In memoria di un piccolo amico | GIOVANNI SPAGNOLI | Maria laura Spagnoli

IN MEMORIA DI UN PICCOLO AMICO

 

Diversi anni or sono, conoscendo il mio interesse per le testimonianze del passato, una gentile persona di Giove mi informò che, durante alcuni lavori edili, era stata rinvenuta una piccola lapide di marmo, sulla quale figuravano scritte delle parole in latino, incise insieme alla sagoma di un uccello.

Drizzai istintivamente le orecchie e chiesi al mio interlocutore che mi mostrasse l’oggetto del rinvenimento.

Ebbi, così, modo di venire a conoscenza di un piccolo, delicato dramma consumatosi quasi centottant’anni fa.

La lastra di marmo, di cm.15 x 24, recava incise le parole: “HIC IACET PIPIO PAMPALUCUS” (“Qui giace il piccione Pampaluco”), seguite dall’elegante disegno di un colombo, accompagnato, in basso a sinistra, dall’indicazione dell’anno: 1820.

In un primo momento, fui deluso di non essermi imbattuto in una iscrizione funeriaria di epoca romana, ma poi, affascinato dalla singolarità del reperto, presi a considerare la garbata vicenda umana che se ne lasciava intravedere.

Essa aveva il dolce, seppure patetico sapore di un minuscolo dramma, vissuto forse da qualche fanciulla che aveva perso il suo piccolo amico, compagno di giochi,  o da una persona anziana, con molta probabilità nubile o vedova, la cui solitudine negli ultimi anni di vita poteva essere  stata allietata dalla presenza del grazioso pennuto.

Il colombo (“pipio”, in tardo latino) aveva saputo accattivarsi la simpatia e l’amicizia di un essere umano -che mi piace immaginare appartenente al gentil sesso- al punto da suscitare in esso il desiderio di assegnargli, con un gusto fra vezzegiativo ed affettuosamente canzonatorio, il nome di “Pampaluco” e di tramandarne il ricordo, segnando, con evidente rimpianto, il luogo dove il suo corpicino trovò sepoltura al termine di una pur breve esistenza.

In un mondo che, di giorno in giorno, diventa più insensibile, ostile e spesso addirittura feroce nei rapporti fra individuo e individuo, chissà quanti esseri umani, vissuti fra l’indifferenza del prossimo e morti dimenticati da tutti e senza un nome, sarebbero disposti ad invidiare la sorte del piccione Pampaluco?

 

(Luglio 1999)

© Giovanni Spagnoli 2013