G E N N A I O


1 - Giovanni de Palmezzanis di Forlì, “Mareschalcus Patrimonii”, il 1° Gennaio 1425 invia da Narni, agli Anziani di Amelia, la seguente “letterina di auguri per il nuovo anno”:

“Magnifici Signuri po le salute. Avisove como so venuto qua a Narni  per retrarre li denari del subsidio (1) de questa terzaria. Pertanto piacciave de provedere de mandare qua la vostra terzaria in termene de tre dì, et questo non falli, perché fallando da questo me siria forza fare de quelle cose che ve siria danpno et vergogna. Perché per voi et per tucti laltri ò stricti comandamenti de fare pagare o sì per uno modo o per uno altro. Aparecchiato a vostri piaciri sempre. Datum Narnie die primo ianuarij M°CCCCXXV”.

Un’annotazione sul verso della lettera da parte degli Anziani sembra molto eloquente:”Et non sit pecunia in comuni pro solutione dicti subsidii”. Si chiede  “quid igitur videtur et placeat super predicta”; cosa dunque sia da farsi in proposito, non essendovi, come al solito, denaro nelle casse comunali.

(1) Il sussidio, che doveva essere versato annualmente alla Camera Apostolica in tre rate (terzerie) quadrimestrali, era destinato a sopperire alle spese occorrenti al pagamento delle genti d’arme addette al mantenimento dell’ordine pubblico nelle terre soggette alla S. Sede. (1998)


1 - E' il 1 Gennaio 2001:  dalla mezzanotte, ha avuto inizio il XXI secolo. L'Umanità, che "partisce ancor lo tempo per calendi", come direbbe Padre Dante, è entrata nel terzo millennio dell'Era Volgare. (2001)


1 - Il Notaio Francesco Celluzzi il 1° Gennaio 1412 viene urgentemente convocato -e l'urgenza doveva essere veramente tanta, trattandosi di capodanno!- dai Canonici del Capitolo, per verbalizzare nella sagrestia della Chiesa di S. Fermina che "cum nuper dicta Ecclesia urgeatur expensis pro constructione cori in ipsa Ecclesia inchoati et maxime pro solvendis Magistro Thomasso magistri Angeli constructoris ipsius cori lx flor. residuum sui magisteri et salarij" poiché la detta Chiesa ha bisogno di trovare denari per pagare a Mastro Tomasso di mastro Angelo la somma di 60 fiorini, per il saldo a lui dovuto per la costruzione, già iniziata, del coro, non essendovi altro modo più conveniente di reperire detta somma, si deliberi, con le autorizzazioni di rito, di vendere al migliore offerente un pezzo di terra della Chiesa stessa, sito in contrada Assignano, dando incarico al pubblico banditore Giuzola, "licet absenti tamquam presenti", assente, ma dato come presente, di eseguire i bandi di rito. (2005)


1 - Chi ben comincia è alla metà dell’opra. Questo deve aver pensato anche il Cancelliere comunale Battista Mariani Santi de Quarantottis il primo giorno del 1472, redigendo il preambolo del volume delle riformanze di quell’anno, nel quale, premettendo la sua provenienza dalla Città di Norcia, da lui chiamata “patria inclita”, fa presente la sua qualifica di “cancellarium et notarium reformationum spetialiter deputatum et assumptum” cancelliere e notaio delle riformanze specificamente eletto ed incaricato “anno ex quo Verbum dei caro factum est et habitavit in nobis MCCCCLXXIJ, Indictione V, tempore pontificatus d.ni Sixti PP. IIIJ”, citando letteralmente una delle frasi con cui inizia il Vangelo di S. Giovanni. (2008)


1  -  Il 1° Gennaio 1494, fra l’altro, le Magistrature cittadine uscenti affidano a quelle entranti tutte le suppellettili esistenti nel palazzo, delle quali viene fatto un dettagliato inventario, “cum publica essent”, essendo di proprietà pubblica. Fra le altre, si notano: 8 tazze d’argento, 3 saliere d’argento, 18 forchette d’argento, 4 tovaglie da mensa “aviculatas” cioè decorate con uccelli, 38 tovaglioli per le mani con le medesime decorazioni, 4 tovaglioli per asciugare le tazze, una credenza, una cassetta con le relative chiavi, dove si conserva il sigillo di S. Olimpiade, una scatola con i sigilli grande e piccolo, un vessillo di seta, una coltelliera con 15 coltelli, 2 bacili di ottone, 2 bussole per contenere le palle delle votazioni dei consigli, 3 saliere di stagno, 2 tappeti, 2 banchi, un tavolinetto, 3 astucci, una sportula di cuoio per portare il pane, una tavola di legno dolce, 6 scranni; 2 alari, una forcina, una paletta ed un paio di molle, tutti di ferro e posti nella sala delle udienze; una targa con le insegne di S. Olimpide, un armadio nella sala delle udienze, un mortaio di bronzo, un vaso di bronzo, 15 scodelle ed un piattino di  stagno, acquistati dai nuovi Anziani al tempo del Signor Stefano Cerracchini e soci, un candelabro di ottone nella sala magna, un tappeto e due candelabri acquistati dai nuovi Anziani al tempo di Terenzio Paolo e soci, un libro degli statuti. (2009)


1  -  “Presbiter de castro Porchianj offert vendere comunitati quatringentas libras de salnitrio, si comunitati Placet, est paratus inservire comunitati magis quam alijs, alias se excusat, vendet enim eas extra” un prete del Castello di Porchiano si offre di vendere alla Comunità amerina quattrocento libre di salnitro e, se la stessa lo gradirà, è pronto a servire lei più che altre persone; altrimenti porge le sue scuse e le venderà altrove. E’ quanto si legge nelle riformanze sotto la data del 1° Gennaio 1529, nel corso del consiglio decemvirale tenutosi in detto giorno. Il consigliere Teodoro Mandosi, “vir ornatus” (secondo il Cancelliere verbalizzante) “surrexit et caelesti petito numine” alzatosi in piedi ed invocato l’aiuto celeste “dixit et consuluit quod salnitrium quod offert capiatur et solvatur de scudo jmposito, vel alio modo quo poterit” propone che l’offerta del salnitro sia da accettare e che il suo pagamento avvenga con i denari della relativa imposta, oppure, potendo, in qualche altro modo.

Ora v’è da domandarsi: di quanta artiglieria disponeva la Comunità, da richiedere una tale quantità di salnitro? Ma, sopra tutto, quel prete di Porchiano come aveva fatto ad entrarne in possesso e a che titolo ne faceva commercio? (2011)


1  -  E' il 1° Gennaio 1474 e le nuove magistrature di Amelia iniziano il loro rispettivo ufficio per i mesi di gennaio e febbraio. I nuovi Anziani eletti sono: Matteo di Giacomo di Pietro, Panfilio di Ser Evangelista, Mario di Angelo Simoncelli, Bartolomeo di Ser Gerardo e Arcangelo di Antonio. Il Cancelliere in carica è il dotto e solerte Barnaba di Giovanni da Sarnano, il quale si esibisce con un'orazione degna dell'oratoria ciceroniana, per dare ai nuovi eletti un adeguato benvenuto, esortandoli ad esercitare ogni virtù e ad allontanare ogni vizio: “Nam si mentes vestras, Dominj Praestantissimj, livor, odium, vindiciae, cupiditas, aut privatus amor insederint, nec cogitare, nec consulere, nec exequi quicquid poteritis” infatti, se le vostre menti saranno ingombre da malanimo, odio, presunzione, cupidigia o passioni, non potrete rettamente pensare, decidere o agire. Anche l'insediamento del Camerario, l'amerino Arcangelo Peregrinj, è altrettanto solenne: alla presenza del Podestà e degli Anziani, “super statuto iurans” giurando sullo statuto, promette di svolgere “suum Camerariatus officium” il suo ufficio del Camerariato, “alienus ab omni odio, amore, precio, ac prece, diligenter et sine pravitate aut fraude” senza venir dominato  da risentimenti, favoritismi, ricompense o sollecitazioni di sorta, con la massima diligenza e senza alcuna frode.

Quanto sarebbe bello se, anche ai giorni nostri, fosse richiesta una simile dichiarazione a coloro che si accingono a ricoprire cariche pubbliche!

A distanza di 66 anni, il 1° Gennaio 1540 il consiglio dei X è chiamato a deliberare su un paio di argomenti.

Il primo riguarda un probrema di carattere alimentare: vi è “carnium extrema penuria” grande carenza di carne; si chiede “quid agendum cum Cives querantur et laniones dicant non posse carnes vervecinas non minoris vendi posse quam septem quatrenis pro libra” cosa sia possibile fare, in quanto i cittadini ne fanno richiesta ed i macellai rispondono che non possono vendere la carne di montone a meno di sette quattrini la libbra: si decide che “usque ad carnisprivium sit unicuique licitum vendere carnes castratinas quatrenis septem pro libra, dummodo carnes sint recipientes” fino a carnevale sia lecito ad ognuno vendere carne di castrato al prezzo di sette quattrini la libbra, purché le esigenze del mercato lo consentano.

L'altro argomento si riferisce ad una singolare questione di sicurezza personale: “Sebastianus faber ferrarius  cuperet redire huc, sed timens ne mali aliquid accidere ei posset” il fabbro ferraio Sebastiano vorrebbe ritornare in città, ma teme che gli possa accadere qualcosa di male,  avendo visto “Ludovicus qui laqueo vitam finivit”  che Ludovico (probabilmente un suo collega) era morto sulla forca, “vellet salvum conductum” vorrebbe che gli sia concesso un salvacondotto. Gli si conceda “ad libitum Dominorum” se gli Anziani riterranno di farlo. Non si conoscono le ragioni della fondatezza o meno dei timori del fabbro Sebastiano, né cosa avesse commesso di tanto grave Ludovico, ma è lecito credere, comunque, che il fatto dovesse avere avuto per causa qualche reato connesso con il mestiere esercitato. (2012) 


1  -  Il 1  Gennaio 1807, dinanzi al Governatore Filiberto Valenti ed agli Anziani Gaetano Guazzaroni, Carlo Presei, Nicola Ferrari e Federico Venturelli, si procede all’ufficiale investitura dei nuovi Vicari dei Castelli e precisamente: Gaspare Racani per il Castello di Porchiano, Luigi Assettati per il Castello di Monte Campano, Bartolomeo Vulpio per i Castelli del Colcello e Frattuccia, Massenzio Assettati per i Castelli di Foce e Sambucetole e Luigi Lancia per i Castelli di Fornole e Macchie, “li quali assumendo l’esercizio del loro respettivo impiego, spontaneamente promettono e si obligano di essere obbedienti alla S. Romana Chiesa ed a questa Ill.ma Comunità, di osservare lo Statuto, i Capitoli, la Bolla de Bono Regimine, le Tasse e le Risoluzioni Bussulari e di bene amministrare il loro officio, con far perciò quanto lor conviene ed a cui di ragione sono tenuti e rapporto (riguardo) alle Querele, procedere soltanto nelle semplici e non mai ingerirsi nelle altre, nelle quali sarà il sangue (cioè relative a reati con effusione di sangue), a forma in tutto e per tutto dell’Apostolici Privilegj concessi dai Romani Pontefici a questa Comunità ... e così giurarono toccando le scritture in mano di me Notaio ... Fatto in Amelia, nel Palazzo Anzianale, ... alla presenza di Francesco del quondam Tommaso Ercole e d’Ignazio del quondam Francesco Mejfrot, testimoni chiamati ...” (2013)


1  -  Con atto rogato il 1° Gennaio 1386 dal Notaio Giovanni Brancatelli di Amelia, “Presbyter Angelus Stephanelli. canonicus et antianus Capituli Ecclesie S. Firmine” il presbitero Angelo Stefanelli, canonico e membro anziano del Capitolo  della Chiesa di S. Fermina, “cum ipsa ecclesia ad presens sit nudata canonicis, tam occasione mortalitatis pestifere, iam in Civitate Amelie laborantis” essendo detta chiesa restata presentemente priva dei canonici, tanto a causa della mortalità dovuta al contagio pestifero, che ha afflitto la Città di Amelia, “quam occasione rebellionis et guerre in provincia patrimonij beati Petri in Tuscie residentis” quanto a causa di ribellioni e guerre verificatesi nella Provincia del Beato Pietro in Tuscia, “solus remansit” è restato solo a provvedere alle necessità gestionali di detta chiesa. Accorda, quindi e  concede il rinnovo delle concessioni enfiteutiche sui beni della chiesa stessa. 

Il successivo 17 Marzo viene materialmente stipulato l’atto con cui il “Presbyter” Angelo consente al passaggio dei diritti enfiteutici su di una casa di proprietà della Chiesa di S. Fermina, presenti “in choro” i preti Giacomo M. Gorii e Pellegrino Pellegrini. (2014)


1  -   In un atto del 1° Gennaio 1474, rogato dal notaio Ricco di Ser Francesco, si legge che i frati di S. Francesco restituiscono, per senso di carità, ai nipoti, tutti i beni loro donati dallo zio defunto. Si vede che si erano resi conto che quelli erano più poveri di loro! (2014)


2 - Gli Anziani, nella tornata del 2 Gennaio 1327, deliberarono di far riparare e riattare il ponte di S. Leonardo, che attraversa il Rio Grande sotto Sambucetole, a cura degli uomini di detta frazione e di Lacuscello, autorizzandoli a spendere fino ad otto libre a carico del Comune ed obbligandoli a provvedere a proprie spese per l’eccedenza. (1999)


2 - Con atto rogato il 2 Gennaio 1369, da Antonio Massej di Città di Castello, notaio della Curia Generale del Patrimonio, il Giudice “mallefitiorum” (cioè delle cause penali) della detta Curia, con mandato conferitogli dal “Magnifico Milite d.no Angelo de Viterbio”, Capitano del Patrimonio (di S. Pietro), Tesoriere e Luogotenente del Rettore, prestò il suo consenso affinché il procedimento istruito contro il Comune di Amelia, nel quale lo stesso Comune era accusato “non misisse equos et famulos pro assotiando d.num n.rum papam de Monteflascone usque Romam”; cioè di non aver mandato -certamente fra il giugno e l’ottobre del 1367- cavalieri e fanti per accompagnare papa Urbano V nel suo viaggio di ritorno a Roma (da Avignone) nel tratto di strada tra Montefiascone e la sede romana, “ipsum processum tolli, cassari et adnullari”, cioè che detto processo venisse cassato ed annullato.

Urbano V, nel 1367, fece un tentativo di tornare a reinsediarsi nella corte pontificia a Roma, ma, com’è noto, a causa del malcontento dei cardinali del seguito, tutti francesi, nel settembre del 1370 riprese la via di Avignone, malgrado la tragica profezia di S. Brigida di Svezia, che aveva predetto al papa che sarebbe morto se vi fosse tornato e dove giunse il 24 Settembre 1370. Pochi giorni appresso si ammalava ed il 19 Dicembre moriva. La veggente Brigida aveva “visto” giusto!. (2000)


2 -Nel Carnevale dell'anno 1782 venne rappresentata, nel Teatro di Amelia, la farsetta in musica a cinque voci "Il matrimonio contrastato" che, come risulta dal libretto stampato in Terni "per Antonio Saluzi Stampator Vescovile", venne dedicata "al merito singolare de' Nobili Signori li Signori Anziani di detta Città". La musica fu scritta da Angelo Gargiulo, Maestro di Cappella Napoletano. L'autore del libretto, restato ignoto, tenne a fare la seguente precisazione (o, secondo il termine da lui usato, "protesta"): "Le parole Numi, Fato etc. non sono sentimenti dell'Autore, che si professa vero Cattolico Romano". Direttore (d'orchestra) fu Carlo Peruzzi, Maestro di Cappella della Cattedrale di Amelia. L'Impresario, rivolgendosi agli Anziani, fece sfoggio di servile sottomissione, secondo il gusto dell'epoca, producendosi in questi termini: "Quella profonda ossequiosa stima che ho mai sempre professata e tuttora professo verso di Voi, Nobilissimi Signori, mi stimola adesso ad offrirvi la presente Farsetta, che sulle pubbliche scene di questo Teatro dovrassi rappresentare. Supplico dunque la vostra somma gentilezza, che sa compiacersi d'ogni più minimo dono, a gradire questa mia tenue offerta ed insieme a darmi l'onore di sempre più umiliarmi con tutta la venerazione di Voi, Nobilissimi Signori. U.mo, D.mo Obl.mo Servitore Giambattista Altieri Impresario. Amelia, 2 Gennaio 1782".

La scena ha luogo nell'immaginario Villaggio di Verde Antico, feudo del Marchese Don Achille, amante di Agatina, creduta pastorella, ma, in realtà, nobile dama. Gli altri interpreti sono: il Conte Zefiro, adulatore scroccone, Donna Artemisia, amante non corrisposta del Marchese e Cardone, affittuario del Villaggio, amante geloso e non corrisposto di Agatina.

Secondo la consuetudine del tempo, le parti femminili venivano interpretate da maschi; nella fattispecie, da "Virtuosi" delle Cappelle di Viterbo e di Amelia, non sappiamo se con o senza i relativi attributi... (2006)


2 - Antonello Nicolai Pei,"antianus laceratus", in data 2 Gennaio 1478, nel consiglio decemvirale "narra et expone come per reformanza del bussolo presente et per forma de statuto", chiunque venga estratto dal detto bussolo per ricoprir l'ufficio dell'anzianato,"debbia pagare tucte le dative incurse", prima di entrare in carica e, a tale effetto, gli addetti alla verifica della posizione fiscale del candidato estratto debbono consultare il "libro degli specchi", nel quale sono annotati tutti coloro che non sono in regola con i pagamenti delle imposte. Poiché Antonello Nicolai, nell'estrazione del 22 dicembre, comparso personalmente nella sala del podestà "disse ad quelli che tenevano decto libro dello specchio devessero vedere" se risultava debitore "et trovandolo dever pagare alcuna cosa offeriva et protestava voler pagare et dare li denari in deposito" ed essendo stato nominato in detto ufficio "fo lacerato (cioè si annullò l'elezione) per essere trovato debitore in decto specchio". Poiché lamenta che il trattamento usatogli non veniva più praticato da tempo ed altri cittadini "lacerati" erano stati comunque riammessi all'ufficio dell'anzianato, "con suffragio et adiuto" degli Anziani in carica, "supplica devotamente ve degnarite similmente mectare lui, sicome se fà de luno, così se faccia de laltro ... et acciò che se alcuno ha la lengua prompta non possa dire che in Amelia ad uno se coce lovo et allaltro lochio (l'occhio)”.

Ma la votazione che seguì la supplica vide 15 palle nere “in pisside nigra del non”. (2007)


2  -  Nel consiglio decemvirale del 2 Gennaio 1537 Nicolò Farrattini “Prior”, cioè Anziano, con il consenso dei suoi colleghi (“annuentibus collegis”), fra l'altro, affronta l'argomento “de uva passula mittenda Thesaurario  summi Pontificis”, cioè circa l'opportunità di inviare dell'uva passita al Tesoriere del Sommo Pontefice (Paolo III Farnese). Il consigliere Laurelio Laureli, “vir spectata morum disciplina” uomo di provata integrità di costumi, esprime il suo parere in merito, affermando che “omnino mittatur ut in omnibus negociis nostris amicum habeamus” certamente gli si faccia tale invio, per averlo amico in tutte le questioni che riguardano la nostra Città, addolcendogli la bocca ed aumentando la sua buona disposizione verso Amelia. La proposta “vicit per pallas albas omnes” riporta l'unanimità dei consensi.

Altro argomento -non altrettanto dolce- riguarda “coactis a domino Potestate ad solvendum penam ludentium ad cutulam seu ruzulam” coloro che sono obbligati dal Podestà a pagare la pena per aver giocato al “ruzzolone”. L'argomento sembra rivestire una notevole importanza, se il consigliere Vincenzo Crisolini, “ornatus vir”, propone che sia chiamato il consiglio generale a decidere in merito; cosa che avviene addirittura nella “cerna” convocata per il 17 successivo, nella quale Laurelio Laureli propone che “Domini Antiani taxare valeant” gli Anziani abbiano potere ed autorità di punire i giocatori. La proposta viene approvata con quaranta voti favorevoli e cinque contrari, questi ultimi molto probabilmente da attribuire ai “cutulatores”.

Chiaramente l'innocente gioco della ruzzola non era punibile in sé e per sé, ma per le scommesse in denaro e i disordini che ne sarebbero potuti derivare. Fino a qualche anno fa, tale manifestazione popolare si era conservata anche nelle nostre zone, talora rimpiazzando l'attrezzo di legno con una forma di formaggio pecorino che, a gioco ultimato, veniva allegramente consumata fra i partecipanti, generosamente annaffiata con del buon vino. (2012)


2  -   E’ morta una tal Margherita ed il suo corpo, il 2 Gennaio 1511, viene portato a seppellire nella Chiesa di S. Stefano. Arriva Fra Sinsino, Priore degli Agostiniani, ed esige che il corpo della defunta sia sepolto in S. Agostino, perché la detta Margherita apparteneva all’ordine agostiniano. Ma il Vicario Pier Domenico, in considerazione che la defunta Margherita fu oblata delle Monache di S. Stefano, dalle quali aveva ricevuto vitto e vestito, rifiuta di accedere alle pretese del Priore.

C’è da augurarsi che, fra tanti contendenti, anche la povera Margherita abbia finalmente trovato pace! 2014)


3 - Il 3 Gennaio 1426, Valerius de Luschis, vicentino, “miles et legum doctor”, illustre Senatore, per grazia divina, dell’Alma Roma, Franciscus Nofrii, Johannis Anthonii Stephani e Bartholomeus Peczutelli, “Conservatores” della Camera Capitolina, Nicolaus magistri Petri Francisci e Nicolaus Signorelis, Commissari e preposti all’esazione dell’imposta sul sale e del focatico, nonché delle altre imposte e tributi dovuti alla detta Camera, rivolgono a tutte le città, castelli, terre e Signorie “antiquitus” -cioè fin dai tempi antichi- obbligati a partecipare ai giochi che si svolgevano annualmente sul Monte Testaccio la domenica successiva  alle ceneri, affinché forniscano  dei “luxores”, ovvero giostratori in numero prestabilito, secondo l’importanza e il grado di soggezione alla città di Roma.

In particolare, i giostratori dovevano presentarsi la mattina del sabato successivo alle ceneri, dinanzi al Palazzo Capitolino, a cavallo, con vestiti, divise e bandiere, per poi, la successiva domenica, associare il Senatore, i Conservatori ed il popolo romano al campo “Testacie” ed ivi “astiludere”, cioè giostrare secondo le forme consuete, per il divertimento dei presenti convenuti e, come espressamente precisato in altra simile richiesta, a contribuire, con tale comportamento, “alla gloria di Dio”.

Ad Amelia incombeva l’obbligo di inviare sei “luxores”, mentre il Castello di Porchiano doveva fornire  due anelli d’argento dorato, del valore di sette fiorini d’oro ed un “bravio”.

I giochi del Testaccio ebbero luogo fino al pontificato di Paolo II (1464-1471). Le spese organizzative venivano sostenute dalle Università Israelitiche, che dovevano annualmente versare 1100 fiorini alla Camera Capitolina, oltre ad altri 30, a ricordo dei 30 denari dati loro a Giuda, per tradire il Cristo. (1997)


3 - Il 3 Gennaio 1330, si legge una petizione presentata dai frati eremitani "que continet quod comune Amelie, intuitu pietatis faciat auxilium ipsis fratribus" contenente la richiesta che il Comune di Amelia, per spirito di carità, dia il proprio aiuto agli stessi frati "ad emendum quamdam campanellam actam ad sonandum pro corpore xpi usque in iiij flor. de auro" per acquistare una campanella per suonare durante il servizio divino, versando, all'uopo, un contributo fino a quattro fiorini d'oro. La domanda viene favorevolmente accolta. (2007)


3 - Il 3 Gennaio 1467 nel consiglio decemvirale vengono presentate alcune suppliche.

La prima è quella di una certa donna Lucrezia, moglie di tal Scoltrella, che trovasi carcerata per un furto commesso contro suo fratello e condannata, con sentenza del podestà, a pagare 600 libre di denari, addirittura raddoppiata per non aver pagato nei termini di legge ed il Comune è stato, sempre con detta sentenza, posto in possesso di un immobile dotale. Poiché la povera Lucrezia non è in grado di pagare “et dedecus sit communi et curie potestatis eam retinere in dictis carceribus” e torna a vergogna tanto per il Comune, che per la curia del podestà, che lei sia rinchiusa in carcere, si chiede cosa si possa decidere in merito. Nel maggior consiglio del dì seguente, si propone che l’immobile dotale, rappresentato da un terreno, di cui è in possesso il Comune, venga venduto e, della somma che se ne ricaverà, 20 ducati d’oro papali siano incamerati a titolo di pena ed il residuo venga consegnato agli aventi diritto; dopo di che, donna Lucrezia sia rimessa in libertà.

Altra supplica è presentata da “Renzo de danielle” il quale espone “che conciosia cosa che la fortuna lu habbia conducto in extrema povertà et miseria, et retrovase più de dui anni fa infirmo et con una famiglia grande et inutele de tre figlie femmene et duj maschi li quali non può per alcuno modo sustentare senza el vostro subsidio et aiuto, ve dignate per intuito de pietà et misericordia acioche dio exalte et conserve questa M.ca Cità farli qualche gratia et exentione per lo avenire, che per lo passato picchola cosa ce ha a pagare, secundo che parerà ale V. S. le quali per (l’amor di) dio siano pregate credano la mia povertà et miseria et che de quella me habbiano compaxione”. Gli si concede la remissione di quanto dovuto. (2009)


3  -    Nel consiglio del 3 Gennaio 1495 si parla di un caso di alto tradimento. Prende la parola il “vir nobilis” Fabio di Ascanio Moriconi e propone “quod dominus Potestas et Magnifici Domini Antianj Civitatis Amelie habeant informationem illius qui aperuit portam castrj Alviani vel qui dederit causam ut Jnimici Castrum illud occuparent et habita huiusmodi informatione capiant ille talis qui huiusmodi pernitiose ac detestabili rei causam et modum dederit culpam vel commiserit et statim laqueo suspendant” che il Podestà e gli Anziani assumano informazioni sul conto di colui che aprì la porta del castello di Alviano o che sia stato comunque la causa dell’occupazione del Castello da parte dei nemici e, accertata l’identità del colpevole che fu cagione di un evento tanto dannoso e detestabile, lo catturino ed immediatamente lo impicchino. “Si vero capi non potest quoad manus Communis  non pervenerit, statim et ex nunc presentis generalis conscilij (sic) decreto et autoritate sit rebellis Communis et perpetuo sit exul a dicta Civitate Amerie et eius comitatus et districtus et si quo tempore in fortiam dicti Communitatis pervenerit festinanter suspendant” se poi non sarà possibile catturarlo, immediatamente sia dichiarato ribelle della Comunità per decreto del consiglio generale ed esiliato in perpetuo da Amelia e suo comitato e distretto e se, in un qualche tempo futuro, cadrà in mano dell’autorità, sia senza indugio impiccato. “Ac depingatur nunc in publicis locis tamquam proditor et eius bona ex nunc applicentur Communj et ea que furata fuerant restituantur patronis et imponatur potestatj ut iustitia contra ipsum tamquam contra proditorem exerceat” Inoltre, nei luoghi aperti al pubblico, si dipinga l’effigie del colpevole come traditore ed i suoi beni vengano confiscati a favore del Comune e quelli sottratti per furto, vengano restituiti ai legittimi proprietari e sia fatto obbligo al podestà  di applicare al colpevole le disposizioni previste per i traditori. La proposta viene approvata con 76 voti favorevoli e soltanto 8 contrari.

Nello stesso consiglio si delibera, altresì, “quod neminj Amerino Civi comitatino et districtuali liceat de cetero accedere ad macinandum granum” che a nessun cittadino di Amelia, suo contado e distretto sia lecito portare a macinare grano o a portare altro genere di mercanzia “ad Civitatem Narneensem et eius comitatus et districtus sub pena decem ducatorum pro quolibet et vice qualibet quo per aliquem fuerit contrafactum” alla città di Narni, suo contado e distretto, sotto pena di dieci ducati per ciascuno e per ogni volta che verrà trasgredito a detto ordine, da incamerarsi dal Comune; inoltre, non sia consentito attraversare il territorio amerino con “victuaria que defererentur ad dictam Civitatem Narnee” generi alimentari che venissero inviati a Narni e che “conversatio cum Narniensibus tollatur” non si possa neppure parlare con un Narnese. Infine, “statim ruinetur et ammoveatur ponticellus furnuli” venga immediatamente demolito il piccolo ponte di Fornole. In seguito a tali drastici provvedimenti, “ut Communitas et populus Amerinus alimentorum abundantia et pane affluat et ne fame fatigetur” per non far mancare alla Comunità né il pane né altri generi alimentari e non patisca la fame, si propone che “pro grano molendo” per la macinazione del grano “fiant centimmula sive pestrina in omni regione sive contrata” sia allestito un mulino in ogni contrada. (2010)


3  -  Il 3 Gennaio 1477 vengono ricevute e verbalizzate alcune testimonianze giurate, rese dinanzi a Pace de’ Cirichellis, “doctor utriusque” dottore in entrambe le leggi (civile e canonica), Vicario Generale del Vescovo Ruggero Mandosi, circa il testamento verbale di tal Ambrogio del fu Leonardo, di Giove.

La prima deposizione è quella di Prete Angelo del fu Menecuccio, che, in qualità di Rettore della Chiesa parrocchiale di Giove, assistette Ambrogio morente e gli raccomandò l’anima “secundum morem dicti castri” secondo l’uso in vigore nel Castello. Egli riferisce che la moglie di Ambrogio “sì gli disse: Ambrogio, mo che tu hai el prete et li testimonij et sonce li parenti tuoj assaj, tu poi dechiarare la volontà tua, quello che puoj disponere de beni tuoj”. A cui Ambrogio: “ego instituo heredem in omnibus bonis meis ventrem pregnantem si nasceretur. Et si non nasceretur aliquis filius ex ventre, reliquit uxorem suam predictam usufructuariam omnium suorum bonorum toto tempore vite sue donec erit vidua et quod habitaret in domo ipsius Ambrosij et si dicta  eius mulier transiret ad secunda vota vel moriretur vel nollet stare in domo dicti testatoris, quod tunc, eo casu, vel aliquo ipsorum veniente ex nunc instituit ecclesiam castri Jovis omnium suorum bonorum” istituisce erede di tutti i suoi beni il ventre gravido (della moglie), se la nascita avverrà. Se da esso non nascerà alcun figlio, lascia sua moglie usufruttuaria di tutti i beni per tutta la vita, se resterà vedova e seguiterà ad abitare nella casa di Ambrogio; se dovesse risposarsi, o morisse, o non volesse restare nella casa del testatore, in tal caso -ed in ogni altro caso- tutti i suoi beni andranno alla Chiesa del Castello di Giove.

E’ la volta di Menico di Leonardo, di Giove, che depone, sotto giuramento e “dixit quod ipse erat nepos dicti olim Ambrosij, ivit ad domum dicti olim Ambrosij qui jacebat in lecto egrotus, mente tamen sanus et de quibusdam locuti fuerunt prout faciunt consanguinei. Supervenit presbiter Angelus de Amelia parochialis et rector ecclesie castri Jovis et tunc Meneca uxor dicti  olim Ambrosij dixit eidem Ambrosio:” espone che lui era il nepote del defunto Ambrosio ed andò a casa dello stesso, che giaceva malato nel letto, ma sano di mente e che parlarono di alcune cose, come avviene di solito. Sopraggiunto prete Angelo di Amelia, Rettore della Chiesa di Giove, Menica, moglie del defunto Ambrogio disse a quest’ultimo: “Ambrosio, como non disponi de li beni tuoj, como tu hai volontà in presentia del prete et de testimoni che ce laj mò”. Ed Ambrogio rispose: “Jo lo voglio fare et disse: prete et voi testimonij che sete dentorno, Jo lasso herede prima (in primo luogo) el ventre se nascerà herede prima de li beni miej et Meneca donna mia lasso usufruttuaria et massaia de li beni miej et stia in casa mia se non se vole remaritare perfino che vive et post mortem suam facio heredem ecclesiam castri Jovis in omnibus bonis meis” dopo la sua morte nomino erede la chiesa del Castello di Giove”.

La terza deposizione è quella di Benvenuto di Bartolo, di Giove, che ricalca, quasi alla lettera, quella di Menico. (2014)

 

3  - Il 3 Gennaio 1525 la Comunità di Amelia è chiamata a pagare, per la tassa del Cancellierato, cinquanta ducati d’oro ai Segretari Apostolici. Ma soldi in cassa -neppure a dirlo!- non ce ne sono; quindi, il Consiglio Generale autorizza gli Anziani ed il Consiglio dei X a contrarre un prestito, dando garanzia. Morale della favola: il prestito sale a sessanta ducati e viene fornito da Maurizio di Nicola, il quale aveva già prestato al Comune di Amelia ben quattrocento ducati, con garanzia ipotecaria di otto some di terreni comunali in territorio di Mimoia. Tirando un po’, l’ipoteca viene estesa a coprire anche il nuovo debito! (2015)


4 - Pandolfo Malatesta, capitano di S. Madre Chiesa, scrive al Comune di Amelia “verbis minatoriis”, cioè con parole minacciose, peché, durante la sua recente permanenza in città, alloggiato nella Chiesa di S. Francesco, alle sue genti furono sottratte tredici lance.

Si delibera, in data 4 Gennaio 1423, di acquistarne altrettante con denari presi in prestito dall’ebreo e, nel contempo, si esperiscano indagini per trovare e punire il colpevole, a norma di statuto.

Il Malatesta era venuto insieme a Braccio Fortebracci, per difendere Castel dell’Aquila  contro il Castello di Canale e, per loro, si comprarono quindici paia di capponi. Anch’essi presi a credito? (1998)


4 - Francesco degli Atti, di Todi, il 4 Gennaio 1405 scrive agli Anziani di Amelia:

"E' venuto a me uno fide digno dal quale spesse fiate aggio trovato cose chiare et vere et hanne dicto de certo che i S.ri de Chiaravalli ho (hanno) per l'avviso (intenzione) de occupare uno dei luochi del vostro Contado dal monte in qua. Et tanto cum tenerezza vaviso che cie teniate et faciate tenere si facta cura che ciò non possa advenire. Et pregove nollagiate (non l'abbiate) ad ciancia che lamico mel dice molto affermativamente proferendo me et lamici miey cum quello che potemo ad ogne vostro piacere aparecchiati et de ciò ve piaccia volerne pigliare per tucte le volte piena securitate et fede. Dat. in Casigliano die IIII Mens.Jan. XIII Indict."

Gli Anziani accolgono con grande soddisfazione tale lettera ed il 6 successivo propongono che si rinsaldino i legami di amicizia con gli Atti, che furono sempre favorevoli alla Città, si accolga il messo che ha recato la lettera con ogni attenzione, pagandogli il conto dell'albergo ed assicurandolo che, se Francesco degli Atti volesse recarsi in Amelia, sarà ricevuto con tutti gli onori e gli porga, intanto, nel modo migliore, tutti i ringraziamenti degli Amerini, che hanno sempre dovuto subire dai Chiaravallesi danneggiamenti al proprio territorio. Si interdica l'ingresso in Amelia a quei di Lacuscello e Canale, senza espressa licenza degli Anziani o del Vicario. (2001)


4 -  Dovendosi appaltare la gabella dei pesi e misure, il Capo dell'amministrazione cittadina, rappresentato, in questo periodo, dal Vicario, con il consenso e l'autorizzazione degli Anziani, il 4 Gennaio 1400 "commisit imposuit et mandavit" cioè diede incarico "Paulo Cipicce publico bannitore dicti comunis presenti audienti et intelligenti" a Paolo Cipiccia, banditore pubblico del Comune, che, essendo presente, recepì l'ordine, "quatenus vadat per Civitatem Amelie et per loca publica et consueta dicte Civitatis et ibidem publice palam et alta voce sono tube premisso" affinché si rechi in giro per la Città di Amelia, nei luoghi soliti e deputati per tali bandimenti ed ivi, pubblicamente ed apertamente, a voce alta e preceduto da squilli di tromba, "banniat quod quicumque vult emere gabellam mensurarum anni proximi futuri vadat coram cancellarium ad offerendum, que plus offerenti dabitur, etc." bandisca che chiunque intenda acquistare (cioè appaltare) la gabella delle misure (e pesi) per il prossimo anno, vada dal Cancelliere e presenti la sua offerta per la detta gabella, che si assegnerà a chi avrà effettuato quella più conveniente per la comunità.

Tra i luoghi nei quali nel medioevo venivano eseguiti, secondo il citato cerimoniale, detti bandi, quello meglio conservatosi ancor oggi è rappresentato dalla monumentale loggia dei banditori, sulla Piazza Marconi. (2006)


4  -   Occorre dirimere una vertenza sorta fra i frati del Convento di S. Agostino e l’Ospedale, “occasione cuiusdam petij terre” a causa di un appezzameto di terra, la cui proprietà era evidentemente contestata fra le parti. Il 4 Gennaio 1523, nelle riformanze, sotto il titolo “Homines electi inter S.tum Augustinum et Hospitale” sono elencati Pierpaolo Moriconi, Bernadino detto Carta, Giovanni di Zaffino e Giovanni Antonio Racani. Lo stesso giorno,  fra i quattro eletti, insieme agli Anziani, “fuit propositum de insolentia fratruum S.ti Augustinij qui per vim obstulerunt quamdam salmam olivarum famulo seu laboratorj hospitalis” fu discusso circa la prepotenza attuata dai frati di S. Agostino, che, a forza, tolsero alcune salme di olive al dipendente lavoratore dell’Ospedale. Giovanni di Zaffino propone che s’inviino due oratori al Padre Generale dell’Ordine di S. Agostino, che denuncino le prepotenze dei frati “et si esset possibile removere presentes fratres et ponere observantes” e, se fosse possibile, rimuovere gli attuali e porre in loro luogo dei frati osservanti. La proposta riscuote l’unanimità dei consensi. (2009)


4  -   Il 4 Gennaio 1682 si può constatare con grande evidenza quanto fosse mutata la composizione della classe dominante in Amelia, rispetto all’epoca in cui erano in vigore gli statuti “de Populo” del XIV secolo. Ascanio Clementini, “pro se et alijs nobilibus” per sé ed in nome degli altri nobili, così si pronuncia:

“Atteso l’abuso introdotto da alcuni, anzi (da tempo) in qua, di palloctare (eleggere) le famiglie novamente  agiunte (pervenute) per confectione del Bussolo da farsi pro tempore, in pregiuditio delle più antiche e nobil famiglie, contro ogni dovere e fuori del giusto, per venire queste escluse da’ Consiglieri aderenti alle (facenti parte delle) decte nove agiunte famiglie, dico e mi protesto che non si venga alla Confectione del Bussolo se non nella forma che dispone lo statuto e molte reformanze antiche, o veramente facendosi, s’intenda senza pregiuditio sempre delle medesime famiglie nobili, (le) quali intendono di ricorrere alla Sacra Consulta e, bisognando, anche a Sua Santità”. Sono lontani i tempi in cui non era neppure lecito rivolgere la parola ad un nobile! (2013)


4  -  Nel testamento redatto dal notaio Pietro di Paolo il 4 Gennaio 1453, Lello di Pietro, alias Petronso, di Frattuccia, lascia cinque soldi alla Chiesa di Santa Maddalena (“S. Mathalane”), alias “lo Spieco”. E’ un chiaro riferimento allo speco francescano tuttora esistente a nord-est del territorio amerino, sotto la frazione di Collicello. (2014)


4  -  Mons. Angelo Geraldini, Vescovo di Suessa, aveva commissionato, a cottimo, a Mastro Martino lombardo, la fabbrica di un palazzo, in contrada Trifignano, al Voc. Vattani. Dopo la morte del Vescovo, nel palazzo apparvero minacciose fenditure e Mastro Martino convenne con il fratello ed erede del Vescovo, Bernardino, di rinforzare l’edificio con buone e convenienti murature ma, malgrado ciò, il palazzo venne a crollare interamente. Mastro Martino fu incarcerato nella rocca di Narni e ne venne liberato soltanto dopo aver pattuito, il 4 Gennaio 1502, con l’altro erede Agapito, di ricostruire solidamente il palazzo, come da progetto concordato. (2015)


5 - S. Amelia. Le reliquie di S. Amelia sono tumulate nella nostra Cattedrale, sotto l'altare dell'Assunta, ivi collocate il 20 Settembre 1675 e provenienti dalle catacombe di S. Callisto. Eccettuato il nome, non vi sono altri riferimenti in comune con la nostra Città. Una statua della Santa può vedersi nella Chiesa suddetta. (1996)


5 - Il 5 Gennaio 1589 Fratone del fu Giovanni, da Amelia, “a magnificis dominis Antianis ad officium Baiulatus fuit admissus” fu nominato dagli Anziani baiulo del Comune “et juravit bene legaliter et fideliter ac sine fraude, remotis a se odio, amore, prece, pretio et quantis alia humana gratia dictum officium exercere” e prestò giuramento di esercitare il suo ufficio nel miglior modo, legalmente, fedelmente e senza inganno, allontanati da sé ogni risentimento, favoritismo, parzialità, animosità e ogni altra umana passione.

Non sarebbe il caso di adottare un simile giuramento anche al giorno d’oggi, da parte dei chiamati a ricoprire pubblici incarichi? (2008)


5  -  Il 5 Gennaio 1474, gli Anziani, affinché “malignitas criminum inhibeatur summa cum ratione” la malignità dei crimini possa venir raffrenata nel modo più efficace, “uno assensu” con unanime decisione, diedero incarico e mandato a Ser Lauro, Guardiano della Città, “ut cum parte sibi contingente” affinché, come è suo dovere d’ufficio, “inquirere procedere et exequi posset in lusores ad prohibitos illicitosque a statuto vel reformationibus ludos turpiter ludentes” indagare, procedere e fare esecuzione contro coloro  che si dedicassero turpemente a giochi che fossero dichiarati illeciti e proibiti dallo statuto e dalle deliberazioni cittadine “et contra eos qui blasfemant et deo aut alijs sanctis quos venerarj debentur maledicunt” e contro i bestemmiatori e quelli che maledicono Dio o gli altri santi che debbono venir venerati. (2009)


5  -    Il 5 Gennaio 1465 vengono date istruzioni a Ser Abele di Ser Paolo (Vatelli), da inviare a Roma per perorare e sostenere gl’interessi della Comunità amerina ed allo stesso viene consegnato un vero e proprio “memoriale” delle varie cose cui necessita provvedere. Fra le altre incombenze, dovrà chiedere ai Cardinali -“deputatis  super chrociata” designati dal papa per la preparazione della crociata contro i turchi -che era stata fortemente quanto vanamente propugnata da Pio II e ripresa, con non  migliore risultato, dal successore Paolo II- che rimettano agli Amerini  il residuo degli originali 800 ducati che erano stati loro ulteriormente richiesti a tale scopo e dei quali ne erano già stati pagati ben 564.

Sotto la stessa data, gli Anziani “commiserunt Andree tubicinj” diedero incarico al trombetta Andrea di bandire “che qualunque persona havesse più grano che la sua bastanza fino alla nova recolta lo debia per tucto el dì de domenica proximo da venire haverlo portato in piaza ad vendere o vero assegnatolo al cancelliere del comune sapendo che da quello in là se farà provisione per lo comune et nisuno potrà vendere né alienare durante la provisione del comune ad quella pena (che) sopra deciò se prevederà”.

Trentotto anni dopo, il 5 Gennaio 1503, nel consiglio dei X si dibatte circa “nova certa ... de morte et captivitate ursinorum” la notizia, data per sicura, della morte e della cattura degli Orsini. L’Anziano Ugolino Cresciolini propone se sia il caso “in signum letitie ob partam victoriam ab Ill.mo d.no Duca Romandiole etc. et pro honore  et augumento status S. Matris Ecclesie et S.mj in xpo patris et d.ni n.ri d.ni Alexandri pape sexti fieri ignes et alia gaudij ostentamenta” in segno di gaudio per la vittoria ottenuta dal Duca Valentino e per l’onore e la crescita dello stato della Chiesa e del papa Alessandro VI, di far luminarie ed altre manifestazioni di giubilo. Il consigliere Pietro Gentile di Pace prudentemente “consiglia” di attendere alquanto, finché non se ne sappia di più “et tunc si verum est fiat in signum victorie omnis demonstratio letitie” e, se la notizia sarà confermata, si faccia ogni dimostrazione di gioia per la vittoria e si invii un oratore a Roma dal papa, congratulandosi con lui “de parta insigni victoria” dell’insigne vittoria ottenuta e, con l’occasione, si esponga ad Alessandro VI “quot et quanta damna perpesa fuerit hec nostra Civitas et populus a dominis de Alviano et impetrandum et petendum a S. S.te utilia pro nostro Commune” quali e quanti danni la nostra Città ed il popolo amerino abbiano sopportato da parte dei signori di Alviano e quali petizioni e richieste siano da presentare al pontefice nell’interesse e l’utilità  di Amelia. (2010)


5  -  Nel consiglio decemvirale del 2 Gennaio 1537 Nicolò Farrattini “Prior”, cioè Anziano, con il consenso dei suoi colleghi (“annuentibus collegis”), fra l'altro, affronta l'argomento “de uva passula mittenda Thesaurario  summi Pontificis”, cioè circa l'opportunità di inviare dell'uva passita al Tesoriere del Sommo Pontefice (Paolo III Farnese). Il consigliere Laurelio Laureli, “vir spectata morum disciplina” uomo di provata integrità di costumi, esprime il suo parere in merito, affermando che “omnino mittatur ut in omnibus negociis nostris amicum habeamus” certamente gli si faccia tale invio, per averlo amico in tutte le questioni che riguardano la nostra Città, addolcendogli la bocca ed aumentando la sua buona disposizione verso Amelia. La proposta “vicit per pallas albas omnes” riporta l'unanimità dei consensi.

Altro argomento -non altrettanto dolce- riguarda “coactis a domino Potestate ad solvendum penam ludentium ad cutulam seu ruzulam” coloro che sono obbligati dal Podestà a pagare la pena per aver giocato al “ruzzolone”. L'argomento sembra rivestire una notevole importanza, se il consigliere Vincenzo Crisolini, “ornatus vir”, propone che sia chiamato il consiglio generale a decidere in merito; cosa che avviene addirittura nella “cerna” convocata per il 17 successivo, nella quale Laurelio Laureli propone che “Domini Antiani taxare valeant” gli Anziani abbiano potere ed autorità di punire i giocatori. La proposta viene approvata con quaranta voti favorevoli e cinque contrari, questi ultimi molto probabilmente da attribuire ai “cutulatores”.

Chiaramente l'innocente gioco della ruzzola non era punibile in sé e per sé, ma per le scommesse in denaro e i disordini che ne sarebbero potuti derivare. Fino a qualche anno fa, tale manifestazione popolare si era conservata anche nelle nostre zone, talora rimpiazzando l'attrezzo di legno con una forma di formaggio pecorino che, a gioco ultimato, veniva allegramente consumata fra i partecipanti, generosamente annaffiata con del buon vino. (2012)


5  -  Nel consiglio dei X convocato il 5 Gennaio 1578, Gerolamo Garolfini, uno degli Anziani, fa presente che il luogo dove attualmente è sistemato il locale adibito a “Gymnasium ludij litterarij” cioè all’insegnamento ginnasiale, posto nel Palazzo anzianale, “removendum esse” sia da spostare “et alius locus sive domus inveniendum, e da trovarne un altro, proponendo “quod Mansio Causarum Civilium fortessa (fortasse) idonea esset” che l’attuale sede delle cause civili potrebbe forse essere idonea allo scopo. A questo punto, interviene il consigliere Fulvio Farrattini, il quale, riconfermando che “non esset conveniens quod magister cum eius discipulis maneat in palatio, et maxime super mansione residentie Magnificorum D.norum Antianorum” non sia conveniente che l’insegnante, con i suoi discepoli, restino in detto palazzo ed, in particolare, al di sopra dei locali adibiti alla residenza degli Anziani, propone, a sua volta, “bonum esset illis providere de alio loco, vel de domo hospitalis vel de aliqua alia opportuna” che sia cosa buona spostarli in altro luogo, cioè o nell’immobile adibito ad albergo o in altro alloggio altrettanto conveniente. Ma a nessuno è venuto in mente che sarebbe stato più semplice e razionale costruire -una volta per tutte- un nuovo edificio scolastico? (2013)


5  -  Il 5 Gennaio 1327 il consiglio è richiesto di deliberare “quid placeat” cosa piaccia decidere circa le lettere scritte da Poncello Orsini e dal Consiglio e popolo romano al Comune, esibite da Giacomo Lamentana, Podestà di Amelia, quando costui si assentò dal suo ufficio, perché chiamato dallo stesso popolo romano a fare un’ambasciata al Capitano del Patrimonio  e non poté espletare le sua mansioni podestarili, come avrebbe dovuto (“cum dictus Nobilis vir Jacobus Lamentana potestas steterit in quadam ambassiata pro ipso Romano populo ad dominum Capitaneum patrimonij et propterea ad offitium dicte Civitatis adesse non potuerit ut debebat”) e, ciò non ostante detta assenza e quanto previsto dagli statuti e dalle consuetudini amerine, allo stesso Podestà si voglia corrispondere l’intero salario dovutogli (“et quod non obstante dicta absentia et aliquibus statutis vel consuetudinibus dicti communis, eidem Jacobo potestati per dictum Commune Amelie integrum salarium sibi debitum persolvatur”). La decisione del consiglio è favorevole al Lamentana: si vede che Poncello Orsini godeva un notevole credito in Amelia, dove nessuno se la sentiva di contraddirlo! (2014)


5 - Giambattista Boccarini aveva lasciato al Convento dell’Annunziata un legato di quaranta ducati. Il 5 Gennaio 1521 il nipote Pietro Paolo, in acconto, paga a Fra Arcangelo ferrarese, Guardiano del Convento, un acconto di dieci ducati. Meglio di niente! (2014)


5  -  Il 5 Gennaio 1548 il notaio Moricone Cerichelli è chiamato ad attestare la volontà di Sensino Boccarini e Pasquale Muzi di lasciare il mondo e farsi terziari francescani, sottoponendosi all’obbedienza dei Frati dell’Osservanza. Altrettanto fanno Porzia, moglie di Timoteo Venturelli e Berta di Marco Furia, cui si aggiungono altre tre donne. Ma non è finita: a poco più di un anno, il 3 Marzo dell’anno successivo, altri cinque fanno la stessa professione. E’ una vera frenesia di vocazioni! (2015)


6  -  “Vir ornatissimus Aurelius Buccarinus” espone in Consiglio, il 6 Gennaio 1528, che il Cardinale De Valle, recandosi ad Orvieto, dove trovasi papa Clemente VII, fuggito da Roma dopo il saccheggio operatovi dall’esercito di Carlo V, sarà di passaggio per Amelia ed, essendosi dichiarato protettore della nostra Città, lo si accolga con tutti gli onori, ospitandolo nel Palazzo Anzianale e gli si offra un donativo “valoris decem et etiam quindecim ducatorum”, gli si facciano d’incontro molti giovani armati fino a S. Giovanni e le sue armi ed insegne si pongano sulle porte e per le strade ed accorrano a riceverlo “cum favore et D.ni Antiani et cives”, rallegrandosi della sua venuta.

Quanto costavano, anche allora, i favori dei potenti! (1999)


6 -  Il 6 Gennaio 1467 nella sala del palazzo anzianale, fra alcuni cittadini di Amelia nominati dal consiglio generale "super constructione, reparatione et hominum rehabitatione Castri Sambucetoli" per provvedere circa la costruzione, riparazione ed il riattamento abitativo del Castello di Sambucetole ed i Signori “Antonius, alias Carnuale, Laurentius Antonij de Castro Aquilae, Bartolomeus Meneci Cecchi Ciotti de Ameria, Antonius Angelutij, alias la furia de Amelia, et Petrus Joannis Georgij Virriuti alias de Stinche”, si convenne che questi ultimi si impegnassero ad andare ad abitare e risiedere "cum eorum familia, toto tempore eorum vitae" nel suddetto Castello, devastato nel 1413 dalle soldatesche di Paolo Orsini.

Si stipularono, quindi, i patti di un tale accordo, che comprendeva, da parte del Comune, la concessione di una casa per ogni famiglia e l'impegno di mettere a disposizione terreni e boschi di proprietà comunale, compresi entro confini descritti in atto ("a Santo Jacobo ad cimam montium Montispigli, et a Santo Angelo Cirichani usque ad fossatum Santi Leonardi") e, da parte dei nuovi insediati, l'obbligo di risiedere per sempre nel Castello, prestare obbedienza e fedeltà al Comune "tamquam boni viri fideles, et devoti castellani".

L'accordo precedette di poco più di quattro anni l'insediamento, ben più consistente, di una cinquantina di famiglie di origini greco-slave, convenuto il 20 Marzo 1471 (v. infra) fra la magnifica comunità di Amelia e Ser Nicolao Cocle "de Peloponiso". (2004)


6 - Il 6 Gennaio 1575 vengono esibite in consiglio alcune suppliche.

Una viene presentata da “li devoti oratori Alessandro de Gratiosa e Menecone de Nicola della Città d’Amelia”, i quali “espongono  che alli dì passati venuti a parole e contentione Marco de Gentiloccio d’una (parte) et Vincenzo Ronconieri et Anteo fratelli da l’altra et che veduto d’essi oratori corsi al romore per defensione del detto Marco loro fratello e zio respettivamente detto Alessandro con un pugno diede a Vincenzo sopradetto e Menecone una manata al predetto Anteo per il che Alessandro è venuto condannato in ducati trenta, e Menecone in ducati sedici e perché, magnifici signori, li primi moti non sono in potestà degl’uomini e per defensione del loro fratello e zio sono incorsi in tale delitto, però supplicano le SS. VV. vogliano remettergli ogni pena in la quale se retrovano condannati, stante la pace seguita, che tutto reputaranno a grazia singularissima”. La Comunità, “constito de pace” constatata l’avvenuta pacificazione fra le parti, concesse “solitam gratiam”.

Altra supplica viene presentata da “Bonaura de Nebbia”, la quale “supplica questo generoso Conseglio che sendo (essendo) ogni dì molestata per le gravezze del communo (imposte comunali), et sendo povera senza possedere cosa nessuna se non quelli puochi stracci che porta adosso, recorre alle SS. VV. come fonti de pietà la vogliano sgravare dalle date del Podestà e del medico, e di tutte impositioni (che) mette il Communo sicome s’è fatto all’altre povere persone, che tutto quel poco che haveva l’ha dato a sue figliole, siche suplica e prega per amor deddio le vogliano sgravare come ha detto di sopra che il signoreddio le feliciti e dia ogni contento”. Il Consiglio, “attenta maxima paupertate oratricis et constito quod nihil possideat” considerata la massima povertà della supplicante e constatato che nulla possiede, “fiat immunis et exempta ab omnibus dativis impositionibus impositis et imponendis a magnifica Communitate” sia esentata da ogni imposizione comunale presente e futura.

Da ultimo, si legge la seguente supplica: “Mastro Bernardino Lancia da Pesaro sarto novamente (di recente) venuto in questa città per volervi patriare et habitare col suo essercitio ove non molti mesi sono ve s’è ammogliato, desideroso essere tra gl’altri e fideli figliuoli de detta città supplichevolmente demanda alla SS. VV. MM. e questo generoso conseglio l’essentione et immunità solita darse a tutti novitij artesciani, secondo la despositione de statuti d’essa città, e confidato nella loro benignità et amorevolezza verso vertuosi, lho fanno pronto a chiederli tal benefitio, pregandole con ogni caldezza d’animo a sodisfarlo da quanto da lui le sono richieste, che tutto receverà a dono e gratia singularissima e non restarà (cesserà) pregare il signor iddio per la loro felicità e bon regimento”. Gli viene concessa esenzione dalle imposte per un quinquennio. (2008)


6  -   Il 6 Gennaio 1526, Aurelio Boccarini propone in consiglio che “nullus  tam pullarolus quam alia persona revendendi causa audeat vel presumat emere et extrahere extra districtum Amerie lepores, palumbos, perdices seu starnas, merulas, turdos et alia avium genera, sub pena unius ducati auri pro quolibet animali tam lepore quam ave pro quolibet tam emtore quam venditore et vice qualibet” nessuno, né pollivendolo, né altra persona, ardisca, al fine di rivendita, acquistare ed esportare dal distretto di Amelia lepri, palombe, pernici o starne, merli, tordi o altre specie di uccelli, sotto pena di un ducato d’oro per ciascun animale, sia lepre che uccello, per ciascuno di essi, per ogni acquirente o venditore e per ciascuna volta. All’osservanza di tali divieti saranno preposti i Soprastanti del Mercato, i quali, “si fuerint negligentes in tali cura incidantur in penam unius ducati” se saranno stati negligenti nel farli osservare, siano anch’essi soggetti alla pena di un ducato “et nihilominus talis contraveniens habeatur et reputetur infamis et malus civis et privetur officio et beneficio per decennium” e nondimeno, tal contravventore sia ritenuto e considerato infame e cattivo cittadino e sia privato dell’ufficio e del relativo beneficio per un decennio. Tanto tenevano i nostri predecessori alla loro cacciagione!  (2009)


6  -  Il 6 Gennaio 1482, dopo i bandimenti di rito, viene convocata, nella Chiesa di S Agostino, l’assemblea generale (“cerna” o “generalis arrenga”) di tutti i cittadini di Amelia, nella quale sono presenti i membri dei due consigli -generale e speciale- i capitani delle contrade, le magistrature cittadine, nonché una “multitudo maxima et innumerabilis” di popolo, su “mandato, voluntate et matura deliberatione” dell’Illustrissimo Signore Domenico Gentile Bicci di Genova, Governatore di Spoleto, Amelia, ecc., nonché dell’Esimio “legum doctor” Giovanni de Tolomeis di Subiaco, collaterale e vice-podestà della Città di Amelia ed, inoltre, degli Anziani, personalmente nominati, ad iniziare da Giovanni di Ser Paolo Vatelli, Gonfaloniere, Gentile di Ludovico Archileggi, Isidoro di Ser Benedetto Artemisi, Tommaso di Piergiovanni Colocci, Giuliano alias Carafa e Nicolò Tosorelli. Cosa era avvenuto per giustificare la congregazione di una così grande moltitudine? Lo espone il Governatore:

“Unicuique vestrum, Magniifici Domini Antianj, vosque ceteri cives prestantissimi qui jmpresentiarum hic convocati extis notum esse debet” a ciascuno di voi, Signori Anziani ed a voi tutti ragguardevoli cittadini che siete stati personalmente convocati, deve essere noto “quo amore, qua fide et caritate vestram hanc civitatem et jllius cives et populum preteritis temporibus dileximus et jmpresentiarum diligimus jllorum etiam pacem semper optavimus” con quanto amore e con quale fedeltà fin dai tempi passati abbiamo prediletto, come attualmente prediligiamo, sia la vostra città che il suo popolo e come sempre abbiamo desiderato per voi la pace. “Molesta quidem nobis fuit preparata coniuratio que manifestata fuit in anno preterito et propter jllam nonnulli morte puniti et aliqui exilio dannati extitere”. (Vi è noto) altresì (che) venne ordita contro di noi una spiacevole congiura, che si manifestò nel decorso anno ed, in conseguenza della quale, numerose persone furono condannate a morte ed altre vennero esiliate “Et ne jnfuturum similes coniurationes fiant et talia atrocissima delicta preparentur, unusquisque ab illis se caveat et jmposterum pacifice et quiete vivat” ed affinché nel futuro non si verifichino più simili congiure e non si imbastiscano tali atrocissimi delitti, ognuno se ne guardi dal compierli e, per l’avvenire, viva pacificamente ed in piena tranquillità, “quod gratissimum Sanctitate Domini Nostri Sanctissimo collegio Romanorum cardinalium et nobis cuius gubernio recommissi extitis spetialiter fuerit” il che sarà oltremodo gradito alla Santità di Nostro Signore (il papa), al Santissimo Collegio dei Cardinali e spacialmente a noi, al cui governo siete stati affidati. “Si quis autem contravenire temptabit” se qualcuno poi tenterà di trasgredire “nostro durante guberno atrocissime se suosque natos cum justitia puniri debere” durante il nostro ufficio, dovrà essere atrocissimamente punito secondo giustizia lui ed i suoi discendenti.

Il Governatore seguita la sua esposizione, dicendo: “fuimus his diebus cum jnstantia requisiti a multis amerinis ut providere et ordinare aliquid vellemus (sic) circa restitutionem bonorum stabilium coniuratorum predictorum et dicta bona vel liberaliter accipere pro communi vel heredibus coniuratorum suspensorum et filijs coniuratorum viventium et jn exilio damnatorum restituere” siamo stati in questi giorni insistentemente richiesti da molti amerini di voler provvedere in qualche modo nei riguardi della restituzione degli immobili appartenuti ai congiurati, se tali beni debbano venire liberamente confiscati a favore del Comune o essere restituiti agli eredi dei congiurati impiccati o ai figli dei congiurati viventi e condannati all’esilio.

Chiede, inoltre, che l’assemblea generale deliberi “circa remunerationem et recognitionem fiendam jllis qui revellaverunt coniurationem jn anno preterito patifactam (sic) cum salute totius vestre Civitatis et civium eiusdem” a proposito del premio spettante a coloro che, nel decorso anno, rivelarono la congiura che venne scoperta con beneficio sia della Città, che dei suoi abitanti.

Su queste ed altre numerose questioni da decidere, il Governatore esorta i presenti ad esporre le proprie opinioni.

Per primo, prende la parola Ludovico di Carlo Boccarini “vir hornatissimus et omni laude dignus” uomo di grande onorevolezza e degno di ogni lode, il quale propone che “bona mortuorum quamvis confiscata sint communitati” i beni dei congiurati giustiziati, sebbene siano stati confiscati a favore della comunità, “restituantur amore dei eorum filijs, sed quantum ad bona rebellium viventium dixit quod illorum determinatio remaneat jn arbitrio Ill.mi d.ni Gubernatoris et in eius voluntate” per l’amore di Dio, vengano restituiti ai lori figli, ma quanto alle proprietà dei condannati all’esilio, la loro destinazione venga decisa secondo il giudizio del Governatore, che dovrà, altresì, decidere, di concerto con gli Anziani, “omnis et quacumque recognitio fienda revellantibus coniurationem” sul comportamento da adottare nei confronti di coloro che denunziarono la congiura. I due successivi oratori, Berardino Geraldini e Bartolomeo Cansacchi, si associano a quanto proposto dal Boccarini.

Nella stessa “cerna”, fra gli altri argomenti trattati, si esaminano alcune suppliche.

Una è presentata “per parte deli fidelissimi servitori persone et homini habitanti nel Castello de Sanctofecetulo contado de Ameria che conciosiacosa sieno venuti ad habitare nel decto Castello fo per le molte promixione sì de miser nicolò (Cocle) primo conducitore, sì deli altri varij ciptadinj per alliciarlj (indurli) ad venire et habitare decto castello, promectendolj la jmmunita et exemptione de xxv anni advenire, Et dala Comunità de ameria non hanno receputa jnmunita più che per dece annj quasi decursi. Et perché li dicti supplicanti volendo habitare jn ipso castello non poterieno bisognandoli pagare le dative et altre gravezze attenta la loro miseria et povertà. Et si non havessero qualche altra exemptione per quello tempo (che) parerà a V. Ill.ma S.ria serieno necessitati ad habandonare decto castello che non serria senza grandissimo danno dela Comunità de ameria, non solo del castello desabitato, quanto che per le possexione dele valle, le quale per loro respecto pacificamente se possedono. Jtem perché havendo altra jmmunita deliberano ordinare de fare doi fornace de calcina per refare lo decto castello et le case in epso existenti, pertanto supplicano a V. Ill.ma S.ria se degnie concederlj qualche exemptione et jmmunità. Jtem supplicano che V. Ill.ma S.ria voglia concedere a quellj (che) habitano dicto castello liquali non hanno totalmente participato (avuto parte) deli terrenj como fo concesso alli primi schiavi (schiavoni), che habiano la loro rata delli terrenj dela comunità, como hebbero li primi schiavj. Jtem supplicano che li terreni dela comunità de ameria se dieno più presto (piuttosto) a laborare per uno competente prezzo et breve (modesto) alli dicti supplicati, che ad altri, perche ipsi portano tucto el peso et el carco de guardare la contrada delle valle, defendendola da omne persona che occupare volesse”.

Altre due suppliche, rispettivamente presentate da Giorgio Bianconi di Lagoscello e da Pietro di Fiesole, sono dirette ad avere sgravi fiscali, a causa della loro povertà.

Le decisioni adottate prevedono, per i beni dei congiurati impiccati, la devoluzione ai loro figli e, per gli esiliati, che i frutti siano destinati secondo quanto deciso dalla Comunità; per la supplica degli Schiavoni immigrati a Sambucetole, che si rinnovino e si riconfermino i capitoli a suo tempo stipulati con Nicolò Cocle “de Peloponniso”, da valere anche nei confronti degli altri che verranno in seguito, nei successivi sette anni.

Tutte le altre questioni sono demandate alla decisione del Governatore, da prendere insieme agli Anziani.

Non si conosce in cosa consistesse la congiura che portò alcuni cittadini sul patibolo ed altri all’esilio. (2010)


7 - Il 7 Gennaio 1997 la bandiera italiana compie 200 anni.

Il 7 Gennaio 1797 il tricolore venne proclamato come vessillo della Repubblica Cispadana. La cerimonia avvenne nella sala del Palazzo Comunale di Reggio Emilia, ora chiamata “Sala del Tricolore”.

Il vessillo verde-bianco-rosso venne poi, nel 1848, assunto istituzionalmente come bandiera nazionale. (1997)


7 - Il 7 Gennaio 1719 vengono fissati i “Prezzi delle grascie(1) da vendersi nel mercato” in Amelia, così determinati:

“Cascio (cacio) dal giorno di Natale sino a tutto Carnevale, bajocchi 5 la libra, il resto dell’anno, baj. 4;  salami di porco, la libra baj. 8; strutto, la libra baj. 5;  presciutti, et ogn’altra sorte di carne salata, baj. 4; salciccie, la libra baj.4; tonnina, la libra baj. 6; sorra, la libra baj.10. Alici, quattro à bajocco.

“L’altri salumi, cioè mosciumano, merluzzo, salamone, pesce salato o marinato, aringhe, saraghe, sardelle, caviale, e ogn’altra sorte di salume in oglio non si possino vendere se non a quelli prezzi, che di mercato in mercato saranno posti dalli Ill.mi Sig.ri Soprastanti”. Altrimenti “si procederà contro li trasgressori senza riguardo di persona alcuna”, applicando una pena “di scudi 10 per ciascuno, e ciascuna volta”.

(1) Le “grascie” erano sia le vettovaglie necessarie al consumo di una città, che i dazi dovuti per introdurvele. (2000)


7  -  Il Cardinale de Lunate, Legato della Sede Apostolica, continuando la guerra contro gli Orsini, fa chiedere dal Luogotenente dell’esercito papale agli Amerini cento fanti da mandare in campo contro Bracciano. Il 7 Gennaio 1497, nel maggior consiglio, si propone che, “pro solvendis peditibus” per il pagamento degli armati, gli Anziani, insieme a quattro cittadini da eleggersi dagli stessi, “describant et eligant centum cives qui mutuent in Commune unum ducatum largum pro quolibet” scelgano ed elenchino una lista di cento nominativi di persone disposte a prestare al Comune un ducato largo per ciascuna “et pro restituendis pecuniis mutuo accipiendis imponatur dativa exigenda infra quatuor menses” e, per la restituzione della somma presa a mutuo, venga imposta una tassa, da riscuotersi dopo quattro mesi “et qui primo solverit, illi primo restituatur et hec lex plene observetur” e chi avrà per primo anticipato il pagamento del ducato, sarà il primo ad averne il rimborso e tale disposizione abbia piena osservanza. A ben considerare, i soldi uscivano sempre e soltanto dalle tasche dei cittadini, anche quando sembrava che vi entrassero!

A distanza di sei anni, il 7 Gennaio 1503, durante la convocazione della cerna, è chiamato a parlare tal Roscetto di Andrea Pei, il quale riferisce che, nei giorni passati, per comando avutone dagli Anziani, si era recato a Cesena, presso Agapito Geraldini, il segretario del Duca Valentino, dal quale aveva avuto il consiglio circa le misure utili da adottare da parte della Città di Amelia, che esortava a non indugiare (“non dormiret”) ed a preporre tre o quattro cittadini “super rebus bellicis”, cioè a capo delle operazioni belliche. Roscetto prosegue dicendo che è stato anche a Roma e, dal Vescovo di Valle, da parte del papa, “precepit ut Amerini, in quantum possint, molestiam et bellum inferant domicellis de Alviano, hostibus prefati S.mi D. N. pape et Lugnanensibus” ebbe ordine che gli Amerini, per quanto in loro potere, rechino molestia e combattano i signori di Alviano, nemici del papa, nonché i Lugnanesi. Raniero di Gerolamo Archileggi si alza a parlare proponendo che gli Anziani eleggano da quattro a sei uomini dotati di grande prudenza, per provvedere “super rebus bellicis” e procedano pure a dar seguito alle richieste del papa, ma si raccomanda che le operazioni siano condotte con cautela, “idque primo fiat blanditijs, placide ac sine cede, incendio et rapina” e, cioè, che si proceda con blandizie, dolcemente, senza uccisioni, né incendi o rapine. Da tale proposta emerge tutta l’indole bonaria e pacifica del popolo amerino.

Nel maggior consiglio, che segue lo stesso giorno, vengono nominati  “cives de arbitrio”, cioè preposti con poteri decisionali sugli affari bellici e risultano eletti: Anselmo Cascioli, Giovanni Antonio di Ceraso de’ Moriconi, Gabriele di Ludovico Archileggi e Pompilio di Battista Geraldini. Durante la seduta, giunge una lettera del Governatore Carlo Maschio, indirizzata al podestà ed agli Anziani, con accluso un breve papale, che reca le seguenti notizie: “Putamus vos jam jntellexisse capturam Cardinalis Ursinis, Vitellotij et aliorum ursinorum et quorundam eorum complicum, ob nota eorum proditione” pensiamo abbiate già saputo della cattura del Cardinale Orsini, di Vitellozzo  e degli altri complici, a causa del loro ben noto tradimento. “Quare volumus et vobis mandamus ut, visis presentibus, per omnes passus et quacumque loca oportuna ipsius civitatis et gubernij provideatis ut quicumque armigeri tam equites quam pedites ipsorum Ursinorum et Vitellotij ac ballionum isthac transeuntes seu isthic existentes capiantur et armis ac bonis omnibus exuantur et spolientur”;  perciò vogliamo e vi comandiamo che, preso atto del presente, provvediate che, lungo tutte le vie d’accesso ed ogni luogo della vostra città e territorio soggetto, vengano catturati tutti gli armati, tanto a cavallo che a piedi, sia degli stessi Orsini, che di Vitellozzo (Vitelli) e dei Baglioni, che transitassero per di là o si trovassero ivi e che vengano spogliati e privati di armi e beni, “in quo omni diligentia utemini et de his quos feceritis Nos per vestras licteras faciatis certiores” ed usiate in far ciò la massima diligenza e di quanto avrete fatto, ci renderete pienamente partecipi con vostre lettere.

A questo punto, nelle riformanze, risulta trascritto il seguente edificante resoconto in stile telegrafico:

“Li presi in Senegaglia

“Signor Paulo Ursino - Duca de Clavina - Vitellozo et Liverotto da Fermo

“Funi vita functi in Senegallia

“Presi in Roma

“El Cardinale Ursino Arcivescovo di Fiorenza - Fluxu perijt in arce S. Angeli

“Lo Abate dalviano - in S. Marrocho detinetur adhuc

“Jacomo Sancta Croce - capite truncus”.

Gli episodi cui tale resoconto si riferisce fanno parte della storia. Il primo riguarda la cattura che Cesare Borgia fece fare a Senigallia il 31 Dicembre 1502 di Paolo Orsini, del Duca di Gravina (Francesco Orsini), di Vitellozzo Vitelli e di Oliverotto da Fermo: gli ultimi due sono fatti uccidere lo stesso giorno e gli altri due nel Castello della Pieve, il 18 Gennaio successivo, tutti “funi vita functi”, cioè strangolati. Quanto agli altri, il Cardinale Giovan Battista Orsini muore con sospetto di veleno (ufficialmente per un non meglio identificato flusso di sangue) a Castel S. Angelo il 22 Febbraio, l’Abate Bernardino d’Alviano è tenuto prigioniero (fino ad ora) a San Marrocco e il Vescovo Giacomo di Santa Croce viene decapitato (“capite truncus”). Era il minimo che potesse capitare a chi si inimicava il Duca Valentino ed il papa. (2010)


8 - Mala tempora currunt! “Fama volat” che Marzio Colonna, alleato degl’imperiali, stia per giungere in Amelia: sarà prudente ospitarlo? non ne deriverà per la Città “odium et cum tempore forsan jactura”? La questione è portata in Consiglio l’8 Gennaio 1528, per decidere sul da farsi. Il Nobiluomo Giovan Battista Moriconi, dopo aver prudentemente “implorato prius  celesti auxilio”, è del parere che, “donec et quousque S.mus D.N. (il papa) erit in presenti esse et non erit visum ad quales partes tendat”; cioè finché non sarà chiaro conoscere da che parte penda Clemente VII,  sarà  “igienico” che, senza suo consenso, “nemo tam de imperialibus, quam de liga, habeat hic recipi et intus civitate admicti, nec cum comitiva, nec sine et sit cuiuscumque gradus et conditionis”; cioè che nessuno, né degl’imperiali, né della Lega, sia fatto entrare nella Città, né in comitiva, né da solo, a qualunque grado e condizione esso appartenga.

Perdurando una situazione tanto fluida ed incerta, la prudenza non è mai troppa! 

In tale ottica, sarà bene adottare quanto prima misure atte a rafforzare le difese cittadine, temendosi una nuova imminente invasione “barbararum gentium”, per premunirsi “contra excidium perenne”. (1999) 


8 - Fra le tante questioni su cui deliberare nella seduta del Consiglio in data 8 Gennaio 1617, ve n’è una della massima urgenza:

“le scuole di S. Angelo stanno in tanto mal termine, che se non si riparano li solarii, com’è necessarissimo di fare, un giorno rovineranno con precipitio di qualcuno”.

Il Consiglio Generale delibera “che il Massaro habbia cura di fare il risarcimento che vi bisogna per adesso con manco spesa che sia possibile”.

E’ il solito ed eterno sistema, dettato dalla endemica carenza di risorse finanziarie, di rappezzare le cose, senza mai cercare di risolverle una volta per tutte. (2000)


8 - Il Cancelliere Battista Mariani de Quarantoctis chiude la stesura del libro delle riformanze, che coincide con la data dell'8 Gennaio 1473, con una dissertazione in latino degna della più alta tradizione umanistica. Rivolgendosi a colui che avrà la bontà di leggere diffusamente quanto scritto in quel volume "quisquis es, qui hunc nostrum libellum lectitare dignaberis", se s'imbattesse in qualche passo raffinato e forbito "limatum comptumque", ne renda grazie a Dio immortale, poiché da Esso, come da ricca fonte, viene dispensato ogni bene fra gli uomini. Se, al contrario, vi scorgesse qualcosa di folle, balbettante o sciocco "quid delirum, balbum aut ineptum deprehenderis", gradirebbe che il lettore lo attribuisse non tanto a lui ed alla sua inettitudine "id adscribas non tam mihi et imperitie mee", quanto alla ristettezza di tempo, unita alla vastità degli argomenti trattati "quam angustie temporis simul et rerum magnitudini", che spesso gli vietarono di scrivere forbitamente e diffusamente "que nonnumquam adeo me divertum traxere ut nedum terse disserteque scribendi tempus daretur", e che talora gli lasciarono appena il tempo di respirare "vix spirandi interdum fuerit occasio". Esorta, quindi, il lettore a considerare, non tanto la mancanza di grazia delle parole o la rozzezza del discorso, quanto, piuttosto, l'incrollabile lealtà e la devota mente di chi scrive "Verumtamen metieris legens non inconcinnitatem verborum, sive rusticitatis sermonis, quin potius inconcussam fidem devotamque mentem scribentis", al paragone delle quali, ogni eloquenza diviene squallida "ad quas omnis eloquentia comparata sordescet".

Congeda il lettore, esortandolo a non dimenticarsi di lui ed a scrivere tributando il giusto valore alle cose che, nella vita, gli sono maggiormente care, apprezzandole più di tutto l'oro e l'argento del mondo "Scribe longe magis amantis curantisque ac pluris facientis honorem quam omne quod sub celo est aurum et argentum ac plus quam ea que sunt in vita carissima". (2001)


8 - Da "AMERIA", periodico "Amministrativo - Agricolo - Letterario - Educativo - Sportivo" dell'8 Gennaio 1899, sotto il titolo "Un falso allarme", si ricava la seguente singolare notizia:

"La sera del 4 andante circa le ore 8, echeggiarono nell'aria formidabili e ripetuti colpi di fucile. Taluni, credendo che il brigante Viola avesse fatto un'ardita punta nel territorio di Amelia e che si trattasse di uno scambio di fucilate tra esso e la forza pubblica, frettolosamente rincasarono per porre in salvo la vita e gli averi da una visita inaspettata del famoso bandito. Altri credettero che si verificasse invece l'annunciata fine del mondo. Abbiamo veduto noi stessi alcuni buoni amerini col naso all'aria per vedere se il bombardamento veniva dalle sfere celesti ed altri aprire le fenestre e perlustrare paurosamente l'orizzonte per accertarsi se erano quelle le avvisaglie del cataclisma. Si seppe poi che la cagione del rumore erano stati alcuni buontemponi cacciatori che, dopo bevuto di quel buono  da Giustina di Tozzo, nel ritorno in Amelia scaricavano come semplice esplosione di goja le loro armi in aria.

Il timore di Viola e del finimondo finì così ... in fumo". (2006)


8  -  Da parte del Luogotenente Generale del “cristianissimo” esercito del re di Francia, Scalco di Bretagna, “ob multa incommoda expensas et dampna in transitu felicissimi exercitus prefati christianissimi francorum Regis passa per Comunitatem Civitatis Amerie” a compensazione delle notevoli spese e danneggiamenti subiti dalla Comunità di Amelia a causa del passaggio del suddetto “cristianissimo e felicissimo” esercito francese, “ipsi Comunitati donata fuerunt et consignata Castra” alla stessa Comunità vennero donate e consegnate alcune rocche, cioè “Alvianum vardechia et Atiglianum, quorum castrorum Massarij incole et abitatores sollempnibus stipulationibus promissis iuraverunt ac promixerunt Communi dicte Civitatis fidelitate et obedientiam” Alviano, Guardea ed Attigliano, i cui Massari ed abitanti giurarono e promisero alla Città di Amelia, con solenni trattati, fedeltà e obbedienza. Ma, almeno per Guardea, non andò tutto liscio: “demum, dicti Massarij accole et habitantes, diabolico spiritu istigatj, non salvata fide receperunt abbatem ac reliquos dominos de Alviano et illorum gentes, quod atrox facinus magna adversione dignum est”  ma, in effetti, i massari ed abitanti (di Guardea), istigati da spirito diabolico, violando la giurata fedeltà, accolsero l’abate e gli altri Signori degli Alviano, insieme alle loro genti, il quale atroce misfatto è degno della massima condanna (e, quindi  di un’adeguata punizione). Pertanto, nella riunione consiliare dell’8 Gennaio 1495, con una deliberazione presa a voti unanimi (“nemine ipsorum dissentiente”), si decide “quod statim mictatur populus Amerinus ad demoliendum ruinandum et deguastandum et comburendum dictum castrum guardechie et eius arcem” che, immediatamente, tutto il popolo di Amelia vada a demolire e bruciare il Castello di Guardea e la sua rocca.

Non si conosce l’esito di questa spedizione punitiva, ma il 18 successivo è fatta menzione nelle riformanze che, “circha dispositionem captivorum qui stent in carceribus palactij ut fugam non arripiant, delliberaverunt dictos captivos ponere et inmictere in fundo sive carcere campanilis et ita actum et executum est” riguardo alla sistemazione dei prigionieri rinchiusi nelle carceri del palazzo, per impedirne una possibile fuga, venne deciso di trasferirli nel carcere del campanile; il che venne puntualmente eseguito. (2010)


8  -  L’8 Gennaio 1531 il Governatore fa proclamare solennemente il bando di cui si trascrivono i seguenti brani:

“Per parte et commissione dello Mag.co et Honorato Homo Messer Jacomo de Crescentiis Patritio Romano de Riete, Teranj et Ameria Governatore Dignissimo etc.

“Se bannisce et commanda ad tucte et singule persone de qualuncha stato conditione o grado se sia, tanto habitante quanto Citadino della Cità de Amelia che non ardischa de biastemare seu quomodocumque (o in qualsiasi modo) vituperare el nome dellonipotente Dio et della Gloriosa Vergine Maria ne de alcun sancto o sancta dela Corte celestiale sotto la pena et alla pena de doi tractj de corda et de dece ducatj per ciasche persona et per ciasche volta, da aplicarse per la mità alla Communità de Amelia, per uno quarto alla signoria del Governatore et per laltro quarto allo exequtore che ne farrà exequtione.

“Jtem che non sia alchuna persona come de sopra, non obstante che havesse privilegio alcuno, che ardisca portare arme per la dicta Cità de Amelia de nisciuna sorte, tanto da offendere quanto da defendere, sotto la pena et alla pena de tre tracti de corda et vinticinque ducatj per ciasche volta et per ciasche persona et perdimento de arme, da applicarse come de sopra et le arme siano dello exequtore che ne farrà exequtione.

“Jtem che non sia alchuna persona come de sopra che ardisca de andar perla cità de nocte de poj lo terzo sono dela campana sensa lume, socto la pena et alla pena de un ducato doro per ciasche persona et ciasche volta, da applicarse come de sopra.

“Jtem che non sia alcuno come de sopra che recepti o dia recepto in alcun modo ad alcuno exbannito, sotto la pena et alla pena de cento ducati doro, da applicarse come de sopra.

“Jtem che non sia alcuna persona come de sopra che ardisca de andare in maschara, sotto la pena et alla pena de doi tracti de corda et vinticinque ducatj doro per ciasche persona et ciasche volta, da applicarse come de sopra.

“Jtem che non sia alcuna persona  come de sopra che tenga corte (riunioni) in casa, né ardisca tener corte tanto in casa, quanto nelle strade, né de dì né de nocte in modo alcuno, sotto la pena et alla pena de cinquanta ducatj doro per ciasche persona et ciasce volta, da applicarse come de sopra.

“Jtem che non sia alcuna persona come de sopra che ardisca jocare al joco de la Cutulella dentro dela cità, sotto la pena et alla pena de dece ducati per ciasche persona et ciasche volta, da applicarse come de sopra.

“Jtem che ogne persona possa accusare ciascheduno che jncurrerà nelle sopradicte pene o jn alcune de epse, al quale serrà data fede con juramento et serrà tenuto secreto et guadagnarà la quarta parte della pena.

.......................................................................................................................

“Jtem che de tucte et singule cose se possa procedere per jnquisitione et sia dato fede ad un testimonio solo con juramento.

.......................................................................................................................

“Jtem se bannisce ... che ognuno che menerà in mano dela corte alcuno exbannito per homicidio, si serrà delli exbannitj, seli remecterà el banno et si altri guadagnarà dece ducati.

“Jtem che ad ognuno sia lecito occidere et fare occidere li exbanniti de pena capitale sensa jncorrere jn pena alcuna.

“Jtem che tucti quelli (che) havessero o sapessero chi havesse robe de sbannitj, le debiano revelare alla Signoria del sopradecto sig.or Governatore, overo ad sui officialj per tucto el dì de hoge (oggi) et chi le avesse, assignarle sotto pena et alla pena de cinquecento ducatj doro de facto alla Camera apostolica da applicarse et ai contrafacientj da tollere”. (2011)


8  -  Dal periodico “AMERIA” dell'8 Gennaio 1899, sotto il titolo “Disgrazia”, si legge:

“Al legno che riconduceva la commissione del Comizio Agrario di Spoleto alla stazione di Narni, oltrepassato di poco il secondo ponte della discesa di S. Pellegrino, si distaccava improvvisamente la bilancia.

“A tale contracolpo il vetturino cadeva di cassetta abbandonando le redini e il cavallo si dié a precipitosa fuga attaccato alla bilancia che gli faceva luogo di sferza. Dopo varie ricerche fu ritrovato dentro un piccolo burrone in uno stato deplorevole, per cui fu d'uopo di ucciderlo. Apparteneva al vetturino Pietro Ciancuto. I viaggiatori ne uscirono fortunatamente incolumi”. (2012)


9 - Occorre procedere alla nomina del medico condotto, il cui mandato annuale è scaduto. Il notaio verbalizzante, in funzioni di Cancelliere, Andrea di Carità di Perugia, il 9 Gennaio 1400, con parole improntate ad aulica oratoria ed a reminiscenze classiche, fa precedere l'argomento da trattare con tale ornata espressione: "Quia qui rei publice statum et generaliter cupit stare fastigium ad universa debet esse sollicitus" poiché chi desidera il buono stato della cosa pubblica ed in genere la sua alta condizione deve preoccuparsi di tutto, gli Anziani, "volentes circha eiusdem rei publice comodum de salubri remedio providere et moras rumpere omni temporis quoniam sepe nocuit differre paratis" volendo provvedere con salutare aiuto al giovamento della stessa cosa pubblica e senza indugio di tempo, poiché spesso l'attesa nuoce a chi è pronto all'azione (e qui il buon Cancelliere cita -invero alquanto a sproposito- quasi testualmente la frase che Lucano, nel "Pharsalia", mette in bocca a Gaio Scribonio Curione, per sollecitare Cesare a marciare contro Roma: "Tolle moras: semper nocuit differre paratis"), gli Anziani, si diceva, "nemine discordante", ad unanimità di consensi, "eligerunt, deputaverunt etiam et refirmaverunt Virum Egregium et medicine doctor magistrum Johannem Angeli de Reate, medicum et pro medico dicte civitatis et comitatus Amelie" nominarono e riconfermarono quale medico della Città e contado di Amelia l'egregio Dottore in medicina Giovanni Angeli da Rieti, con  stessi salario, patti e condizioni convenuti nella sua precedente condotta. (2006)


9  -   La Camera Apostolica aveva il monopolio del sale, come ancora ai tempi nostri quest’ultimo appartiene allo Stato, insieme a quello dei tabacchi. L’approvvigionamento di un bene tanto indispensabile, nel tardo medioevo, veniva appaltato al miglior offerente. Il 9 Gennaio 1465 nelle riformanze si trova annotato che, per l’anno appena iniziato, “nemo obtulit velle conducere dictum sal ad civitatem Amerie ab Urbe Roma quam infrascriptus Julianus” nessuno si offrì di rifornire di sale la Città di Amelia, prelevandolo dalle salare di Roma, eccettuato un tal Giuliano, che si disse disposto a farlo “ad rationem trigintaunius bononenorum pro quolibet rubro et xxxvj bon. pro tota quantitate supra dictum pretium” per 31 bolognini per rubbio, oltre ad altri 36 bolognini per l’intera quantità di sale fornito “et dictum sal pro dicto pretio extrahere de salaria urbis rome et conducere in salariam communis Amerie omnibus suis sumptibus et expensis” e, per il detto corrispettivo, estrarlo dalla salara di Roma e portarlo nel deposito della Città di Amelia, a proprie -si fa per dire- spese. Alla unanimità, gli Anziani approvano l’offerta di Giuliano. Parafrasando il Padre Dante, come “sa di sale” il sale altrui! (2010)


8  -  Dal periodico “AMERIA” dell'8 Gennaio 1899, sotto il titolo “Disgrazia”, si legge:

“Al legno che riconduceva la commissione del Comizio Agrario di Spoleto alla stazione di Narni, oltrepassato di poco il secondo ponte della discesa di S. Pellegrino, si distaccava improvvisamente la bilancia.

“A tale contracolpo il vetturino cadeva di cassetta abbandonando le redini e il cavallo si dié a precipitosa fuga attaccato alla bilancia che gli faceva luogo di sferza. Dopo varie ricerche fu ritrovato dentro un piccolo burrone in uno stato deplorevole, per cui fu d'uopo di ucciderlo. Apparteneva al vetturino Pietro Ciancuto. I viaggiatori ne uscirono fortunatamente incolumi”. (2012)


8  -  Nella seduta consiliare dell’8 Gennaio 1329 Pietro Todini di Todi e Zolo Pagliucci di Santa Restituta, “cum intendant habitare et manere in perpetuum in Castro Fratezole” poiché intendono venire ad abitare nel Castello di Frattuccia ed ivi restare per sempre, supplicano il Consiglio “et humiliter petunt quod eisdem et cuilibet eorum concedatur benefitium ciptadinantie et quod non teneantur solvere aliquam dativam vel collectam vel focaticum hic ad decem annos proxime venturos, sicut olim concedebatur forensibus quibus concedebatur benefitium ciptadinantie” e chiedono umilmente che a ciascuno di essi venga concesso il beneficio della cittadinanza e che non siano tenuti, per i prossimi dieci anni, al pagamento di alcuna tassa o imposta, compreso il focatico, come un tempo si concedeva ai forestieri che chiedevano di diventare cittadini; “interea parati sunt omnia alia servitia facere que faciunt alij de Fratezola, et elapsis decem annis promictunt solvere et omnia facere que faciunt alij de fratezola et demum facere et construere in dicto castro et predicta petunt sibi fieri omni modo et iure quibus melius potuerint”, inoltre, sono disposti ad eseguire tutti quei servizi che fanno gli altri abitanti della Frattuccia e, trascrorsi i dieci anni, promettono di pagare come gli altri del detto castello ed, infine, di costruirsi una casa. Il tutto chiedono  di poter ottenere e nel miglior modo possibile. Nel maggior consiglio del dì seguente, ai due candidati nuovi cittadini si concede quanto da essi richiesto. (2014)


8  -  L’8 Gennaio 1460 il notaio Ricco di Francesco è rogato della stipula di un atto alquanto singolare. Blasio di Antonio e Giacomo Sbardellati erano due albergatori “hospitatores” di “forenses venientibus (sic) ad dictam Civitatem Amelie” forestieri che venivano in Amelia per periodi più o meno lnghi e si erano reciprocamente accordati a “non exire portam pusciolinj” non uscire oltre la porta Busolina (oggi Romana) “ad provochandum et conducendum ad eius hospitium forenses” per invogliare e condurre i forestieri al proprio albergo, “sed ipsos dimictere ire ubicumque ipsis forensibus videbitur et placebit” ma lasciarli liberi di andare dove volessero, senza dir loro “voli tu albergare con mecho?”. Ma poiché una simile soluzione non si era rivelata dare i frutti sperati -forse anche perché di difficile controllo in caso di inosservanza del divieto di fare pubblicità a proprio favore- Blasio e Giacomo si accordarono  “quod unicuique ipsorum liceat dicere forensibus qui volunt hospitari” che a ciascuno di essi fosse lecito dire ai forestieri in cerca di ricovero: “eccho lalbergi si volete allogare”, oppure, stando “intus barbachanem dicte porte” da dentro il barbacane della porta Busolina: “volete albergare con mecho?” . “Que omnia et singula dictus Blasius et Jacobus promiserunt et convenerunt ad invicem actendere et observare” entrambi promisero e convennero reciprocamente di osservare quanto convenuto, stabilendo anche una pena di tre ducati d’oro per chi non avesse rispettato i patti. Ma, a questo punto, essendo ciascuno libero di attirare la clientela al proprio albergo, non si comprende in cosa sarebbe consistito violare i patti.

Per la cronaca, l’atto venne redatto “in orto Ecclesie Sancti Secundi extra muros” nell’orto della Chiesa di S. Secondo fuori delle mura. (2014)


9 - Occorre procedere alla nomina del medico condotto, il cui mandato annuale è scaduto. Il notaio verbalizzante, in funzioni di Cancelliere, Andrea di Carità di Perugia, il 9 Gennaio 1400, con parole improntate ad aulica oratoria ed a reminiscenze classiche, fa precedere l'argomento da trattare con tale ornata espressione: "Quia qui rei publice statum et generaliter cupit stare fastigium ad universa debet esse sollicitus" poiché chi desidera il buono stato della cosa pubblica ed in genere la sua alta condizione deve preoccuparsi di tutto, gli Anziani, "volentes circha eiusdem rei publice comodum de salubri remedio providere et moras rumpere omni temporis quoniam sepe nocuit differre paratis" volendo provvedere con salutare aiuto al giovamento della stessa cosa pubblica e senza indugio di tempo, poiché spesso l'attesa nuoce a chi è pronto all'azione (e qui il buon Cancelliere cita -invero alquanto a sproposito- quasi testualmente la frase che Lucano, nel "Pharsalia", mette in bocca a Gaio Scribonio Curione, per sollecitare Cesare a marciare contro Roma: "Tolle moras: semper nocuit differre paratis"), gli Anziani, si diceva, "nemine discordante", ad unanimità di consensi, "eligerunt, deputaverunt etiam et refirmaverunt Virum Egregium et medicine doctor magistrum Johannem Angeli de Reate, medicum et pro medico dicte civitatis et comitatus Amelie" nominarono e riconfermarono quale medico della Città e contado di Amelia l'egregio Dottore in medicina Giovanni Angeli da Rieti, con  stessi salario, patti e condizioni convenuti nella sua precedente condotta. (2006)


9  -   La Camera Apostolica aveva il monopolio del sale, come ancora ai tempi nostri quest’ultimo appartiene allo Stato, insieme a quello dei tabacchi. L’approvvigionamento di un bene tanto indispensabile, nel tardo medioevo, veniva appaltato al miglior offerente. Il 9 Gennaio 1465 nelle riformanze si trova annotato che, per l’anno appena iniziato, “nemo obtulit velle conducere dictum sal ad civitatem Amerie ab Urbe Roma quam infrascriptus Julianus” nessuno si offrì di rifornire di sale la Città di Amelia, prelevandolo dalle salare di Roma, eccettuato un tal Giuliano, che si disse disposto a farlo “ad rationem trigintaunius bononenorum pro quolibet rubro et xxxvj bon. pro tota quantitate supra dictum pretium” per 31 bolognini per rubbio, oltre ad altri 36 bolognini per l’intera quantità di sale fornito “et dictum sal pro dicto pretio extrahere de salaria urbis rome et conducere in salariam communis Amerie omnibus suis sumptibus et expensis” e, per il detto corrispettivo, estrarlo dalla salara di Roma e portarlo nel deposito della Città di Amelia, a proprie -si fa per dire- spese. Alla unanimità, gli Anziani approvano l’offerta di Giuliano. Parafrasando il Padre Dante, come “sa di sale” il sale altrui! (2010)


9  -  L’adesione di Amelia a Ludovico il Bavaro e all’antipapa Pietro da Corvara (Niccolò V) era avvenuta in Amelia nell’aprile del 1328, ma lo scarso seguito dei loro fautori, a poco a poco,  aveva convinto molti amerini,  che vi avevano aderito, a ritornare sui propri passi, tanto più che, nel frattempo, era stato nominato Inquisitore “heretice pravitatis” fra Bartolino da Perugia. Nella pergamena  n. 98 si può constatare, iniziando dal 9 Gennaio 1331, una lunga serie di cittadini che si premurano di nominare uno  o più rappresentanti che li assistano contro l’accusa dell’Inquisitore di aver aderito al Bavaro ed al suo antipapa. Il detto giorno 9 sono sette i cittadini presenti, il successivo giorno 10 se ne aggiungono altri quindici ed il 25 Dicembre, addirittura altri 53.

Fra le condizioni poste dall’Inquisitore per la sospensione del processo a loro carico, vi sarà ache la clausola che gli uffici del Comune siano equamente ripartiti fra guelfi e ghibellini: un chiaro esempio di pacificazione cittadina. (2013)


 9  -  Il 9 Gennaio 1499, con atto del notaio Ugolino di Nicolò, Evangelista di Anton Giovanni Picolini, di Amelia, lascia per testamento venti ducati per l’erezione di una cappella in S. Maria in Monticelli ed altri tre, per una corona d’argento da porsi davanti all’immagine della Madonna. Dopo la sua morte, il denaro passò al Capitolo, che curò l’esecuzione della volontà testamentaria. (2014)


10 - Nell’adunanza del Consiglio Speciale dei Dieci, in data 10 Gennaio 1547, Salvato Sandri fece, fra le altre, la seguente arringa:

“Moniales S.te Caterine petunt: quadam Menica meretrix expelli debeat ex domo in qua ad presens habitat propter eius inhonestissimam vitam; quae domus est contigua cum Monasterio”. Si chiede “quid agendum”. Cioè: le monache di S.Caterina chiedono che una certa Menica, che tiene una casa di meretricio accanto al Monastero, venga allontanata, a causa della sua vita disonesta. Cosa fare?

Il Consiglio delibera di prendere una decisione così importante insieme al Consiglio Generale, che viene convocato lo stesso giorno in 22 membri. Quindi, essendo in totale 32 votanti, venne adottata la seguente risoluzione:

“Quod D.nus Potestas provideat quod Menica amplius non habitet prope Monasterium”: provveda il Podestà a darle lo sfratto.

Tale decisione prevalse “per palluctas albas triginta, non obstantibus duobus nigris”; cioè con 30 voti favorevoli e 2 contrari.

C’è da pensare che la Menica potesse fare affidamento almeno su due clienti molto affezionati! (1998)


10 - Nel Consiglio dei Dieci del 10 Gennaio 1605, "requisito et cohadunato" nel palazzo anzianale, fu letta la seguente proposta:

"Essendosi più volte trattato di cercare far moderare le dote de Zitelle da monacare, et non essendovici mai fatto opra, se pare di scrivere a Roma, a chiunque bisognarà, con riccomandare questo negotio à Mons. Farrattino et à chiunque sarà necessario per questa causa".

Ser Angelo Cerichelli propone di rimettere la questione agli Anziani, che avranno autorità di far quanto necessario e scrivere lettere "a chi bisognarà quante bisognaranno" ed eleggere quattro cittadini "che pareranno alli Signori Antiani i quali habbiano autorità di trattar questo negotio con Mons. Rev.mo Vescovo in Amelia et in Roma bisognando".

La proposta del Cerichelli venne approvata con i voti favorevoli di tutti, meno uno. (2005)


10  -   Il 10 Gennaio 1526, da parte degli eredi di Giuliano Sandri viene presentata agli Anziani un’istanza, con la quale gli stessi, che si autodefiniscono “parvuli sed nobiles natu” modesti, ma di nobili origini, “narrant qualiter extra muros Civitatis eiusdem habent quoddam pomerium” espongono di possedere, fuori delle mura cittadine, uno spazio aperto (giardino) “ubi Primates Amerini ac Advene” nel quale i maggiorenti di Amelia ed anche stranieri “hylari fronte recepti recreari solent” piacevolmente accolti sogliono ricrearsi, “in eiusdem Civitatis decus non mediocre et nobilibus locus amenissimus” a decoro non indifferente della Città e come luogo assai piacevole per i cittadini nobili; “nihilominus in prefatum pomerium nonnulli trochorum seu ruzularum lusores continue ingressum habentes maxima et intollerabili perturbatione vexant” e tuttavia, in detto spazio, alcuni giocatori di ruzzola si introducono continuamente, arrecandovi la massima ed intollerabile molestia. Gl’istanti, che s’indugiano a lungo a descrivere tale indesiderata intrusione con termini roboanti (“maximum damnum iacturam et detrimentum”), chiedono che a nessuno venga concesso il permesso di entrare in detto spazio senza licenza e permesso dei proprietari, “sub pena unius ducati auri” sotto pena di un ducato d’oro, da assegnarsi per un terzo al Comune, altro terzo a favore del proprietario del terreno e l’ultimo terzo sia destinato all’ufficiale procedente. Si concede quanto richiesto. (2009)


10  -    Il 10 Gennaio 1498 si delibera, fra l’altro, “quod mictantur duo viri ad custodiam Turris Ramici pro duobus mensibus proxime futuris et sint muniti pane et alijs eis necessarijs ad victum pro dictis duobus mensibus, cum salario quatuor ducatorum de carlenis singulo mense” chi si inviino due uomini alla custodia della Torre di Ramici, per i due mesi successivi e vengano forniti di pane e di quanto altro necessario al loro vitto per i detti due mesi, con un salario di quattro ducati di carlini per ogni mese.

Il giorno successivo il consiglio è chiamato a far fronte ad un’altra emergenza: “Nuper venerunt oratores Castri Lugnani et exposuerunt quod illi de Alviano contra eos minantur; cumque ibi sint congregate multe gentes; iccirco, territi timore, petierunt ut mictantur illuc viginti pedites pro eorum tutela et defensione” sono testé giunti oratori da Lugnano, esponendo che quelli d’Alviano minacciano la Comunità ed ivi sono assembrate molte genti ed essi, presi da grande timore, fanno richiesta che vengano inviati colà una ventina di fanti a loro difesa e garanzia; “petierunt insuper eis mutuare due salme farine pro substentatione ipsorum” hanno chiesto, inoltre, che vengano loro concesse in prestito due salme di farina, per loro sostentamento. In considerazione della alleanza che “ex antiquis” lega le due Comunità, si delibera che “mictantur quindecim pedites hoc est unus per Banderatam per decem dies et ultra si opus et necesse fuerit ad custodiam et defensionem dicte terre Lugnani” vengano inviati quindici fanti, cioè uno per ogni banderata cittadina, per dieci giorni ed anche di più, se sarà necessario, per la custodia e la difesa della terra di Lugnano. Il giorno 13, stipendiati dalle Contrade, che si assumono anche l’onere del prestito della farina, partono i 15 fanti alla volta di Lugnano. (2010)


10  -  Nel consiglio decemvirale del 10 Gennaio 1520 si affronta, fra l’altro, un problema di svalutazione monetaria: “extant jn manibus heredum Jo. Laurentij Cerichellj octuaginta florenj vel circa quatrenorum cum insigne Leonis; quid agendum ne viliores fiant” sono restati nelle mani degli eredi di Gian Lorenzo Cerichelli circa 80 fiorini di quattrini (c. d. “bianchi”), con le armi di (papa) Leone, di spettanza del Comune; si chiede cosa fare per impedire che il loro valore possa ancora diminuire. Il consigliere Aurelio Boccarini, definito dal Cancelliere “vir gravissimus” uomo di grande serietà, propone “quod vendantur cum minori jactura Comunis et jmpendantur jn jnstaurando horologio” che vengano spesi nel modo meno gravoso per il Comune e si impieghino nella ristrutturazione del pubblico orologio, che -evidentemente- ne aveva bisogno.

Nello stesso consiglio, con voti unanimi, si delibera: “concedatur Riccio Pricanj salvus conductus permanendj Ameriae jndeque discedendj suo arbitrio et voluntate” cioè di concedere a tal Riccio di Pricano un salvacondotto che gli consenta la permanenza in Amelia e di ripartirne poi quando deciderà, a suo giudizio, di farlo. (2011)


10  -  Maestro Elia Ebreo si presenta dinanzi agli Anziani ed esibisce un istrumento “in favore ipsius” a suo favore, rogato da Tullio Lupo, Notaio in Roma, il 10 Gennaio 1557, mediante il quale era stata verbalizzata una dichiarazione resa da testimoni all’Uditore del Cardinale Saraceno, protettore della Arciconfraternita dei Catecumeni, che recita, fra l’altro: “Universitatem hebreorum Civitatis Amerie non esse perturbandam neque molestandam ad solutionem decem ducatorum pro Sinagoga fienda ...” che l’Università degli Ebrei della Città di Amelia non debba venir sollecitata né molestata con la richiesta del pagamento di dieci ducati per la costruzione di una sinagoga, in quanto “constat in dicta Civitate non fuisse necesse a quatuor annis infra” risulta che, in detta città, da oltre quattro anni, tale necessità non venisse sentita.

Si vede che Maestro Elia e la sua comunità amerina avrebbero potuto pregare lo stesso, anche -anzi meglio!- senza dover sborsare soldi per la costruzione di una nuova sinagoga!

A circa due secoli e mezzo di distanza, il 10 Gennaio 1806, nelle riformanze si legge quanto segue:

“Col mezzo della Posta di questa mattina, ha ricevuto questo Sig. Governatore la lettera del Comando Militare (Francese) di Spoleto, da cui si dà l’avviso di dover preparare per il dì 14 corrente, gli alloggi, viveri e foraggi per n. 2200 soldati di fanteria e per 100 cavalli, che deve fare accantonare in questa Città.

“Immediatamente tenutasi una Congregazione avanti l’Ill.mo Sig. Governatore e gl’Ill.mi Sig.ri Anziani e deputati, fu risoluto di far rappresentanza per staffetta all’Em.mo Sig. Cardinale di Stato dell’impossibilità di poter mantenere e fornir la suddetta Truppa, senza i necessari soccorsi, ed altra simile spedizione in Spoleto, al Comandante Francese, per ottenere almeno una minorazione (diminuzione) di Truppa.

“Scritte subito le respettive lettere, fu spedito in Roma per staffetta Francesco Leoni in Segreteria di Stato ed il Nobil Uomo Sig. Giovanni Vannicelli in Spoleto al predetto Sig. Comandante Francese.

“Non ostante le predette spedizioni, si venne successivamente alla distribuzione delle cariche e:

“Per Deputazione per gli alloggi, furono eletti li Sig.ri Giovanni Vannicelli, Saverio Cibbo, Anselmo Paolocci ed Antonio Novelli.

“Per le Caserme, per le quali furono destinati la fabrica del Vescovato, attualmente vacante, il Seminario, l’Ospedale, il Collegio di S, Angelo e la casa disabitata di Zuccante, il dormitorio del Convento di S. Francesco e di S. Agostino, furono eletti e nominati in qualità di deputati, li Sig.ri Tommaso Petrignani e Carlo Presei.

“Per la panificazione delle razioni, fu deputato Vincenzo Lulli e Giovanni Battista Zingheri, sotto l’amministrazione del Sig. Giovanni Fossati e per la distribuzione delle suddette razioni, furono eletti li Sig.ri Luigi Lionardi, Paolo Marcheggiani.

“Per l’altro spaccio in Borgo, li Sig.ri Sante Vera e Timoteo Cibbo.

“Per la provista delle carni, furono eletti li Sig.ri Stefano Assettati e Crispino Pica e, sotto la loro vigilanza, fu deputato per Macellaro e distribuzioni Giovanni Pernazza.

“Per la provista del vino e distribuzione delle razioni del medesimo furono eletti li Sig.ri Domenico Petrarca e Filippo Altieri, con Salvatore Rignoletti.

“Per la provvista e distribuzione delle Minestre furono eletti li Sig.ri Giuseppe Petrignani e Francesco Micchelangeli.

“Per la tenuta delle scuderie e distribuzione delli Cavalli nelle medesime, furono deputati li Sig.ri Serafino Parca e Luigi Lancia.

“Per la somministrazione dei Cocciami in caso di bisogno, fu eletto il Sig. Nicola Cerasi.

“Per Magazziniere del grano e foraggi fu deputato il Sig. Benignio Cerasi.

“Per Proveditori del fieno e biade furono eletti Filippo Arcuri (?) e Vincenzo Antonini E per Magazziniere del sudetto fieno e distribuzione delle razioni fu deputato il Sig. Crispino Lini.

“Alli quali tutti furono conferite le necessarie ed opportune facoltà.

“Per la provvista poi della legna, furono spediti degli ordini ai Deputati dei Castelli della Giurisdizione, da doverne mandare, ogni giorno, some venti per Castello ...

“La sera poi di questo giorno, circa le ore 24, ritornò da Spoleto il Sig. Giovanni Vannicelli, il quale portò la spiacevole notizia di non aver potuto ottenere la bramata minorazione della Truppa, onde a tutti i deputati furono dati gli ordini opportuni per mettere all’ordine gli alloggi e le razioni dei respettivi viveri e foraggi”.

Fu una vera e propria mobilitazione generale! (2013)


10  -  Fin dall’anno 1367 -giusta quanto riferito da Mons. Angelo Di Tommaso- prete Pellegrino Pellegrini, Amministratore della Mensa Vescovile, aveva fatto la cessione di tutti i beni mobili ed immobili, presenti e futuri, al Vescovo Geraldo (o Gelardo), con riserva di poter disporre di 25 libre di moneta cortonese “pro anima sua pro judicio” in suffragio della propria anima. 

Molto tempo appresso, e precisamente il 16 Febbraio 1438, prete Pellegrino -forse ultranovantenne e non ricordando la cessione fatta- fece testamento per mano del notaio Ser Arcangelo di Ser Gabriele, nominando erede universale la propria nipote Elena, in considerazione delle cure propinategli “die noctuque” sia di giorno, che di notte, nella lunga infermità “propter senectutem et decrepitatem” a causa dell’età decrepita cui era giunto. Morto il Pellegrino, la nipote Elena volle entrare in possesso dei beni del defunto, ma il Vescovo Filippo Venturelli rivendicò alla Mensa Vescovile i beni dello stesso, in virtù della precedente cessione, ottenendo un Rescritto dal Legato del Patrimonio, Cardinale Lodovico Scarampo Mezzanotte, che autorizzava il Podestà di Amelia a liquidare la vertenza. Il Vescovo, volendo evitare le spese processuali ed in considerazione della lunga e faticosa assistenza prestata da Elena allo zio, stimò equo venire ad una transazione, che ebbe luogo il 10 Gennaio 1442, per mano del notaio Evangelista Arcangeli, con la quale alla nipote Elena vennero assegnati una casa, una stalletta (“in qua ad presens sunt pulli” con  annessi polli) ed un casaletto in Amelia, una vigna in contrada Alvo, un terreno al Voc. Cecanibbio, e altri due terreni in contrada Urbestole, “in Voc. S. Marie Piobeche” al vocabolo S. Maria di Piubica (o Publica). Il rimanente dei beni del Pellegrino venne passato alla Mensa Vescovile. (2014)


10  -  Il 10 Gennaio 1474, Mastro Lorenzo di Giovanni, di Francoforte, “pellicciarius” pellicciaio, abitante in Amelia, “volens servire Deo et Beate Marie et beato Francischo et saluti sue anime providere, obtulit se et omnia bona sua” volendo servire Dio, la Beata Vergine Maria ed il Beato Francesco e provvedere alla salute della sua anima, offrì se stesso e tutti i suoi beni alla Chiesa e Convento di S. Francesco e promise  di dimorare e vivere “in ipsa Ecclesia prout alij oblati” nella stessa Chiesa, come gli altri oblati. Una tal forma di volontario assoggettamento della persona e dei beni ad una Chiesa o ad un ordine fu talora vista dall’autorità civile come un sistema per sottrarsi all’imposizione fiscale.  (2014)


10  -  Con atto redatto dal notaio Domenico Micheletti del 10 Gennaio 1511 “Berardino de Andrea de Singulare da Jovi, ciptadino della ciptà de Ameria per sé et sue herede et successori promette dà et concede ... ad Domitio Mandosio de Amelia per sé et sue herede la mità del Castello de Totano et Totanello, cioè delle mura castellane et case coperte et casalini et grotti, et similiter col borgo de dicto Totano et ripe et palombara et tucte altre rascioni che dicto Berardino havesse in dicti Castelli, etc.” (2014)


11 - L’11 Gennaio 1472 gli Anziani eleggono Vicario del Castello di Sambucetole Nicolò Cocle “natione greco, genere romano”, greco di nazionalità e romano di stirpe, “cupientes exequi capitula et pacta tecum inita” desiderosi di dare esecuzione ai capitoli e patti stipulati con lui (il 20 Marzo 1471). L’investitura viene pronunziata in modo solenne: “Te dominus Nicolaus prefatum Vicarium et officialem dicti Castelli S.ti Focetuli per decennium continuum hodierna die omine (sic) bono inceptum et ut sequitur felicibus auspitijs terminandum” Te, Ser Nicolao quale Vicario ed ufficiale del detto Castello di Sambucetole, per un decennio continuativo ad iniziare sotto buon augurio dal giorno odierno e continuando fino al suo termine con felici auspici “tenore presentium et dictorum capitulorum vigore vocamus, creamus eligimus atque deputamus” a tenore dei detti e dei presenti capitoli chiamiamo, creiamo, eleggiamo e deputiamo, “cum potestate et baylia procedendi contra delinquentes in mallefitijs sine sanguine, extraordinarijs et damnis datis et eos mulctandi, puniendi et corrigendi ut juris fuerit” con potere ed autorità di procedere contro i delinquenti nei reati non di sangue, straordinari e danni dati, applicare multe, punizioni e correzioni secondo la legge. Il Comune di Amelia riserva, comunque, a proprio favore, la metà delle pene pecuniarie applicate dal Vicario, nonché “reservatis nobis et communi nostro furtis, homicidijs et mallefitijs cum sanguine quorum cognitio ad commune nostrum spectat et pertinet” la giurisdizione in materia di furti, omicidi e reati di sangue, che resta di esclusiva competenza del Comune di Amelia.

Il successivo 17 Gennaio si dà atto, da parte degli Anziani, che “pro victu grecorum seu sclavorum habitantium in castro S.ti Focetuli” per il sostentamento dei coloni greci di Sambucetole, dall’università di Porchiano vengono date in prestito sei salme di grano, da quella di Fornole, due salme e quattro quartarole e, da quella di Frattuccia, quattro salme, da restituirsi a suo tempo dopo il raccolto. Allo stesso Nicolò Cocle vengono dati in affito due terreni piantati a vigna, di cui uno al voc. Canale, in contrada Battifolle e l’altro allo stesso vocabolo, in contrada detta La via delle Casaline. (2008)


11  -   Il giorno 11 Gennaio 1419 nelle riformanze risulta annotato quanto segue:

“Petrucciolus alias Viçola publicus bannitor et preco communis Civitatis Amelie retulit mihi Lodovico de Orto Cancellario Communis predicti” Petrucciolo, detto Vizola, pubblico banditore del Comune della Città di Amelia ha riferito a me, Lodovico da Orte, Cancelliere comunale, “se dicto die ex parte mandato et commissione dominorum Antianorum Populi Civitatis prefate publice palam et alta voce sono tube premisso in plateis et alijs publicis locis dicte Civitatis Amelie ubi solitum est banniri” di aver lui, per incarico e mandato degli Anziani del Popolo della Città, pubblicamente, apertamente e ad alta voce, premesso uno squillo di tromba, nelle piazze e negli altri luoghi pubblici della Città, dove è consuetudine effettuare bandimenti, “bannisse et preconizasse quod quecumque persona vult emere quoddam petium terre devolutum ad dictum commune Amelie, positum in tenimento Amelie in contrata Orvestule in vocabulo Ragni iuxta bona Giocij vicciuti de Amelia et alia latera, quod olim fuit Lelli gacce et nunc dicti communis Amelie” bandito pubblicamente che chiunque voglia acquistare un pezzo di terra di proprietà e spettanza del Comune di Amelia, sito in suo territorio, in contrada Urbestole, al vocabolo Ragno, confinante con proprietà di Gioccio Vicciuti di Amelia ed altri, un tempo di proprietà di Lello Gaccia ed ora del Comune suddetto, “compareat coram cancellario Communis predicti ad faciendum scribi se et oblationem suam, seu quantitatem quam expendere intendit pro dicto petio terre, qui vendetur plus offerenti” si presenti dinanzi al cancelliere comunale e si faccia registrare con il nome e con l’offerta, cioè con il prezzo che esso intende pagare per acquistare detto pezzo di terra, che verrà venduto al miglior offerente. (2009)


11  -  L’11 Gennaio 1393 viene presentata da Giovanni di Cola Manni di Amelia una supplica con la quale espone che, nella curia del podestà, sia stato formulato un procedimento contro suo figlio Antonio, in quanto “dicitur dictum Anthonium adcexisse ad castrum petri et de territorio ipsius castri, una cum tamagnino furatus fuisse duos equos extimationis xxv. florenorum auri pro quolibet” si dice che detto Antonio, insieme ad un certo Tamagnino, sia andato a Castel di Pietro (Pero?) e, dal suo territorio, abbiano rubato due cavalli, del valore di venticinque fiorini d’oro ciascuno. Ma Giovanni sostiene che suo figlio è innocente (senza darne contestuale prova) e ne chiede l’assoluzione. La sottrazione è avvenuta ai danni di un tal Cola di Roma e Giovanni prosegue dicendo che uno dei due cavalli è stato venduto a Corrado di Alviano per venti fiorini e suo figlio ne ha incassato dieci. Quindi Giovanni si offre di restituire detta somma, pensando, in tal modo, di scagionare il figlio da ogni addebito. Ma c’è da chiedersi: se Giovanni di Cola era tanto sicuro dell’innocenza del figlio, perché ha restituito i soldi da lui ricevuti nella vendita del cavallo? (2014)


12  -  Il Cardinale Colonna, da Roma, invia agli Anziani di Amelia, il 12 Gennaio 1413, la seguente missiva:

"Concio sia cosa che le Castella che Braccio (da Montone) tiene in quel di Peroscia (Perugia) debbiano in pochi dì venire allemano de N.S. (il papa) però de comandamento de la S. Sanctità ve scriviamo et pregiamo (preghiamo) ve piaccia fare davere XXV fanti (presi) tra la ciptà et lu comitato (contado) vostro per diece dì  et alle vostre spese (e ti pareva!) et stiano apparecchiati ogni fiata che dal Magnifico Capitano Paolo Ursini serranno richiesti et ad questo non siate negligenti, ma presti poiché è stato (ordinato) de N.S. et fate per voi per ogni rispecto et maxime perché la gente dellarme sessenterà (si assenterà) dal vostro paese. Valete (State sani!)".

Tre giorni dopo, Bindaccio (forse un capitano di ventura al servizio di Todi) fa riferire agli Amerini che i militi destinati "de mandato" del Cardinale Colonna "ad custodiam castri Corsciani" non se ne partiranno, se prima il Comune di Amelia non sborserà loro 31 fiorini. Piove sul bagnato! (2001)


12 - Di seguito allo Statuto amerino del 1441, nella copia manoscritta in cui è stato trascritto il breve confirmatorio di Papa Pio IV del 18 Marzo 1560 ed individuato come "Codice Farrattini", risultano riportati i "Capitoli dell'arte de bifolci", redatti sotto il pontificato di Paolo III (1534-1549), ma senza una data precisa. Nelle riformanze del 12 Gennaio 1605, detti capitoli vengono riportati e nuovamente formulati ed approvati. Da essi, si ricavano le seguenti notizie di carattere finanziario:

"Che, delli denari di detta Arte" si debbono assegnare, fra l'altro, "scudi cinque ogn'anno al Camerlengo della Comunità per conservarli per far le cappe ogni tre anni alli famigli di Palazzo, quali in modo alcuno non si possino convertire in altr'uso.... et ducati uno per ciascuno che pigliasse lupi nel distretto d'Amelia".

La caccia ai lupi oggi apparirebbe del tutto obsoleta, sia per mancanza degli stessi, sia per il mutato rapporto dell'uomo verso questi magnifici animali. Ma circa un secolo addietro, essi frequentavano ancora le nostre zone e potevano rappresentare qualche pericolo per le greggi al pascolo. Fino agli anni '30, venivano organizzate battute al lupo, che spesso si concludevano in una piacevole scampagnata. Ricordiamo la gustosa conclusione della lirica che il Sig. Augusto Attili mise in bocca al popolare Lolletto, che, durante una battuta verso Coalana, si trovò faccia a faccia con il lupo:

"Quann'èccote che tutto 'n d'una botta,

te vedde propio, comme 'n'allumita,

du' occhi grossi comme du' linterne:

venèano 'n sune pe' la scampurita!

-Ce semo!- fece, accanalzai lo schioppo,

me messe a mira... ma si nu' l'esse a coja?

Me venne addosso tamanta paura,

che commenzai a tremà comme 'na foja.

Furtuna fu ch'el lopo, tutt'un botto,

mustra che col tremà vedde da moa,

scagno de seguitane 'mmerso mene,

prese all'injò pe' la casella noa.

Scappai a gamme piagnenno comm'un potto,

lo seguitai a guardane arret'un pioppo,

ma anco' ce tremo, ché si venea da mene,

me sse saria magnato anche lo schioppo!” 

(2005)


12 - Con la seguente dedica "alle Nobilissime Dame e Cavalieri" della Città di Amelia, venne presentato il libretto dell'intermezzo a quattro voci "Le finte gemelle", che si rappresentò "nel Teatro dell'Illustrissima Città" nel Carnevale dell'anno 1781:

"A Voi, gentilissime Dame, ed ornatissimi Cavalieri dar vogliamo un attestato del nostro profondissimo rispetto col porre sotto gli auspici vostri questo giocoso Componimento. Avrà egli certamente un incontro felice, se colla frequenza l'onorarete. Se da Voi sarà riconosciuto atto a procurarvi qualche diletto, favoritelo coll'acclamazione; se poi indegno lo ritrovarete della vostra sofferenza, usateli, vi supplichiamo, la grazia di giovarlo col silenzio. Gradite quest'umile tributo dell'animo nostro ossequiosissimo e colla più profonda stima ci rassegniamo di Voi Nobilissime Dame, e Cavalieri Umilissimi, Devotissimi ed Obbligatissimi Servidori. Amelia 12 Gennaio 1781 - Gl'Impresari".

L'intermezzo venne musicato da "Niccolò Piccini Maestro di Cappella Napolitano". Direttore fu Carlo Peruzzi Maestro di Cappella della Cattedrale d'Amelia. Autore del libretto, stampato a Foligno da Pompeo Campana Stampatore vescovile, fu Giuseppe Petrosellini, romano. Vi è una "protesta" degl'Impresari così concepita: "Tutto ciò che si trovasse non essere uniforme a sentimenti della Santa Romana Chiesa, si protesta l'Autore essere abbellimento della Poesia, essendo egli vero Cattolico".

La trama consiste nella trovata di un'astuta giovane ricca di impersonare due gemelle, per prendersi gioco di due semplicioni.

Le parti femminili risultano interpretate da "Virtuosi" delle Cattedrali di Viterbo ed Amelia. Valga quanto già detto sotto la data del 2 Gennaio. (2006)


12 - Presenti gli Anziani ed il consiglio maggiore, convocato "ad sonum campane et vocem preconum" il 12 Gennaio 1327, su mandato del podestà, quest'ultimo propone che si deliberi "quid placeat providere" cosa si intenda provvedere "Magnificis viris Stephano de Columpna et Poncello de filijs Ursi" nei riguardi dei magnifici Signori Stefano Colonna e Poncello Orsini "pro militia de ipsis noviter celebranda" per la loro recente nomina a cavalieri. Il consigliere Paolo Paoluzzi propone che "pro parte dicti communis" da parte della comunità di Amelia, si stanzi "usque in quantitatem .l. florenorum et minus ad arbitrium Antianorum et decem de populo" una somma che non ecceda i 50 fiorini d'oro e possibilmente meno, ad esclusivo giudizio degli Anziani e del consiglio decemvirale. La proposta viene accettata con 57 voti favorevoli e 19 contrari. (2007)


12  -  Con atto riportato nella pergamena n. 58 del 12 Gennaio 1324. Giordano di Poncello Orsini vende a Chello, figlio del fu Conectulo di Nicola  -“nobili viro”- il Castello di Montecampano “cum toto ipsius castri territorio et districtu et cum aquis, pascuis, juribus et jurisdictionibus” compreso l’intero territorio e distretto di detto Castello, con tutti i diritti al venditore spettanti su acque, pascoli, facoltà e giurisdizioni “et in masseritijs et in habitantibus” e sulle masserizie e sugli abitanti e così come ad esso venditore pervenuto per acquisto fattone con atto del Notaio Matteo di Tommaso Beralli di Rieti, con ogni garanzia di rispondere in caso di evizione o molestia da chiunque venisse avanzata. La vendita viene effettuata per il prezzo di duecento fiorini d’oro, che il venditore dichiara di aver ricevuto, rilasciandone la più ampia e definitiva quietanza. L’atto risulta stipulato a Narni, da Ser Pietro di Ser Clerico nel palazzo vescovile, alla presenza dei testimoni Cecco di ser Giovanni da Roma, Clerico e Giovenale del fu ser Cardulo di Narni. (2013)


13 - A causa del devastante terremoto di Avezzano, il 13 Gennaio 1915, in Amelia crolla la parte sommitale del campanile di S. Francesco, ed anche il fabbricato dell’ex convento, nel quale era allogato il Collegio Convitto Boccarini, subisce danni tanto gravi da dover essere sgomberato per ragioni di sicurezza. (1998)


13 - Agapito Geraldini, segretario del duca Valentino Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, in data 13 Gennaio 1503 scrive, da Città della Pieve, agli Anziani di Amelia la lettera, dalla quale si stralciano i seguenti brani:

"Haverite in gran parte intesi li grandi et gloriosi gesti di questo magnanimo principe producto (creato) da dio ad depressione de li Tyranni et liberatione d'Italia oppressa in ogne parte et lacerata più crudelmente  da li Italiani che da li extranei.

"L'ordine suo è stato exeguire prima la impresa allui (Cesare) comessa da lo papa et dal collegio de punire et deprimere li Tyranni dela Romagna et de Camerino, excomunicati et privati per solenne sententia, li stati de li quali erano (stati loro) concessi (dal papa).

"Et dopo questo metterse ad quiete tucto lo stato de la chiesa come fa al presente, advisandove che in questo campo di seicento homini darme, de milli cavalli legeri et de septemilia fanti, tucti recapati (scelti) per el fior de le compagnie Italiane, Franzesi et Svizari non se crida altro che libertà, libertà.

"El suo proposito è prima sbattere (battere) collo exercito li capi et più possenti  Tyranni como ha facto, non restandoli altro che Pandolpho Petrucci, per essere già messer Joanne Bentivoglio sottomesso, tanto che più non se pò desiderare da luj.

"Dopo questo se reducerà lo exercito a le stantie (nelle guarnigioni) et quietamente con el bastone della bambace (il guanto di velluto) se punirando (puniranno) li tiranni et reduranse le cose al debito essere (al loro posto). Ad fin che le città et populi de sancta chiesa per opera de questo signore (Cesare) possano dopo tanti affandi (affanni) restorarse et godere in pace. Ma ad fin che non manchiate ad qualunque bona occasione, seria importante che le Signorie vostre provedessero de constituire pienissimo arbitrio (di dare pieno mandato) in uno pochissimo numero de cittadini, et che mandassete uno qua informatissimo delle cose vostre ad fin che io possesse (potessi) intendere l'essere et interesse (lo stato ed i bisogni) et forze de la comunità (di Amelia) per fare qualche buono disegno" (per potervi aiutare)”.

La lettera, che, pur volutamente celebrativa delle gesta del Borgia, presenta e lascia chiaramente trapelare spunti di sincero patriottismo, ebbe, come conseguenza, la decisione, presa il 20 successivo, di inviare -"cum uno equo"- Aurelio di Lodovico Boccarini "orator deputatus" "ad Ducam Romandiole" ed al suo segretario Agapito Geraldini "felici auspicio", cioè bene augurando circa la buona riuscita della missione. (2004)


13 - E' di fondamentale importanza per la sicurezza della Città che le sue porte restino ben chiuse durante la notte. Il 13 Gennaio 1330, Anziani e consiglio del popolo "comuniter et concorditer" ordinano "quod aliquis portanarius Civitatis Amelie non audeat aperire vel aperiri facere aliquam portam, pustquam de sero causa fuerit, usque ad diem sequentem, hora debita et consueta" ogni custode delle porte della Città non ardisca aprire o far aprire alcuna porta dopo la sua chiusura serale, fino al dì seguente, all'ora dovuta ed usuale, "sine consensu et presentia" senza il consenso e la presenza di almeno quattro Anziani "et qui contrafecerit in c. libris vice qualibet per potestatem qui pro tempore fuerit puniatur" e chi contravenisse, sia condannato dal podestà in carica a cento libre di multa, per ogni trasgressione.

Sotto la stessa data, abbiamo l'elenco delle persone elette dagli Anziani "ad tenendum claves portarum dicte Civitatis" per la custodia delle chiavi delle porte cittadine. Eccolo:

A Giacomo Fattucci e Simeone Nicolai, le chiavi della Porta Posterola, una per ciascuno di essi.

A Colao di Mastro Tommaso e Comparuccio Cecchi, le due chiavi della Porta Busolina, una per ognuno.

A Mastro Angelo di Andrea, Colao Angelelli, Martolomeo (sic) Iuncole e Lollo Fratazzoli, le quattro chiavi della Porta Gilionis (Leone).

A Colozio Guidi e Bernardo Nordi, le quattro chiavi della Porta della Valle e dello sportello, due per ciascuno.

A Lucciarello di Nicola e Pacciara di Pietro, altre due chiavi della porta della Valle, una per ognuno.

A Tozzio Gherarducci e Marco di Mastro Giacomo, le due chiavi della Porta di S. Nicola, une per ognuno.

A Lucio di Giovanni Lacoli e Pietro Ghirardelli, le due chiavi della Porta di S. Maria, una per ciascuno.

Da quanto sopra, si deduce che le porte della Città, all'epoca, erano più di quelle tradizionalmente conosciute. (2007)


13  -  Nella seduta consiliare del 13 Gennaio 1556 si parla, fra l'altro, “de octuaginta bononenis concedendis et confirmandis Cappellano Cappelle Palatij et lampada” dell'offerta di ottanta bolognini da farsi al Cappellano della Cappella del Palazzo anzianale, compresa l'alimentazione della lampada votiva. Il Consigliere Stefano Vatelli -“Prudens vir”- propone che gli ottanta bolognini “solvantur per Cammerarios dicto Cappellano et non dominis Antianis” vengano pagati da parte del Camerario in carica direttamente al Cappellano e non agli Anziani: il “prudens vir” si è veramente dimostrato tale! (2012)


13  -  Il 13 Gennaio 1392 “Vestre dominationi” cioè (alle autorità comunali) rivolgono una supplica “Mattheolus Somarelli de Terra S. gemini” Matteolo Somarelli di Sangemini, “cuius uxor est civis ameliensis” la cui moglie è (già) cittadina amerina, “Johannes Vannicelli de Lugnano et Vannicellus eius filius” Giovanni Vannicelli di Lugnano e suo figlio Vannicello “cum veri zelatores honoris et status Civitatis Amelie efficiantur” avendo in massima stima l’onore e lo stato della Città di Amelia, “desiderent  qui esse in numero civium dicte Civitatis ... cum honoribus, emolumentis, honeribus et alijs quibuscumque recipiuntur et soliti sunt recepi fieri” desiderano di entrare a far parte del numero dei cittadini di detta città, con tutti gli onori, i benefici, e gli oneri con i quali vengono assunti e sono soliti ad essere recepiti gli stessi cittadini. La loro ammissione alla richiesta cittadinanza viene votata all’unanimità.

Lo stesso giorno, occorre chiarire e porre rimedio ad incresciose irregolarità poste in essere nell’esercizio dei loro uffici da parte dei Rettori, dei podestà, dei Vicari e degli altri ufficiali forestieri della città di Amelia -compresa la  gestione dei cavalli!- “propter quos defectus multe fuerunt commisse negligentie in dictis eorum offitijs et dictum commune Amelie exinde passus fuerit multas deceptiones et detrimenta” a causa dei quali vennero commesse molte negligenze nella gestione dei rispettivi uffici ed il Comune ne subì molteplici frodi e danni. Occorre, quindi, provvedere a recuperare quanto sottratto, defalcandolo dai salari degli ufficiali (“in solutionibus salariorum eorumdem,), in modo che il Comune venga reintegrato di quanto da dette frodi e danni gli è venuto a mancare, e che, per l’avvenire, “nulla fraus commictatur” non venga commessa nessun’altra irregolarità. (2014)


13  -  Sotto la data del 13 Gennaio 1488, dagli atti rogati dal notaio “amerino” Santoro Bartolomei, risulta che Federico Foraboschi, fiorentino, fattore e nunzio speciale del Magnifico Lorenzo de’ Medici in curia romana, querela Francesco Cappone, caricatore e padrone del bastimento Langina perché, secondo i patti, non ha scaricato le convenute undicimila tunnela (balle?) di “formento” (frumento) nel porto assegnato e, pertanto, richiede i danni. Il Cappone si difende opponendo la forza maggiore, essendo stato costretto dalla burrasca a gettar l’ancora nel primo porto sicuro. (2014)


14 - Giovanni Battista Bugatti, meglio noto come “Mastro Titta”, iniziò la sua “carriera” di giustiziere di S. Santità (leggi: boia del papa), effettuando la prima esecuzione a Foligno, nel marzo del 1796. La sua seconda “performance”, guarda caso, avvenne proprio in Amelia, il 14 Gennaio 1797, impiccando tal Sabatino Caramina, reo di omicidio.

Tale notizia, come quelle che citeremo più avanti, sono state desunte dal libretto delle “Annotazioni”, tenuto dal Bugatti, dov’egli  registrava con pignolesca diligenza tutte le condanne capitali che fu chiamato ad eseguire nel corso della sua lunghissima carriera, che si concluse l’11 giugno 1864, dopo la 514^ esecuzione, quando venne collocato a riposo con una pensione di 30 scudi mensili da Pio IX, “in vista della di lui senile età e dei lunghissimi servigi”.

“Mastro Titta” ebbe occasione di “dar spettacolo” in Amelia altre due volte: il 20 maggio 1806, per l’esecuzione della sentenza di “impiccaglione e squarto” di tal Pasquale Rastelli, reo di omicidio e grassazione ed ancora il 20 ottobre 1855, quando decapitò tal Arcangelo Finestraro (Finistauri?), da S. Buceto (Sambucetole?), condannato per uxoricidio.

A giudicare dai nomi dei tre condannati, nessuno di loro sembra sia stato amerino, tranne forse l’ultimo.

(Notizie desunte -con beneficio d’inventario- dal libro “Mastro Titta - Le memorie del boia di Roma”, di autore ignoto e prefazione di Bernardino Zapponi - Arcana Editrice - 1971- Roma). (2000)


14 - Il giorno 14 Gennaio 1465, l'amerino Credio di Gian Fasci ricorre agli Anziani perché venga riconosciuta la sua innocenza nella causa intentata  contro di lui, incolpato di aver ferito a morte tal Dionigi di Gervasio. Come primo teste, viene sentito prete Clemente di Luca, il quale riferisce di aver inteso, quando si portò a confessare il ferito Dionigi, anzi, come lo stesso Dionigi confessò ("cum ipse Dionisius confessus fuit"), che, nella rissa nella quale lo stesso fu ferito, Credio non partecipò. Viene sentito quindi tal Scalabrino, che depone di aver udito di persona che il ferito domandò di far pace col padre di Credio ed in quella circostanza, lo stesso se ne uscì con queste parole "io li voliva fare uno spavento". Il teste, poi, confermò che, nella rissa che ne seguì, intervennero Onesto e Oddone, fratelli di Credio, ma non quest'ultimo. (2001)


14 - Il 14 Gennaio 1327 viene esibita agli Anziani ed al Consiglio decemvirale una petizione da parte di Vitale di Leo, giudeo romano, abitante in Amelia, con la quale lo stesso espone che, nello statuto cittadino risulta essere stato previsto nei suoi confronti "tamquam contra specialem personam et nullam aliam personam tangat" ed espressamente soltanto contro di esso e non riguardi altre persone, un articolo "quod loquitur quod ipse Vitalis seu iudeus solvat dativam per quingentas libras cortonenses" che recita che esso Vitale ebreo debba pagare a titolo di imposta 500 libre cortonesi. Trattasi, quindi, di un balzello "ad personam", del quale lo stesso Vitale chiede "sit cassum" l'annullamento, pagando già, per gl'immobili che possiede, le relative imposte "ut alij cives de Amelia" come gli altri cittadini di Amelia, tanto più che ebbe a prestare soldi al comune diverse volte "temporibus retroactis" nei tempi passati "et iam sunt anni et nec capitale nec lucrum possit rehabere" e sono già anni che non ha potuto riavere né capitale. né interessi.

Ci si limita a ribadire la validità dello statuto e quanto in esso stabilito, con buona pace di Vitale. (2007)


14 - Il consigliere Bernardino Cerichelli, del Nobile Consiglio dei Dieci, il 14 Gennaio 1708 formula la seguente proposta:

“Sentendosi generalmente da’ nostri Contadini che l’acque continuate da sì longo tempo siano pregiuditiali, e per l’istanze fatte dal Popolo e come anche per la notitia, che si ha esser fuori la Colletta ‘ad perorandam serenitatem’ (per impetrare il bel tempo), son di parere che ancor Noi ricorriamo con ogni maggior divotione alla nostra Gloriosissima Vergine Assunta, e che perciò l’Ill.mi Sig.ri Antiani favorischino far fare l’istanza a’ Sig.ri canonici di scoprirla per otto giorni, per implorare il suo divino aiuto”.

La proposta fu approvata “viva voce”. (2008)


14  -  Come paventato ed annunciato quattro giorni prima, il 14 Gennaio 1806, “circa il mezzo giorno, giunse in questa Città la Fanteria Francese in numero di circa 2.000, con circa 40 Cavalli dell’Officialità, quale fu distribuita ed allocata negli alloggi e Caserme già preparate e gli furono dispensate le razioni complete ...” 

Come se non bastasse, il successivo giorno 19 “Circa le ore 21, giunse in questa Città un offiziale dei Cacciatori Francesi a cavallo, con la sua ordinanza e recò l’avviso che la mattina, prima del mezzo giorno, si accantoneranno qui 400 Cacciatori a cavallo, facendo istanza che vengano messi in ordine gli alloggi ed i foraggi”. “Monsù” Tardieu, “l’Officiel chargé de faire preparer le logement”, si premura di comunicare la consistenza del Reggimento dei Cacciatori a Cavallo in arrivo: “Un Colonnello con otto cavalli e tre domestici. Due Tenenti Colonnelli Capi di Squadrone: questi hanno cinque cavalli per uno. Cinque Capitani, con quattro cavalli per uno. Un Ajutante Maggiore con tre cavalli. Cinque Tenenti con dieci cavalli. Dieci Sotto Tenenti con venti cavalli. Un Quartier Mastro con tre cavalli. Un Chierurgo (sic) Maggiore con tre cavalli. Un Ajutante del Chierurgo con due cavalli. Un Ajutante Sotto Ufficiale. Sei Sargenti (sic) maggiori con sei cavalli. Venti Sargenti con 20 cavalli. Sei Furieri con 6 cavalli. 300 Brigatieri e Cacciatori, o sieno Soldati con cavalli trecento, che devono avere alloggio nelle Caserme”. Si dovette procedere alla distribuzione delle truppe, anche allocandole presso alcuni privati. Vale la pena di conoscere alcune di queste “sistemazioni”:

“In casa Petrignani di Piazza, Colonnello Tenente; in casa Franchi alla Porta, un Colonnello; in casa Venturelli Federico, un Tenente Colonnello; in casa Racani, un Capitano con cavalli n. 4; in casa Parca, altro Capitano con cavalli n. 4; in casa Sandri, altro Capitano con cavalli n. 4; in casa Fantera, altro Capitano con cavalli n.4; in casa di Luca Geraldini, altro Capitano con cavalli n,4, in casa Catenacci, l’Ajutante Maggiore, con n. 3 cavalli”.

Ed, inoltre, nelle case Cibbo, Bufalari, Marcheggiani, Farrattini, rispettivamente viene allocato un Tenente con un cavallo ed, in casa Carleni, il Quartier Mastro con i suoi Deputati. E’ la volta dei Sotto Tenenti, che vengono alloggiati, ciascuno, a S. Giovanni, a S. Caterina, a S. Monaca, a S. Magno, a casa di Arcangelo Geraldini e di Ambrogio Assettati; inoltre, in casa Trulli, tre Sottotenenti; in casa Accoramboni un Sottotenente, con il Chirurgo e l’Aiutante, in casa Cerichelli, l’Aiutante Sottufficiale. Per i Sergenti Maggiori se ne ospitano a S. Angelo, a S. Francesco e a S. Agostino due ciascuno, in un solo letto. Per i Sergenti, se ne piazzano: in casa Pontici due in un solo letto ed, in altri sei siti, ne vengono sistemati altri dieci in cinque letti: all’Ospedale, quattro sergenti in due soli letti. Chiudono la rassegna i Furieri, che vengono allocati presso Floriano Altieri, in casa Miscolucci ed in casa Cinti, rispettivamente due, in un solo letto. E buona notte a tutti! (2013)


14  -   Con atto rogato dal notaio Tomaso Taddei Artemisi del 14 Gennaio 1528, Ludovico Cansacchi rimette al parere di arbitri una questione avente per oggetto l’ammontare di alcune spese da lui effettuate “militibus hispanie” per le truppe spagnole: si vede che aveva avuto a che fare con l’esercito di Carlo V! (2014)


15 - S. Mauro. Il 15 Gennaio, la liturgia della Diocesi amerina commemorava S. Mauro abate quale patrono minore. (1996)


15 - Il 15 Gennaio 1434 venne convocata la cerna, cioè l’assemblea generale dei cittadini e delle autorità, nella sacrestia della chiesa di S. Agostino, per deliberare i provvedimenti da prendere contro Foce, ribellatasi all’autorità di Amelia fin dall’Agosto dell’anno precedente. Alcuni delegati ad investigare in merito, riferirono che Gualtiero de Zamponerijs, luogotenente di Nicolò Fortebracci “in cuius potestate manet dictum Castrum Focis, contentatur et vult dare in manibus communis Amelie dictum castrum Focis sed vult pro ipso castro sexcentos florenos auri infra terminum quindecim dierum proxime futurorum” sotto il cui potere trovavasi il castello di Foce, per cederlo al Comune di Amelia pretendeva che gli venisse liquidata la bella somma di 600 fiorini d’oro entro quindici giorni. Ma le casse comunali erano vuote. Franco di Ser Giacomo, uno dei Consiglieri, propose, drasticamente, che “dictum castrum Focis capiatur pro communi Amelie ita et cum hoc quod funditus diruatur” Amelia riconquisti il Castello per distruggerlo dalle fondamenta e si paghi a Gualtiero quanto richiesto; Giacomo di Ser Arcangelo, altro consigliere, propose di nominare alcuni cittadini, i quali, insieme agli Anziani, avessero autorità “assectandi inter Guelfos Amelie dictas quantitates denariorum solvendorum” di ottenere i denari necessari al riscatto del Castello dai Guelfi di Amelia; il consigliere Giovanni di Francesco propose di cercare crediti sia fra i guelfi, che fra i ghibellini e che, a questi ultimi, vengano restituite dai guelfi le somme eventualmente anticipate “Guelfi solvant de eorum proprio et restituantur denarij quos solverint guebellini”. Infine, il consigliere Giovanni Petrignani propose che “ad hoc quod Guelfi solvant, prout dictum est et nullus iuvet eos impediendo dictam executionem” per costringere i guelfi a pagare ed affinché non vi sia chi si adoperi per impedirlo, “teneatur et debeat solvere de suo proprio communi predicto nomine pene altertot denarios quot ille quem iuvare voluerit” costui sia obbligato a pagare di tasca propria al Comune, a titolo di pena, altrettanto denaro quanto si fosse adoperato ad evitarne il pagamento da parte dei guelfi.

In Amelia prevaleva, all’epoca, tendenza ghibellina e l’odio di parte verso i guelfi, cui, forse, appartenevano i fociani, era vivo anche nella nostra Città. (2008)


15  -  Il 15 Gennaio 1498 si dà notizia che “vir doctissimus Magister Angelus Morectus de bononia conductus et electus a Communitate Amerina in preceptorem scolarium Amerinorum per unum annum proxime futurum die supradicta ... ingressus est suum munus docendi discipulos” il dotto Maestro Angelo Moretti di Bologna, eletto e nominato dalla Comunità di Amelia quale precettore degli scolari amerini per il venturo anno, ha fatto il suo ingresso, in detto dì, nell’insegnamento. Lo stesso giorno, con una successiva annotazione nelle riformanze, si comunica che il medesimo Maestro è comparso dinanzi agli Anziani “in unum collegialiter congregati” collegialmente riuniti in udienza nel palazzo anzianale “et exibuit et presentavit eis publico nomine recipientibus furchectam unam argenti” ed ha esibito e consegnato loro, che l’hanno ricevuta a nome della Comunità, una forchetta d’argento, “ponderis unius untie et octave lighe, additis tamen bolenenis duodecim, qui deficiebant in pondere dicte furchecte, ut ex forma eius electionis tenebatur” del peso di un’oncia e un ottavo di lega, cui vengono tuttavia aggiunti dodici bolognini, che mancavano al peso della forchetta, come la solennità dell’elezione richiedeva.

Maestro Angelo sarà pure stato uomo dottissimo, ma la forchetta non la poteva portare leggermente più pesante? (2010)


15  -  Il Podestà (Pretore) di Amelia, (il genovese Giorgio Lazarino) sta per terminare il proprio mandato. Il 15 Gennaio 1491, dalla Rocca di Spoleto, scrive agli Anziani Leonardo Cibo, Commissario (e, quel che più conta, parente) del papa Innocenzo VIII (anch’esso genovese) e Luogotenente del Governatore, facendo sapere “quanto siamo desiderosi de omne honore et comodo suo” e, quindi, “recommendarvelo (per raccomandarvelo) in questo ultimo tempo del suo offitio, usaremo poche parole, confidandoce che como è stato in le altre cose da la Comunità vostra compiaciuto, cusì etiam se farrà in questa; havendo igitur (dunque) lo dicto potestà da finire de proximo (prossimamente) lo offitio suo, como le M. V. sanno et dovendose solum de tre mesi ultimi sindicare, chiedemo et pregamo quelle ex corde (cordialmente) che per reverentia del prefato Signor Governatore et etiam per respecto nostro, li piaccia concedere ad luj et ali offitiali soi el sindicato fra tempo (con celerità), ad ciò non habia stare su la hostaria (doversene restare in albergo più del previsto) con spesa et danno” (da bravi genovesi risparmiatori, il Cibo ed il Lazarino si preoccupano di ridurre al massimo le spese!) (2013)


16 - Con una lunga supplica presentata al Consiglio dei dieci da Bartolomeo alias Zucolini, del fu Menecuccio Zuchi il 16 Gennaio 1454, definendosi fedelissimo servitore ed uomo infelicissimo "ultra sortem conditionis humane", espone di essere stato condannato in contumacia alla pena capitale "per Dominicum Christofori de Urbe", Podestà di Amelia "prossime preteritum", cioè appena uscito di carica, "eo quod dicitur ipsum Zucholinum laqueo suspendisse Isabectam olim suam uxorem in quadam camera posita in sua domo" cioè per aver appiccato ad un laccio Isabetta sua moglie in una stanza della casa, "ex quo quidem suspendio eadem Isabecta mortua est", per la quale inpiccagione la stessa Isabetta ha tirato le cuoia. L'imputato riconosce "esse verum et iustum et decentissimum", cioè non contesta la verità della sua azione, pur riconoscendola giusta e addirittura assai conveniente (!), poiché illustra la sua defunta consorte come "immoderate libidinis mulier" donna di una sfrenata libidine, "sic per totam civitatem Amelie publice privataque vulgatissima fama dignoscitur", come si può rilevare sia privatamente, quanto da una divulgatissima fama pubblica, "quod tantum dedecus non solum homo qui rationis est particeps, sed bruta fere animalia tollerare non possit", il cui obbrobrio non solo per un uomo raziocinante, ma neppure fra gli animali bruti può venir tollerato. Per i motivi esposti, lo Zucolini, a difesa della sua dignità, "cohactus fuit facere" si vide costretto a compiere l'uxoricidio, "ne diu ante oculos et in ore gentium fabulis versaretur", affinché non si favoleggiasse più a lungo delle infedeltà di sua moglie.

Chiede che la sua supplica voglia essere esaminata "vestra admirabili clementia et pietate" con tutta la clemenza e la comprensione che il caso richiede e che venga prosciolto dalla sentenza di condanna "ob dictum suspendium" per l'impiccagione, "occasione tam iustissima ultionis, quo cetere nupte mulieres illius exemplo fidem maritalem servare condiscant" e che, da una così giusta punizione, le altre donne maritate traggano esempio per ben custodire la fedeltà coniugale.

A questo punto, Pellegrino Arcangeli, uno del Consiglio dei Dieci, propone che la decisione in merito alla richiesta cassazione della sentenza di condanna venga esaminata e discussa dal Consiglio Generale. Questo, riunitosi lo stesso giorno, delibera che "primo idem Zucholinus teneatur pacem habere cum Paulello et inde solvat camerario Communis ducatorum triginta auri", cioè che il proscioglimento dalla condanna capitale venga subordinato alla pace da fare con Paolello (probabilmente il padre della disgraziata sua moglie) ed al pagamento della somma di trenta ducati d'oro, da versarsi al Camerario del Comune. La proposta viene approvata con quarantasei voti favorevoli e quattro contrari. 

Poco mancò che a Bartolomeo, invece di una condanna di uxoricidio, venisse tributata una omoranza pubblica, per aver eliminato dalla circolazione una donna di una moralità tanto chiacchierata! (2004)


16 - "Magnifici domini Antiani existentes in sala superiori palatij ipsorum solite residentie", gli Anziani, adunati nella sala superiore del palazzo della loro solita resideza, il 16 Gennaio 1446, "vacantes circha comoditatem et utilitatem communis", preoccupandosi di fornire al comune da loro amministrato comodità ed utilità, "videntes quod campana grossa communis Amelie multoties propter occurrentia devastatur et per aliquos dies postquam est devastata pulzare (sic) non potest sine periculo maioris incomodi", avendo constatato che la campana maggiore del comune, a causa dell'uso fattone in molteplici occasioni si è deteriorata e da alcuni giorni non può più venir suonata senza pericolo di gravi conseguenze, "dederunt et locaverunt dictam campanam ad actandum per quatuor annos proxime futuros Bartholomeo Angelelli Celli", ne affidarono la manutenzione per i prossimi quattro anni a tal Bartolomeo di Angelello di Cello, che potrà farsi aiutare nella bisogna da suo figlio Pietro "omnibus ipsius Bartholomei sumptibus et expensis de omni eo quod pro actatione dicte campane esse necessarium", con accollo di tutte le spese necessarie, comprese quelle per l'acquisto del metallo, per la riparazione e la manutenzione della campana; "et pro salario et mercede "fecerunt ipsum Bartholomeum et Petrum eius filium exemptes pro dictis quatuor annis de custodia dumtaxat ordinaria" e come compenso e salario, concessero a Bartolomeo ed a suo figlio l'esenzione, per quattro anni, dal prestare l'ordinario servizio di guardia. Nell'eventualità che Bartolomeo nei quattro anni stabiliti venisse a mancare, il figlio supersite "ad predicta non teneatur observare ultra voluntatem ipsius Petri", non sarà tenuto a continuare il lavoro paterno, se non lo vorrà, ma, in tal caso, "non sit amplius absens a custodia", non potrà più beneficiare dell'esenzione dalla custodia ordinaria.

Chissà se gli odierni sindacati sarebbero stati d'accordo?

Ma di un'altra singolare occorrenza dovettero occuparsi gli Anziani nella stessa tornata.

"Advertentes circha honorem officij Antianatus", cioè consapevoli dell'onore che comporta in sé l'ufficio dell'Anzianato", considerato che "temporibus retroactis multoties accidit quod aliqui de numero Antianorum iverint ad apotecham barbitonsoris ut radi se facerent", prima d'ora molto frequentemente è avvenuto che alcuni Anziani si recassero alla bottega del barbiere per farsi radere "et propter concursum civium talem operam expectantes recesserunt et non potuerunt radi" ed a causa del numero dei clienti in attesa, dovettero tornarsene indietro senza potersi fare sbarbare, "pro honore et dignitate dicti officij, ordinaverunt, deputaverunt et eligerunt in barbitonsorem Antianorum pro futuro Johanuctium Cecchi", in considerazione dell'onore e della dignità connessi con l'ufficio di Anziano, ordinarono, deputarono ed elessero (e dico poco!) a barbitonsore degli Anziani Giovannuzzo di Cecco, il quale, "ad requisitionem dominorum Antianorum qui pro tempore fuerunt toties quoties fuerit requisitus, exceptis diebus sabati vigilia nativitatis Domini Nostri Yhesu Xpj et vigilia beate Marie de mense Augusti venire debeat ad corradendum dominos Antianos omnes vel separatim ad eorum libidum (sic) in palatio predicto" a richiesta degli stessi Anziani in carica ed ogni volta che ne sarà richiesto, ad eccezione dei giorni precedenti il Natale e la festa della Madonna d'Agosto, dovrà accedere al palazzo anzianale ad esercitare la sua arte di barbitonsore e radere uno o più Anziani per volta, a loro piacere e domanda "et pro ipsius Johanuctij salario et mercede pro dicto exercitio et magistero (addirittura!) fecerunt ipsum exemptem a custodia Civitatis Amelie tam diurne quam nocturne, omni meliori via Juris modo et forma quibus magis et melius facere potuerunt" e per la sua prestazione -per la quale viene usato un termine degno di una magistratura!- gli Anziani assegnarono a Giovannuzzo, quale compenso, l'esenzione dal servizio di guardia sia di giorno che di notte, "ipso Johanuctio presente et acceptante", con l'accettazione dello stesso Giovannuzzo, presente alla delibera.

E, così, con una investitura degna di ben più alto incarico di quello di un sempice barbiere, con il pretesto di salvaguardare la dignità e l'onorevolezza della loro carica, gli Anziani la fanno in barba -è il caso di dirlo- ai comuni clienti che attendono il loro turno nella bottega del barbitonsore.

A proposito, ma non esistono anche oggi esercizi di barbieria riservati agli onorevoli? (2005)


16  -   Dal periodico AMERIA del 16 Gennaio 1898 si ricava la seguente notizia, sotto il titolo “Cucine economiche”:

“A cura di questo Municipio, che è addivenuto alla formazione di un comitato di benemerite persone, il 19 corrente verranno aperte le cucine economiche con distribuzione di minestra e pane al modico prezzo di L. 0,10. Abbiamo letto in apposito manifesto il caldo appello che l’egregio nostro Sindaco fa alla generosità dei cittadini perché concorrano alla buona riuscita di tale opera filantropica e noi, nell’elogiare quanto egli ha fatto, non possiamo che unire le nostre alle sue raccomandazioni”. (2009)


16  -  Il 16 Gennaio 1326 gli Anziani ed il consiglio dei X emanano un provvedimento in base al quale “omnes forenses qui in Civitate Amelie habitant vel habitabunt in posterum in aliqua domo propria vel conducta teneantur facere omnia servitia publica excepta guardia Civitatis” tutti i forestieri che abitano in Amelia o che vi abiteranno in futuro, in casa di proprietà o in affitto, siano tenuti a prestare i servizi pubblici, esclusa la guardia cittadina “et teneantur et debeant solvere pro qualibet familia camerario communis mense quolibet duos soldos” e siano del pari tenuti a pagare al camerario comunale due soldi al mese per ciascuna famiglia. Seguono alcuni nominativi, fra i quali Maestro Stefano medico, Nannello Petrozzi, Filippetto di Spoleto, Baschietto, Erricuccio e Nallo Pellizzari di Spoleto, i quali “ad dictas fatiendas et solutionem nullatenus sint gravati” non siano obbligati alle suddette prestazioni ed al pagamento di cui sopra.

Il successivo giorno 17, gli Anziani procedono ad eleggere i notai Ser Angelo Cecchi e Maestro Pietro Andreucci, affinché provvedano all’aggiornamento dei registri del Catasto cittadino, nonché Maestro Angelo Zuzzoli, Andrea Jorni, Maestro Cardinale, Conte, Janne, Maestro Giovanni di Maestro Bartolo, Maestro Angelo Conti, Maestro Nicolò di Marco, Luzio di Pietro e Maestro Pietro Andreuzzi, “super iure reddendo in causis civilibus” per amministrare la giustizia nelle cause civili. (2010)


16  -  Il 16 Gennaio 1506 gli Anziani, riuniti in udienza, “studentibus rebus publicis peragendis, auctoritate eis per consilium publicum et generalem  ... concessa” intendendo applicarsi alla soluzione di problemi di utilità pubblica, per autorità loro concessa dal maggior consiglio cittadino, “ut fontes Sancte, Quinque et nucichie preserventur mundi ac nitidj, dederunt locaveruntque mundationem dictorum fontium et eorum curam, vice et nomine Comunis Amerie, Jacobo petri Jacobi Rubertj de Ameria” affinché le fonti della Santa, delle Cinque e di Nocicchia siano mantenute pulite e di gradevole aspetto, a nome del Comune, concessero in appalto la manutenzione di dette fonti e la loro cura a Giacomo di Pietro di Giacomo di Roberto di Amelia, “qui Jacobus” il quale Giacomo, “constitutus personaliter coram dictis Magnificis Dominis Antianis, sponte promisit et se obligavit” costituito personalmente dinanzi ai detti Anziani, di sua propria volontà promise e si obbligò “dictos fontes mundare ... et mundos retinere continue quotiens fuerit opus atque fuerit sibi jnjunctum per M. D. Antianos qui pro tempore fuerint” di nettare dette fonti e provvedere a  mantenerle costantemente pulite, intervenendo ogni volta che fosse necessario e che venisse a lui richiesto dagli Anziani allora in carica “et e converso prefati M.ci D.ni Antiani” e, a loro volta, gli stessi Anziani “promiserunt, dederunt atque concesserunt dicto Jacobo” promisero e concessero a detto Giacomo, accettante, “exemptionem a dativis jmponendis ... durante tempore quo ipse mundabit, mundos ac puros retinebit fontes predictos” esenzione dalle dative imponende durante il periodo in cui monderà e manterrà pulite dette fonti, “videlicet quod prefatus Jacobus non teneatur ad solutionem dativarum jmponendarum pro salario potestatis qui pro tempore fuerit, sed a predictis datis sit liber jnmunis atque exemptus” ed, in particolare, che detto Giacomo non sia tenuto a pagare le imposte che verranno applicate per far fronte al salario del podestà in carica pro tempore, ma ne sia immune ed esente; “contuleruntque prefati M. D. Antiani ... predicto Jacomo facultatem atque potestatem denumptiandj et accusandj quosque deturpantes atque jmpedientes predictos fontes aut ipsorum aliquem aut turpitudinem seu jmmunditiam in ipsis fontibus aut eorum aliquo facientibus” gli stessi Anziani conferirono, altresì a detto Giacomo facoltà e potestà di denunziare ed accusare tutti coloro che deturpassero o facessero qualche impedimento nelle fonti o in alcuna di esse o vi facessero o vi gettassero cose immonde “et de eo quod occaxione predicta pervenerit in Comune habeat quartam partem pene” e di tutto quello che, in conseguenza di quanto detto sopra, entrasse, a titolo di pena, nelle casse comunali, abbia la quarta parte. (2011)


16  -  Sotto la data del 16 Gennaio 1538 nelle riformanze risulta trascritto un breve di papa Paolo III, del giorno 2, inviato da Roma e indirizzato al Cardinale Grimani, Legato di Perugia e dell'Umbria, con il quale il pontefice fa presente che alle lettere che “Dilecto filio et secundum Carnem nepoti nostro Alexandro Cardinali de Farnesio, S.te R. E. Vicecancellario” il diletto figlio e, secondo la carne, nipote del papa, Alessandro Farnese, Cardinale e Vicecancelliere di Santa Romana Chiesa “ad te nostro nomine scribet, fidem jndubiam adhibeas et ea omnia que per easdem litteras circonspectioni tue ordinabunt, perinde exequaris, ac si nos ipsi ea ad te scriberemus” scriverà ad esso Legato, a nome del papa, venga attribuita piena fede e che tutto quanto, con le stesse, venisse ordinato, sia eseguito, come se fossero state scritte dallo stesso pontefice.

Alessandro Farnese era figlio del figlio del papa Pier Luigi (non per niente era stato chiamato “secundum carnem nepoti nostro”) ed era stato creato cardinale a soli quindici anni, nel quadro di uno sfrenato nepotismo purtroppo praticato in quel periodo nella corte pontificia. Nel corso degli anni, Alessandro si rivelò un grande mecenate, terminando i lavori -iniziati dal nonno- dei palazzi della casata a Roma ed a Caprarola, affidati ad architetti del calibro di Antonio da Sangallo e del Vignola e facendo edificare anche la Chiesa del Gesù. (Notizie desunte dall'opera di Claudio Rendina “I PAPI storia e segreti”  Newton Compton Editori). (2012)


16  -  Nella pergamena n.103 del 16 Gennaio 1336 è contenuto un atto mediante il quale Giannotto di Alviano, unitamente ad altri settanta fuorusciti di Amelia, danno ampio mandato al principe Napoleone Orsini di stipulare con il Comune di Amelia, “in laudo et arbitrio ferendo per eum”, secondo il suo esclusivo giudizio e beneplacito, il loro reinserimento nella Comunità, facendo loro rimettere tutte le colpe derivanti per incendi, guasti, brighe e guerre, omicidi, danni ed offese reali e personali, cavalcate “et generaliter omnium aliorum dampnorum et offensionum commissorum seu perpetratorum per partem dictorum exititiorum contra dictum Commune Amelie et spetiales personas in personis et rebus hominum dicte civitatis Amelie” ed in genere per tutti i danni, offese da essi fuorusciti commessi e perpetrati contro il Comune di Amelia e singole persone, tanto nel corpo, quanto nei beni di privati cittadini.

L’atto venne stipulato dal Notaio  Ser Giovanni del fu Merchetello di Amelia, nel Castello di Porchiano, nella Chiesa di San Simeone, alla presenza dei testimoni Jacobuccio di Scione, Benedetto di Nutarello, Colao di Tiralarco, Jacobo di Lello e Ugolino di ser Uffreduccio, di Porchiano. (2013)


16  -  Il 16 Gennaio 1329 occorre prendere urgenti provvedimenti “super custodia Civitatis, secundum consilium et dictum M. Bartholomei Butij, que ordinamenta facta et fatienda reducantur in unum et fiat unus liber et unum statutum, qui liber sit penes offitiale custodie” circa la custodia cittadina, secondo il consiglio di Messer Bartolomeo Buzi e che detti ordinamenti fatti e da fare si riuniscano in un libro ed in uno statuto, da conservarsi preso l’ufficiale addetto alla custodia della Città “Et quod omnes et singuli homines de Civitate Amelie teneantur et debeant facere Custodiam nocturnam” e che tutti i cittadini di Amelia siano tenuti a fare la custodia notturna “Et ad custodiam fatiendam de die eligantur ex omnibus hominibus dicte Civitatis viijC, homines qui de die custodiam facere teneantur” ed alla custodia da fare di giorno, si eleggano fra tutti i cittadini ottocento uomini “Et quod ordinantur aliqui homines in certa quantitate qui cum eorum capitaneis trahantur ad loca eis ordinata, de die et de nocte cum armis tempore rumoris et tempore oportuno” e che vengano scelti altri uomini in una certa quantità, che, con i loro capitani, siano condotti nei luoghi loro ordinati, sia di giorno, che di notte e, in tempi di disordini o ritenuti opportuni, anche con le armi “Et quod ordinantur signa cum comitatinis pro quo hec inde fiant, si occasione alicuius esset maior custodia hadhibenda” e che si stabiliscano dei segni convenzionali con gli uomini del contado, in modo da provvedere, in caso di necessità, a rendere più efficace la custodia. Inoltre, si delibera che gli Anziani nominino due uomini che rendano sicuri tutti i luoghi della Città e delle sue mura, chiudendo e murando ove necessario, per accrescerne la sicurezza. Per l’occasione, vengono eletti non due ma quattro uomini, nelle persone di Luzio di Pietro, Bartolo Massarozi, Bartolomeo Buzi e Leonardo Jacobuzi.

Era un periodo particolarmente turbolento e malsicuro! (2014)


17 - Il Cardinale Albani, con un ordine circolare della Sacra Congregazione del Buon Governo, comunicata agli amministratori amerini il 17 Gennaio 1818, sulla composizione del "pane misto", impartisce le seguenti istruzioni:

 "1° - Il pane misto dovrà in avvenire esser composto di due terzi di farina di grano e di un terzo di patate, o farina di grano turco.

  2° - Ogni altro genere, ossia qualunque altra farina di altre granaglie, non potrà mischiarsi nella composizione di esso.

  3° - La pagnotta del pane misto dovrà eccedere di una mezz'oncia il peso della pagnotta del pane bajoccante, così detto, ossia di quella qualità dalla quale si toglie la semola ed il tritello". (2001)


17  -   Il 17 Gennaio 1456 gli Anziani, insieme ad una gran parte dei conestabili della Città ed a molti cittadini, discutono circa quanto contenuto in alcune lettere inviate agli stessi Anziani da parte del Governatore, del Rettore del Patrimonio e di Corrado Orsini, comandante “exercitus Sancte Romane Ecclesie” dell’esercito pontificio “super stantijs et allogiamento prefati M.ci d. Curradj et suorum gentium in Civitate Amelie” circa la ricezione ed alloggiamento in Città del detto Corrado e sue genti armate e “habito inter eos sollempni ratiocinio et squitrinio qualiter in Civitate Amelie non est stramen pro substentamento convenienti predictarum” dopo aver fatto fra essi attento ed approfondito esame ed essersi reciprocamente confrontati circa la impossibilità da parte della Città di accogliere ed alloggiare le truppe dell’Orsini, “deliberaverunt esse mittendum oratorem ad Urbem” si decide di inviare un ambasciatore a Roma a chi di dovere (cardinali, Colonna, Orsini, ecc.) “ad allegandum causam quare non esset possibile quod gentes M.ci d.ni Corradj possent allogiare Amelia” per spiegare la ragione per la quale non è possibile dare ricetto alle genti di Corrado “ex defectu straminis” per mancanza di stalle e luoghi di accoglienza, in quanto “Communitas Amelie habuit et habet gentes Magnifici Armorum Conductoris Anzelini de Canalj et Virgilij sui fratris” la Comunità di Amelia sta già alloggiando le genti del Comandante Angelino di Canale e di suo fratello Virgilio e si supplichi, quindi, “ut dignemini communitatem amplius nolle gravare” che si degnino di non voler ulteriormente gravare la Città con altri insostenibili pesi.

L’onere di recare a Roma una simile perorazione viene assegnato al nobile Pirramo Nacci, affinché “omni modo via jure et forma quibus melius potuerit” si adoperi nel miglior modo possibile di sostenere le giuste ragioni degli Amerini.

L’ambasciata del Nacci sembra produrre esito positivo, com’è attestato da una lettera inviata il 28 Gennaio successivo agli Anziani, da parte di Simone de Thebaldis di Roma, che si firma “d.ni n.ri pp. Medicus Cubicularius”, cioè medico cubicolario del papa, nella quale si dice che il pontefice accoglie la petizione degli Amerini, specificando che verrà inviato ordine a chi di dovere “notificandoli che la S.tà de N. S. non vole in Amelia e né in Lugnano alluogj altra gente che quella che sta al presente dellì”.

Per sanare, almeno in parte, i malanni di Amelia non ci voleva niente di meno del medico cubicolario del papa! (2009)


17  -    Il 17 Gennaio 1426 il maggior consiglio cittadino è chiamato a deliberare su alcune materie di varia natura.

La prima è quella di decidere cosa fare, “cum de novo venit in communi Amelie quedam lictere ex parte Senatoris et populi Romani, inter alia continentes quod Civitas Amelie mictat tempore carnisprivij sex luxores Cives Amelienses ad faciendum ludum Testacij cum insignis debitis” essendo nuovamente giunta in Comune, da parte del Senato e del Popolo Romano, la richiesta di inviare, in tempo di carnevale, sei giostratori cittadini con le relative insegne per l’esecuzione del gioco del Testaccio, “Et castrum porchiani mictat duos anulos de Argento cum duobus pomis deduratis” ed anche il Castello di Porchiano invii due anelli d’argento, con due pomi dorati. Si decide di inviare due oratori “cum insenio .x. florenorum domino pape” con un regalo da porgere al pontefice di 10 fiorini “et ad posse defendantur jura communis” e facciano quanto è nelle loro possibilità per difendere i diritti della Città e, per alleviare il peso gravante sul Castello di Porchiano, si faccia presente, anche con l’invio di qualche uomo di fiducia dei Porchianesi, che “nunc est necesse” v’è urgenza di provvedere alla riparazione ed alla difesa del castello e tanto meno (“nedum”) è il caso che si spendano denari per divertire il popolo di Roma. 

Altro argomento da trattare riguarda un provvedimento da adottare in favore dei meno abbienti: “cum videatur utile pro comoditate pauperum et forensium quod in die dominico forenses possint vendere bladum in civitate Amelie sine aliqua pena” poiché sembra cosa utile per i poveri ed i forestieri che questi ultimi possano venire in città le domeniche a vendere granaglie, senza incorrere in alcuna sanzione. Si approva con 35 voti favorevoli e 19 contrari.

Altro argomento trattato nella stessa giornata riguarda la supplica che Angelello Duita e Antonio Capocecere, porchianesi, ma da tempo obbligati ad abitare in Amelia -non se ne conoscono le ragioni- presentano agli Anziani ed ai consiglieri la richiesta “considerata senectute dictorum Angelelli et Anthonij quod possint redire ad proprios lares in dicto castro”  di poter tornare presso i “lari domestici” nel detto Castello, in considerazione della loro età ormai avanzata. Si concede, con 43 voti favorevoli e 11 contrari. (2010)


17  -  Il pittore Gian Francesco Perini aveva una vertenza nei confronti di coloro che gettavano terra ed altri materiali nel sottostante terreno coltivato a vigneto, di sua proprietà, “in loco ubi vulgariter dicitur 'el muro rotto' juxta portam S.ti Nicolaj” nel luogo volgarmente chiamato 'il muro rotto' (probabilmente identificabile con l'attuale Morrotto), presso la Porta di San Nicolò, della quale si sono perse le tracce. Il 17 Gennaio 1538 vengono uditi alcuni testi, fra i quali “Venerabilis Presbiter Angelus Cechini” il Reverendo Angelo Cecchini, il quale, sotto giuramento, “deposuit qualiter a quinquaginta annis citra vidit semper  per quoscunque in dicto loco proici terraplenum” dichiara che, da cinquant'anni ha sempre visto gettare terra da chiunque nel detto luogo ed, inoltre, che, al tempo in cui “Sanctorus Mannosius demolivit quandam domum” Santoro Mandosi demolì una certa sua casa, “jnde proiecit totum terraplenum nemine prohibente” da quel punto gettò tutto il materiale di risulta, senza che nessuno si opponesse ed, in particolare, “quod vidit audivit et presens fuit de loco et tempore ut supra” che fu personalmente presente in tale circostanza. La stessa testimonianza giurata viene, poi, resa da Arcangelo Papa, Riccio Archinelli (altrove Cinelli), Bernardino di Apollinare, Scoglio di Corpellino, Perello Tosi “et multis alijs” e da molti altri, i quali aggiunsero, altresì, di aver sempre veduto gettare “in dicta cloaca” in detto ricettacolo “terraplenum et animalia mortua” terra ed anche carogne di animali, “omnibus videntibus et nemine contradicente preter Perinum qui jmpedire tentavit” alla vista di tutti e senza proteste da parte di alcuno , tranne che del Perini, che tentò di opporvisi, “nihilominus penes Dominos Antianos et Curiam dicto tempore existentes nihil potuit obtinere” e tuttavia non poté ottenere nulla né dalla Curia (del Podestà), né dagli Anziani allora in carica, in quanto lo scarico in detto luogo “fuit et est consuetudo inveterata” è sempre stata -ed è tuttora- consuetudine sempre praticata.

Il giorno 21 successivo Ser Ludovico Nacci, in rappresentanza (“Procurator”) del Comune di Amelia e di molti cittadini interessati alla causa, recatosi “in loco differentie” sul luogo del contestato scarico, nel quale era stato convocato anche il Perini, “pro ultimo et peremptorio termino ad probandum” quale ultimo e perentorio termine assegnatogli per provare il suo assunto, “jn dicta ultima hora dictus Procurator nomine quo supra contumaciam accertavit jpsius Jo: Franciscj non probantis” scaduto detto termine, il Nacci, nel sua accennata qualifica, accerta e fa dichiarare la contumacia dello stesso Perini, che non si è presentato e non ha addotto alcuna prova a difesa della sua tesi. Il giudice, “visa contumacia prefati Jo: Francisci eidem ne jgnorantia pretendat, prorogavit terminum trium dierum ad probandum” constatata la contumacia del Perini, proroga il termine ultimo per consentire allo stesso di produrre le prove delle sue ragioni e, affinché questi non possa addurre ignoranza, gli fa notificare la decisione il giorno 24.

Il 28 seguente, scadenza dell'ultimo termine, si ripete la stessa scena ed il Perini, anche questa volta, non si presenta. A questo punto, il giorno seguente 29, viene pronunziata la sentenza definitiva da parte del “Judex et collateralis Domini Potestatis Fabius Satibonus de S.to Gemino” giudice Fabio Satiboni di Sangemini, collaterale del Podestà, il quale, “visis testibus productis ... eorumque iurata examinatione et depositione” dopo aver ascoltato la deposizione giurata dei testimoni prodotti, “visis pluribus dilationibus datis et concessis prefato Jo: Francisco ad probandum et allegandum in causa quidquid vellet et posset, in quo termino nihil probavit” viste le molteplici proroghe concesse al Perini per esibire le prove come meglio intendesse e potesse fare, a difesa delle sue ragioni e non avendone potute addurre, nei termini prefissati, a beneficio di quanto asserito e preteso, dopo essersi recato di persona sul luogo, insieme agli Anziani ed a molti altri cittadini, constatato “quod dicta projectio non obest menibus Communis” che il detto getto non reca pregiudizio alle mura comunali (ciò che, dal punto di vista della pubblica incolumità, rivestiva maggiore importanza), visto ... ecc. ecc., “Christi nomine repetito, sedentes pro tribunali in audientia Palatij Antianalis in quodam scanno ligneo” invocato più volte il Nome di Cristo, sedendo in uno scranno di legno, per il tribunale, in udienza nel Palazzo anzianale, pronuncia “sententiam diffinitivam”, dichiarando che il getto contestato dal Perini “ex antiqua et inveterata consuetudine servitutem ex ea fuisse et esse prescriptam” costituisce, per inveterata consuetudine, una servitù ormai maturata ed acquisita, “unicuique inde licere et permissum fore et esse proici, nemine prohibente, dummodo non impediatur aliquo modo” e, quindi, a ciascuno sia lecito lo scarico e nessuno possa opporsi ed impedirlo in qualche modo “et in futurum  unicuique impune concedimus dictam proiectionem” e, per l'avvenire, si autorizza chiunque ad effettuare impunemente tale discarica.

E, così, il nostro illustre pittore Gian Francesco Perini -anche per colpa della sua trascuratezza- dovrà continuare a sopportare una tale gravosa servitù! (2012)


17  -  Con atto rogato dal notaio Francesco di Cristoforo del 17 Gennaio 1521, Anna di Pier Francesco Alberti de’ Racanis, in occasione del suo matrimonio con Diomede di Marco  de’ Cansacchis, porta in dote duecento ducati. Un bel gruzzolo! (2014)


17  -  Il 17 Gennaio 1538, con atto del notaio Francesco Fariselli, Laurelio de’ Laurelis, priore della Confraternita (“Societas”) del Corpo di Cristo di Amelia, insieme ad altri cinque nobili componenti della direzione della medesima, commissiona al pittore amerino Gian Francesco Perini (“Pirini”) la pittura, su tavola, della “Coena Domini”, nella tribuna della Cappella del Sacramento e, precisamente, nel riparto centrale. A lavoro ultimato, il pagamento sarà effettuato secondo la stima di due periti “hinc inde eligendi” da eleggere al momento, previa detrazione di due scudi. Quale anticipo, il tesoriere della Confraternita consegna al pittore quindici ducati.

Ma le cose non vanno lisce. Il successivo 10 Agosto il pittore non risulta ancora soddisfatto dalla “Societas Corporis Christi”. Le parti, che si trovano in disaccordo, si rimettono alla decisione del Vescovo, il quale, finalmente il 7 Settembre, emette il suo lodo, dal quale si evince che la “Societas” è obbligata a pagare al pittore Perini la somma di cinquanta ducati d’oro, “sine aliqua diminutione illorum duorum scutorum contentorum in prima convocatione” senza la diminuzione dei due scudi patteggiata nella prima convenzione.

Ma la vicenda non è ancora giunta al termine ed il pittore, per ricevere il saldo del suo compenso, dovrà attendere addirittura fino al 2 Febbraio 1540! (2014)


18 - Poiché nella Città di Amelia “pro utilitate et conservatione corporis hominum et ipsorum sanitate” vi è necessità di “uno et experto fisicali medico” ed essendovi attualmente (cioè il 18 Gennaio 1399) in Terni “quidam Magister Johannes de Reate medice artis doctor”, cioè dottore nell’arte medica, la cui fama come “expertissima persona tota per provincia resonat”, si procuri di farlo venire in Amelia, pattuendo un corrispettivo di 100 fiorini d’oro all’anno, a carico del Comune, alla condizione che null’altro abbia a pretendere dai pazienti per le sue prestazioni. (1999)


18 - Il 18 Gennaio 2006, alle ore 7,05 antimeridiane, un tratto di circa 25 metri delle mura cittadine, sul lato est, lungo l'area un tempo occupata dalla c.d. "pineta dell'Impero", crollava rovinosamente, trascinando seco le impalcature e le attrezzature predisposte per il loro restauro, senza -fortunatamente- provocare danni a persone. Le polemiche circa le cause del crollo e le eventuali responsabilità non tardarono a partire e, certamente si trascineranno per lungo tempo.

Sembra che l'ancoraggio delle dette impalcature alle mura, già pericolanti, e la costipazione di terra con mezzi meccanici eseguita al di sopra delle stesse, non siano da escludere fra le cause determinanti del crollo.

A noi piace porre in evidenza che la cura delle nostre mura, antiche di oltre 2500 anni e vanto della Città, fu oggetto, in ogni tempo della loro lunga storia, di quanti, chiamati all'amministrazione cittadina, ebbero a cuore la incolumità sia delle stesse mura, che della cittadinanza loro affidata.

Ne abbiamo un esempio nella riunione del Consiglio generale del 3 Novembre 1602, nella quale, "de bono publico", si espose che "essendo le muraglia de la Città piene de fichi, et d'altre materie, che ruinano esse muraglia, è bene che li sig.ri Antiani le facciano tagliare ... et perché in dette muraglia sono anco alcuni busci causati da acqua, et vento, che tuttavia se fanno maggiori, è anco bene (che) quelli se faccino ratturare". La decisione di provvedervi sollecitamente venne approvata all'unanimità, senza attendere il verificarsi di crolli sul tipo di quello sopra lamentato.

E così, mentre i nostri predecessori del XVII secolo e di ogni periodo della nostra trimillenaria storia, con i loro primitivi ed inadeguati mezzi, riuscirono a conservare e tramandarci più o meno intatte le mura cittadine, noi, malgrado le moderne, avanzate tecnologie -o forse a causa di esse?- non ci siamo riusciti:

"Quod non fecerunt barbari..."

(2007)


19 - Giovanni Nalli, detto Volpe, di Lugnano, Antonio di Paolo, Andrea Tortorini, Bartolomeo di Nicolò, Pietro Nigri, Johannes Antonio Capoceciare, Angelo Dande, Giovanni Cioli, Agnalutio Bartholomej, Joanecto Maccini, caduti prigionieri di Bartolomeo detto Ragio de Castronovo, “Capitaneum” di certe genti d’arme, e loro accoliti, sono detenuti nel Castello di Marinata e su di essi è stata posta una taglia di 400 fiorini d’oro.

Per il loro riscatto, amici e parenti contraggono un mutuo con il mercante amerino Pellegrini Carlini, che viene stipulato dal notaio Ugolino Jacobutij di Amelia in data 19 Gennaio 1403, per una corrispodente somma. Pietro Macennis viene incaricato di pagare il riscatto, a condizione che “dicti captivi detenuti in castro Marinate” siano da Bartolomeo e soci rimessi “in pristinam libertatem et securi et liberi in castro Fornuli”. (2000)


19 - Il 19 Gennaio 1473 viene letta dinanzi agli Anziani la supplica di Gualterio di Lagoscello, tutore di suo nipote Cristoforo di Giuliano, il quale espone “se bene et diligenter dictam curam sive tutelam gessit” di aver esercitato il suo incarico di tutore con perizia e diligenza e di aver, dopo un anno, reso conto della sua amministrazione, ma che “ad instantiam quorundam suorum malivolorum” su richiesta di alcuni malevoli, “fuit ... formatum processum eo quod non redditit rationem administrationis secundum formam statutorum de mense vel post mensem octobris” venne sottoposto a processo, in quanto, secondo i vigenti statuti cittadini, non avrebbe rispettato il termine del mese di ottobre previsto per la presentazione del rendiconto dell’amministrazione del minore “adeo quod dictus Gualterius veniret condemnandus in quinquaginta libris denariorum monete currentis Amelie” sicché detto Gualterio dovrebbe essere condannato a pagare 50 libre di denari in moneta corrente in Amelia. Lo stesso si difende affermando che “iniustum esset” sarebbe ingiusto che chi ha operato bene e fedelmente ed ha reso debito conto dell’amministrazione, per una ragione puramente formale venisse condannato, “dicens statutum forte numquam plus fuerit usitatum”, tanto più che detta norma statutaria non verrebbe più applicata.

Considerando che trattasi di una questione di forma, a Gualterio, riconosciuto onesto e povera persona, si fa grazia della condanna. (2008)


19  -   Il 19 Gennaio 1475 si stipulò un contratto, nel quale intervennero, da parte del Comune, il Sindaco Giacomo Tornana e, dall’altra, Mastro Vincenzo Giovanni da Viterbo, per sé e successori, con il quale quest’ultimo si obbligava a “reparare reficere et reaptare rotas et id omne quod deficeret horologio stanti in turri communis apud episcopatum Sancte Firmine” riparare, racconciare e riattare le rotelle e tutto quel che mancasse nell’orologio esistente nella torre comunale, sita presso l’episcopio di S. Fermina “ita et tali modo ut dictum horologium ad mensuram optimorum horologiorum horarum debitarum et solis tam die quam nocte respondeat omnibus suis sumptibus tam de ope seu fabricatione quam de rebus ad id efficiendum necessarijs” in modo tale che detto orologio, come dev’essere per i migliori di essi, (segni correttamente) le debite ore solari, sia di giorno che di notte, e (Mastro Vincenzo), a tutte sue spese, provveda a quanto necessario sia per la fabbricazione che per quant’altro occorresse alla sua efficienza. Inoltre, lo stesso Mastro Vincenzo si obbligò a “facere componere et aptare in platea Sancte Marie de Porta ubi Dominis aptius videbitur omnibus suis impensis et sumptibus magisterio et rebus necessarijs” fabbricare, assemblare ed attare, sulla Piazza di S. Maria di Porta, dove agli Anziani sembrerà più opportuno ed a tutte sue spese e con arte e materiali a ciò necessari, “speram solis et lune cum rotis et huiusmodi rebus idoneis  cum radio aurato” una sfera del sole e della luna, con ruote e meccanismi idonei e con un raggio dorato, da cui “hore demostrarj et mirarj sine errore possint” le ore possano venir indicate e guardate senza possibilità di errore “ita et tali modo ac forma ut omnia dicta bene respondeant ad solis et lune mensuram et cursum” in tal modo e forma che tutte queste cose corrispondano in modo preciso alla misurazione ed al corso del sole e della luna, come “in alijs urbibus consuetum” è d’uso in altre città. Il tutto da consegnarsi in piena efficienza entro la fine del seguente mese di Febbraio e con la garanzia del perfetto funzionamento “per annos vigintiquinque venturos” per i successivi 25 anni. “Et hec omnia supradicta” E tutto quanto sopra indicato, Mastro Vincenzo “promisit facere componere et finire pro precio et nomine precij duodecim ducatorum ad rationem septuagintaduorum bononenorum pro quolibet ducato” promise di fare, costruire ed ultimare per il corrispettivo di 12 ducati, a ragione di 72 bolognini per ducato, dei quali, due ducati gli vennero pagati alla firma del contratto; il residuo gli sarebbe stato corrisposto ad opera compiuta ed ultimata.

Se si considera l’entità del lavoro che il povero orologiaio Vincenzo si obbligò a portare a termine, fra le rotelle mancanti all’orologio della torre comunale e la fabbrica ex novo dell’orologio completo delle fasi lunari da sistemare sulla Piazza di S. Maria di Porta, il corrispettivo di dodici ducati sembrerebbe una vera miseria! 

Ma non sarà che qualche “rotella” mancasse anche a qualcun’altro? (2009)


19  -  Giovanni Nalli detto Volpe, di Lugnano, Antonio di Paolo, Andrea Fortorini (?), Bartolomeo di Nicolò, Pietro Nigri Carono (?), Giovanni Antonio Capoceciare, Angelo Dande, Giovanni Cioli, Agnaluzio di Bartolomeo e Giovannetto Mancini sono stati fatti prigionieri da Bartolomeo detto Ragio, di Castro Nuovo, capitano di certe genti armate e loro accoliti e detenuti nel Castello di Marinata, Per il loro riscatto, occorre pagare una taglia di 400 fiorini d’oro. I loro amici e parenti, il 19 Gennaio 1403, a mezzo del Notaio Ugolino Jacobuzzi, contraggono un mutuo di pari importo, con il mercante Pellegrino Carlini di Amelia e li liberano. Pietro Mannis, procuratore dei mutuanti, è incaricato del pagamento del riscatto, a condizione che “dicti captivi, detenti captivati in Castro Marinate per eumdem Bartholomeum et eius sotios” i detti prigionieri, tenuti prigionieri da detto Bartolomeo e soci nel Castello di Marinata, siano “repositi in pristinam libertatem et securi et liberi in Castro Fornoli” restituiti nella pristina libertà e condotti liberi e sicuri nel Castello di Fornole. (2014)


20 - UN PROCESSO PENALE DELLA FINE DEL 1500

La richiesta del pagamento di un modesto credito scatena una sequela di vie di fatto, culminata in una scarica di randellate.

L'amministrazione della giustizia, alla fine del XVI secolo, nel territorio del Comune di Amelia, facente parte del Patrimonio di S. Pietro fin dal secolo VIII, era gestita, per gli affari criminali (cioè penali) dal Procuratore Fiscale, una sorta di pubblico ministero, dipendente dalla Curia e spesso rappresentato da un canonico. Questi, dopo l'atto di citazione, promosso d'ufficio o su querela di parte, istruiva il processo e sosteneva l'accusa, conducendo l'interrogatorio sia degli imputati che dei testimoni. Il verbale del dibattimento era redatto da un notaio della Curia, che era, anch'esso, per lo più, un ecclesiastico. I processi civili venivano, invece, istruiti e condotti dal Vicario Vescovile (1).

Si era ormai spenta l'eco degli statuti trecenteschi, che assegnavano il potere giurisdizionale al Podestà, il quale, pur se di nomina pontificia, rappresentava sempre una magistratura di impronta prettamente comunale, cui le rigide norme statutarie imponevano il severo obbligo di sedere "ad bancum juris in palatio comunis" ed ivi rimanere "a mane usque ad tertiam et a nonis usque ad vesperas", risolvendo ogni causa entro trenta giorni dalla citazione, mentre la relativa sentenza doveva venir eseguita entro otto giorni dalla sua pubblicazione (O tempora, o mores!).

Nei Comuni appartenenti a feudi baronali di investitura ecclesiastica, come molti di quelli della valle del Tevere, l'amministrazione della giustizia era ancora di competenza del Podestà, che veniva nominato dal "dominus et patronus" della famiglia feudataria.

Il Comune di Giove, nel quale si svolsero le vicende che interessano il processo preso in esame, era soggetto, fin dall' anno 1514, alla famiglia Farnese, che lo cederà soltanto nel corso dell'anno 1597 a quella dei  Mattei.

I processi penali venivano verbalizzati dal notaio del Podestà. che spesso riuniva in sé entrambe le qualifiche: "coram me, Not. et Pot.", e redatti e conservati nel "liber criminalium".

E' da uno di questi libri, che è stato tratto il processo celebrato in data 20 gennaio 1597, del quale, in appresso, verranno riprodotti letteralmente alcuni singolari passaggi.

Mentre la verbalizzazione procedurale era compilata secondo un formulario in lingua latina, le risposte delle parti che venivano sottoposte ad interrogatorio erano riportate in lingua volgare ("vulgari sermone loquendo") e trascritte senza omettere espressioni di crudo verismo.

La vicenda che formò oggetto del processo in parola vedeva contrapposti: da una parte, i fratelli  Francesco ed Alessandro F., di Giove e, dall'altra, Pierdomenico di Fazio F. e suo cugino Antonio F., pure di Giove. I cognomi, per discrezione, verranno indicati con le sole iniziali. Inoltre, per una migliore intelligibilità, si aggiungeranno, fra parentesi, alcune parole sottintese e qualche segno d'interpunzione, comprese le virgolette per evidenziare i discorsi diretti, mancanti nel testo originale.

Francesco F., principale imputato, chiamato a deporre sui fatti occorsi, dopo aver "delato juramento de veritate dicenda ... tactis, etc."; cioè, dopo aver prestato giuramento di dire la verità, toccando le sacre scritture ("tactis prius scripturis") interrogato: "ut seriatim enarret acta secuta inter ipsum et Pierdominicum Fatii F. sub die veneris proxima preterita" (cioè, affinché racconti con ordine i fatti intercorsi tra di esso e Pierdomenico di Fazio F. il venerdì testè decorso), rispose:

"Signore, la verità è che venerdì prossimo passato Pierdomenico di Fazio et io, trovandoci per la strada delle Molinelle dove si gioca alla ruzzula, venimmo a parole insieme, per conto di certi denari che io pretendevo da lui ... et erano doi pauli, et perché gli l'havevo domandati più volte et esso sempre mi ricusò darli, gli domandai, et esso mi disse: "chiamami in Corte ché non ti li voglio dare"... aI che io gli dissi ... "(il tuo) è atto da furbo!"... et esso mi disse: "furbo è un par tuo!" et mi dette una spinta et io gli dei un pugno, et in questo comparve Piervito ... et mi prese per un braccio ... et allora Pierdomenico ... con la ruzzola mi dette in testa et mi ferì et uscì sangue ... Piervito mi lasciò et presi un sasso et lo tirai verso Pierdomenico, ma non veddi che lo colpisse, et Antonio F. (cugino di Pierdomenico) mi abracciò dicendo: "via! la vada per la meglio, via verso casa!" et io mi partii ... et dormii in casa, et il sabbato mattina presi la  roncola et l'accetta, et me ne andai  alla vigna, dove ci stei poco et me ne tornai perché mio padre mi haveva mandato a chiamare, et alli Molinelli mio padre mi tolse la roncola, et mi restò l'accetta, et mi posi al sole alla Croce, et veddi Alessandro mio fratello quando andò in giù verso Tigliano et mi mossi per giungerlo et dirgli il tutto che mi era successo, et come fui al terreno di Messer Cencio a porta Romana, veddi li cani di Filiberto et, dubitando non ci fosse Pierdomenico ... uscii di strada tenendo sotto (la cappa) un bastone, quale havevo tagliato, sebene ne tagliai doi et uno lo buttai perché non mi piacque ... et mi incontrai in Antonio F. (da) solo, che portava in mano un padelluzzo, et mi disse:  "a Dio, fracassa! Non ti sono valute le tue bravarie! con il tuo bravare, intanto, vai con il capo rotto!" et io gli dissi: "gramarìe a te, ché tu mi ritenesti!" et esso rispose: "tu menti per la gola! non dici il vero!" et io gli detti una spinta, et lui mi dette con quel padelluzzo, et io gridai: "agiuto! agiuto!" et Alessandro mio fratello (il) quale era innanzi, tornò indietro e disse: "che romore è questo?" et allora Antonio disse: "sì, venite, massa di becchi! voglio che mi cacciate il naso quà in culo!" et noi gli corremmo dietro et, esso fermatosi, io lo feci cascare in terra et gli dei sette o vero otto bastonate nelle natiche ... et Alessandro et Antonio cominciarono a contendere et Cianchetta Pietro et mio padre li partiro, et Cianchetta Caporione (dei birri) mi fece precetto (ché) venissi in palazzo, et venni in Roccha. Et questo è stato il fatto come è passato, et la verità istessa".

(1) Notizie desunte dalla cortesia del Prof. Emilio Lucci. (1996)


20 - Poiché è passato per Amelia un eccellente maestro orologiaio, che si è offerto di “facere unum arologium in campanili comunis positum iuxtam Ecclesiam S.cte Firmine” e giacché non comporterebbero alcun impedimento al suo funzionamento le campane ivi collocate, in considerazione che molti cittadini di Amelia sarebbero disposti a contribuire al pagamento dell’installando orologio, il 20 Gennaio 1442 il Consiglio è chiamato a decidere in merito. 

Ma la questione sembra rivestire tale importanza, da richiedere l’intervento del Consiglio Generale.

 Riunitosi il giorno dopo, si decide di nominare due persone “ut videbitur inveniendi pecuniam” e se riterranno che possa essere sufficiente la somma di 25 ducati. Si propone che gli Anziani, insieme a quattro cittadini, abbiano pieni poteri di contattare, per mezzo del vescovo, i canonici di S. Fermina, per sapere se essi saranno disposti a “manutenere dictum arologium”.

La proposta passa di stretta misura (17 voti favorevoli e 16 contrari).

Il 12 marzo successivo, in Consiglio Generale si torna sull’argomento dell’orologio e, questa volta con 13 voti a favore e 2 soli contrari, si stabilisce di rivolgersi  ad un buon artefice, per l’esecuzione del lavoro.

Nove giorni dopo, l’incarico della detta ricerca viene affidato ai “prudentes viri” Ser Evangelista sr. Arcangeli et Angelus sr. Arcangeli Lelli.

Finalmente, il 30 aprile, l’artefice -si ignora se fosse colui che, per primo, si offrì di fare l’orologio- viene trovato nella persona di Maestro Petri Andree de Castro Sanguino, con il  quale viene stipulato l’atto di commissione, per il corrispettivo di 40 fiorini d’oro, in ragione di 60 nuovi bolognini per fiorino.

Finalmente, l’orologio è al suo posto, ma occorre verificare se esso “stat bene  ut requiritur”; cioè se corrisponde alle aspettative.

Il 9 dicembre Maestro Andrea da Foligno, su incarico degli Anziani, procede al collaudo dell’orologio e, dopo averlo esaminato, dichiara che “aliquis parvus defectus erat et quod statim Magistrus Petrus remediavit”; cioè che vi era qualche difettuccio, prontamente eliminato dal buon artefice,  “et quod nunc bene stat et in forma debita ut requiritur”;  e, cioè, che ora l’orologio è in perfetta forma.

Non resta ora che trovare qualcuno che si occupi del suo funzionamento (evidentemente i Canonici avevano declinato l’invito).

Il 31 dicembre 1442, viene conferito l’incarico a Maestro Cristoforo di Leonessa, con lo stipendio di 4 fiorini d’oro all’anno, in ragione di 70 bolognini per fiorino, da pagarsi in rate bimestrali, con decorrenza dal successivo primo gennaio. Che fine avrà fatto l’orologio del campanile?  e dov’era collocato? (1999)


20 - Fra la fine del secolo XIX, e l'inizio del XX, in Amelia si pubblicarono diversi periodici. Vediamone alcuni.

Il 20 Gennaio 1889, uscì il primo numero de "LA SETTIMANA AMERINA - Corriere Settimanale della Città e Mandamento", di cui figurava Direttore e proprietario M. G. Calati, con ufficio presso la Tipografia A. Petrignani.

Nel Dicembre del 1895, iniziò le pubblicazioni,con uscita ogni due domeniche, "AMERIA", del quale figurava gerente responsabile Egisto Renzi e che veniva stampato dalla Tipografia Petrignani.

Nel 1902, con cadenza mensile (ed uscita a fine mese) vide la luce "L'ECO AMERINO", con gerente responsabile Domenico Quadraccia e direzione ed amministrazione in Via del Teatro n.8, stampato presso la Tipografia privata dell'Eco.

Tutti i detti periodici, che si interessavano sia di cronaca locale, che nazionale, ebbero vita breve, difficilmente superante il lustro. (2006)


20 - Il 20 Gennaio 1508 si stipulano i nuovi capitoli dei Banderari, approvati e confermati dagli Anziani e da quattro cittadini eletti dal consiglio generale. Se ne riportano alcuni passi.

"In primis, quod officium Banderariorum sit perpetuo duraturum" (L'istituzione dei Banderari abbia durata perpetua).

"Item quod officium Banderariorum presentium duret per annum quibus liceat eligere alios Banderarios ad eorum libitum et voluntatem durante dicto tempore eorum officij pro alio anno et sic de singulis" (L'ufficio dei Banderari attuali duri un anno e ad essi sia lecito eleggere i propri successori per l'anno successivo e così di seguito).

"Item quod nullus Banderarius possit eligi qui in dicto officio fuerit a duobus annis citra" (Nessun Banderario potrà essere eletto fra quelli già eletti nel biennio precedente).

"Item quod omnes Banderarij cum eorum brigatis et comitiva teneantur accedere ad palatium Mag.orum D. Antianorum pro quocumque rumore seu tumultu et eos sequi cum dictis brigatis et etiam accedere al palatium D.ni Potestatis ipsumque sequi et auxilium inferre pro viribus prout fuerit oportunum" (Tutti i Banderari, con le loro compagnie, siano tenuti ad accedere ai palazzi degli Anziani e del Podestà in caso di tumulti o disordini, recando loro ogni opportuno aiuto secondo le loro possibilità).

"Item quod nullus Banderarius possit poni ad torturam pro aliquo maleficio per aliquem ipsorum commisso ex quo non esset imponenda pena capitalis vel corporis afflictiva seu pro testimonio maleficij per aliquem alium commissum..." (Nessun Banderario possa essere sottoposto a tortura per qualche delitto da lui commesso, per il quale non sia prevista la pena capitale o corporale o per testimonianza di un delitto commesso da altri...).

"Item quod si quis aliquem Banderarium offenderet puniatur pena dupli contenta in statuto vel ordinamenti factis et fiendis si vero ipsi Banderarij aliquem offenderent similiter duplici pena in statuto contenta puniatur. Que punitio fiat finito tempore sui officij, Reservato quod si aliquis Banderarius commiserit aliquod homicidium talis homicida puniatur ac si non esset Banderarius...” (Se alcuno offenderà un Banderario, sia punito con una pena doppia di quella prevista in statuto ed ordinamenti e se sarà un Banderario ad offendere, sarà parimenti punito con pena doppia, da applicarsi cessato il suo officio, salvo che se commetta omicidio, nel qual caso venga punito come se Banderario non fosse...).

"Item quod nullus possit eligi Banderarius nisi sit triginta annorum adminus et si secus factum fuerit talis electio non valeat ipso jure" (Nessuno possa essere eletto Banderario se non abbia compiuto almeno trent'anni, altrimenti l'elezione sia nulla).

"Item quod predicti Banderarij ... debeant eorum officium jurare in manibus d.norum Antianorum" (I Banderari eletti debbano prestare giuramento nelle mani degli Anziani).

"Item  quod predicti Banderarij una cum D.nis Antianis possint cogere et cogi facere omnes discordantes et odiosos ad faciendam concordiam et pacem de quocumque excessu et offensa sive iniuria et inhobedientes in predictis ... cogere constringere et carcerare ... et penam quam predicti d.ni Antiani et Banderarij duxerint imponendam de facto exigere ad voluntatem ipsorum d.norum Antianorum et Banderariorum". (I Banderari, unitamente agli Anziani, possano costringere e far costringere tutti i litiganti a riappacificarsi di ogni ingiuria ed offesa, incarcerare i recalcitranti ed esigere da essi la pena loro imposta dagli Anziani e da essi Banderari).

"Item quod in dicto numero Banderariorum non possint deputari procuratores notarij et advocati neque homines habentes publica officia cum salario Communis Amerie exceptis officijs D.norum Antianorum" (Nel numero dei Banderari non possano venir compresi procuratori, notai ed avvocati, né chi ricopre uffici pubblici stipendiati dal Comune, tranne l’ufficio dell'Anzianato).

"Item quod non possit esse in dicto officio Banderariorum qui non possideat bona stabilia qui ascendant ad summam et quantitatem quinquaginta ducatorum" (Non possa rivestire l'ufficio di Banderario chi non possiede immobili per 50 ducati).

"Item quod nullus Banderarius possit nec valeat ponere loco ipsius substitutum" (Nessun Banderario possa nominarsi un sostituto).

"Item quod in omni Consilio generale seu alia ... congregatione requirantur omnes Banderarij ad sonum campane et si non venerint quilibet ipsorum nisi licitam et evidentem habuerit causam incidat pena duorum carlenorum ..." (In ogni consiglio generale od altra congregazione siano convocati a suon di campana tutti i Banderari e chi non si presenterà senza giusta causa cada in pena di due carlini ...)

"Item quod presentes et futuri potestates non possint ascindicari sine presentia duorum Banderariorum eligendorum per D.nos Antianos sine aliquo salario et si secus factum fuerit talis ascindicatio nullius sit roboris vel momenti" (I podestà presenti e futuri non possano essere sottoposti a sindacato senza la presenza di due Banderari eletti dagli Anziani senza ulteriore compenso, altrimenti il giudizio sarà nullo e privo di effetto). (2007)


20  -  Il 16 Gennaio 1506 gli Anziani, riuniti in udienza, “studentibus rebus publicis peragendis, auctoritate eis per consilium publicum et generalem  ... concessa” intendendo applicarsi alla soluzione di problemi di utilità pubblica, per autorità loro concessa dal maggior consiglio cittadino, “ut fontes Sancte, Quinque et nucichie preserventur mundi ac nitidj, dederunt locaveruntque mundationem dictorum fontium et eorum curam, vice et nomine Comunis Amerie, Jacobo petri Jacobi Rubertj de Ameria” affinché le fonti della Santa, delle Cinque e di Nocicchia siano mantenute pulite e di gradevole aspetto, a nome del Comune, concessero in appalto la manutenzione di dette fonti e la loro cura a Giacomo di Pietro di Giacomo di Roberto di Amelia, “qui Jacobus” il quale Giacomo, “constitutus personaliter coram dictis Magnificis Dominis Antianis, sponte promisit et se obligavit” costituito personalmente dinanzi ai detti Anziani, di sua propria volontà promise e si obbligò “dictos fontes mundare ... et mundos retinere continue quotiens fuerit opus atque fuerit sibi jnjunctum per M. D. Antianis qui pro tempore fuerint” di nettare dette fonti e provvedere a  mantenerle costantemente pulite, intervenendo ogni volta che fosse necessario e che venisse a lui richiesto dagli Anziani allora in carica “et e converso prefati M.ci D.ni Antiani” e, a loro volta, gli stessi Anziani “promiserunt, dederunt atque concesserunt dicto Jacobo” promisero e concessero a detto Giacomo, accettante, “exemptionem a dativis jmponendis ... durante tempore quo ipse mundabit, mundos ac puros retinebit fontes predictos” esenzione dalle dative imponende durante il periodo in cui monderà e manterrà pulite dette fonti, “videlicet quod prefatus Jacobus non teneatur ad solutionem dativarum jmponendarum pro salario potestatis qui pro tempore fuerit, sed a predictis datis sit liber jnmunis atque exemptus” ed, in particolare, che detto Giacomo non sia tenuto a pagare le imposte che verranno applicate per far fronte al salario del podestà in carica pro tempore, ma ne sia immune ed esente; “contuleruntque prefati M. D. Antiani ... predicto Jacomo facultatem atque potestatem denumptiandj et accusandj quosque deturpantes atque jmpedientes predictos fontes aut ipsorum aliquem aut turpitudinem seu jmmunditiam in ipsis fontibus aut eorum aliquo facientibus” gli stessi Anziani conferirono, altresì a detto Giacomo facoltà e potestà di denunziare ed accusare tutti coloro che deturpassero o facessero qualche impedimento nelle fonti o in alcuna di esse o vi facessero o vi gettassero cose immonde “et de eo quod occaxione predicta pervenerit in Comune habeat quartam partem pene” e di tutto quello che, in conseguenza di quanto detto sopra, entrasse, a titolo di pena, nelle casse comunali, abbia la quarta parte. (2011)


20  -  Nella pergamena n. 181 del 20 Gennaio 1368 è contenuto il verbale del Consiglio  degli Anziani e dei Dieci del popolo, nel quale l’Anziano Ser Arcangelo di Ser Nuto, con il consenso dei colleghi, propone “providere, ordinare et reformare quod nulla mulier de civitate Amelie possit portare aliquod genus argenti in guarnacchia, tunicha, sive mantello, nisi maspillos tantum, ponderis ad plus pro quolibet viii unciarum, nec etiam coronas de argento ... nisi sit uxor militis sive doctoris, ad penam centum librarum cortonensium” provvedere, ordinare e deliberare che nessuna donna della città di Amelia possa portare su di sé alcun genere di ornamento d’argento sulla veste o sul mantello, ma soltanto dei bottoni, del peso che non superi le otto oncie per ciascuno, né diademi, a meno che non si tratti di mogli di appartenenti all’ordine militare (cavalieri) o di dottori, alla pena di cento libre cortonesi, “cuius pena medietas sit vicarii ipsius civitatis et alia sit Communis Amelie” e, di detta pena, la metà sia incamerata dal Vicario della città e l’altra metà dal Comune.

La proposta di Ser Arcangelo, messa ai voti, viene approvata con dodici voti favorevoli e due contrari.

Non si conoscosce la ragione del trattamento di privilegio riservato alle mogli dei militari e dei dottori, che resterà inalterato fino a tutto il XV secolo.  

Nella medesima pergamena, sotto la data del 29 dello stesso mese, risulta verbalizzato un intervento da parte di Nicolò Orsini, “nolanus et palatinus comes, patrimonii beati Petri in Tuscia pro S. R. E. Rector et Capitaneus Generalis” Conte Nolano e Palatino, Rettore e Capitano Generale, per la Chiesa di Roma, del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, il quale, “visis et diligenter inspectis supradictis reformationibus et ordinamentis” visti e diligentemente esaminati i provvedimenti di cui sopra, “confirmavit, ratificavit et approbavit” li confermò, ratificò ed approvò, con la seguente aggiunta (“addidit insuper”: “quod nullus civis vel habitans dicte civitatis Amelie possit portare argentum cuiuscumque speciei ultra ponderis octo unciarum per civitatem eiusque districtum, nisi sit miles, doctor, judex vel medicus, sub pena superius annotata” che nessun cittadino o abitante di Amelia potesse portare, in città e suo distretto, ornamenti d’argento di alcuna specie, che eccedessero il peso di otto once, se non fosse militare (cavaliere), dottore, giudice o medico, alla pena sopra indicata. Da quanto detto, sembrerebbe che il divieto di portare ornamenti d’argento venisse esteso dall’Orsini anche a soggetti di sesso maschile e che, fra i privilegiati, fossero inclusi anche i giudici. (2013)


20  - Il 20 Gennaio 1491 nelle riformanze si legge un episodio, che, a buon diritto, avrebbe potuto trovare ospitalità nelle novelle boccaccesche del Decamerone. Cecco di Giovanni Cecchi, di Amelia, era stato sottoposto ad un procedimento penale per essere, con un suo complice, penetrato, servendosi di una scala, attraverso una finestra, “domum heredum Domini Baptiste Geraldini” nella abitazione degli eredi di Battista Geraldini, “iacente in lecto Hannibale Domini Baptiste Geraldini”, dove trovavasi, giacente nel letto, il figlio di Battista, Annibale, molto probabilmente di giovane età, e “corrumpere et ad libidinem inducere tentaverit” aveva tentato di corromperlo, inducendolo a compiere atti di libidine, di non meglio specificata natura. Poiché né il Podestà inquirente Giorgio Lazarino di Genova, né il suo Giudice a latere Nicolò Martano di Spoleto avevano saputo trovare, negli statuti cittadini, quale norma applicare per un simile reato, “ne impune tam grave scelus abiret” per non lasciare impunito un sì grave delitto, per giungere ad individuare “congruam penam” un’adeguata pena, si erano rivolti agli Anziani, “veluti jntegri, docti et in nulla nisi Justitie parte inclinati” quali integerrimi, eruditi e a null’altro disposti, che ad applicare la legge. In simili casi, si procedeva alla nomina degli “assimilatores”, cioè di esperti giuristi, che avevano il compito di ricercare, fra le norme statutarie, quelle che potevano applicarsi al caso in esame, secondo il principio del “similia cum similibus comparare”. Nell’occasione, vengono eletti “bono et concordi judicio”, con retto ed unanime consenso, Maestro Nicolò di Ser Andrea di Pietro e Ser Arcangelo Peregrini de Carlinis (un Carleni?), che il solerte Cancelliere Barnaba Moro di Sarnano provvede a far giurare, “sollemni more” nel modo più solenne, “super scripturis” sulle sacre scritture, “de bene et recte absque ulla animi perturbatione officio gerendo” di svolgere il loro ufficio con competenza, rettitudine e con la massima imparzialità. (2013)


20  -  Donna Cecilia, figlia di Pietro Casini e moglie di Cecco Celli, tutti di Amelia, con suo testamento aveva istituito erede universale il convento di S. Francesco, gravandolo di un legato di sessanta fiorini d’oro a favore del Convento di S. Caterina. Morta Cecilia, suo marito Cecco ricompra dai frati l’eredità lasciata loro dalla moglie, assumendo il legato a suo carico, ma era passato poi a seconde nozze con Isaia, del fu Mastro Andrea Bortolelli (che, nel mettere il nome alla figlia,  aveva erroneamente pensato che Isaia fosse una donna). Cecco era poi deceduto senza soddisfare al legato a favore del Convento di S. Caterina. La vedova Isaia non vuole avere sulla coscienza un tale debito e, con un solenne atto pubblico, redatto dal notaio Paolo Paulelli del 20 Gennaio 1436, effettua la consegna dei sessanta fiorini nelle mani della Badessa del convento di S. Caterina, Donna Giliola Centis, che, con tutti i crismi e le autorizzazione di rito, ne rilascia quietanza a Donna Isaia, anche a nome e per conto dei figli ed eredi di Cecco, il quale può finalmente riposare tranquillo nella tomba. (2014)


21 -Nel consiglio decemvirale del 21 Gennaio 1475 vennero prese in esame alcune petizioni.

La prima fu presentata dai frati del convento di S. Agostino, i quali, intendendo abbellire la chiesa, con aperture (“fenestras”) e rosone (“oculum”), non avendo i denari necessari, “supplicant et confugiunt ad hac communitatem” rivolsero suppliche confidando nell’aiuto della comunità amerina “que in alias occasiones benefica esse consuevit” che, in altre occasioni, ebbe a dimostrare la propria benevolenza. Proposero, quindi, che, per ogni ducato pagato dal Comune quale stipendio dei pubblici officiali, venisse prelevato “unus bononenus” un bolognino “convertendus in ornamentum dicte ecclesie”, da convertire in ornamento della detta chiesa. Tale richiesta venne loro concessa per la durata di un decennio.

 A notizia, si ricorda che, sulla facciata di detta chiesa, ancora oggi si legge una lapide con la data 1477, di soli due anni successiva alla petizione sopra riportata e che, sulla parte inferiore del rosone, figura lo stemma della Famiglia Petrignani, che dovette contribuire in misura notevole all’esecuzione dei lavori.

Altra petizione venne presentata dal Priore degli Anziani dell’Ospedale S. Maria dei Laici che, per le necessità del nosocomio, chiedeva che gli venisse assegnato uno spazio per costruirvi un locale da adibire a  magazzino (“apotecam”) sulla piazza di S. Maria di Porta “ubi pisces vendi solent” dov’era la vendita del pesce, da ricavarsi fra la scala in pietra per la quale si saliva alla chiesa di S. Maria, senza comunque impedirne l’accesso, ed il muretto dell’orto di Giovanni Petrignani, che doveva forse trovarsi, all’epoca, dove sorse poi l’attuale palazzo. Anche a tale richiesta si concedette il beneplacito, a condizione che, a spese dell’ospedale, sopra il costruendo locale, venisse edificata una loggia “que ad forj pulchritudinem et dicti hospitalis commodum pertineat” che servisse di ornamento alla piazza e di utilità per l’ospedale e con il divieto di ogni futura alienazione.

Si passò, infine, ad esaminare la supplica presentata da Bernardino di Giacomo da Orte, abitante in Amelia “condannato in libre de denari cento dodici et meza over circha per uno maleficio commesso per lui” che, probabilmente aveva inflitto percosse ad un conoscente “et poiché con lo offeso ha havuta et ha bona pace” e considerato che l’istante fosse “poverissimo homo humile servitore de questa magnifica comunità e de tucti li ciptadini de epsa, se degnino remecterli dicta pena o parte de epsa”. Gli si ridusse ad un quarto la condanna. (2008)


21  -   Il 21 Gennaio 1474 gli Anziani assistono ad un edificante incontro, avvenuto fra Simonetto di Menico del Castello di Porchiano da una parte e Giovannello di Marco alias Marchetto, per sé e per i suoi figli Marco e Antonio, pure di Porchiano, dall’altra. Gli stessi, “sponte aperte ac libere et voluntario animo vicissim et inter se, videlicet unus alteri et alter alterj fecerunt bonam ac veram pacem tactu manuum et pacis osculo interveniente ac finem quietationem et generalem remissionem perpetuo valituram” spontaneamente, apertamente, liberamente e con piena volontà reciprocamente fra loro, fecero buona e vera pace, toccandosi le mani e scambiandosi il bacio della concordia, nonché finale, tranquilla e generale remissione, da valere in perpetuo, “de omnibus et singulis iniurijs, contumelijs, maleficijs. culpis, excessibus, calumnijs et delictis quandocumque per unam dictarum partium dicto nomine contra alteram et per alteram contra alteram usque in presentem diem factis, dictis, allatis et commissis”  di tutte e singole ingiurie, contumelie, cattive azioni, colpe, eccessi, calunnie e delitti in qualsiasi momento, da una parte nei confronti dell’altra, eseguiti, pronunciati, arrecati e commessi fino alla data odierna. E qui le parti annoverano ingiurie, percosse, ferite e quanto altro intercorso fra loro ed, infine, “promictentes prenominati Jovannes nominibus quibus supra et Simonectus dictam pacem concordiam et remissionem ... omni tempore semperque rata grata et firma habere, tenere, actendere et observare et in nullo contrafacere vel venire” con promessa -in parole brevi- di osservare e mantenere fra loro ferma e valida la concordata pace “aliqua ratione occasione exceptione vel causa de iure vel de facto sub obligatione et ypotheca omnium eorum et cuiuscumque ipsorum bonorum presentium et futurorum” senza eccezioni di alcun genere, obbligando, a garanzia, tutti i loro beni presenti e futuri “et ad penam centum ducatorum auri applicandorum per medietatem Camere communis dicte Civitatis Amerie et pro alia parti observanti” sotto la penalità di cento ducati d’oro, da pagarsi una metà al Camerario del Comune e l’altra alla parte osservante.

Imparino e facciano tesoro tutti i litiganti dei giorni nostri di come si comportavano quelli degli oscuri secoli del medio evo!

(2009)


21  -   Il 21 Gennaio 1327 gli Anziani ed il consiglio decemvirale, “facto et obtento inter eos partito ad bussulas et palloctas”, dopo essersi pronunciati con votazione pallottata, fra l’altro,“ordinaverunt quod nullus officialis forensis Civitatis Amelie qui pro tempore fuerit ad officium dicte Civitatis”  ordinarono che nessun ufficiale della Città, di provenienza forestiera, che venisse temporaneamente in Amelia a ricoprire un ufficio pubblico, “ad penam x. librarum de suo salario, possit vel debeat comedere vel bibere cum aliquo de Amelia” sotto pena di dieci libre, da detrarre dal suo salario, possa mangiare o bere insieme a qualsiasi cittadino “nec ensienium, nec aliquam rem alicuj de Amelia dare vel mictere, vel aliquid ab aliquo de Amelia recipere, videlicet osculenta vel poculenta vel aliquam aliam rem” né fare donativi o dare alcunché a qualche cittadino, né da lui riceverne, come, ad esempio, cibi o bevande o altra qualsiasi cosa.

E’ chiaro l’intento di una simile prescrizione, che mirava a mantenere l’integrità morale, l’incorruttibilità e la dignità dei pubblici ufficiali. Ottimo esempio che non sarebbe male venisse seguito anche ai giorni nostri, nei quali si organizzano addirittura i così detti “pranzi di lavoro”!

A distanza di 175 anni -precisamente il 21 Gennaio 1502- nelle riformanze risulta trascritto il contratto stipulato fra gli Anziani e Marinangelo di Terni, definito “pictor insignis”, con il quale quest’ultimo “promisit et convenit ... pingere insignia sive arma S.mi D. N. Pape et Ill.mi d.ni Caesaris ducis Valentinj protectoris perpetuj Civitatis et populi amerini” promise e si obbligò a dipingere gli stemmi, cioè l’arme del papa e del Duca Valentino, protettore perpetuo della città e del popolo di Amelia e precisamente lo stemma del papa nel centro ed, ai lati, le insegne di Cesare, con il cimiero e la corona ducale, “omnibus suius sumptibus et expensis” a tutte sue spese, compresi colori ed altro, “exceptis pontibus et calce” ad eccezione dei ponteggi e della calce, che dovranno venir forniti dal Comune. “Que Jnsignia teneatur dictus pictor pingere ut supra dictum est supra portam piscioline Civitatis Amerie e supra portam palatij Antianalis” e detto pittore dovrà dipingere tali insegne sopra la porta Busolina e su quella del palazzo anzianale; “que insignia promisit pingere bene diligenter ac summa arte et industria adeo pulchra et venusta ut sint ad instar illorum que pinxit interamne et potius pulchriora judicio in arte peritorum” e si obbligò di effettuare tali pitture con la massima diligenza e con somma perizia, altrettanto bene eseguite e splendidamente riuscite come quelle che dipinse a Terni ed anche più belle di quelle, secondo il giudizio di esperti “et ea perficere quanto citius poterit, dummodo sibi tempus hiemale impedimento non sit” e di portare a termine l’opera nel minor tempo possibile, puché non sia d’impedimento il periodo invernale. Gli Anziani, a loro volta, si impegnarono a corrispondere al pittore Marinangelo “de pecuniis Communis pro eius mercede et factura dictorum armorum Carlenos octuaginta completa opera et pictura” con denari da prelevare dalle casse comunali, quale corrispettivo dell’opera pittorica, 80 carlini, a pittura ultimata “et nil aliud” e niente più. Con tutto quello che dovevano pagare gli Amerini per non morire di fame, ci mancavano pure l’ “arme” del papa e del suo “figlioletto”! (2010)


21  - Il 21 Gennaio 1555 viene posta all’appalto la riscossione dei canoni sugl’immobili soggetti ad enfiteusi o livello (“emphiteoticis seu livellariis”) ed il successivo giorno 24 Muzio Boccarini, aggiudicatario, sottopone al consiglio decemvirale i relativi capitoli, dai quali si estraggono i seguenti:

“Io Mutio boccarino offerisco sopra la presente exactione delli Olivelli (sic!) al presente imposta da S. S.tà. … et intendo rescotere secondo la taxa fatta et ordinata dalla Comunità … et che ognuno sia tenuto pagare in mano de esso conductore … et chi non pagarà … incorra nel quarto de più de quello che li tocca pagare … 

“Item che la Comunità sia tenuta a darme ogni adiuto et favore dal Potestà in farmi fare lexecutioni contra li mal paganti et che detto potestà li debbia astrengere (costringere) personalmente o farne executione reale secondo parerà ad esso conduttore et mancando esso potestà sia tenuto ad spese dannj et interesse …

“Item tuttj li pegnj che se farranno vole essere tenuto et obligato ad tenerli tre dì et da tre dì in poi … el possa vendere et lo sopra piò rendere al patrone et vendendolo darlo al piò offerente ad suon de tromba et non trovandolj ad vendere portarli de fora o venderlj al Judeo …

“Item adcascando (se avvenisse) che alchuno non volesse pagare et fosse renitente et volesse mettere la cosa in lite, che la Comunità sia tenuta tal lite et defensione pigliarla in sé et sopra di sé a sue spese …

“Item perché lo scuto (scudo) in Roma val mancho (meno) di qua et li pagamenti se fanno in oro et argento, non voglio esser tenuto ad perdite de monete ma el tutto vada ad spese et danno della Comunità ad ogni perdita che se facesse in dettj pagamentj”.

Mica fesso Ser Muzio! (2012)  


21  -  Fra il Comune di Porchiano e quello di Lugnano non correvano buoni rapporti. Il 21 Gennaio 1547, ognuno dei due nomina procuratori per pattuire, con l’altro, pace e concordia, da buoni vicini. Ci si augura che ci siano riusciti! (2014)


22  -  Il Podestà di Amelia riceve, dalla Regia Questura di Terni, in data 22 Gennaio 1941, quanto segue:

“Comunicasi il divieto di circolazione delle pellicole aventi quale interprete l’attore di razza ebraica “CHARLIE CHAPLIN (CHARLOT)”. E così, anche il più popolare attore comico americano ha avuto il fatto suo! (1999) 


22 - Agostino del fu Filippo Salvatelli, di Amelia, con atto del notaio Tommaso Taddei del 22 Gennaio 1567, vende, per conto dei figli Salvato e Francesco (probabilmente minori), al Collegio dei Gesuiti di Amelia, una casa di quattro stanze.

La vendita è fatta all’incanto con bando eseguito “per tibicinem”, sulla base della stima di 33 ducati, eseguita da Giulio Geraldini e Muzio Boccarino.

Il rettore del Collegio di S. Francesco -“amore dei”- offre 2 ducati in più e si aggiudica la casa per 35 ducati, che vengono depositati in mani di Pier Lorenzo Sandri, in attesa di un congruo reinvestimento.

L’atto venne rogato presso uno stabile di proprietà della Società dei Gesuiti, in contrada Vallis. (2000)


22 - Nel corso dei secoli, il potere esecutivo del Comune di Amelia, come risulta dallo studio degli statuti cittadini, era affidato ad un ufficiale forestiero nominato da Roma, che doveva, prima di assumere il suo incarico, lo stesso giorno del suo arrivo, addirittura "antequam descendat de equo", cioè prima di scendere da cavallo, giurare "ad Sancta Dei Evangelia, corporaliter tacto libro", cioè con la mano sul Vangelo, "regere, salvare, in franchitiam et libertatem" conservare la Città e distretto di Amelia, difendendone tutti i diritti e le prerogative, gli statuti e le istituzioni ed, in particolare, promettere di assicurarne e mantenerne lo "statum pacificum et tranquillum". Era suo incarico anche "facere iustitiam plenam", cioè amministrare la giustizia, ed, all'uopo, "singulis diebus  a mane usque ad tertiam, a nona usque ad vesperas sedere ad ius reddendum ad solitum banchum iuris" usando procedure facilitate ai rappresentanti dei luoghi pii, "viduis, pupillis et orphanis", cioè alle vedove, ai minori ed agli orfani. Questo ufficiale, chiamato genericamente Rettore, venne variamente denominato. Negli statuti è indicato come Potestas, vale a dire Podestà, ma si trova indicato nelle riformanze dei secoli XVI e XVII, anche come Pretore e Governatore.

In esse si legge che, sotto la data del 22 Gennaio 1604, comparve dinanzi agli Anziani del Popolo, al Cancelliere ed al Notaio verbalizzante, "Ill.mus ed Ex.us Dominus Valerius Olivetus Pisanus", cioè Valerio Oliveti da Pisa, "ab Ill.mo et Rev.mo Domino Cardinali Aldobrandino nuper electus et deputatus", cioè testé eletto e deputato all'incarico di Governatore della Città e distretto di Amelia dal Cardinale Aldobrandini, con lettera patente, che esibisce, recante la data 10 Gennaio 1604.

Della sua materiale presenza nella nostra Città, ci resta una magnifica vera da pozzo, attualmente sistemata sulla Piazza Matteotti, lungo la parete del palazzo già adibito a carcere, presso l'ingresso alle cisterne romane, nella quale si legge, su tre righe: "VALERI.S OLI/VET.S PISAN.S/AMER.AE GUB.R" (2004)


22 - Il periodico AMERIA del 22 Gennaio 1899 riporta il seguente articolo di Edilberto Rosa, intitolato: "Una moneta di dodici secoli":

"E' stata trovata di recente in Amelia una moneta d'oro discretamente conservata, che rimonta al tempo della dominazione greco-bizantina. La sua antichità non è molta, ma è di qualche rarità. Artisticamente ha un pregio limitatissimo, come tutte le monete del basso Impero, ma è molto importante storicamente e per la nostra città in modo particolare. Presenta le effigi di quattro imperatori, o per dir meglio del Cesare Costante II e dei tre augusti suoi figli. Nel dritto si vedono i busti di Costante e di Costantino, che gli successe nell'impero e contraddistinto col nome di "pogonato", o barbuto (difatti il ritratto presenta baffi e barba prodigiosa). Nel rovescio mostra le figure degli altri due, Eraclio e Tiberio, il tutto con relative inscrizioni ed emblemi. Questo così detto "soldo d'oro" rimonta quindi al periodo che corre dal 641 al 668 dell'E.V. e corrisponde circa al mezzo della occupazione greco-bizantina di Amelia che, come è noto, cominciò, o a meglio dire ricominciò nell'anno 593 per opera dell'esarca Romano contro il re longobardo Agilulfo, per finire nel 739, in cui la città fu ripresa dai Longobardi stessi per opera del re Liutprando. La detta moneta, la cui identificazione è stata di qualche difficoltà, ricorda molto probabilmente la presenza in Italia di Costante II, primo imperatore d'Oriente che comparisse nella penisola a capo di eserciti, che visitò Roma e fu segnalato nella storia per audacia personale e per le fortunose vicende del suo regno". (2007)


22 - Gli Anziani, nel consiglio decemvirale del 22 Gennaio 1708, espongono:

“Essendosi hieri da Noi saputo che Micchel Angelo Pelagini trombetta, senza nostra saputa voleva partirsi, stimassimo espediente per la poca stima che lui faceva di Noi, e per altre cause, di licentiarlo dal servitio, come seguì; che però deve provedersi d’altro trombetta”.

Il consigliere “Comes Baldus Antonius Farrattinus Poianus” interviene proponendo: “Son di parere che si approvi l’operato con tutta prudenza dell’Ill.mi Sig.ri Antiani e che per l’elettione d’altro trombetta li medesimi Signori favorischino ricevere i memoriali de concorrenti, e che intanto si faccia scrivere al trombetta di Bagnorea (Bagnoregio), che altre volte concorse, per sentire se persista nell’intentione di venir a servir questo Pubblico”. La proposta del Conte Farrattini viene approvata  “per omnia vota favorabilia”.  (2008)


22  -   Occorre procedere urgentemente al restauro delle mura cittadine. Gli Anziani, il 22 Gennaio 1435, “super ipsis muris”, procedono all’elezione di due cittadini, secondo quanto in precedenza stabilito, nella pesona dei “providos et discretos viros Ufreducium Ser Petri et Jacobum Pei” provvidi e discreti Signori Uffreduccio di Ser Pietro e Giacomo Pei, “pro mensibus quatuor proxime futuris” per la durata dei prossimi quattro mesi, “cum salario medij floreni aurj pro utroque eorum et quolibet mense” con retribuzione di mezzo fiorino d’oro ciascuno per ogni mese. Gli eletti giurano, “corporaliter manu tactis scripturis bene legaliter et fideliter et sollicite facere pro dicto communi” toccando manualmente le sacre scritture, di espletare, nell’interesse della Comunità, l’incarico loro conferito con ogni diligenza, legalità e sollecitudine e che le somme che verranno loro affidate per l’espletamento delle mansioni suddette, dovranno spendersi, durante detto periodo di tempo, “solum in rebus oportunis et fabricatione et reparatione dictorum murorum non in aliqua alia re, dicto durante tempore” esclusivamente per risarcire e restaurare dette mura e non per altre finalità.

Lo stesso giorno, si dà lettura della lettera inviata agli Anziani dal Gonfaloniere pontificio Francesco Sforza, Visconte di Cotignola, Conte di Ariano e Marchese della Marca Anconetana, con la quale si dà autorizazione alla vendita dei beni dei ribelli, per provvedere alle spese necessarie, in questi termini:

“Verecordamo che allegandose per vuj (avendo voi dichiarato) havere multe spese et maxime per acconcime de le mura dela ciptà ve reconcessemo li beni mobili et stabili deli rebelli et sbanniti de testa terra, el que facemo per adiutarve ale spese ... extimandone che essi beni devessete venderli et pagare et pigliare le intrate per le vostre spese predicte ... ve dicemo che essi beni tucti li debiate vendere et li denari che dessi se faranno vogliate despendere per lo decto acconcime dele vostre mura. Et ciò non manchi, perché ad voi farrete danno et ad noi recrescimento ...”. (2009)


22  -  Il 22 Gennaio 1469 gli Anziani, “videntes quod tempus ludi testachiorum propinquum est” in considerazione che il tempo dei giochi del Testaccio, da tenersi annualmente a Roma, si avvicinava, “commiserunt et mandaverunt Jacubo tubicinj publico preconj communis quatenus vadat per loca publica et ibi bampnat et preconizet quod si quis vult ad dictum ludum respondere pro communitate Amelie et ipsam communitatem relevare sine dampno” diedero commissione e mandato a Giacomo pubblico trombetta e banditore del Comune, affinché, nei luoghi della Città consueti, renda a tutti noto che, se alcuno vorrà accollarsi l’onere di appaltare la partecipazione ai detti giochi per conto della Comunità di Amelia, sollevando quest’ultima da ogni gravame al riguardo e da ogni possibile sanzione, “quod veniat ad cancellarium ad obtulendum, quod dabitur cui pro minore pretio relevare voluerit dictum commune pro presenti anno a dicto ludo” che si rechi presso la Cancelleria del Comune a  presentare la sua offerta per l’appalto del gioco, che verrà assegnato a colui che vorrà, per un minor prezzo, sgravare la Comunità dall’onere del detto gioco per l’anno in corso.

Lo stesso giorno, il solerte banditore effettua quanto ordinatogli e le offerte hanno inizio il dì seguete: Pietro Paolo di Giovanni  di Ser Lello si offre di appaltare il gioco per cinque ducati d’oro e così fa anche Cristofano di Egidio il giorno 26. Mario di Giovanni Nenni il 29 presenta l’offerta di quattro ducati e Nicola di Onofrio, lo stesso giono, offre tre ducati e mezzo, in ragione di 72 bolognini a ducato. Il 3 Febbraio Giacomo Tornana offre tre ducati; lo stesso giorno Nicola di Onofrio offre 17 libre e 15 soldi, e, successivamente, Giacomo Tornana offre due ducati e tre quarti e Nicola di Onofrio due ducati e mezzo. Il giorno appresso, 4 Febbraio, Giacomo Tornana effettua l’offerta di due ducati e dieci bolognini, che viene  ritenuta la migliore, aggiudicandosi l’appalto.

In quel periodo, il papa regnante era Paolo II (il veneziano Pietro Barbo), particolarmente propenso a ingraziarsi il favore dei Romani, concedendo loro -secondo una formula ultramillenaria- “panem et circenses” e i giochi del Testaccio rientravano pienamente in queste direttive. (2011)


22  - Sotto la data del 22 Gennaio 1535 nelle riformanze risulta trascritto un breve di Paolo III del 4 Gennaio,  indirizzato al suo Commissario Lattanzio Fido di Spoleto, dal quale si deduce -come rilevato anche da Mons. Angelo Di Tommaso nelle sue annotazioni autografe- che in Amelia, in quel periodo, debbono essersi verificati molti efferati delitti. Se ne riportano alcuni stralci.

“... non sine animj nostri displicentia accepimus nuper in Civitate nostra amerina Hannibalem Lucantonij alias el Conte et Hieronimum Cerichellum diversis temporibus inhumane... interfectos” abbiamo recentemente appreso non senza nostro dolore che nella nostra città di Amelia sono stati barbaramente uccisi Annibale Lucantoni detto il Conte e Gerolamo Cerichelli “aliaque varia facinora et delicta perpetrata  et commissa fuisse” e che vi siano stati commessi anche molti altri e diversi delitti, “quae ne jmpunita permanseant” ed, affinché gli stessi non restino impuniti, il Pontefice al detto Commissario, del quale gli sono note “fidem et in rebus agendis experientiam” le fedeltà e l’esperienza circa i provvedimenti da adottare, “committimus et mandamus ut ad dictam Civitatem personaliter te conferas” dà mandato ed autorità di recarsi personalmente in Amelia “et tam supra dictis duobus homicidijs quam aliis quibusvis excessibus et delictis in ipsa Civitate vel eius comitatu  a duobus annis  citra commissis et perpetratis” e di indagare tanto sui detti due omicidi, quanto su tutti gli altri eccessi e delitti commessi e perpetrati nei due ultimi anni nello stessa Città e suo distretto e “contra homicidiis facinorosos et delinquantes quoscumque inquiras et provideas ac eos condempnes” indaghi sugli omicidi, e provveda a condannare i colpevoli e gli altri facinorosi e delinquenti “penisque debitis tam pecuniariis et confiscationis bonorum quam corporis afflictivis etiam ultimj supplicij prout juris fuerit provideas”  procedendo a comminar loro le dovute pene, tanto di carattere pecuniario e con confisca di beni, quanto corporali, fino all’applicazione della pena di morte, secondo la legge.

Il papa conclude facendo accenno alle competenze del Commissario per il mandato ricevuto: “valeas tibi salarium duorum ducatorum aurj quolibet die et expensas pro te et notario seu Cancellario ac familiaribus tuis et equis” gli spetterà una retribuzione di due ducati d’oro al giorno, oltre alle spese necessarie per sè, per il notaio ed il Cancelliere, nonché per la sua famiglia (i “birri”), comprese le cavalcature; il tutto -se possibile- da ricavare “de bonis delinquentium” dai beni degli stessi delinquenti.

Non doveva spirare un’aria eccessivamente salubre in Amelia in quegli anni! (2012)


22  -  Il 22 Gennaio 1794, in consiglio viene fatto un appello alle Autorità, contro l’eccessiva esportazione dell’olio, che minaccia di farne mancare  per la Comunità, nei seguenti termini:

“Si propone (fa presente) alle Ss.rie Loro Ill.me che in questa nostra Città da diversi trafichini tutto giorno si va estraendo quantità di some d’oglio, per il qual motivo resterà esausta (privata) la Città di tal genere ed in tal caso verrà a crescere a dismisura il prezzo del medesimo, molto più che, a tenore dell’offerta data dall’Appaltatore della Pizzicaria, deve il medesimo havere di lucro per boccale baiocchi due, e tutto ciò verrà a ridondare in grave pregiudizio della Povertà; onde che paia su di ciò risolvere”. Risponde il Conte Giovanni Piacenti: “Sono di sentimento che, per non far restare sproveduta questa nostra Città in quest’anno di oglio, doversi accrescere all’Appaltatore della publica Pizzicaria quell’imprestanza (credito) che richiederà e stimerà opportuna per la provista di detto genere, con l’obbligo di venderlo per tutto il corrente anno 1794 a bajocchi quarantadue il boccale, compresi i bajocchi due di suo utile, e pagare altresì in detta somma che chiederà, li respettivi frutti, con darne idonea sigurtà; e tutto ciò sempre con l’Approvazione della Sagra Congregazione del Buon Governo”.

L’attuale produzione d’olio delle nostre zone avrebbe molto più vantaggiosamente resistito a qualunque assalto dei “trafichini”! (2013)


22  -  Con atto del 22 Gennaio 1438, Tommaso Alberti, detto Tirataglia, di Cesi, promette ad Antoniolo di Pietro. di Lugnano, di curare e guarire dal malcaduto la di lui moglie Giovanna, entro il termine di sei mesi. Antoniolo gli sborsa subito un fiorino d’oro e si obbliga di pagargliene altri quattro, all’ultimazione della cura, a condizione però che la guarigione avvenga; in caso contrario, non verserà più nulla.

E’ la prima volta che la guarigione da una malattia forma oggetto di un contratto notarile, con tanto di assicurazione del risultato positivo! (2014)


22  -  Il 22 Gennaio 1487 Angelo di Giovanni Petrignani, Procuratore, sindaco ed economo del frati, del Capitolo e del convento di S. Maria Annunziata di Michignano, diede a cottimo a Mastro Pietro di Mastro Giovanni ed a Mastro Giovannino di Mastro Giacomo, lombardi, la costruzione di un muro a volta della Chiesa, nel suo lato posteriore. Per il corrispettivo di trenta libre di denari per ogni pertica, con materiali edili a carico dei costruttori; il lavoro dovrà essere compiuto entro il prossimo mese di Giugno. (2014)


23 - La turbolenza delle imprese guerresche ha sempre rappresentato per le inermi popolazioni un flagello peggiore delle male annate. Il 23 Gennaio 1417 viene letta, nel consiglio dei X, la supplica prodotta dagli agricoltori ("massarij") del Castello di Montecampano, con la quale  espongono "quod ipsi massarij perdiderunt omnia et singula blada in contrata predicta existentia, vendembias, ficus, olivas et non seminaverunt aliquid" che essi massari hanno perduto ogni genere di granaglie esistente nella zona, i raccolti dell'uva, dei fichi e delle olive e non poterono -a causa dei disordini- neppure provvedere alle semine. Di conseguenza, "dicti massarij infelices petunt quod per vos et per dictum Commune remicti eis omnes et singulas dativas incursas usque in presentem diem et incurrendas per unum annum proximum futurum" gl'infelici massari chiedono che vengano loro abbonate le dative già dovute e siano esonerati dal loro pagamento per un intero anno da venire. Ciò ritengono "sit iustum" sia cosa giusta e chiedono, comunque, che venga loro concesso "amore dey et de speciali gratia" per amore di Dio e per grazia particolare. (2001-2006)


23  -   Il 23 Gennaio 1468 “Baptista de Morello” di Amelia presenta nel Consiglio dei X una supplica così concepita:

“conciosiacosa che luj sia andato per alcuno tempo vagabundo de fora dela ciptà damelia et de suo destricto como fanno li joveni, et in questo tempo li siano occorse certe date (imposte) per lu suo capo, et per li offitiali del presente Messer lu potestà, sia constrecto et gravato a pagare le dicte date. Et perché intende luj vivere et morire sempre socto lali dele V. M. S. et dela dicta communità como sempre li soi anno facto, se supplica ale V. S. et consiglio predicto de gratia alluj cassare le date predicte, offrendo luj sempre mectere la vita et larobba in servitio dele S. V. et de questa M.ca communità ala quale sempre se recommanda”. Nel successivo maggior consiglio, Battista Morelli ottiene quanto richiesto. (2009)


23  -    Papa Innocenzo VIII, con suo breve del 23 Gennaio 1490, approva i lunghi e dettagliati capitoli che il Comune di Amelia aveva formulato il 7 dello stesso mese, tendenti a cercare di porre un freno “nimis sumptibus qui in civitate, comitatu et districto Amerie sine ullo modo fiebant tam in dotibus mulierum quam in earum ornatibus vestibusque et convivijs” alle eccessive spese che, nella città di Amelia e suo distretto, venivano fatte senza alcuna misura sia nelle doti, nelle vesti e negli ornmenti muliebri, che nei banchetti nuziali. Con l’occasione, il buon papa Innocenzo rincara la dose delle sanzioni previste per la mancata osservanza delle norme sancite con detti capitoli, comminando, “ultra penas in illis contentas, quas ratas habemus, etiam sub excomunicationis late sententie” oltre alle pene pecuniarie in essi previste, che il papa approva e conferma, la sentenza di scomunica, dalla quale non si potrà venire assolti, se non da parte dello stesso pontefice, nonché -e qui casca l’asino!- “centum ducatorum pro quolibet contrafaciente” il pagamento di cento ducati per ogni violazione, “Camere Apostolice applicandorum” da versarsi alla Camera Apostolica. (2010)  


23  -  Il 23 Gennaio 1772 Pier Lorenzo Sandri, nel consiglio, “espone, a notizia dell’Eccellentissimi Sig.ri Antiani, come il Padre Preposto di S. Angelo s’è fatto lecito aprire nelle Mure Castellane adiacenti al orto del Collegio un grandissimo fenestrone, che mai ci è stato, onde questa novità non è da permettersi senza il permesso della S. Consulta, trattandosi di una innovatione nelle Mure Castellane, perciò lo deduco (riferisco) a notizia, acciò li Sigg.ri Antiani pensino a ciò che loro incombe per la custodia della Città”. 2013)


23  -  Con atto del notaio Francesco di Cristoforo del 23 Gennaio 1523, la Società de’ Lombardi ottiene dai Frati Minori di S. Francesco la Cappella dedicata a S. Antonio Abate “erecta iuxta claustrum a parte anteriori et iuxta hortum a parte post sita” eretta a confine con il chiostro dalla parte anteriore e con l’orto dalla parte posteriore. La Società assume l’obbligo di ampliarla ed abbellirla a sue spese e d’innalzare la tribuna verso l’orto. I Frati si obbligano, a loro volta, a celebrarvi una messa ogni prima domenica del mese, contro l’elemosina di un grosso. I lombardi faranno le consuete offerte all’altare e, quando uno di loro morirà, i frati si assoceranno al funerale, ricevendo la consueta offerta di cera. Inoltre, nella festività del Santo, i frati, per l’offerta di un giulio, vi canteranno messa e celebreranno una messa funebre all’anno per i defunti, con la consueta offerta di cera. “Item convenerunt quod in ea Cappella nec presbiter secularis nec Regularis alterius ordinis possit in ea Cappella Missas celebrare et nec confessiones lombardorum audire” inoltre, si convenne che, nella detta Cappella, da parte di sacerdoti di altri ordini, non potessero venir celebrate messe, né ricevute le confessioni dei lombardi. (2014)


24  -  Il 24 Gennaio 1818, una circolare inviata al Gonfaloniere di Amelia dal Cardinale Albani denunziava che, da verifiche eseguite dalla S. Congregazione del Buon Governo, si era rilevato “l’abuso, che fanno della fiducia e credulità dei loro committenti, alcune persone incaricate di trattare ed agire per qualche pendenza presso il Tribunale, le quali, ad accrescere nel conto la massa dei loro lucri, notano in esso una qualche partita, che dicono improntata per favorirne e sollecitarne la risoluzione presso gl’impiegati del Tribunale medesimo”. Veniva, pertanto, fatta esortazione a mettere in guardia gli sprovveduti che potevano restare vittima di tali abusi e denunziare i casi dei quali si fosse venuti a conoscenza.

Le “mazzette” hanno una storia lunga quanto il mondo! (1997)


24 - Il 24 Gennaio 1421 gli Anziani ricevono una missiva da tal Luigi de Cerbaria, probabilmente un capitano di ventura, nella quale lo stesso dichiara di aver “preceputi da Anthonello vostro ciptadino fiorini octo a rascione de L. bajocchi el fiorino, di quelli cinquanta fiorini che debio avere dal Vostro Comune. Al presente restano XLII de’ quali vi prego facciate io lagia a carnasciale, come è di compositione fra noi. Anche agio auti et receputi dal decto Anthonello fiorini cinque d’oro quali dovevo avere da voi per la cavalcata fatta a Macchie, como sete informati. Insuper vi prego (che) quelli di Macchie mi rimandino una spada che mi cascò lì a Macchie quando ci cursi (soccorsi) ad uno mio famiglio”. Così il povero Luigi de Cerbaria, che si perde la spada durante la battaglia, si potrà permettere di passare un buon “carnasciale” con i soldi degli Amerini! (1999)


24 - Il 24 Gennaio 1607 nelle riformanze risulta annotato quano segue:

“L’altro giorno gl’Homini di Capitone andorno à Populo, (cioè in massa) per quanto s’è inteso, ne li confini fra Capitone e Foce, et forno (fecero) stradoni con tagliamento di molti arbori etiam domestici ne la Tenuta di Foce” ed, inoltre “come più amplamente apparisce ne la relatione fatta da Guardiani”, hanno “rotto la faccia à un termine et occupata over sbarrata la strada pubblica et fatto altre cose in gran pregiuditio del possesso e giurisditione de la Città d’Amelia”. 

Nei dì seguenti, accertata, da parte dei Priori di Narni, la buona disponibilità a trattare, si decide “che si elighino gl’Homini per parte de la Comunità d’Amelia, che habbino facoltà d’accomodar il negotio”, ben s’intende, però, con il patto “che essa Comunità d’Amelia resti padrona del suo, conforme a le capitolationi antiche e che (i Narnesi) habbino pagato tutto il danno fatto da Capitonesi à li particolari de Foce, et quando non possi seguir questo con amorevolezza, alhora si facci con la giustitia ... et si spenda quello (che) bisogna e si battino taglioni”.

Tutti i salmi finiscono in gloria! (2008)


24  -   Altobello di Canale scrive agli Anziani una lettera con la quale “requirit et rogat Civitatem Amerinam ut per tres dies mictat tricentos pedites ad oppugnandum Communes ostes” richiede alla città di Amelia che gli vengano mandati 300 fanti per tre giorni, per dare l’assalto ai comuni nemici. Il 24 Gennaio 1495 si decide che, “ut cum Communitas suspecta sit ostium insidijs non mictantur pedites dicto Altobello, sed elargiatur sibi et mictantur quinquaginta ducati ista nocte ex quibus poterit pedites eligere ex hijs quantos voluerit” poiché la Comunità teme le insidie dei nemici (e non intende sguarnire le proprie difese), non s’inviino fanti ad Altobello, ma piuttosto 50 ducati la stessa notte, con i quali possa assumerne quanti ne desidera.

Lo stesso giorno si dà incarico al pubblico banditore Giacomo Tornana affinché, con tutte le formalità di rito, divulghi l’ordine “quod nullus de dicta Civitate Amerie eiusque comitatu fortie et districtu, vel forensis cuiuscumque gradus conditionis et provenientie existat audeat nec presumat de cetero ducere aliquod genus prede ad Civitatem Amerinam eiusque comitatum et districtum, sub pena centum ducatorum aurj applicandorum dicte Communitati ac perpetue rebellionis” che nessuno di detta Città, suo contado e distretto ad essa soggetto e nessun forestiero di qualsiasi condizione e provenienza ardisca o presuma in avvenire introdurre in Amelia, suo contado e distretto, alcun genere di cose oggetto di predazione, alla pena di cento ducati d’oro, da incamerarsi a favore della Comunità, nonché di venir considerato perpetuamente ribelle.

Il giorno successivo, con decreto del consiglio decemvirale, vengono nominati Tomaso Moriconi, Cristoforo Cansacchi e Riccardo Angeli “super provisione fienda pulveris et sagictiminis” per provvedere circa il rifornimento di polvere e proiettili, nonché Angelantonio Bartolomei “actatione balistarum” sull’approntamento delle balestre.

Non dovevano correre giorni troppo tranquilli!

Stesso giorno, 65 anni più tardi, il 24 Gennaio 1550 si dà atto che gli Anziani “dederunt licentiam Cisco Scogli de Ameria faciendi ligna in contrada Luchiani pro una cottura calcis” diedero l’autorizzazione a Cisco Scogli di far legna nella contrada di Luchiano, necessaria ad alimentare una fornace di calce e lo stesso “promisit dare communi quatuor salmas calcis deferendas per ipsum ad Civitatem Amerie et quocumque voluerint Domini Antiani” promise di corrispondere al Comune quattro salme di calce, da trasportare a sue spese in Amelia e dovunque sembrasse opportuno agli Anziani “et ita promisit et juravit, presentibus Sabatino de Plano et Stefano pej de Ameria testibus etc.” e quanto sopra si obbligò a fare sotto giuramento, alla presenza dei testimoni Sabatino del Piano e Stefano Pei.

Era normale prassi che, nei boschi di proprietà comunale, si concedessero autorizzazioni ad aprire fornaci di calce, alimentandole con il legname trovato sul posto, come era avvenuto tre giorni prima, quando era stata data analoga concessione al fornaciaio Luciano Alvari nel bosco comunale di “Montedonaco”, l’odierno Monteònico. (2010)


24  -  24  - Il 24 Gennaio 1549 vengono stipulati i nuovi capitoli per l’esercizio del credito feneratizio fra la Comunità di Amelia ed alcuni Ebrei. Se ne riportano le relative convenzioni:

“Questi sonno li capitoli conventioni et pacti facti ordinati conclusi stabiliti et formati dalli nobili et descreti homini Messer Baptista Geraldino, Baptista de Cabio, Messer Nicolò Archilegio, Messer Nicolò Ferratino, Novello del Schiavo et Cesare de Carubino, Magnifici Signori Antianj della città d’Amelia, con presentia, consenzu et decreto del conseglio del diece, secondo la facultà authorità et arbitrio ad essi per reformanza del conseglio  generale dato concesso  et attribuito, come più diffusamente  appare per mano de ser Constantino Ferrantino da Spoleti, stipulate in vece et nome della comunità popolo et Università della Magnifica città predicta jn nel conseglio sopradecto et sollennemente celebrato sotto il dì 16 de decembre del 1548. Da una parte. Et Maestro Lazaro phisico de Abraham da Viterbo et Leone de Salamone da Pogibonzi suo cognato presenti et stipulanti per essi et loro heredi et successori dall’altra parte, principali principalmente se obbligarno luna parte allaltra et l’altra aluna l’infrascripti capitoli inviolabilmente osservare et adimpire, li qual capitoli dicte parti convennero et de comune Concordia fermarno durino et durar debiano per spatio de Diece Anni, jncominciando jn Kalende de Febraro del 1549 et come sequita da finirse, l’effecto continentia et tenor delli qual capitoli è questo, come sequita, videlicet (cioé):

“Primo che li detti maestro Lazaro et Leone et ciascun de essi figlioli et fameglie compagni factori et administratori possino et siali licito habitare nella Città d’Amelia con tucte lor robbe et bieni (sic) securamente et che essi et ciascun de essi et lor figlioli Fameglie factori compagni et administratori jn tucte loro et singole cause et negotij civili miste et criminali siano tractati et tractar se debiano come veri Cittadini et originarij della detta Città de Amelia tanto in judicio quanto che fora de iudicio, durante il decto tempo.

“Secundo che essi Maestro Lazaro et Leone et loro famiglie, Compagni factori et administratori nelli dì del sabato et ne(ll’)altri festivi della legie hebraica non possano esser costretti da alcuno ad prestare quantità alcune de danari né altra cosa … né rendergli pegno né cosa alcuna et nemmeno possano esser costretti ad fare alcuna cosa prohibita dalla legie iudaica durante il decto tempo et essi Hebrei non possino prestare le feste de Natale, li tre dì de pasqua della resurretione, la pentecoste, jl dì de ognissanti et le tre feste commandate della Madonna, sotto pena … (spazio in bianco).

“Tertio. Che sia licito alli predecti Maestro Lazaro et Leone et alle lor fameglie compagni factori et administratori prestare ad usura durante il decto tempo ad qualunque volesse cosa alcuna jmprestanza da loro et ciascuno de loro et siali licito a ciascuno de loro per l’usura et merito ricevere doi bayocchi per ducato de Carlini jl mese, da uno ducato jn giù, cioè per cose spezate li sia licito tollere tanto per libra quanto che è stato consueto per li tempi passati, Cioè quatrino uno per libra tanto rotta quanto sana, tanto in principio del mese quanto jn mezzo et ultimo, purché pigli de mese et la libra s’intenda de otto bayocchi et il quatrino da pigliarse per l’usura sia bono et … currente. Et questo s’intenda per li cittadini et soi contadini et destrettuali, ma alli forestierj possano tollere secondo serrando jn compositione (saranno d’accordo) con loro et esse usure pigliare et ricevere et exigere possano et gl’officiali posti ad render ragione siano tenuti a fare executione reale et personale, tanto del capitale quanto che dell’usura contra quelli dalli quali non havessero haute pignora ad ogni requisitione loro et de ciascheduno de loro Hebrei, Statuti, ragione et qualunque altra cosa jn contrario facesse non obstante. Et dele dette mutuationj (mutui) et debiti tanto per la sorte principale quanto che dell’usura (interesse) se creda  et diase fede alli lor libri et veduti li dettj libri all’executione predecta si proceda si come li predicti debitori fussero convicti (confessi) et per legitima sententia condennati, sì come la decta sententia  fosse transita in re iudicata (passata in giudicato).

“Quarto che la detta comunità d’Amelia sollemnemente delibera et promette che durante il decto tempo et in fin che li predecti Maestro Lazaro et Leone et lor factori, compagni famegli et administratorj dimorerando jn la Città d’Amelia et ad usura prestando, nessuno altro Judeo in essa Città possa venire né stare ad prestare ad usura, se non quanto sia de voluntà delli predicti Maestro Lazaro et Leone et loro factori o vero compagni et se alcuno ci ne venisse ad prestare ad usura come di sopra, caschi jn pena de cento scudi, da applicarse per la mità alla Camera del communo d’Amelia et laltra mità ad essi Hebrei conducti (regolarmente assunti), factali però prima l’jntimatione ad bocca (oralmente) per essi Hebrej conducti jn presentia di testimonij.

“Quinto che sia licito ad li predicti Maestro Lazaro et Leone et ad tucti loro compagni famegli factori et administratorj et ad ciascuno de loro vendere et alienare tucti pegni che ad loro s’impignarando (s’impegneranno) per quel prezo che ad essi et ciascuno d’essi parerà dummodo (purché) dal dì nel quale honno jmpegnati dicte pegnora (detti pegni) sia corso il tempo di diciotto mesi integri et il prezo (ricavato) de dette pegnora in loro uso et utilità convertere, reservato però che se li padroni de dette pegnora vorranno pagare alli predicti Hebrei l’integra quantità debita per l’usura corsa (gl’interessi maturati) per tucto il tempo passato et essa usura con effecto pagata, li predicti Maestro Lazaro et Leone et lor compagni factori et administratorj siano tenuti et debiano di decte pignora retenere un’altro anno ad usura nanti (prima) che le vendano et così de diciotto mesi jn diciotto mesi siano tenuti fare, ma alli forestieri (i) quali impegnassero pegno alcuno alli decti hebrei incorra (decorra) il tempo de dodici mesi tantum (soltanto).

“Sexto. Che se per casu occurresse che alcuna persona impegnasse alli predicto Maestro Lazaro et Leone et allor compagni factori et administratori et ad qualunque de loro cosa alcuna furata overo per altra via subrecta (sottratta), che essi et ciascun d’essi non possano essere costrettj da persona alcuna ad restituire tal cosa o cose jmpegnate, salvo (a meno) che ad essi  Hebrei et ad ciascuno de essi non sarrà soddisfatto della quantità prestata et dell’usura incorsa.

“Settimo. Che la comunità d’Amelia deliberi curi et con effecto faccia che nessuno officiale dela Città d’Amelia jn essa Città demorante né altra singular persona costringere né compeller possa li predicti Maestro Lazaro et Leone né lor compagni factori et administratori né alcuno de essi ad prestare ad pagare et ad commodare (dare in uso) alcun lecto lensola coperte né altre massaritie né etiamdio al communo né ad altra persona più che quanto (a meno che ciò) sia la voluntà delli detti hebrei. Jtem che li predicti Maestro Lazaro et Leone compagni factori et administratori loro siano exempti et liberi da tucti jncarchi reali et personali et misti nella dicta Città d’Amelia de gabelle et altre cose, exceptuato (che si tratti) de panni de lino, Canapacci jnvestiti (indumenti) … delle qual cose la gabella debita sian tenuta (sic) pagare.

“Ottavo. Che qualunque forestiere venisse alla città d’Amelia ad impegnare qualunque pegnora alli predicti Maestro Lazaro et Leone et ad lor compagni factori et administratori sia libero et exempte da ogni pedagio et gabella, tanto jn l’andare quanto jn tornare con le dette pignora et etiam de altre massaritie et cose, excepto con mercantie.

“Nono che la comunità d’Amelia sia tenuta et debia li bieni, persone e robbe delli prefati Maestro Lazaro et Leone et de lor fameglie compagni factori et administratori custodire, defendere et salvare pro posse (per quanto possibile) da ogni jmpetu (violenza) et robaria populare et de spetiale (singole) persone et da mutationi de stato de qualunque dominio che dio lo cessi (Dio ne scampi) ita et taliter (in modo) che quando questo occurresse (avvenisse) li sia soddisfacto alli predicti Maestro Lazaro, Leone et compagni et factori et administratori loro danni, spese et interessi che per tal cagioni patissero o sostenessero.

“Decimo. Che quelli siano et jntendase essere compagni factori et administratori delli predicti Maestro Lazaro et Leone li quali (coloro che) essi eligerando et nominarando et de tale eletione farrando (che faranno) se creda alle scripture judaiche da farse per essi o qualunque d’essi in ebraico, o vero al publico jnstrumento da farse della electione predicta et che alli predicti Maestro Lazaro et Leone et lor compagni factori et administratorj non siano tenuti portare alcun segno (contrassegno distintivo).

“Undecimo. Che li detti Maestro Lazaro et Leone et lor compagni factori et administratori predicti siano tenuti et debiano prestare alla comunità d’Amelia una volta l’Anno ducati vinticinque d’oro per doi mesi, senza alcuno utile o vero usura con pegni, o vero jdonea cautione o deposito et dalli detti doj mesi jn su corra l’usura, li quali vinticinque ducati siano tenuti prestargli ad ogni requisitione delli S.ri Antiani, senza dilatione alcuna o vero almeno fra termine de cinque giorni, ma non possano da poi detti Hebrei esser costretti ad prestare a detta comunità altri vinticinque ducati che non li siano restituiti li prestati per prima, se non quanto (secondo) serrà de lor voluntà.

“Duodecimo. Che li predicti Maestro Lazaro, Leone et lor factori et administratori non possano né debiano recevere jn pegno pegno alcuno qual fusse facto per (da) l’officiali d’Amelia per dative et altre occurrentie del communo (Comune) né per essi officiali impegnar si possano sotto nome d’usura senza licentia delli sig.ri Antiani con rogatione (richiesta) de cancellierj che per li tempi sarrando …

“Tertiodecimo che siano tenuti li detti Maestro Lazaro et Leone quam primum (quanto prima possible) provedere del bancho per le prestanse da farse nella detta Città nel principio de Kalende de Febraro MDXLVIIIJ nel cui dì cominci la detta conducta delli diece Anni et da seguire senza disdetta, come è detto di sopra.

“Quartodecimo che nessuno officiale della città d’Amelia né altra persona debia prohibire ad qualunque macellaro et beccaro della detta Città il fare il dare et lo vendere delle carni alli detti Maestro Lazaro, Leone et alle lor fameglie, compagni, factori et administratorj secondo la lor consuetudine, sotto la pena da jmponerse per li sig.ri Antiani che per li tempi serrando (saranno).

“Quintodecimo che li prenominati Maestro Lazaro Leone et lor compgni factori et administratori non siano sottoposti ad alcuna persona ecclesiasstica o seculare, cioè ad alcun predicatore, jnquisitore o vero spirituale, né se possano stregnere (costringere) ad andare et ad stare ad alcuna predicatione né ad altre cerimonie che non fossero convenuti (convenienti) alla fede hebraica, né pagare alcuna cosa per loro commissione, la qual cosa promettono osservare et far osservare iuxta posse communitatis (secondo le possibilità della Comunità), riservata l’obbedienza delli superiori.

“Sextodecimo che alli prenominati Maestro Lazaro Leone et alli lor factori et administratori sia licito il comprare et il vendere secundo (che) fanno li altri mercanti della Città d’Amelia, ma che siano sottoposti alli rettori de quella mercantia che exercitassero, come li altri Cittadini et così li sia licito fare ogni ragione (convenzione) de mercantia che ad essi piacesse o paresse, sensa alcuna pena, non obstante statuti o reformanze facte o da farse o che altro jn contrario disponesse.

“Decimo settimo. Che alli prenominati Maestro Lazaro, Leone et alle lor fameglie, figlioli, factori et administratori nel dì del venerdì sancto per qualunque persona de qualunque età o conditione se sia non se gli faccia battaglia né altra noia per modo alcuno, né allor (alle loro) cose proprie o ver condotte (prese in affitto), o botteghe, stando loro renchiusj in casa con uscj et fenestre, alla pena che nelli statuti se contiene et restauratione (risarcimento) de danni et jnteresse che per tal cagione patessero Et il patre de qualunqua contrafaciente nelle predicte cose sia tenuto per il figliolo, secondo se contiene nel decreto già facto et da punirse et condemnarse jn la pena (che) se dichiararà per li magnifici sig.ri Antiani.

“Decimo ottavo. Che quando alli predicti Hebrei piacesse partirse d’Amelia jntra el decto tempo, possano liberamente partirse et vender lor pontica (bottega) et massarie senza alcuna contradictione ad chi vorrando (vorranno), dummodo (purché) ci sia il consenzo et voluntà delli M.ci sig.ri Antianj et del conseglio di Diece (dei Dieci) che per li tempi serrando (saranno).

“Decimo nono che passato il tempo della detta lor cunducta, habino termine sei mesi li detti Hebrei a riscoter tucte lor credenze (crediti) che havessero nella detta Città o suo contado, jntendendo dette credenze delle quali havessero hi (sic) pegni, non obstante qualunque statuto o reformansa jn contrario faciente (disponesse) et questo anchora se jntenda non rifermandose per più tempi, passato el decto tempo della confermatione delli presenti capitoli et, da decto tempo in là, se possino levare et partire con tucte lor robe senza alcuna pena né bando né gabella.

“Vigesimo. Capitularno et statuirno che se per caso a (dai) detti hebrei se perdesse alcun pegno et se dubitasse del prezo (valore) de detto pegno perduto, che detto dubio s’habia a terminare et finire de ragione (si debba eliminare di comune accordo). Et che parimente se ai detti hebrej se tignasse (tarlasse) alcuna veste sbernia (bernia: mantello da donna di stoffa ricca) o drappo o vero fussero rose dalli sorici (sorci), non siano tenuti ad jnteresse (risarcimento) alcuno, facta (se sarà stata usata) la diligenza jn tenerle et governarle come se richiede (si conviene).

“Vigesimo primo. Che alli predicti Hebrei per la comunità d’Amelia non se gli possa ponere alcuna graveza reale né personale, jmmo (al contrario) intendono  de quelle esser liberi et exempti durante jl dicto tempo, excepto una taza d’argento l’anno del prezo (valore) de otto ducati de carlini, (la) quale promectono pagarla et con effecto presentarla alla comunità d’Amelia ciascun anno del dicto tempo nel dì della festa de S.ta Maria de settembre, ogni exceptione remossa.

“Vigesimo secundo che li prenominati Hebrei non se possano stregnere (costringere) ad prestar oltre la loro possibilità della quale se debbia  stare et credere alla simplice parola loro con liuramento, dummodo (purché) li prestiti siano (ammontino almeno a) cinquecento ducati, secondo se sonno (sono) obligati tenere nel dicto bancho.

“Vigesimo tertio che la dicta comunità sia tenuta  et obligata provedere iuxta posse sui (secondo sua possibilità) che nisuno segnore o altro officiale ecclesiastico o vero seculare per modo alcuno  rompano li presenti capitoli jn tucto né in parte durante il decto tempo.

“Vigesimo quarto. Che se accadesse che per errore del conto (nei conteggi) li prenominati Hebrei et factori (gestori) del dicto bancho togliessero più che il pro debito (dovuto) ad alcuna persona per la prestanza come è dechiarato sopra, siano tenuti solamente ad restituire quel più che havessero hauto, facto bon conto, ma se detti hebrei studiosamente (di proposito) togliessero più del pro debito, caschino jn pena de diece doppi de quel più che tolto havessero”.

 Lo strumento con il quale vengono approvati detti capitoli viene rogato nella sala più piccola del Palazzo Anzianale, dal cancelliere e notaio Tranquillo Grumolo di Sangemini.

Volendo stabilire a quanto equivalesse l’interesse praticato da Maestro Lazzaro e soci, se si considerasse lo scudo composto da dieci carlini del valore di sette baiocchi e mezzo l’uno, la richiesta di due baiocchi al mese per ogni scudo dovrebbe corrispondere ad un un tasso annuo di oltre il trenta per  cento! (2012)


24  -  Nella seduta consiliare del 24 Gennaio 1580 si ascoltano, fra l’altro, alcune suppliche.

Una è presentata dal “devoto et humile oratore Sisto de Giovanni de Menico Ceccone d’Amelia” il quale chiede ai consiglieri “che per loro benignità et clementia se dignino fargli libera gratia d’ogni pena che fosse incorso per havere dette alcune parole minacciatorie contra Luca Clementino offitiale del danno dato di detta Città, per il che se ritrova processato in corte del moderno Sig. Podestà” a pagare una rilevante pena pecuniaria, che però non risulta precisata, chiedendo che gli venga cancellata, o, almeno, ridotta “a una piccola somma de denari, con admettergli i soliti benefitij, essendo detto oratore giovane figliolo di famiglia et pacificatosi con detto Luca”.

Una simile supplica viene presentata da un altro “giovane e figliolo di famiglia”: trattasi di Antonio di Menicuccio Spagnoletto”, il quale si rivolge ai consiglieri “che si degnino fargli libera gratia et dono della pena de ducati cinquanta, ne la quale è stato condennato dal moderno S.or Podestà in contumacia, sotto pretesto che habbia dato aiuto et favore a Livio de Gerardo et Tolomeo de Sansonetto, inquisiti et condennati per haver date le ferite a Francesco de Brifaldo ... sibbene detto oratore veramente non habbia in tal fatto dato aiuto né favore alcuno alli delinquenti e disarmato amnasse al luoco della rissa”.

Una supplica connessa con il fatto esposto da Antonio di Menicuccio è quella presentata dai fratelli “Tolomeo et Fauntillo”, i quali “espongono qualmente alli giorni passati forono condennati dal magnifico  S.r Podestà, Tolomeo in cinquanta ducati e Fauntillo  in cinquanta libre et dette condennationi forno per una rissa che ferno con Francesco de Brifaldo et perché in detta rissa furono provocati et anco feriti, et ce sia tra di loro la pace, supplicano alle SS. VV. Magnifiche vogliano esser contente de sgravarli delle condennationi”. Ma in quanti erano andati contro il povero Francesco di Brifaldo? 

Altra supplica presentata “in tandem” è quella di “Hieronimo Ciucci altramente detto Scioppicone, et Lucantonio de Giovanni del Fattore d’Amelia”, dai quali “s’espone qualmente loro se ritrovano condennati ... il prefato Hieronimo in pena de fiorini sessanta d’oro, sotto pretesto che del mese di settembre prossimo passato habbia dato con un bastone a Manni de Lotrecche, et Lucantonio in pena de fiorini trenta simili perché dette aiuto et favore al sopranominato Hieronimo ... Et perché tra dette persone è successa la pace, et loro molto si pentono haver commesso tal’errore, perciò humilmente ricorrono ...”

Segue, ancora, la farraginosa supplica di “Mastro Camillo Mantuano”, dal quale “s’espone qualmente l’altro giorno fu condennato dal mag.co S.r Podestà in cinquanta ducati, per haver data una forbice in testa a mastro Berardino disgratiatamente et questo fu per voler spartire il detto mastro Camillo (Berardino?) et Bastiano de Betto che facevano a pugni, et perché tra mastro Camillo et mastro Berardino non è stato, né meno è, disparere nessuno, anzi stretta amicitia, supplica alle SS. VV. Mag.che vogliano esser contente sgravarli detta condennatione, attento che tra loro c’è la pace ...” Non si capisce bene come mai Camillo, che faceva a pugni con Bastiano, abbia dato una forbiciata in testa a Berardino, per voler separare se stesso da Bastiano. Chi ci capisce, è bravo!

Seguono altre suppliche. Quella di Jacomo di Mastro Guido fermano, condannato a pagare 50 libre di denari “per certa rissa seguita tra lui et Girolamo suo cognato, di poco momento (scarsa importanza)”, che chiede di “farli libera gratia della pena ... o vero redurre la detta pena a una piccola leggiera somma et quantità de dinari che detto oratore possa pagarla, con admettergli i soliti benefitij, essendo il detto oratore figliolo di fameglia, il padre suo molto povero, et havendo fatta la pace con detto Girolamo”.

La supplica di “Mastro Andrea muratore, genero di Terentiano d’Amelia” non tende a farsi sgravare da pene per reati commessi, ma, dicendosi “gravato di famiglia disutile et molto povero”, chiede che le Loro Signorie “si degnino per carità et amore de dio farlo libero, et exente in vita sua da tutte et singole gravezze, impositioni et datij di qualsesiano sorte, tanto ordinarie, come straordinarie, reali o personali, imposte et da imporsi dalla magnifica Comunità”, offrendosi, in contraccambio, ad “acconciar et mantenere in vita sua, a tutte sue spese, la strada drento in detta Città che va dalla chiavica di piazza, fin alla chiesa di S.ta Firmina”. Se sarà esaudito, Mastro Andrea pregherà “Dio che largamente rimuneri questa magnifica Comunità d’ogni felicità spirituale et temporale”.

E’ la volta di Clemente di Decio, da Orte, il quale espone “conciosia che circa doi anni che comprò da Messer Nicola Catenacci cinquanta some de ligne nel distretto di Montecampano et in la possessione d’esso Messer Nicola, et mese obligo darmele cavate (di farmele prendere)  con licentia però delle SS. VV. Magnifiche”. Chiede, quindi, l’autorizzazione “ch’io possa tagliare dette legna et cavarle del loro teritorio, pagando la solita gabella”. Se, per scaldarsi, Clemente doveva attendere oltre due anni per portarsi a casa la legna acquistata, avrebbe avuto tutto il tempo di morire di freddo!

Segue la supplica di “Sensino d’Abramo trombetto, divotissimo oratore et humil servo di VV. SS. MM.” il quale chiede “concedergli il torrione della magnifica (Comunità) incontro (davanti) al monastero di S.ta Monica,  quale disegna (che ha intenzione) ricoprirlo et farce un colombaro, et si levaria l’occasione di molte dishonestà ch’in esso si fanno stando così abbandonato”. Si vede che il torrione serviva da luogo d’incontro alle coppiette!

Segue la supplica di “Bartolomeo de Tiberio da Porchiano, qualmente havendo esso oratore trovato più volte Menico de Simone a dar danno con li porci nelle sue ghiande, ultimamente, volendogli levare il pegno, vennero tra di loro a contesa et rissa, in la quale esso oratore, tirato dalla colera, lo ferì con l’accetta nel viso, senza però cicatrice enorme da restare in perpetuo et punibile dal statuto, come li SS.ri medici (che) sono in la Città n’hanno fatta indubitata fede in forma di conseglio (consulto), et per tale delitto non dimeno è stato condannato dal magnifico S.r Podestà in ducati cinquanta. Et perché il prefato oratore di detto delitto se n’è pentito dalle viscere del cuore, l’ha confessato, et ha havuto la pace dal detto Menico offeso” chiede, quindi, alle Loro Signorie, che “si degnino riceverlo nel seno della loro pietà et misericordia, et gratiosamente rimettergli detta pena”. Sarebbe auspicabile che, in avvenire, Bartolomeo usasse l’accetta solo per spaccare la legna! (2013)


24  -  Vi è pericolo di attacchi ostili ed occorre provvedere alla custodia ed alla difesa del territorio. Il 24 Gennaio 1392 se ne parla nel consiglio generale.

Innanzi tutto si ritiene “sit necesse haberi et teneri scultas et scopertas suptus montem nigrum et haberi et teneri unam scopertam in montepelato ac etiam haberi et teneri scultam extra et circha muros Civitatis” che sia necessario tenere scolte e vedette al di sotto di Montenero, altra vedetta a Montepelato ed una scolta al di fuori e intorno alle mura cittadine; inoltre, occorre provvedere a coloro che fanno “custodiam per guardaiolas” la custodia alle guardiole, nonché “in campanili et turriono pusciolino” sul campanile e sul torrione della porta Busolina. Ma non basta: “cotidie sbarre ... que facte sunt ad obstaculum et jmpedimentum emulorum venientium in territorium Civitatis Amelie deguastantur et destrugentur” le barriere poste nel territorio per impedire l’accesso ai malintenzionati vengono di giorno in giorno manomesse e danneggiate ed occorre punire tali delinquenti. Poiché la spesa per provvedere a quanto sopra “adscendat ad quantitatem xxxv florenorum auri in mense et ultra” ascende ad oltre 35 fiorini d’oro al mese, occorre deliberare “unde veniat pecunia in communi pro satisfactione premissorum” dove procurarsi i denari per provvedere a quanto sopra.

Il consigliere Lello Dominici ha un lampo di genio: “ex auctoritate presentis consilij jmponatur et pro jmposita habeatur dativa unius bononeni pro foculari pro quolibet mense et duret per unum annum” per autorità del presente consiglio, si imponga una dativa di un bolognino al mese per ogni focolare e l’imposizione duri per un anno. La proposta viene approvata a  larga maggioranza. (2014)


25 - Il 25 Gennaio 1944, Amelia subì un pesante bombardamento aereo, con ventisei morti, fra i quai 12 bambine in età compresa fra i 4 e i 12 anni. Auguriamoci che il loro sacrificio non sia stato vano! (1996)


25 - Il 25 Gennaio 1969, in occasione del venticinquesimo anniversario dal bombardamento di Amelia, la Cittadinanza volle onorare la memoria delle numerose vittime innocenti che lasciarono le loro per lo più giovanissime vite sotto le macerie delle Scuole gestite dalle Maestre Pie Venerini.

Una lapide venne posta in Via Cavour, sull'edificio risorto dalle rovine, con l'epigrafe che ci è sembrato meritevole ed opportuno riprodurre, per offrirla all'attenta meditazione dei nostri Concittadini:

DOVE LA GUERRA DEGLI UOMINI

RESO IL CIELO RAPACE

SEMINO' PIU' GRAVEMENTE LA MORTE

I VIVI SI RACCOLGONO IL

25 GENNAIO 1969

E ODONO FERVIDO UN MONITO DI PACE

IL TEMPO HA LENITO LO STRAZIO

MA NON HA SPENTO LA MEMORIA

NE' ASCIUGATO TUTTE LE LACRIME

I CITTADINI DEL COMUNE DI AMELIA

RICORDANO

LE VITTIME CIVILI DI GUERRA

A.P.C.A.      1945-1969

(1997)


25 - Dal Municipio di Amelia, il Sindaco C.te Pietro Morelli, con avviso alla cittadinanza in data 25 Gennaio 1896, rende noto quanto diramato con dispacci dell'Agenzia Stefani (Ada Agamus 25):

"Ho il  supremo conforto di comunicare al Pubblico Amerino i seguenti dispacci ufficiali coi quali viene annunciata la liberazione degli Eroi di Macallè, sicuro di interpretare i sentimenti sempre eminentemente patriottici della Città di Amelia.

A TUTTI GLI UFFICI TELEGRAFICI DEL REGNO

Voglia comunicare, Sotto Prefetto, Sindaco, Comandante truppe locali i seguenti dispacci.

-Informatori provenienti dal campo nemico dicono di aver visto il Colonnello Galliano uscire da Macallè col suo battaglione, con armi, munizioni da guerra, feriti e bagaglio.

Aggiungono che Ras Maconnen e Felter seguirebbero la colonna. Ciò è confermato da notizie provenienti da altra fonte.

Felter in data di giovedì 23 ha scritto così al Generale Barattieri: "Oggi partiamo colla colonna Galliano e con lettere di Menelik; prego rimanere sempre fermi a Mai-Meghetta. Impiegheremo quattro giorni".

-Informatori recano che Ras Maconnen fece portare tende per ricoverare ufficiali ed apprestare circa 300 muletti per trasporto feriti e bagaglio da Macallè. Ciò viene spiegato come omaggio al valore e come indizio del desiderio di pace del nemico. Informatori fanno credere anche alla liberazione dei prigionieri fatti ad Amba-Alagi.

Al nostro campo corre voce domani verrà Ras Maconnen a parlare con Barattieri".

E' forse il caso di ricordare che, all'Amba-Alagi, in Abissinia, il 7 dicembre 1895, dopo sette ore di combattimento contro 30.000 scioani comandati dai Ras Alula, Maconnen, Mangascià ed altri, morirono eroicamente il Maggiore Toselli, 18 ufficiali e 2.300 soldati. Soltanto nove anni prima, il 25 gennaio 1887, Ras Alula, alla testa di circa 10.000 abissini, aveva assalito e sopraffatto, nella gola di Dogali, una colonna dei nostri, composta da 512 soldati e 23 ufficiali, al comando del Ten. Col. Tommaso De Cristoforis. (2001)


25 - Dal quaderno di memorie, al quale la Signora Nisa Ciatti Monteverde confidava ricordi ed impressioni del periodo bellico, sotto il titolo "La mia guerra" e che iniziava con la frase, su tre righe: "Ambienti - personaggi - avvenimenti / Azioni - Azioni - Azioni /Tutto chiaro, vivo, indimenticabile", è stato tratto quanto risulta annotato il 25 Gennaio 1944, giorno del bombardamento di Amelia:

"Ci eravamo alzati da poco.

Giulio (il figlio) era andato a scuola, Lele (la figlia) era in terrazza con la vecchia domestica Palmira, io mettevo ordine nel salottino del caminetto.

L'allarme.

Uno dei soliti, penso senza troppo agitarmi. Vanno a Terni. Ormai abbiamo fatto l'abitudine......

Lele mi chiama da fuori: "Vieni a vedere, mamma, buttano dei manifestini....."

Faccio capolino e....... Sono fuori con un salto, afferro la bimba, chiamo a gran voce Palmira, chiudo la porta finestra e corro, corro verso la cucina, tirandomele dietro entrambe, gridando, urlando "le bombe, le bombe!" stringendoci verso il muro in una preghiera disperata.

Rapidi, terrificanti, ripetuti, gli orribili scoppi.

E poi silenzio.

Si sono allontanati.

Sempre col fiato sospeso, sempre tirandomi dietro la bimba e la vecchia domestica, apro l'uscio di strada.

Tanta gente corre urlando: "la scuola, la scuola!"

Il cuore mi si ferma, mi sento gelare, l'urlo mi si strazia in gola e anch'io esco nella strada, anch'io corro, anch'io, anch'io....Giulio è a scuola!

Sotto l'arco della piazza, gente che viene dalla parte opposta mi grida: "è la scuola femminile, la scuola delle suore!", ma è come non sentissi, continuo ad andare: a metà borgo incontro Giulio con altri bambini. Tornavano alle loro case, anch'essi sbigottiti e pallidi.

Il mio bimbo era salvo! ma, presolo per mano, continuavo il cammino in uno stato di stupore incosciente, come fuori di me, fuori di ogni cosa fino a quel momento conosciuta e provata. La mia disperazione non mutava, la mia vita rimaneva sospesa.....

18 bambine perirono sotto le macerie della loro scuola, con la loro maestra, una povera giovane suora!...". (2005)


25 -  Il 25 Gennaio 1475 vengono lette, nel consiglio decemvirale, alcune suppliche.

Una viene presentata da Rastino e Stazio figli di Menicuccio, i quali, dalla curia del podestà, sono stati condannati alla pena capitale ed incarcerati “occasione cuiusdam panis venenati ordinati compositi et projecti per dictos inquisitos ad occidendum aliquem de familia et canes palanche suj vicinj ad quamdam possessionem positam in contrata forpontis, iuxta suos confines” a causa di pane avvelenato confezionato e gettato dagl’inquisiti in una proprietà adiacente a quella loro, sita in contrada Forponte, per uccidere qualche membro della famiglia ed i cani di certo Palanca. “Et licet fatentur se nocentes et culpabiles de dicto crimine” e sebbene si riconoscano colpevoli del delitto loro contestato, “et volendo se defendere” e volendo difendersi, se “venirent absolvendi saltem a pena personali” potessero venire assolti almeno dalle pene corporali e poiché “non convenire filijs cum patre litigare” non è conveniente per i figli disputare con il padre “et paternum officium est cum filijs delinquentibus benigne ac misericorditer agere” ed è ufficio del padre agire benevolmente e con misericordia verso i figli delinquenti -tesi del tutto opinabile- essi supplici chiedono “intuitu pietatis et misericordie” che, per pietà e misericordia, “specialem gratiam facere” venga loro concessa grazia speciale di venire assolti “ab omni pena personali” da ogni pena corporale, “attento quod de delicto ordinato dei gratia nulla est secuta mors” in considerazione che, dal delitto premeditato, per grazia divina non ne è seguito alcun evento mortale. Nel consiglio generale del dì seguente, si propone che “derogentur statuta pro hac tantum vice” si deroghi, per questa volta soltanto, da quanto previsto dagli statuti e che “dicti Rastinus et Statius Menicutij liberentur pena capitali” ai detti Rastino e Stazio di Menicuccio non venga applicata la pena capitale “et pro quolibet ipsorum priusquam a carcere eximantur solvant communi pro supplicio quod incurrerent causa predicti mallefitij ducatos auri viginti” e per ciascuno di essi, prima di essere dimessi dal carcere, si provveda a pagare al Comune, per il supplizio nel quale incorsero a causa del loro delitto, venti ducati d’oro “et quilibet ipsorum nomine communis in Alma Urbe tempore suo ludum Testacie anno uno facere obligentur” e ognumo di loro venga obbligato ad andare, a suo tempo, a fare il gioco del Testaccio a Roma, per conto del Comune “que tamen omnia pace habita ab osculo rata intelligantur” e tuttavia il tutto s’intenda confermato dal bacio della pace avuto con gli offesi.

Lo stesso giorno, un’altra supplica viene presentata da Giacomo di Angelo di Bartolomeo, “dicente che per la corte del presente potestà è stato condennato in ducati sexantacinque, duplicata poi la pena perché non ha pagato nelo termine, per cascione de certo malefitio como se dice commesso in la persona del nobile homo Ser Pyrrhamo de Ser Archangelo” Poiché, non avendo i denari per pagare “et per la decta cascione è stato in pregione per alcuni dì”, chiede che il pagamento gli venga dilazionato. Non si sa in cosa consista il reato commesso da Giacomo, ma il maggior consiglio gli accorda di pagare soltanto la quarta parte della pena principale, cioè dei 65 ducati e, per il residuo, gli si faccia remissione. (2009)


25  -    Il 25 Gennaio 1326, nel consiglio decemvirale, ci si chiede “unde habetur pecunia pro satisfactione et solutione infrascriptorum debitorum communis” dove procurare i denari necessari al pagamento degli’infrascritti debiti del Comune, cioè:

Per il residuo del salario dovuto al Giudice, 250 libre.

Per la taglia alla Chiesa di Roma per il trascorso mese, 30 libre.

Per il gioco del Testaccio, 6 fiorini e mezzo.

Per la correzione degli statuti, eseguita a Montefiascone, 2 fiorini.

Per l’acquisto di una porzione di fabbricato da Fusano Cagnetti, vicino alla fonte di Porcelli, 60 libre.

La “caccia” è aperta, ma, come sempre, la “selvaggina” sarà trovata nelle tasche dei poveri Amerini!

A distanza di ben 174 anni -e precisamente il 25 Gennaio 1500- nel consiglio decemvirale si dà atto che “heri sera, circha quartam horam noctis, exitiij ortani et nonnulli equites Altobelli aliorumque claravallensium transierunt ante portam pusiolini, cum preda facta contra ortanos, ad dedecus huius communitatis et contra pacem  cum ortanis initam” la sera prima, a circa quattr’ore di notte, i fuorusciti di Orte ed alcuni cavalieri di Altobello e di altri Chiaravallesi passarono dinanzi alla porta Busolina, portando prede tolte agli Ortani, con grave scandalo per la Comunità di Amelia ed in barba alla pace firmata con Orte. Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, si delibera che, per conservare la pace con Orte, tutti i fuorusciti “capiantur  ac detinentur et non relassentur aliquo pacto donec et quousque  restituerunt predam factam contra ortanos, ut fides ortanis servetur” si catturino e si detengano e non si rilascino in alcun modo, finché non avranno restituito ogni preda sottratta agli ortani e “quod mictantur nuptij et oratores tot quot opus fuerit Jnteramnam, Narniam, ad Altobellum et omnes claravallenses et fiat omnis possibilitas ut preda recuperetur” si mandino ambasciatori ed oratori a Terni, a Narni, ad Altobello ed agli altri Chiaravallesi e si faccia tutto il possibile per recuperare quanto sottratto.

Il giorno dopo giunge un messo con una lettera da parte del Cardinale Legato da Todi, che esorta “communitatem hanc ad fatiendum pacem cum Tudertinis” la Comunità di Amelia a far pace con i Todini. Il Cardinale chiama la propria una “infelicissima Legatione” e passa ad esporre quanto da lui realizzato: “havemo per la divina clementia et iustitia facta fare universale pace  ad quilli de Vissi (Visso) et da Gualdo de Noceria et reducta la comunità de Perosia ad vero et pacifico stato ... et demum (ed infine) decisa omne altra differentia che fosse in questa provintia ad vera quiete, excepto de questa Ciptà (di Todi) dove heri intrammo con grandissimo honore et vedendo tanta ruina et abbrusiamenti de case ... non possemmo contenere dele continue lacrime ... così per ... quiete de questa provintia et maxime de questa ciptà ... mandamo Pergentile da peroscia nostro familiare ... al quale darrete fede indubitata quanto ala nostra propria persona, confortandove (esortandovi) ala vostra pace, quiete et bono stato de sancta chiesia et ad obmectere omne vostra partialità, rapine et tucte occisioni ... comandandove sub pena mille ducatorum auri (di mille ducati d’oro) ... non debbeate in nostra Legatione fare né consentire alcuna extorsione nè homicidij ... alias (altrimenti) serremo constricti provedere per nostro honore sì et in tale modo che servia exempio dela disobbedientia del Conte Aversa, la fine del quale ve deve essere manifesta et nota” Non sappiamo né cosa fece, né cosa fosse capitato al detto Conte, ma al Legato sembrò sufficiente citarlo ad esempio quale deterrente. (2010)


25  -  La caccia ai tordi dal “boschetto” nel territorio amerino è usanza praticata da lungo tempo. Ve n’è traccia anche nelle riformanze del 25 Gennaio 1805, quando, alla presenza del Vice Governatore Nicola Assettati ed agli Anziani Olimpiade Fantera, Serafino Parca e Nicola Cerichelli, il Segretario e Notaio Raimondo Ciatti verbalizza le operazioni per l’aggiudicazione dell’affitto, per nove anni, del boschetto -di proprietà della Comunità- di “Monte Dònico” (attualmente conosciuto come Monte Onico), sito tra Amelia e Porchiano. L’asta si svolge con il sistema della “candela vergine”: l’aggiudicazione avveniva se, sull’offerta in aumento sul prezzo-base dell’asta, tre fiammiferi, successivamente accesi uno dopo l’altro, si spegnevano senza che vi fossero nuove offerte. L’asta, “a tenore delle notificazioni publicate ed affisse nei luoghi soliti di questa Città ... attesa l’offerta in aumento della vigesima” effettuata da Pietro Bianchi il precedente giorno 3 Gennaio, si apre sulla base risultante dopo la presentazione dell’offerta del Bianchi. 

“Accesa la prima candela, ... si estinse senza altra offerta.

“Indi fu accesa la seconda, che parimenti si spense senza altra offerta.

“Finalmente ... accesa la terza candela, il Sig. Gio. Battista Cerichelli offrì mezzo grosso più ... onde restò il detto boschetto deliberato al medesimo Sig. Cerichelli, per scudi 12 annui”. (2013)


26 - Il 26 Gennaio 1411 gli Anziani, "nemine discordante", con voto unanime, "considerantes virtutes magistri Luce Simonis de Perusio et probitate sua industri", in considerazione delle ottime qualità del maestro di grammatica Luca di Simone perugino e della sua solerte rettitudine, essendo scaduto l'incarico conferitogli l'anno prima, "omni modo, via, jure et forma quibus melius fieri potest dominum magistrum Lucam eligerunt et nominaverunt in magistrum grammatice pro uno anno proximo futuro xpi nomine inchoato" cioè in ogni miglior modo possibile e con tutte le forme di legge, elessero e nominarono  detto Luca a maestro di grammatica per un altro anno, iniziato nel nome di Cristo, "cum salario, pactis, conditionibus in sua prima electione descriptis et declaratis" con lo stipendio e le altre condizioni convenute all'assunzione del suo primo incarico.  "Qui Magister Lucas acceptavit et iuravit". Il Maestro Luca accetta e presta giuramento. (2007)


26  -   Nel consiglio decemvirale del 26 Gennaio 1498 viene ascoltata la supplica presentata “per parte del vostro fidelissimo figlolo (sic) et servitore Petropaulo de Donna Roccia de Amelia, dicente et exponente che continuo è molestato dali offitiali de dicta Cipta ad pagare le dative et graveze che se inpongono  per la Communità de Amelia; et perché lui è poverissima persona come è noto  ad tucte V. M. S. , ma è gravato de grave et inutile famegla, con dece bocche tra figloli et nepoti et non ha lu modo de sostentarli, maxime nel tempo de questa carestia. Recorre aduncha ale V. M. S. come a pietose et misericordiose de poveri, che, per respectu dela sua grandissima povertà et per lo Amore de dio, se digneno farlo exente et libero da tucte dative et graveze imposte et da imponerse per questa Magnifica Communità de Amelia, offerendo la sua facultà et arte de radere sempre lu Antianale palazo; et questo quantuncha per questa Magnifica Communità sia solito farse ad altri, nientedemancho lui lo receverà de gratia et per lo Amore de dio da le V. M. S., le quale dio conserve et exalte”.

Nel maggior consiglio del giorno seguente, al povero barbiere Pietropaolo, per consentirgli di seguitare a “radere lu Antianale palazo” in santa pace, si condonano le imposte pregresse e gli si concede l’esenzione da quelle future per i prossimi dodici anni. Ma, considerato il rilevante numero delle bocche da sfamare, non sarebbe stata fuor di luogo un’esortazione a tagliare qualche barba anche dopo cena e durante la notte, per evitare un’ulteriore espansione della già numerosa famiglia! (2010)


26  -  Il 26 Gennaio 1528 nel consiglio decemvirale si affronta un argomento di ordine pubblico della massima urgenza:

“Cum jn quotidianis motibus communitas Amerina vexetur tam pro rebus de preterito, quam de futuro emergentibus” poiché la Comunità di Amelia è travagliata da quotidiani disordini, tanto a causa di avvenimenti già verificatisi, quanto per timore di future emergenze, “et sine sindico et procuratore electo ad negotia communitatis male civitas stare potest et de die in die cohadunare et congregare consilia generalia et difficile et damnosum est” e senza un plenipotenziario eletto per trattare ed amministrare la cosa pubblica la città non può vivere e risulta difficile e dannoso convocare ogni momento il maggior consiglio, “sanum et sanctum esset ea propter creare et ordinare et facere sindicum et procuratorem communitatis universitatis et hominum civitatis Amerie ad omnia negotia presentia preterita et futura” pertanto si ritiene saggio e salutare nominare un rappresentante con pieni poteri, che sia preposto ad affrontare e risolvere tutte le necessità e le difficoltà tanto derivanti da vicende passate, quanto quelle attuali o che potessero emergere nel futuro per l’intera Comunità di Amelia (Sembra quasi sentir riecheggiare l’appello che, nell’antica Roma, invocava la nomina di un “dictator”!).

Nel consiglio generale dello stesso giorno, si procede alla nomina del “Salvatore della Patria”, nella persona di “Johannes Franciscus Marci Petronciane”.

Ma non basta. Tre giorni appresso, il 29 Gennaio, nelle riformanze risulta trascritto il verbale della “Congregatione facta et cohadunata de ciptadinj in S.to Augustino:

“Per consultare come ce habiamo da governare et quali provisionj se habiano da fare per conservatione et defensione di questa nostra Patria et primo (inannzi tutto) viva voce se è deliberato che iqui dentro non se admectano gente di guerra di qual se voglia sorte se siano, excepto che non fossero conducte con pagamento della communità o con consenso de tucti per defensione di epsa nostra Patria.

“Appresso se è consultato che tucti unitamente promectiamo et juriamo mectere la vita per la dicta defensione della Patria, et jntervenire personalmente ad tucte quelle cose che se proponerando (proporranno) et se deliberarando per fortificatione et defensione di epsa.

“Jl juramento che se ha dare da tucti li infrascripti che se trovano cohadunati personalmente ha da essere di questo tenore: che tucte quelle cose che se hando (hanno) da fare circa le reparationi et fortificationi predicte, ogniuno promecte et jura concurrere et farce personalmente quella opera che bisognano et che serrà ordinata et commandata, con punire sensa rispetto (riguardo) alcuno chi non obedisse et contravenisse ale cose  che se ordinarando, et così circa li dicti repari et fortificationj è piaciuto ad ogni uno viva voce constituire capo Misser Baptista di Ceraso, però che quanto se fa se jntende che acceda (riceva) jl consenso et la auctorità dellj Magnifici S.ri Antianj et Numero Electo, reservando sempre presentare la solita obedientia allj mandati della sanctità di N. S.re (il papa).

Et così con jl nome di dio se è jurato et promesso da tucti li infrascripti quanto di sopra se contene”.

Seguono le firme di coloro che hanno prestato giuramento, che vale la pena di riportare. La maggior parte sono popolani, ma vi figurano anche membri di famiglie nobili, quali  Nini, Nacci, Petrignani, Mandosi, Archileggi, Racani, Vatelli, Crisolini, Farrattini, Venturelli e Geraldini. Eccone l’elenco completo:

“Johan Baptista de ceraso - Johan baptista Nino - censorio - latino - Angelo - ciancha - Briccante - Quintio - Persimone - Nofrio - Possente - Alfonso - Hanibale - Hieronimo naccio - Thomassuccio - Cerasolo - Tenso - Tito - Bastiano de’ Poccio - Fabritio - Angelo de Pasta - Angelo Petrignano - cappella - Thomasso - Ser Thomasso - Antonio de Anselmo cione - Nicolo de Antogo - Scardaffo - Pontio - Pasquale de Jovenale - Salvato - Paulo de Bionna - Bartalomeo de Luminato - Trioli de Nicola - Pernicolo - Pannuntio - Stefano de casino - Marcuccio - Eusebio - Valentino de Jaculello - Grogio - Pandolfo de macchabeo - Berardino de sciuccho - Durastante - Thimotheo del crocula - Pietro de Berardone - Sextilio - Marcone del Falso - carpeno - Johannj de Alvario - Poncechetto - Antheo - Morello - Luca del quatro - Antonio de la gatta - cesari de barbuglia - Antonio de Frate sensino - Tordo - Hieronimo de bresco - Torrone - Pauloccio - Valentino de Franciscone - Matalone - Cruschia - Ciucho de Jannelle - christophoro casciolo - Johan Jacuo mandosio - Lonardo de Berardino - Pietro paulo de martino - Bravitte - Francesco Angelo de pedecolle - Meneco senese - Lucha Pitti - Hieronimo de scafo - christophano de voccardo - Evangelista de pamphilo - Johan baptista Archilegio - Alexio - Agustino de Pauloccio - Mercurio - Bastiano de Sciuccho - Nicolo de pilloccho - Johannj de Jmpaccio - Jl Tostone - Andrea de munina - Piacente de actinello - Pacecta - Sanctor de Teo - Jl gran Villano - Jacuo de scentone - Basilio de Taxo - Tofano de noctula - Bastiano de novello - Messer Jo. paulo - octaviano de lactantio - Thomassello - Veccianella - Eugenio - Paulo del Vatti - Plinio - Pelliccia - Lorenzo de cuaraza - Berardino de Francescuzo - Antonio de Brunocto - Mutio de ceccharello - Alfonso - Parthemio - Pietro de magnante - Julio de Lazaro - Basilio - Rocchietto - Berardino - Jo. Antonio rachano - Horatio - Pierdominico Sartore - Emilio de Tode - Boglione - Lelio - camillo vatello - Jl grassello - Baptista de Pompilio - Marsio de Moricone - Desidero - Baptista de Thomasso - Nicolo de Mario - Vincenzo chrisolino - ciara - Jacuo - Johan baptista de Farnecta - Jo. baptista de mario - Messer Nicolo rachanj - Benedecto de Lassectato - Evangelista de mariolo - Baptista de nicola ciucho - Hieronimo de Angelo Antonio - Jo. de galasso - Julio de cuaraza - Simon Pietro Farratino - Francesco de soprano - Archangelo de casino - Pietro de Tofano - Angelo de ritella - Serecto - Ramazotto - Pier Jo. de melezole - Jo. Antonio Zuccholino - Pasciarello - Lazaro hebreo - Frocta - Tito de Zatti - Messer Nicola - Messer Jo. Paulo - Thimotheo venturello - Jo. de stefano de raberta - Angelo de Pinacha - Marco de Stati - Jo. Vincenzo de morello - Bartalomeo de Scipione - Johan Francesco de constanzo - Nicola de Jo. Paulo - Messer Federico - Lucha de rosichino - Grifi - Messer Honofrio geraldino”.

Altro che il “Giuramento di Pontida”! (2011)


26  - Nel consiglio dei X del 26 Gennaio 1528, fra l’altro, si espone che “de die in diem insurgunt nova supervenientium barbararum gentium jn Jtalia et ad muniminem civitatis parum aut nihil jncumbitur” di giorno in giorno giungono notizie della calata in Italia di “genti barbare” e poco o nulla ci si preoccupa per la difesa della Città, “quod forsan, quod deus avertat, posset cedere jn detrimentum et damnum maximum non solum hominum et bonorum sed ipsiusmet civitatis Amerine excidium perennem” dal che, possibilmente potrebbe -che Dio ce ne scampi!- derivarne e seguire massimo danno non solo per gli uomini e per i loro beni, ma altresì prolungata rovina per la stessa Città di Amelia. Nel seguente consiglio generale si delibera che “deputetur unus sindicus ad omnia et singula negocia communis cum ampla et amplissima potestate” venga eletto un plenipotenziario al quale siano concesse le più ampie facoltà per provvedere ad ogni necessità della Comunità; inoltre, il ricavato di tutte le pene pecuniarie si destini “fabrice mururum” nel consolidamento delle mura cittadine ed altrettanto si faccia con il denaro che possa venir riscosso da ogni e qualsiasi fonte (“possint extrahere undecumque”). Infine, si provveda “laminibus ferri pro foderando totam jntegram portam Pisciolini” a rivestire con lamine di metallo l’intera Porta Busolina, in modo che ne risulti “corazzata”. (2012)


26  -  Il 26 Gennaio 1578 il Cancelliere Agostino Fortunato da Gubbio riferisce che “stampator ad stampandum  statuta veniet ad habitandum in hac nostra Civitate ad peragendum huiusmodi negotium stampandi dicta statuta” il tipografo che ha l’incarico di stampare gli statuti, per eseguire il proprio lavoro, verrà ad abitare nella nostra città, ma gli stessi “reformanda prius et corrigenda cum pactis iniendis et conditionibus prout iudicatum et visum fuerit ex hominibus nuper eligendis” dovranno venir prima riveduti e corretti con quei patti ed alle condizioni che verranno stabiliti secondo il giudizio di coloro che saranno appositamente eletti. Gli Anziani, “ad hoc ut Statuta stampari debeant et renovari” per procedere a quanto necessario a tanto delicata operazione, nominano, per trattare con lo stampatore, “Magnificum Dominum Cinthium Laurelium de quo misso solemni partito ut moris est, approbatum ... extitit” Cinzio Laureli, la cui elezione viene, secondo le norme di rito, approvata e, della revisione e correzione, sono incaricati i giureconsulti Sartorio Petruccio, Marco Vezzio, Labieno Vulpio, Ascanio Clementino, Felice ed Onofrio Sandri.

Ma si vede che le cose vanno per le lunghe: sotto la data del succesivo 24 Novembre, nelle riformanze si legge che “impressor qui ad presens commoratur Viterbij cuperet pro eius mercede et ad bonum computum pro imprimendo statutorum volumine sibi tradi et concedj per communitatem scutos xxv” lo stampatore, attualmente residente a Viterbo, quale suo compenso ed in acconto per la stampa degli statuti,  ha richiesto che la Comunità gli faccia rimessa di 25 scudi: si vede che -conoscendo le maniche strette della Comunità di Amelia- prima di muoversi da Viterbo, vuole sentire il suono della moneta contante!

Finalmente, sotto la data del 29 Gennaio del successivo anno 1579, si dà notizia che lo stampatore degli statuti è in Amelia e sta lavorando, ma muore di freddo. Ascanio Clementini propone che “impressori, pro eius usu, dentur salmas xxx lignorum ad comburendum” gli si diano trenta salme di legna da ardere. Con l’occasione, si dia incarico a Cinzio Laureli che “assistat dicto impressori in correctioni stampe” coadiuvi lo stampatore nella correzione della stampa (beninteso, dopo avergli fornito la legna per riscaldare i locali!).

Ma la vicenda della stampa degli statuti non si ferma qui. Sotto la data del 24 Gennaio 1580, nelle riformanze si legge una lamentela avanzata da Giovan Francesco Clementini, che “petit satisfieri de pensione sue domus locate in servitium Communitatis pro impressore statutorum pro uno anno decurso et completo et unde sint abende (sic) pecunie ut sibi possit satisfieri” chiede che gli venga pagato dalla Comunità l’affitto della locazione di una sua casa fatta allo stampatore, per il suo lavoro, non avendo ricevuto nulla da un intero anno e si domanda, con giustificabile apprensione, da dove e da chi verrà soddisfatto del suo credito. (2013)


26  -   Il 26 Gennaio 1472 La monaca Donna Giovanna di Gian Paolo Cagni, del Monastero di S. Stefano, versa 27 ducati d’oro, di cui 14 papali e 13 veneti, a Girolamo de Geraldinis, il quale ne rilascia quietanza in nome e per conto di Antonio, de Geraldinis, poeta ed amico di Cristoforo Colombo -giusta quanto affermato da Mons. Angelo Di Tommaso, spulciando fra gli atti rogati dal notaio Ricco di Ser Francesco.

Ad oltre mezzo secolo di distanza, il 26 Gennaio 1527, con atto del notaio Tommaso di Taddeo Artinisi, i Frati dell’Annunziata acquistano un tratto di costa silvata al Vocabolo Michignano.

Passano altri trentacinque anni ed il 26 Gennaio 1562 il notaio Fazio Piccioli è richiesto da Matteo Boccarini, costituitosi come procuratore del fratello Don Pietro davanti al Capitolo congregato ed al Vicario del Vescovo, di verbalizzare il conferimento del Priorato della Chiesa di Amelia allo stesso Rev. Don Pietro, in virtù di ben due lettere apostoliche, che vengono esibite e descritte minutamente, con le rispettive cordicelle variopinte ed i sigilli plumbei pendenti. In virtù di santa obbedienza, viene ammesso come Priore e gli si conferisce il possesso, assegnandogli il posto in coro e dandogli voce in Capitolo, dopo averne assunto -a mezzo del procuratore- il debito giuramento. (2014)


26  -  Il 26 Gennaio 1527, con atto del notaio Tommaso di Taddeo Artinisi, i Frati dell’Annunziata acquistano un tratto di costa silvata al Vocabolo Michignano.

Passano altri trentacinque anni ed il 26 Gennaio 1562 il notaio Fazio Piccioli è richiesto da Matteo Boccarini, costituitosi come procuratore del fratello Don Pietro davanti al Capitolo congregato ed al Vicario del Vescovo, di verbalizzare il conferimento del Priorato della Chiesa di Amelia allo stesso Rev. Don Pietro, in virtù di ben due lettere apostoliche, che vengono esibite e descritte minutamente, con le rispettive cordicelle variopinte ed i sigilli plumbei pendenti. In virtù di santa obbedienza, viene ammesso come Priore e gli si conferisce il possesso, assegnandogli il posto in coro e dandogli voce in Capitolo, dopo averne assunto -a mezzo del procuratore- il debito giuramento. (2015)


27 - Nella seduta del 27 Gennaio 1326, tenuta dai consigli generale e speciale, con l’intervento anche degli Anziani e dei Rettori delle arti, Giordanello Angeluzzi “subplicat et humiliter petit quod cum ipse serviverit et in servitium dicti communis steterit in campanili communis per tempus trium mensium et xij dierum” supplica ed umilmente chiede che, avendo egli prestato servizio per il comune, essendo restato sul campanile cittadino per un periodo di tre mesi e dodici giorni “ad rationem xviij denariorum pro quolibet die et nocte” con lo stipendio di 18 denari al giorno, comprese le notti, “vobis placeat quod per camerarium communis, de pecunia dicti communis, eidem satisfiat” piaccia al consiglio che, a mezzo del camerario comunale e con denari dello stesso comune, gli venga soddisfatto il suo credito “quod capit in summa vij librarum, xj soldorum vj denariorum cortonensium” che ammonta ad un totale di 7 libre, 11 soldi e 6 denari cortonesi. “ut patet publico instrumento scripto manu magistri Grigorij notarij”, come risuta da atto rogato di mano del notaio Maestro Gregorio.

Il consiglio delibera che “si dictus Jordanellus quantitatem in sua petitione contentam debet recipere”, accertato che Giordanello debba ricevere quanto richiesto nella sua petizione, “Camerarius communis eidem satisfacere possit et debeat” il Camerario comunale possa e debba soddisfare al suo credito. La votazione riporta 49 voti favorevoli e 6 contrari: si vede che non tutti erano d’accordo con le pretese non certo eccessive vantate dal povero Giordanello! (1999, err. ind. sub 25 Gennaio 1327)


27 - Cagnus mag. Symonis, padre e legale amministratore di D.na Jacoba, moglie di Angelello del fu Comparato e Bartholomeus Jannoni, fratello di Francesca, moglie di Ceccarello Jacobelli ed altri creditori dei suddetti Angelello e Ceccarello, in data 27 Gennaio 1329 rivolgono una supplica agli Anziani e al Consiglio dei dieci, esponendo che, poiché “nobilis vir Bartholellus D.ni Corradi de Tuderto”, podestà di Amelia, ha condannato i detti Angelello e Ceccarello “in amputatione capitis et in destructione bonorum eorum”, cioè alla decapitazione e alla distruzione dei loro beni, “pro excessibus qui per ipsos perpetrati dicuntur in personas quarumdam monialium S.ti Manni de Amelia”, per eccessi perpetrati contro alcune monache di S. Magno, ritengono che “sit valde iniquum quod ipse mulieres eorum dotibus et iuribus et dicti creditores defraudentur”; che sia profondamente iniquo che le mogli dei condannati, le loro doti e i diritti delle stesse e degli altri creditori ne vengano ad essere indirettamente colpiti.

Chiedono, pertanto,”humiliter et devote”, che si provveda in merito, onde evitare una tanto palese ingiustizia.

Sembra che quel che più prema ai parenti dei condannati non sia propriamente l’incolumità delle loro teste! (1999)


27 -  Il 27 Gennaio 1793, presenti il Governatore Dr. Pietro Arduini e gli Anziani Girolamo Grisci, Ambroggio (sic) Assettati e Conte Gaetano Pontici, si svolge l'asta pubblica per l'affitto dei boschetti per la caccia ai tordi, per la durata di un novennio, con l'assistenza dei Signori Raimondo Ciatti e Paolo Angeletti. Restarono aggiudicatari: Domenico Soccorsi, del boschetto al Vocabolo Le Casagline, in ragione di scudi 1,20 l'anno; Giovanni Pernazza, del boschetto al Voc. Monte Dònico per baiocchi 40 l'anno; Giovanni Fossati, del boschetto al Voc. Monte Ciminaccio, per 50 baiocchi l'anno e di quello al Voc. Spicchio, per scudi 1,35 l'anno ed, infine, Bartolomeo Ragnoli si aggiudicò il boschetto al Voc. La Ciuffa, per 67 baiocchi e mezzo l'anno. 

E, così, mentre in Amelia, una dopo l'altra, si spegnevano le candele sulle singole offerte, a Parigi, sei giorni prima, si era spenta sul patibolo la vita di Luigi XVI.

E cosa, invece, si stava facendo nella nostra Città, quando il 16 Ottobre dello stesso anno la ghigliottina aveva fatto rotolare la testa di Maria Antonietta? Abbiamo un'annotazione di soli quattro giorni dopo: si appaltava a Giovacchino Lulli il Provento della Castagneria, per un anno, a scudi ventuno, con l'obbligo di dare dieci castagne a quattrino. (2006)


27 - Il 27 Gennaio 1614, nel consiglio decemvirale, occorre prendere una decisione in merito a “due lettere de’ Tesorieri dell’Umbria, una di quello di Spoleti, l’altra di Perugia (cioè del Cardinale Borghese), l’una et l’altra contenente un istesso pagamento de scudi 62 e bajocchi 68, oltre le spese de’ Cavalcanti (cioè dei corrieri), per parte che asseriscono toccare a questa Comunità per gl’utensili dell’alloggio della Serenissima Gran Duchessa di Toscana, ma perché si è scritto a Roma all’Agente, che veda se si potesse fuggire questa spesa, o almeno che si moderi detta somma et che si ordini il modo di pagarla, stante che noi non vi habbiamo assegnamento alcuno. In caso che non si possi ottener niente, si propone quid agendum (che fare) per la satisfattione di detto debito”. Nel maggior consiglio dello stesso giorno, Angelo Cerichelli propose “che si dia fuori un taglione ad (da) essigere al (dal) Camerlengo (il) quale debba riscuotere per pagare detta somma e, mancando qualche cosa, facendo anco pagare alli Porchianesi quello che li tocca, si supplisca con denari della Cassetta, sotto nome d’imprestito, et che quello (che) si levasse si debba rimettere”. (2008)


27  -  Nella seduta consiliare del 27 Gennaio 1743 rivolge una supplica agli Anziani “Francesco di Felice Angelo  dal Castello della Frattuccia, Contado di questa Città, oratore umilissimo delle Sig.rie Loro Ill.me”, il quale “riverentemente gl’espone come essendo caduto in pena per la vendita fatta delle castagne in detto Castello innocentemente senza penziero di fraudare a nesuno, ma puramente per uno poco guadambio, per il che supplica umilmente le Sig.rie V.re Ill.me degnarse aggraziare il povero oratore in parte della suddetta pena et per ritrovarsi il medesimo in carcere et in estrema necessità”. Giovanni Ipomeneo Nacci così si pronuncia: “Son di parere che, per atto di carità, attesa la povertà del ricorrente, gli si faccino pagare, per la porzione spettante alla Comunità, giulij cinque soltanto”. (2013)


27  -  Il 27 Gennaio 1329 viene approvata dagli Anziani e dal consiglio la procedura di interdizione per gl’incapaci, che verrà prevista e sancita anche dalla rubrica 99 dello statuto amerino del 1346: “Ut male utentes eorum substantia non possint malivolorum subiectionibus ad inopiam pervenire” affinché coloro che non sanno gestire le proprie sostanze, a causa di subdolo comportamento di malintenzionati, non debbano ritrovarsi in povertà, viene deliberato che se “potestati vel eius judici fiat fides per iuramentum trium vel quatuor consanguineorum vel affinium eius qui male utetur suis bonis, asserentium suo juramento eum male uti sua substantia” al podestà o al suo giudice, da parte di tre o quattro consanguinei o affini di colui che non è capace di amministrare i suoi beni, asserendo, sotto giuramento, tale incapacità, “absque alia sollempnitate iuris ... et etiam parte absente” senza altra procedura o solennità di giudizio ed anche in assenza dello stesso interdicendo, se il podestà od il suo giudice avranno accertato il fatto (“facta fide”), da parte dei suddetti si assegni un curatore (“detur curator”)  a colui cui sia stata fatta interdizione dei beni “Et pronuntietur ad petitionem dictorum consanguineorum, seu dicti curatoris quod nulla persona debeat contrahere vel contractum inire vel facere de cetero cum illo tali cui esset bonorum administratio interdicta” e venga pronunziato, ad istanza dei detti consanguinei o dello stesso curatore, che nessuno possa stipulare o convenire contratti con colui cui è stata vietata l’amministrazione dei beni, in caso contrario, il podestà od il suo giudice siano tenuti a far “cassare et nullum pronuntiare” annullare e dichiarare nullo il contratto fatto e colui che avrà stipulato con l’interdetto “nullum ius acquiratur” non possa acquisire alcun diritto.

Lo stesso giorno,viene approvato un provvedimento “quod nulla persona capiat columbos domesticos seu de palumbariis Civitatis vel districtus Amelie ad penam xl soldorum pro quolibet” che nessuno catturi colombi domestici o di palombare nella Città di Amelia e nel suo distretto, alla pena di quaranta soldi per ogni volta che contravverrà; inoltre, “quod nulla persona vendat seu vendere possit pizonos ultra xx denarios par, ad dictam penam et quod nemo trahat extra Civitatem et districtum Amelie pizonos ad dictam penam” che nessuno venda colombi ad un prezzo superiore a venti denari al paio, alla stessa pena, come pure se li portasse fuori dalla città e distretto “et cuilibet sit licitum accipere cuilibet portante et extrahente sine pena et accusare et denununtiare omnes et singulos fatientes contra predicta vel aliquod predictorum et habeat medietatem banni et in credentia teneatur et stetur iuramento accusatoris cum probatione unius testis fide digni”  ed a ciascuno sia lecito accusare e denunziare chi contravverrà anche ad una soltanto delle dette prescrizioni ed abbia la metà delle pene e si creda alla sua accusa fatta sotto giuramento e con la dichiarazione di un teste degno di fede. “Hoc addito, quod si quis cum lapide, arcu, seu balistro et hijs similibus aliquem columbum occiderit, ad penam nullatenus teneatur” a quanto detto, si aggiunge che se alcuno ucciderà un colombo con una pietra, con l’arco, con la balestra e simili, non sia tenuto ad alcuna pena. (2014)


28 - Sotto la data del 28 Gennaio 1478, "Magnifici Domini Antiani, in unum congregati in palatio eorum solite residentie pro eorum officio laudabiliter exercendo" i magnifici Anziani del popolo, in riunione plenaria nel palazzo di loro consueta residenza, al fine di esercitare lodevolmente il loro ufficio, "cassaverunt Andream tubicinem quia visitavit uti dixerunt aegrotum ex pestilentia in hospitali" destituirono dal suo incarico Andrea trombetta (cioè banditore) perché si disse aver egli fatto visita in ospedale ad un malato di peste.

E, così, per aver eseguito un'opera di misericordia, il povero Andrea trombetta ci rimise anche il posto! (2007)


28  -   Il medico Maestro Pietro di Ser Damiano il 28 Gennaio 1434 presenta una petizione agli Anziani, con la quale espone che, “ob penuriam medicorum ipse sit requisitus in arte medicine magis quam ceteri medici Amelienses” a causa della penuria di medici, egli riceva richieste di esercitare l’arte medica più di ogni altro suo collega amerino (v’è forse una piccola venatura di falsa modestia?) “et aliquando propter custodiam ad quam ipse tenetur ipsum oporteat dimictere egros in grave dampnum et preiudicium ipsorum egrorum et dedecus ipsius Magistrj Petrj Medicj” e qualche volta, a causa della custodia cittadina alla quale egli è tenuto, gli è necessario trascurare i malati, con grave pregiudizio degli stessi e del decoro di esso medico Maestro Pietro. Chiede, pertanto agli Anziani “digneminj ipsum a dicta custodia absolvere et immunem facere pro futuro” che si degnino dispensarlo dalla detta custodia ed esentarnelo per l’avvenire “et si placeret d. v. ab alijs oneribus personalibus et plus et minus prout v. d. dictabunt quibus se humiliter recommittit” ed a loro piacimento, assolverlo anche dalle altre prestazioni personali, secondo quanto verrà stabilito dalle Loro Signorie, alle decisioni delle quali umilmente si rimette. Nel maggior consiglio del dì seguente, si decide: “fiat ei gratia de custodia” che gli si faccia grazia della custodia “ab hodie postea” da quel giorno in poi. (2009)


28  -  Il 28 Gennaio 1527 nelle riformanze risulta pubblicato il seguente bando:

“Se fa banno da parte de messer Alexandro de Alexandris locumtenente de Amelia et Magnifici Signori Antiani che non sia alchuna persona de qualunque conditione se sia ardisca né presuma de andare ad tagliare alchuna sorte de legna jn la selva del Communo senza licentia de li Signori Antiani che per li tempi serrando (saranno) Et ancho nela selva de la nontiata (Annunziata) sensa licentia de li frati existenti in decto loco; qual Selva dela nontiata è posta nel teritorio de Amelia nel vocabulo de Michignano et Contrada de Trifignano ad presso la selva de sancto francesco da un lato per jn fino alli termini, la Comunità dalaltro et lo fossato da pede, sotto quella pena che se contene in la reformansa de le Cerque, come più lungamente appare nel libro de Ser Antonio Savinio Cancelliere passato ad cartas (a pagina ... segue spazio in bianco) et similmente da farsene subito exequtione come in dicta reformansa se contene”.

Lo stesso giorno, in calce al bando, il Cancelliere annota:

“Joannis Franciscus  Marci Tubicen et Publicus Preco post Commissionem sibi factam a Domino Locuntenente et Magnificis D.nis Antianis” Giovan Francesco di Marco, araldo e pubblico banditore, in seguito alla richiesta fattagli dal Luogotenente e dagli Anziani, “retulit prefatis D.no Locumtenenti et D.nis Antianis et mihi Cancellario” riferì agli stessi Luogotenente ed Anziani ed a me Cancelliere “per loca publica et consueta tubarum sono premisso dictum bannimentum et omnia jn eo contenta bannisse et preconizasse” di aver bandito e divulgato per i luoghi pubblici e consueti, dopo aver premesso un suono di tromba, detto bando e quanto in esso contenuto.

Il giorno precedente 27 era stata annotata nelle riformanze una singolare notizia: “Magister Raphael faber qui fuerat a communitate Conductus comparuit coram Magnificis Dominis Antianis Civitatis Amerie et petiit licentiam ad Patriam redeundi” Mastro Raffaele fabbro, che era stato assunto quale condotto dalla Comunità di Amelia, comparve dinanzi agli Anziani della Città e chiese licenza di rientrare nel proprio luogo di origine “cui prefati d.ni Antiani gratiose et liberissime bonam licentiam concessere” e gli Anziani, “graziosamente” e con molta liberalità, gliela concessero. Sembra strano che un fabbro avesse ricevuto, per lavorare in Amelia, una condotta simile a quella che si assegnava a un medico o ad un maestro di scuola; a meno che “Faber” non corrispondesse al cognome e non al suo mestiere!

Tre anni più tardi, il 28 Gennaio 1531, tra gli argomenti trattati nel consiglio dei X, figura una singolare richiesta: “Moniales Monasterij sancti Mannj petunt sibi concedi represalie contra Egidium Zephirini de lugnano” le monache del convento di S. Magno chiedono che venga loro concesso diritto di rappresaglia contro Egidio di Zeffirino di Lugnano. Non sappiamo quali fossero le ragioni delle religiose per chiedere un comportamento tanto aggressivo verso Egidio di Zeffirino, ma il consigliere Pompilio Geraldini -vir gravissimus et amator patrie- , salito sul pulpito delle arringhe (“pulpitum ascendens”) e fatta prima la consueta invocazione alla Divinità (“divina prius facta solita jnvocatione”), propone che alle monache di S. Magno si concedano pure le richieste rappresaglie, beninteso dopo aver rispettato le relative regole (“servatis servandis”) e -magari- dopo una “consueta” invocazione alla misericordia divina, tanto per sgravarsi la coscienza! (2011)


28  -  La Società dei Gesuiti ha accettato la proposta fattale dalla Comunità di assumersi l’insegnamento del pubblico ginnasio. Nella seduta consiliare del 28 Gennaio 1563, si propone che i Camerarii, che saranno in carica quando inizierà l’insegnamento, “solvant temporibus congruis mercedem congruam ... Societati Jesu pro gimnasio publico” paghino, a suo tempo, alla detta Società un adeguato corrispettivo, in quanto “fuit legitime concessum dictum gimnasium” l’insegnamento venne legittimamente concesso e, quindi, “ponatur silentium ne fiat obstaculum” si faccia silenzio, per non creare ostacoli. Si vede che non tutti erano d’accordo nel conferimento dell’insegnamento ginnasiale ai Gesuiti! Per maggior cautela, il consigliere Gerardocci  -“prudens vir”- propone “quod scribantur lictere superioribus dicte societatis Jesu eis agendo gratias quia acceptaverint onus publici gimnasij, offerendo grate communitatem nostram” che si scrivano lettere ai superiori dei Gesuiti, ringraziandoli di aver accettato l’onere dell’insegnamento ed esternando loro la riconoscenza della nostra Comunità. La proposta viene accettata e l’incidente venne chiuso.

Quasi due secoli e mezzo dopo, nella seduta consiliare del 28 Gennaio 1809 il Priore Federico Venturelli e gli Ufficiali dell’Ospedale degli Infermi di S. Maria dei Laici presentano un memoriale con il quale chiedono che l’annuo contributo di scudi 50, che detto Ospedale si era impegnato a corrispondere alla Comunità fin dal 1796, in occasione di un aumento di stipendio al medico condotto, a causa delle mutate condizioni del detto Ospedale, passate da una situazione di “buone rendite” allo “stato di decadenza” attuale, sperano che i Consiglieri vogliano liberare detto “Luogo Pio” dal accennato contributo annuale. Messa ai voti, la richiesta di sgravio riporta sedici voti a favore e sedici contrari. Quando si tratta di quattrini, non è facile trovarsi d’accordo! (2013)


28  -   Il 28 Gennaio 1555 il notaio Fazio Piccioli è richiesto di rogare un atto singolarissimo: trattasi di una scommessa fra Antonio di Camillo Medio, di Amelia e Gerolamo, del fu Sebastiano Novelli, detto Zazzara. Il primo verserà al secondo sei giulii, “si civitas senensis per totum mensem martij proxime futurum fuerit ab exercitu Imperatoris seu Ducis Florentie obtenta, seu evicta” se la città di Siena, entro il prossimo mese di marzo, sarà vinta e conquistata dall’esercito dell’Imperatore o dai Fiorentini di Piero Strozzi; in caso contrario, il secondo pagherà al primo uno scudo d’oro. In effetti, l’assedio degl’imperiali era iniziato nel marzo del 1554, ma la peste e la fame fecero strage dei difensori e la città si arrese il 17 Aprile 1555, dando la vittoria a “Zazzara”. Si doveva esser giunti ad un elevato grado di cinismo, per far simili scommesse sulla pelle di persone che -bene o male- erano dei connazionali! (2014)


29 - Il 29 Gennaio 1615 vengono approvati i “Capitoli et ordini fatti sopra il peso del grano e farina”. Eccone il contenuto:

“In prima, che li pesatori deputati o da deputarsi tanto nell’uno quanto nell’altro peso già ordinati non abbiano interesse nesuno (sic) nei molini, né sia parente ad alcuno dei padroni di detti molini fino in secondo grado di consanguineità, e di affinità inclusive, li quali abbino cura di pesare il grano, e farina nel modo infrascritto.

“Che detto pesatore debba tener un libro, dove faccia nota delle carche e del peso del grano che pesa e della farina che torna.

“Che detto pesatore debba stare e risiedere continuamente nella stanza deputata e che ad ogn’ora, che alcuno verrà a pesare e sarà chiamato debba pesare sotto pena di tre giulij per volta che non fosse trovato o non andasse a pesare, d’applicarsi detta pena un terzo alla Comunità, un terzo alla Mensa anzianale e l’altro terzo all’esecutore.

“Che il detto pesatore possa elegersi un coadiutore per ogn’occorrenza, che li potesse succedere, che risieda in luogo suo, purché eletto che l’avrà, sia approvato e confermato dalli Sig.ri Anziani e Consiglio dei X.

“Che detto pesatore, quando si riporta a pesare la farina, trovando che non sia il peso giusto, come era il grano, detrattane però la molitura alla ragione infrascritta, debba subito della farina di quel molino dove è stata macinata, aggiungere e supplire fino al giusto peso.

“Che ogni molino debba tenere per il suddetto effetto una cassetta di farina nel luogo stesso dove si pesa.

“Che nessuno possa cavar grano dalla Città per andare a macinare, se prima non sarà pesato in uno de luoghi deputati sotto la pena contenuta nel bando di Mons.r  Governatore. 

“Che li carreggiatori ordinarij delli molini siano obligati coll’infrascritta mercede portare il grano al molino pesato che sarà, e dopoi riportar la farina nel luogo deputato a riprenderla et aggiustata che sarà, riportarla a casa del padrone.

“Che per molitura e portatura del grano, come di sopra, quando il grano sarà portato a macinare dai careggiatori ordinarij delli molini, non si possono pigliar più di cinque libre per cento, ma se il padrone volesse portare o mandare il grano a macinare e colla sua bestia, non paghi se non a ragione di tre libre per cento.

“Item acciò non si possa commetter fraude alcuna in pregiudizio delli molini da quelli che portano il grano alla mola colle loro bestie, s’ordina che, pesato (che) sarà come sopra il grano, il pesatore sigilli la carca nella legatura e noti a qual molino la porti, e portatala a macinare e macinata che sarà, il molinaro la sigilli di nuovo nel modo detto di sopra, acciò per strada non si commetta fraude e si riporti al pesatore e si ripesi e aggiusti come di sopra.

“Che il pesatore per salario e mercede sua debba aver a ragione di un quatrino per cento di grano che pesarà, sino alla somma di cinquecento libre, e da quello in su, sino e per qualsivoglia somma e peso, non possa pretendere né avere più di un bajocco e per quello o quella parte che il peso non arrivarà al centinaro, non debba avere cosa alcuna qual mercede e se li dà per ricognizione della sua fatica, riservandosi però di ciò il consenso de Sig.ri Superiori di Roma, quando vi si ricerchi e sia necessario, e non altrimenti.

“Che il detto salario e mercede se li debba dare allorquando si pesa il grano e al ripesare della farina non se li dia niente.

“Che detto pesatore debba proveder della cera per sigillare come sopra, tanto per se stesso, quanto per li molinari.

“Che li padroni delli molini, molinari e careggiatori possino senza incorso di pena alcuna rimettere la farina e macinare il grano della molitura senza pesare, né pagare cosa alcuna al pesatore e si stia al suo giuramento, che quello sia il suo grano della molitura.

“Che li Sig.ri Anziani pro tempore siano obligati almeno una volta nel tempo del loro magistrato, rivedere la statera, se sia giusta.

“Che se il pesatore o carreggiatori tanto ordinari delli molini, quanto altri particolari commettessero alcuna fraude in pesare, o in falsificare in qualsivoglia modo il sigillo, incorra in pena di scudi venticinque, d’applicarsi per la metà alla Comunità, un quarto all’accusatore et un quarto all’esecutore, oltre l’altre pene legali.

“Item che il pesatore e molinari siano obligati a notificare alla Comunità sotto pena di perjurio (spergiuro) e di scudi venticinque, quando avessero notizia che alcuno avesse commesso qualche fraude, contravenuto alle carche e falsificato il sigillo, come di sopra.

“Che non si possa far grazia alcuna delle pene suddette, anzi si debbano esigger subito, sotto pena di uno scudo per ciascuna volta.

“Che li contadini et altri abitanti che hanno il grano fuori della Città non s’intendano compresi in questi ordini , perché per loro ancora si pigliarà qualche altro espediente.

“Dichirando che circa il sigillarsi le carche nella legatura del sacco come sopra, s’intenda doversi fare quando il grano si portarà a macinare nelli molini fuori del territorio di Amelia”. (2000)


29 - Il 29 Gennaio 1478, gli Anziani "eligerunt in custodem et portanarium porte pisciolini pro xv diebus proximis futuris cum salario per eos declarando Ser Michaelem Parisij" elessero custode e portinaio della porta Busolina per la durata di 15 giorni immediatamente successivi, con salario da definire da essi, Ser Michele Parisi, all'espressa condizione che "aliquis ingrediatur civitatem qui venerit ex locis pestiferis perdat salarium" se alcuno che venisse da luoghi contagiati dalla peste entrasse in città, Ser Michele perderà il suo salario. (2007)


29 - Il 29 Gennaio 1331, gli Anziani e il consiglio dei Dieci del Popolo votarono la seguente ordinanza:

“quod nullus nobilis et qui habetur pro nobili de Civitate vel districtu Amelie seu nobilis qui habitet in dicta Civitate audeat intrare Cameram potestatis vel Guardiani dicte Civitatis vel alicuius offitialis” che nessun nobile o ritenuto tale o abitante nella Città e distretto di Amelia, osi entrare nella stanza del podestà, del guardiano o di altro ufficiale “nec cum eis loqui publice vel occulte in aliqua parte palatiorum communis vel populi, nisi ad licteras” né parlare con essi pubblicamente o in privato in qualsiasi parte dei palazzi comunali o del popolo se non a mezzo lettera, cioè per iscritto “ad penam xxv librarum pro quolibet et qualibet vice et quilibet possit contrafacientes accusare et denuntiator teneatur in credentia et credatur sacramento denuntiatoris  cum uno teste fide digno” sotto pena di 25 libre per ciascuno e per ogni volta e tutti possano accusare i contravventori ed il denunciante sarà creduto con il suo giuramento e con un testimone degno di fede. (2008)


29  -   Il 29 Gennaio 1474, “sicut licteris R. D.ni Vicelegati iussum est” come è stato comandato nella lettera del Reverendo Vicelegato, “de mandato Potestatis et Dominorum Antianorum populi Civitatis Amerie” su mandato del podestà e degli Anziani del popolo della Città di Amelia, “duabus tubis et comitatus a fratre suo, Jacobus Tornana retulit mihi Barnaba Cancellario” con due trombe ed accompagnato da suo fratello, Giacomo Tornana ha riferito a me, Barnaba Cancelliere, di essersi recato “per solita urbis loca” nei consueti luoghi della Città e di aver, secondo il solito, bandito “ne quis larvatus aut sicut vulgo Amerie dicitur velatus in hoc festo carnisprivij et usque ad quadragesimam ab hinc et post hac ire audeat” che nessuno osi andare celato o, com’è volgarmente detto in Amelia, velato (cioè mascherato), nella festa del Carnevale e fino a tutta la quaresima “sub poena quinque aureorum et trium tractuum eculei” a pena di 5 ducati d’oro e di tre tratti di eculeo “sicut continetur in licteris prefati R. D. Vicelegati” com’è contenuto nella lettera del prefato Rev.do Vicelegato, “qui ut in omnibus providens obscenis rebus, que diebus talibus usuveniunt occurrere studet” il quale, come cerca prevenire tutte le oscenità che in tali giorni sono solite accadere, non ignora cosa sia giusto operare “ad regendos populos” per il governo dei popoli “frenandamque improbitatem hominum” ed a moderare la malvagità degli uomini.

Ma non c’era nulla di più grave di cui preoccuparsi, piuttosto che delle maschere di carnevale? (2009)


29  -  In Amelia vi è carenza di sensali. E’ quanto, fra l’altro, si dibatte nel consiglio decemvirale del 29 Gennaio 1470, nel quale si legge: “Cum in qualibet bona Civitate ordinati sunt sensales qui habeant contractare mercata et conventiones inter venditores et emtores (sic), prout ordo offitij ipsorum postulat” poiché in ogni città che si rispetti vengono designati dei sensali, che abbiano facoltà di mediare nei mercati e nelle contrattazioni fra venditori ed acquirenti, come richiede l’esercizio del loro ufficio “Et in Civitate Amelie sensales predicti non reperiantur” e nella nostra Città di sensali non se ne trovino, “quod placeat dicto consilio aliquid providere” ci si chiede in che modo il consiglio possa deliberare per provvedere a tale carenza. A ciò cerca di porre rimedio il consigliere e “facundissimus vir Ser Ricchus ser Francisci”, il quale, “surgens pedes et ad solitam arrengheriam accedens, auxilio summi dei  jmplorato” alzatosi in piedi ed accedendo al consueto pulpito delle arringhe, dopo aver implorato l’aiuto dell’Altissimo, propone che “domini Antiani eligant duos sensales homines actos et expertos ad tale exercitium pro uno anno proxime futuro” gli Anziani nominino due sensali, che siano abili ed esperti nell’esercizio dell’intermediazione per la durata di un anno; “qui sic electi non habeant nec habere debeant aliquod salarium a commune Amelie, set (sic) solum habere debeant unum pro centonario a contrahentibus et volentibus ipsos sensales operari” e gli eletti non debbano percepire dal Comune alcuno stipendio, ma soltanto ricevere dalle parti contraenti, che li richiedano della loro opera, un corrispettivo pari all’uno per cento del valore dell’affare trattato. Ed in tal modo, con tanto di ausilio divino, viene rimediato ad una così grave carenza.

Nello stesso consiglio viene esaminata la supplica presentata da Quatranello, il quale “con reverentia narra et expone che conciosia  cosa che per lacorte del podestà damelia  sia stato condempnato  in xxv libre dedenari per certa questione che fece  con Jeronimo de capogrosso, secundo più stesamente (sic)  appare innellacti delacorte, aliquali per brevità sereferisce et per non havere pagata la dicta pena , la quale serria impossibele apagare, atenta lasua povertà, pertanto humelmente serecommamda ala solita gratia et misericordia  de le V. M. S. che sedigneno statuire et reformare et aldicto supplicante gratia et rimessione fare dele tre quarte parti dela dicta pena et libenifitij de lustatuto liberamente allui concedere, attenta lasua impossibiltà et anche la legerezza (lievità) del dicto mallefitio, non obstante alcuno statuto o Reformanza, decreto, Rescripto o consuetudine quale in contrario disponesse, alequali per questa volta vepiaccia expressamemte derogare. Et questo ben che justo et usitato sia defare alialtri supplicanti, niente demanco el dicto Quatranello oratore predicto loreceverà dale V. M. S. a gratia et dono singulare, le quali dio coserve in felice stato”. A perorare la causa del povero Quatranello questa volta ci pensa il consigliere Evangelista de Racanischis, definito dal Cancelliere verbalizzante “eximius legum doctor”, il quale, “cum dictus Quatranellus sit pauperrima persona et petat quod iustum et equm (sic) sit” in considerazione che il postulante sia persona di grande povertà e faccia appello alla  giustizia ed all’equità di chi lo ascolta, propone che “fiat sibi prout in sua supplicatione continetur et apparet” gli sia concesso secondo quanto esposto e richiesto nella supplica. (2011)


29  -  Nella seduta consiliare del 29 Gennaio 1491 si esaminano, fra l’altro, alcune suppliche.

Una è presentata da “quidam” un certo Pietro Lombardo, che si definisce “mulactiero, el quale dice essere stato condemnato per lo presente potestà in fiorini trenta et in lo quarto più essendo passato el tempo (termine di pagamento) et questo in contumacia, per asserirse havere commesso uno maleficio in la persona de Thomaso alias Caragnao de Amelia, al quale fo inducto per necessità ad sua defesa per la jniuria et insulto facto dal dicto Caragnao; nondimeno humelmente recorre ale V. M. S. se digneno farli gratia et remissione de dicta condemnatione, perché lui intende volere vivere et morire in questa ciptà vostra; altramente li bisognarà partirse et fare fundamento (stabilirsi) in altri lochi, perché tal pena li serria impossibile ad pagare; et questo benché justo et honesto per le allegate ragioni, non demeno lo haverà de gratia singulare”. Francesco Giacomo De Vatellis -“integerrimus vir”- propone che Pietro, “habita pace et solutis duobus ducatis per totum sequentem mensem februarij” dopo aver ottenuto il perdono da Caragnao e pagati due scudi durante il prossimo mese di febbraio, del residuo della pena “generalem et remissionem liberam et plenam habeat” abbia completa e piena remissione.

Altra supplica, motivata da ragioni assai più gravi, è quella presentata da Antonio di Marchiotto, del Castello di Porchiano, imputato di omicidio e condannato alla pena capitale “in qua inciderat propter necem noverce” nella quale era incorso per aver ucciso la madrigna, narrando egli stesso come “Angela sua matregna menasse la vita in modo che non solo rendesse deshonore et vergogna al marito, et tucto el parentato, ma etiam (anche) inimicitia et pericolo, sì che li era forza incurrere in ... scandalo per defensione del suo honor del padre et de tucti parenti, unde non solo la loro destructione poteva seguire, ma la ruina del Castello (addirittura!); unde, volendo remediarce, non ce trovando altra via, fo necessario ad levarse el mancamento da li ochi, de occiderla, como fece de Augusto passato (lo scorso Agosto) in quello (nei pressi) de Tode per (durante un) viagio: De che (a cagione di ciò) per lo Capitaneo de Tode et quel de Amelia li fo formato el processo et condennato a la morte, cio è in haveri et persona (ed alla confisca dei beni); hora supplica le V. S. et tucto el popolo che assente a (ammette) le ragionj legitime, per fugire scandalo et mancamento et anchor (anche) la ragione permecte ch’el marito possa amazare la moglie trovandola in manifesta colpa de adulterio, benché luj per el padre habia facto lo excesso, li piacerà farli revisione de epsa condemnatione, maleficio et pena, et farli cassare el processo, non obstante ad alcuna cosa che in contrario fosse. El che, como bono figliolo, lo receperà da le V. M. S. et questa Comunità de gratia speciale”. Lo stesso Vatelli, pronunciandosi sull’omicidio commesso da Antonio di Marchiotto, espone “quod cum justam causam habuit ob dedecus et odium vitantum” che, avendo egli avuto un giusto motivo di agire, per evitare vergogna e odio (al padre ed ai parenti) “cum sit pauper ... si per totum februarium solverit Communi ducatos decem” essendo persona indigente, se pagherà al Comune dieci ducati entro il prossimo febbraio, “a capitali et omnia alia pena ... liber sit ... ne ... ob id maleficium in persona aut aere a quocumque vexarj ulterius possit” gli sia fatta grazia tanto della pena capitale, che di ogni altra pena, né possa venir più molestato da alcuno, sia nella persona, che nei beni. Tutto sommato, si può dire che Antonio se la sia cavata abbastanza a buon mercato per aver ammazzato -da “bono figliolo”- la matrigna! (2013)


29  -  Si celebrano le nozze fra Antonia, figlia di Bastiano di Ser Gori di Amelia e Pietro Bartolucci. Il contratto di nozze del 29 Gennaio 1442 prevede una dote di trecento libre di denari, “unum suppedaneum de lignum, unum mataractium cum una cultra, uno capitale et uno paro linteaminum et cum eo mobile quod dare volet ei donna Catarucia sua mater et ipsam Anthoniam indutam pannis sponsalitiis et condecentibus” una panca di legno, un materazzo con coltre, un cuscino ed un paio di lenzuola e, con il detto mobile che donna Cataruccia vuol dare alla figlia sposa, la stessa, vestita con decorosi abiti nuziali. Anche lei rientrante fra i mobili? (2014)


29  -   Occorre provvedere in merito ad un’incresciosa faccenda occorsa ad un fociano. Se ne parla nel consiglio del 29 Gennaio 1563. Trattasi di deliberare “super nova captura quam, ut relatum fuerit, fecerunt Capitonenses de quodam Sancto de Castro Focis, repertum ut dicitur incidere frascas in montibus castri Focis, prout duo ex eodem Castro retulerunt” sopra la recente cattura che, secondo quanto riferito, fecero i Capitonesi di un certo Santo, del Castello di Foce, rinvenuto, come si dice, a tagliare fascine nei monti del detto Castello, giusta ciò che venne riportato da due abitanti dello stesso. Evidentemente si tratta di stabilire se, come affermano i Capitonesi, il terreno dove Santo tagliava le fascine fosse di proprietà del loro Castello, oppure, come asseriscono gli uomini di Foce, fosse di spettanza di quest’ultimo. Il consigliere Angelo Corradi propone che sia da appellarsi al Podestà di Amelia “et eidem hec omnia referri”, esponendogli l’intera questione “et quod transmittatur orator Narniam” e che si invii un oratore a Narni, la cui elezione “idonee fieret de D. Nanne Geraldino, qui nomine nostri Communis exponat Prioribus illius Civitatis” sembra ritenersi idonea nella persona di Giovanni Geraldini, il quale, a nome del nostro Comune, esponga ai Priori di Narni “quod nos satis superque miramur” che, da parte nostra, grandemente ci meravigliamo che possa essersi proceduto alla cattura di un nostro cittadino, prima che si sia potuto accedere “in loco differentie” sul luogo contestato “et petatur an id de eorum processerit consensu” e si chieda se ciò sia avvenuto con il loro consenso, “quo cessante, captivus relaxetur”; in caso contrario, si rilasci il prigioniero, “ut omnino unio et bona vicinitas servetur”, per conservare del tutto immutata l’armonia e la buona vicinanza fra le due Comunità. Quindi, si propone un contemporaneo accesso sul luogo da parte dei propri rappresentanti, “qui coniunctim dubium si quod super finibus extat, declarent” i quali, di comune accordo, chiariscano qualsiasi dubbio che possa esistere circa i reciproci confini. La proposta del Corradi viene approvata. (2015)


30 - Il 30 Gennaio 1478 viene presentata nel consiglio decemvirale la seguente supplica:

"Davanti ad voi Magnifici S. Antiani et consiglieri del popolo della ciptà d'Amelia humilmente se supplica per parte del vostro devotissimo figliolo et servidore Catalano de Andrea barberi dicente et exponente che al tempo dello officio della potestaria de misser Nicolò da Trevi fo condemnato in ducati cento o circha per cascione de un maleficio commisso contro la persona de Berardino de Meneco de Capostoppa sì come nelli acti della corte se contene. Et perché lu dicto Catalano non intende né vole contendere con la comunità, pertanto se recommanda alle V.M.S. se degnino farli gratia et cassare lu dicto processo et condemnatione et lui se offerisce servire alla comunità per quello tempo (che) pararà alle V.M.S. perché lui non ha denari da poder pagare. Et questo domanda de gratia alle V.M.S. le quale dio conservi in felice stato amen".

Uno del cosiglieri presenti, e cioè il "Magnificus et generosus eques d.nus Placentius Cansachus" propone che il Catalano paghi 15 baiocchi; per il residuo dovuto gli si faccia grazia e ci si rimetta a quanto sarà deliberato dal maggior consiglio e a quel che verrà da esso deciso "mittatur executioni" si dia esecuzione. (2007)


30  -   E’ il 30 Gennaio 1522 ed è stato da poco più di 20 giorni eletto papa, col nome di Adriano VI, l’olandese Adriaan Florensz, che non arriverà in Italia prima del 27 Agosto 1522, mentre a Roma infierisce la peste ed il Paese è corso ed occupato da bande di masnadieri. Gli Anziani, preoccupati di assicurare la difesa della Città, eleggono “ad tutelam Civitatis” Pompilio Geraldini, Giovan Battista Cerasi (“de’ Moriconibus”), Giovanni di Zaffino e Piergiovanni Papa.

Ma non basta: il successivo primo Febbraio, i quattro eletti fanno bandire dal trombetta un’ordinanza, secondo la quale “omnes, tam Cives, quam Comitatinj qui habent scopletum ponant ad ordinem cum una libra pulveris et vigintiquinque palluctis de plumbo” tutti i cittadini e gli uomini del contado in possesso di uno scoppietto lo tengano in ordine, insieme ad una libbra di polvere e a 25 palle di piombo “quia die dominico, qui erit nonus februarij presentis mensis fiet requisitio” poiché la domenica successiva 9 del detto mese, verrà fatta a ciascuno di essi richiesta in merito “et qui repertus fuerit sine scopleto pulvere et pallis incidat in penam unius ducatj” e chi sarà trovato mancante dello scoppietto, dotato con polvere e palle, cada in pena di un ducato.

Ed ancora, i quattro eletti come sopra alla difesa della Città “propter tempora suspecta” a causa dei tempi sospetti (è dire poco!), il 3 Febbraio assumono “Magistrum Blasinum de Castellaccio ducatus Mediolanj magistrum scopletorum” Mastro Biagino di Castellaccio, ducato di Milano, artigiano armaiolo, con i seguenti capitoli:

“Primo - La Comunità sia obligata dare al prefato maestro blasino la casa e pontica (bottega) per habitare et per lavorare, pagata per x (dieci) anni.

“Item del ferro carbone scoppetti et delle altre cose pertinenti alluso dello exercitio suo non sia obligato el prefato mastro blasino pagarne gabella né per entrata né per uscita ad vita sua et de sui descendenti.

“Item la Comunità fa exempto dicto mastro biasino de date del potestà, del sale et altre graveze che mettesse la Comunità per decto tempo.

“Item la Comunità è obligata darlj le vecture pagate per portar le robe sue da Horte in Amelia”. (2009)


30  -  Il 30 Gennaio 1474 il maggior consiglio è chiamato a decidere su una delicata questione. L’illustre cittadino di Amelia Gerolamo Geraldini “iturus proxime in Amplissime urbis Florentie pretor” sta per andare a ricoprire l’ufficio di pretore (podestà) nella grande ed eccelsa città di Firenze e, fra i patti convenuti per l’assunzione di tal prestigioso incarico, è previsto che, “occasione sindicatus offitij aut condemnationis si sequeretur” in occasione del sindacato cui debbono sottoporsi il podestà, suoi ufficiali e familiari, se ne fosse seguita condanna nei loro riguardi, “quam deus avertat” -che Dio ce ne scampi!-, il Comune di origine dovesse impegnarsi a prestare “cautionem sollemni modo de non concedendis ex prefata causa represalijs” cauzione in forma solenne di non concedere diritto di rappresaglia contro la Comunità di Firenze “eiusque cives florentinos et eorum bona” o contro i suoi cittadini o le loro proprietà, per rivalersi di quanto dovessero pagare in dipendenza del detto sindacato. Il Geraldini chiede, quindi, che il Comune di Amelia s’impegni in tal senso, “ad hoc ut ipse Dominus Hieronymus ingredi et exercere possit officium quod certe ad honorem huiusce urbis spectat” per consentirgli di poter ricoprire tale ufficio, che certamente tornerà ad onore di questa nostra Città. La richiesta garanzia viene concessa, con tanto di esortazione fatta ai Cittadini di Firenze, loro dipendenti e beni al seguito, “ad urbem Amerie eiusque districtum venire, ibidem morarj pro arbitrio atque inde recedere ut eis placuerit sine ullo impedimento personalj aut reali tuto secure ac libere” di poter liberamente e con la massima sicurezza, venire, trattenersi e ripartire a loro beneplacito, senza alcun impedimento a persone o cose.

Bella gara di furbizia fra il Geraldini e la città di Firenze! (2011)


30  - Il 30 Gennaio 1536 nelle riformanze risulta trascritta la lettera inviata da Perugia il 28 precedente al Podestà di Amelia, da parte del Cardinale Grimani Legato per l’Umbria, con la quale richiama all’osservanza dei bandi precedentemente emessi, mediante i quali veniva limitata la facoltà dello stesso Podestà di imporre multe a coloro che si opponevano al pagamento delle tasse imposte dalla Camera Apostolica: “intendemo per constitutione  de quella Città Voi non possete comandare né procedere in cose arbitrarie si non sino ad certa poca summa, per il che ne sequita che multe volte non ne se presta la conveniente et debita obedientia, onde per la presente ve concediamo facultà de poter comandare et provedere in le pene arbitrarie sino ala summa de vinticinque scutj, da applicarse per la mità ala Camera apostolica et del resto secondo che ad voi parerà più expediente per pace et tranquillità de dicta Cità. Et bene valete. De Perugia ali xxviij de Gennaro 1536”.

Ma gli Amerini non ci stanno, poichè tale limitazione ai poteri del Podestà verrebbe a ledere i privilegi di cui la Città godeva. Con proposta di Pompilio Geraldini, il susseguente consiglio generale delibera che il Podestà non ne tenga conto, comminandogli, in caso contrario, una multa di 25 ducati “de suo salario retinendorum” da ritenersi dal suo stipendio. (2012)


30  -  Il 30 Gennaio 1806 nelle riformanze si dà notizia che le truppe francesi arrivate il 14 dello stesso mese hanno lasciato la Città “e li bagagli furono fatti trasportare per schiena fino ad Otricoli”, ma si ha ragione di credere che le “schiene” fossero quelle dei buoi, in quanto ne risultano usate sei paia, di rispettiva proprietà di Francesco Rompietti detto del Pantanello, di Valentino Zuccarella, di Pietro Paolo Angeluzzi, di Salvatore Bartolucci, di Pietro Pasqualoni e di Domenico Cardoni. Ma dei detti buoi si parla ancora il successivo giorno 7 Febbraio, in cui si ha notizia che “Tornò Pietro Pasqualoni co’ suoi Bovi”, mentre il dì appresso 8 è detto testualmente: “Tornarono i Bifolchi di Francesco Rompietti, di Salvatore Bartolucci, di Pietro Paolo Angeluzzi, e di Valentino Zuccarelli, i quali esposero di non poter più reggere alle sevizie de Francesi e che mancando la governa tanto per essi, quanto per li Bovi, avevano disertato e lasciati li detti Bovi alla Fortezza di Civita (Castellana). Immediatamente dall’Ill.mi Sig.ri Governatore ed Anziani fu presa risoluzione di spedire in Civita Castellana con lettere a quel Governatore e  (al) Magistrato, pregandoli ad interessarsi e prendere parte per la ricupera de detti Bovi”.

Ma i buoi a Civita Castellana non c’erano più e gl’incaricati del recupero tornano dopo quattro giorni a mani vuote e con le sole “pive” nel sacco! 2013)


30  -  Nella loggia nuova del monastero di S. Caterina, adunato il Capitolo di S. Fermina in persona del priore e dei canonici. per provvedere ed ordinare quanto sia utile a detto Monastero, considerato che Donna Polissena, già Abbadessa, “viam universe carnis est ingressa” è entrata nella via di ogni carne: è cioè deceduta nei passati giorni e, viste le molteplici virtù della nobil donna Suor Montagna di Angelo Bartoli di Amelia, il detto Priore e Canonici, cui spetta l’elezione della nuova Abbadessa, con il consenso delle monache, il 30 Gennaio 1467 eleggono la detta Montagna, invocato prima il nome dell’Altissimo Redentore e della gloriosissima Vergine Maria, e dei Santi Protettori Caterina e Benedetto, “sub cuorum (sic) vochabulum dictum Monasterium edificatum est”, sotto il cui titolo detto Monastero fu edificato. Essa accetta “cum debita humilitate et reverentia” e viene investita “per immissionem anuli” con l’immissione dell’anello  ed altre lodevoli cerimonie, secondo le costituzioni. (2014)


31 - Il 31 Gennaio 1422 viene presentata al Podestà, agli Anziani ed ai Consiglieri della Città di Amelia la seguente supplica -puntualmente trascritta nel volume delle riformanze- "pro parte domini Andree (Moriconi) episcopi Ameliensis, exponentis et narrantis" che, nel decorso anno, esso vescovo "deposuit et deponi fecit in Castro Jovij sue Ameliensis diocesis, videlicet in domo Joannis Cole Donadei, alias Spoglie" (fece depositare nel Castello di Giove, diocesi di Amelia, e precisamente in casa di Giovanni Cole, detto Spoglie) "decem salmas et ultra grani decimarum suarum, valoris et extime sue florenorum quinquaginta vel circha" dieci salme e più di grano, frutto delle decime a lui spettanti, del valore di circa 50 fiorini e che detto deposito di grano, contro la sua volontà, "fuit sibi oblatum et extortum in eius grave dampnum" gli venne sottratto, con suo grave danno "per homines dicti Castri" dagli uomini di Giove, i quali, "pluries requisiti" più volte richiesti della restituzione del grano sottratto, "recusaverunt et recusant" rifiutarono e tuttora rifiutano. Per la qual cosa, il vescovo Andrea "implorat blanchium (sic) vestrum" implora il "braccio" dell'autorità, perché si degni "eidem episcopo represalias concedere et contra homines et universitatem dicti Castri et eorum bona" concedere ad esso vescovo il diritto di rappresaglia contro gli uomini di Giove e i loro beni.

La supplica viene portata nel Consiglio generale del dì seguente, dove prese la parola il consigliere Ser Franciscus Cellutij, il quale, "consideratis omnibus que circha dictam petitionem sint consideranda", propone che gli Anziani "optent pro concordia" cioè scelgano la via del concordato, facendo presente ai Giovesi quanto richiesto dal vescovo e che, da parte loro, siano inviati due o tre persone per risolvere in via conciliativa la questione, "ad hoc ut" affinché da tutto ciò "aliqua scandali materia non oriatur inter Commune Amelie et dictum Castrum", non sorga motivo di discordia fra le due comunità. La proposta del Celluzi viene approvata a grande maggioranza.

Chi ha più prudenza l'adopri ed, in questo caso, bisogna dare atto che non fu certo il vescovo ad averne in maggior misura. (2004)


31  -   Il 31 Gennaio 1331, a consigli riuniti, si delibera “quid placet providere et deliberare super venditione molendinarum pare lacus communis” cosa si ritiene di deliberare circa la vendita (o, più probabilmente, la locazione) dei mulini comunali del lago della Para. Un consigliere propone che “molendina communis vendantur ad incantum plus offerentium” i molini comunali si vendano all’incanto a coloro che avranno fatto la migliore offerta “pacto expilandi portam dicte pare vel non expilandi prout utilius videbitur Antianis et pro eo tempore quo voluerint” alla condizione, però, che la paratoia del lago venga o non venga aperta, secondo quel che sembrerà essere maggior utile da parte degli Anziani e nel tempo da essi stabilito. “Et quod in presenti consilio fiat Syndicus ad vendendum” E che nella stessa seduta venga nominato un Sindaco incaricato delle relative operazioni. La proposta viene approvata con 58 voti favorevoli e 35 contrari.

Attualmente, nel c.d. Lago Vecchio (o la Para, come ancora oggi viene da qualcuno designato), sono riconoscibili due molini, posti a valle, rispettivamente, della diga superiore e di quella inferiore.

(2009)


31  -  “Electio deputatorum ad tenendum computum xx.ti salmarum grani venientium ex Alviano” E’ quanto leggesi nelle riformanze sotto la data del 31 Gennaio 1528: il Comune di Amelia ha acquistato venti salme di grano in Alviano e, per le operazioni di vendita ai singoli acquirenti al minuto, “ad hoc res communis non in malum tendant, sed suo currant ordine” affinché le proprietà comunali non vengano impiegate malamente, ma siano regolate con ordine, gli Anziani “elegerunt ad tenendum computum pecuniarium que ex grano vendito venient et eas recipiendum” procedono all’elezione di alcuni cittadini, per tenere la contabilità esatta della vendita del grano e la custodia del denaro che da essa si ricaverà, dando atto che le operazioni di misurazione sono affidate a Giovan Pietro Brina (“quas mensurat Jo. Petrus Brine”). Gli eletti sono: Antonio Mandosi, Laurelio Laureli e Giovanni Antonio Racani.

Se, per vendere venti salme di grano (equivalenti a circa trenta quintali) occorreva nominare tre cittadini, c’è da pensare che non si nutrisse eccessiva fiducia nel personale contabile dell’amministrazione comunale! (2013)


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© Giovanni Spagnoli 2013