossero ecclesiastiche, perché serrebe (sarebbe) grande peccato che li poveri homini perdessero le loro fatighe, le quale (per le quali) hando stentate tanto tempo: questo è vero che la justitia vole et la onestà, che prima se offeriscano ali loro ciptadini et se loro non le voglono  che le possano vendere ad chi le vole comparare: Et io dompno Eugenio per amore loro so contento de habandonare quisto loco (Jesi) et venire insemi con loro dummodo (purché) piaccia ale V. S. de dare lu modo et la via che io ce possa stare como sacerdote, perché lu sacerdote  è multo necessario al anima et al corpo et multe altre virtù che dio me ha concesse, laudare non me voglo perché è vituperio ad laudare se medesimo ... Quiste sondo (sono) una parte dele fameglie (segue un lungo elenco, nel quale figurano un Johanni de Bussecto, un Marcho e un Petrojohani Bonal, un Mastro Michele de Argenta, un Pellegrino Ronchone, un Bartolocto de Candia, molti aventi per cognome Bonainsegna, un Tomasso da Mantoa, con le relative mogli e numerosi figli e parenti vari.

Cristoforo Cansacchi, “ex Amerinis consularibus” -uno dei consiglieri- propone che, come già avvenuto per il Castello di Sambucetole, sia conveniente e decoroso per la Città di Amelia ricevere e concedere la propria ospitalità, assegnando “una mesalata terre” a ciascuna di una ventina di famiglie, con esenzione da ogni imposizione fiscale per 40 anni e che “concedatur eis ad habitandum castrum fernilli” venga loro concesso di abitare il Castello di Fernilli. La proposta viene approvata con 36 voti favorevoli e 9 contrari. 

Purtroppo, di questo antico Castello, non è restata, ai nostri giorni, memoria alcuna e, quindi, non se ne conosce l’ubicazione, nemmeno in modo approssimativo. (2009)


30  -  Nel consiglio decemvirale del 30 Novembre 1493 vengono, fra le altre, presentate alcune suppliche.

Una è quella di Giannello di Molione, amerino, il quale, dichiarando di vivere, con la sua famiglia, del solo frutto del proprio lavoro di commercio di pollame, nei dì passati, per una sola volta, si recò a Roma “cum ovis et pullis” contro il divieto esistente, forse per evitare contagio di epidemie e ciò aveva comportato, a suo carico, la condanna al pagamento di dieci ducati, qual somma “sine ipsius replicantis destructione ab eo auferri non posset” non sarebbe potuta venir tolta al supplicante senza sua completa rovina. Chiede, pertanto, che, “habito respectu ad ipsius paupertatem et quod non sine magna iactura potest a solito exercitio abstineri” avuto riguardo alla sua povertà e considerato che non potrebbe astenersi dal suo commercio senza sua grande rovina, gli sia restituita “mulam ablatam” la mula che gli era stata sequestrata ed abbonargli la pena pecuniaria applicatagli. Nel maggior consiglio del giorno successivo si delibera che “soluto uno ducato de residuo pene” dopo il pagamento di un solo ducato della pena, gli sia rimesso il residuo, alla sola condizione che “idonee fideiubat de non accedendo ad loca in quibus sit suspitio pestis” presti idonea garanzia di non andare mai più nei luoghi dove vi sia sospetto di contagio pestifero.

Altra supplica viene presentata da Pietropaolo di Mario Mogliera e da Antonio Mattei Paolelli “li quali dicono et expongono como ipsi sondo (sono) condempnati per la corte del presente potestà de Amelia in libre cinquicento cinquanta de denari piò et mino secondo in dicta condempnatione se contene per cascione se dice havere actentato volere sodomitare lu garzone de Berardino de Lonardo de Amelia secondo in epsa condenpnatione piò largamente se contene ala quale se referiscono et questo è stato in contumatia et non fo resposto ala citatione peche lu banno li fo comisso del foco” (forse loro notificato come una tassa sul focolare) e ciò impedì loro di presentarsi in giudizio “et facte loro defese et serriano stati assoluti; nientedemeno (tuttavia) recorrono ale V. M. S. che actento la cosa non essere stata vera (cioè non rispondendo l’accusa a verità) li voglano fare gratia et generale remissione de dicta pena”. Il maggior consiglio stabilisce che “facta pace cum parte offensa et solutis duobus ducatis” fatta la pace con l’offeso e pagati due ducati, il processo venga annullato ed il restante della pena venga scontato in opere da prestare nel restauro del Castello di Gruttoli “tempore quo restaurari contigerit” quando verrà deciso di porvi mano.

Un’ultima supplica viene presentata da Riccardo di Mario da Amelia, condannato a pagare la bella cifra di 1800 fiorini, per aver percosso Capodiferro, famiglio del podestà. Avendo avuto Riccardo buona pace con la parte offesa e poiché “nemo vivens sit qui non erret” nessun vivente è esente dal commettere errori, chiede che gli venga cassato il processo. Anche in questo caso, il maggior consiglio delibera che il colpevole, pagati soltanto otto ducati, possa scontare il residuo della pena “reparationi castri gructoli” in opere da prestare nel restauro dello stesso Castello di Gruttoli. Con la cifra al pagamento della quale era stato condannato inizialmente Riccardo, quest’ultimo il Castello lo avrebbe fatto nuovo! (2010)


30  -  Il 30 Novembre 1526 nelle riformanze risulta trascritta una lettera patente, inviata da Assisi, da parte di Gian Giacomo di Gamberano, Vicelegato di Perugia e dell’Umbria e diretta “ad tucti et singuli Priori, Massari, syndici, Cammorlenghi et altre persone de le Cità, Terre, Castelli et lochi infrascripti” -compresa, naturalmente, anche Amelia- con la quale si notifica “che, se fra termine de giorni tre dal dì dela exhibitione factali de le presenti non veneranno o mandaranno ad Asisi dove al presente facemo la nostra residentia ... ad pagare jn le mani del depositario de monsignor R.mo Legato tucto quello de che sondo (sono) debitori dele taxe del baricello dela Provincia ... se farrando (faranno) exequtioni reali et personali contra li homini et beni loro ...”. 

Il baricello -o bargello- era un ufficiale preposto ai servizi di polizia, che  per il loro espletamento, aveva, ai suoi ordini, uomini detti “birri”. Per i servizi relativi alla Provincia, le spese di mantenimento erano a carico di tutte le comunità in essa ricomprese.

Lo stesso giorno, a Mantova, moriva, a causa di una ferita provocata da un colpo di falconetto, Giovanni de’ Medici, che aveva tentato di opporsi al passaggio del Po dei Lanzichenecchi dell’esercito di Carlo V. Con la sua morte, periva l’unico che forse avrebbe potuto validamente contrastare il passo all’esercito imperiale e, con qualche probabilità di successo,  impedirgli di saccheggiare Roma entro i sei mesi seguenti. (2011)


30  - Il 30 Novembre 1573 vengono definiti ed approvati i “Capitula contra oblatores et derobantes stechones, forcinas, pertichas et alia genera lignorum” capitoli contro coloro che sottraggono e rubano correnti, forcine, pertiche ed altro genere di legnami, formulati come segue:   

“Se prohibisce che nessuno de qualsivoglia stato, preminentia o conditione sia, tanto terrazzano quanto forastiero o habitante in la città d’Amelia ardisca né presumi in qualsevoglia modo o quesito colore togliere pertiche, forcelle o canne et altre sorte de legnami da cas(al)i nel territorio et distretto  della sudetta città, sotto pena de tre scuti per ogni volta, d’applicarse un terzo al potestà o altri che ne farrà essecutione, un terzo alla tavola delli Signori Antiani et un altro terzo allo inventore overo accusatore et sia creso il patrone del danno, overo altri che accusarà, con loro juramento et dette pene de notte s’intendano duplicate et in tutti casi il patrone del danno habbia il doppio del emendo (sia risarcito con il doppio del valore).

“Item che nessuno come de sopra ardischa de portare dette sorte de legnami in spalla overo farne soma, sotto la medesima pena, d’applicarse come de sopra et chi le portarà sia lecito ad ognuno accusare et se li dia fede col suo juramento …

“Item che se fosse trovato alcuno che non habbia vigne né casali et portasse dette sorte de legnami casche in detta pena, d’applicarse come de sopra et d’emendarse come de sopra.

“Item che nessuno lavoratore possa portare nessuna sorta de detti legnami sensa licentia del patrone, quale licentia appara (sia documentata) in Cancelleria scritta per mano del Cancellieri, sotto le medesime pene.

“Item che chi togliesse legname lavorato o non lavorato atto a casali tanto in selve quanto fori et in qualsevoglia altro luoco essistente (sia) sotto(posto) (al)le medesime pene …

“Et in tutti casi sopradetti, il Cancellieri a requisitione (richiesta) de chi havesse ricevuto il danno o altri debbia pigliare i delinquenti et non rilasciarli fin tanto (che) non habbiano pagato la pena et l’emenno (il risarcimento)”. 

Con tali drastiche disposizioni, ci sarebbe da chiedersi se, a quel tempo, fosse stato necessario documentare anche la provenienza del proprio bastone da passeggio! (2012)


30  -  Il Comune di Lugnano aveva un debito verso la Tesoreria Apostolica. Per sicurtà e quale ostaggio, dal Podestà di Amelia viene imprigionato il lugnanese Bernardino Batticelli. Il 30 Novembre 1518 il Comune di Lugnano, per riaverlo in libertà, presenta due garanti, nelle persone di un Nacci e di Camillo di Paolo Isach. L’atto è rogato dal notaio Francesco di Cristoforo. (2014)


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