Il paziente se la caverà... | GIOVANNI SPAGNOLI | Maria laura Spagnoli

IL PAZIENTE SE LA CAVERA'

 

Erano parecchi anni che non vedevo più gli amici dell'associazione di ricerca e studio delle orchidee spontanee -che mi contava fra i soci fondatori- dei quali alcuni erano nel frattempo disgraziatamente scomparsi. Volli, quindi, cogliere l'occasione di un'assemblea indetta per il mese di Luglio a S. Giacomo di Brentònico, un'amena località del Trentino a circa 1200 m. s.l.m., per riallacciare i contatti e scambiare impressioni ed esperienze.

Con un amico di Terni mi accordai per il viaggio, che mi avrebbe consentito di passare un fine settimana diverso dagli altri. E così fu.

L'assemblea si sarebbe tenuta un sabato pomeriggio, alla quale avrebbe fatto seguito una refezione in comune, mentre, per la domenica successiva, era prevista un'uscita in quota, per cercar di trovare ancora fiorite -e fotografare- le orchidee di alta montagna.

Il viaggio si svolse con la massima regolarità, cui fece seguito la rimpatriata con gli amici e la prevista assemblea, alla fine della quale ebbe luogo una sontuosa cena, tutta a base di specialità locali, delle quali debbo dire di non essere stato in grado di individuare sempre gl'ingredienti impiegativi.

Tutto bene, comunque. Senonché, verso le ore due della notte, fui destato nella mia stanza d'albergo da un impellente bisogno di andare al bagno. Liberatomi, mi ero appena coricato di nuovo, quando fui colto da un'intensa sudorazione, seguita da un'accelerazione dei battiti cardiaci che mi impressionò notevolmente. Poiché soffro da tempo di una cardiopatia ischemica, la sopravvenuta tachicardia non poté non destare in me un certo allarme. Mi risolsi, quindi, dopo una certa esitazione, a contattare il portiere di notte, che mi procurasse la visita di un dottore. Ma non era cosa facile, perché il medico di guardia, sito a circa 20 km., come mi disse per telefono egli stesso, non aveva un mezzo a disposizione. Il portiere già contattato -che seppi poi essere il proprietario dell'albergo- andò di persona a prelevare il medico che, nel giro di pochi minuti, era lì a visitarmi. Egli -anzi, lei, trattandosi di una giovane dottoressa- consigliò un precauzionale ricovero, che seguì a bordo di un'autoambulanza della C.R.I. di Brentonico. All'ospedale di Rovereto, dove giunsi dopo circa una mezz'ora, i battiti del mio cuore erano tornati normali, ma venni sottoposto ugualmente a tutti gli esami ematologici e cardiologici, ivi compresa -ciliegina finale!- una fastidiosissima esplorazione rettale: chi l'ha provata, può intendermi. Venni dimesso qualche ora dopo con la -per me- sibillina diagnosi: "episodio presincopale riflesso" ed il consiglio di osservare, per lo stesso giorno,  prudenziale riposo e dieta leggera. Pensavo che tutto finisse lì. Ma sbagliavo.

La mattina del giorno dopo, su di un quotidiano locale -efficienza delle fonti d'informazione!- v'era una mezza pagina sul caso occorsomi, dove l'articolista, sotto il titolo "Sanità alle corde", poneva in grande rilievo la circostanza che il medico di guardia non aveva mezzi a disposizione per visitare i clienti lontani, anzi: gli era stata addirittura ritirata la patente! Seppi, in seguito, che del mio caso ebbe ad interessarsi anche un'emittente televisiva locale.

Non è mancata neppure una punta di giallo. Avevo chiesto -ed ottenuto- dal gestore del bar dell'albergo di poter conservare l'unica copia disponibile del giornale. L'avevo portata in camera ma, tornatovi dopo la cena, essa era inopinatamente sparita!

Un'ultima notazione. L'articolo pubblicato dal quotidiano, oltre alla lunga diatriba sulla carente organizzazione del servizio sanitario, conteneva anche la usuale, sbrigativa prognosi giornalistica: "Il paziente, comunque, se la caverà".

Ed io, tanto per avallare il giudizio del cronista, il giorno dopo passai alla riscossa: non potevo chiudere il mio soggiorno in montagna con quella disavventura. Imboccai la strada provinciale n.3 e, passo dopo passo, attraverso un paesaggio di sogno, che mi procurò un autentico, fantastico godimento spirituale, dopo aver costeggiato le pareti rocciose che cingono, a semicerchio, come un interminabile succedersi di torrioni medioevali, la riserva naturale  Bes-Corna Piana, giunsi alle falde del Monte Altissimo, al rifugio Graziani, sito a 1620 metri s.l.m.: 16 km. fra andata e ritorno. Il dì seguente -giorno della partenza- ebbi modo di salire a piedi sull'altipiano chiamato Colma di Malcesine, sul Monte Baldo, dove potetti godere della visione più sbalorditiva e incantevole del lago di Garda, che, in pieno sole, si stendeva in tutta la sua esaltante, straordinaria bellezza, a circa 1800 metri sotto di me. In lontananza, sul lato nord, erano visibili i ghiacciai dell'Adamello e del Gruppo di Brenta. Consiglio vivamente a tutti di poter ammirare uno spettacolo tanto eccezionale e meraviglioso. Chi non se la sentisse di camminare, potrà servirsi della locale funivia del Monte Baldo, in partenza da Malcesine.

E, così, si concluse in bellezza una gita che non era affatto iniziata sotto i migliori auspici.

Ma, insomma, cosa avevo avuto? Il mio medico di famiglia, cui mostrai il referto ospedaliero, non ebbe dubbi: un'intossicazione alimentare dovuta probabilmente ad un'intolleranza del mio organismo verso qualche sostanza assunta col cibo ingerito. Concluse dicendomi: "E' un episodio da dimenticare". Sono perfettamente d'accordo con lui!

 

(Settembre 2005)

© Giovanni Spagnoli 2013