Arco che va... | GIOVANNI SPAGNOLI | Maria laura Spagnoli

ARCO CHE VA, ARCO CHE VIENE, BALAUSTRA CHE VA?...

 

Nel corso dei secoli, la topografia della nostra Città ha subito innumerevoli variazioni, tanto da rendere irriconoscibile, oppure difficilmente individuabile l'aspetto con cui centinaia e centinaia di anni addietro si presentavano i palazzi, le piazze, i tracciati delle strade e quanto altro forma il tessuto urbano di un centro abitato, specialmente se, come nel nostro caso, la frequentazione non si è mai interrotta da oltre tre millenni.

Questo preambolo mi consente di presentare ai Lettori, come in un flash, un momento di qualche piccola variazione nell'assetto urbanistico avvenuta circa 230 anni or sono.

Riportiamoci al 12 Marzo 1776, quando, in una seduta del Consiglio dei Dieci, venne presa in esame un'istanza presentata da alcuni cittadini, i quali, spinti dalla necessità di eliminare un ostacolo alle pubbliche processioni, nonché da un ammirevole senso estetico nei confronti delle strutture cittadine, chiedono che venga rimosso l'arco detto di Giannone "che esiste" -cito letteralmente- "nella Strada Maestra, che dal Palazzo di questa Ill.ma Comunità, conduce alla Piazza Grande". A bene intendere, l'arco in questione doveva trovarsi nel tratto compreso tra l'attuale Piazza Matteotti e la Piazza Marconi.

Nell'istanza si fa presente che il proprietario dell'arco da abbattere, Tancredo Cibbi, darebbe il suo consenso alla detta rimozione se, a titolo di risarcimento, gli venisse assegnata una porzione di bosco di proprietà pubblica, "di niun fruttato", perché "macchia bassa", purché questa fosse situata nei pressi del podere dallo stesso Cibbi posseduto in territorio di Porchiano, al Vocabolo Carufino.

La proposta viene discussa e, sulla stessa, si pronuncia il Conte Diomede Cerichelli, il quale, in considerazione che l'abbattimento dell'arco si presenta come "cosa troppo vantaggiosa all'adornamento della Città e alle pubbliche Processioni", appoggia l'istanza, previa congrua stima del'arco e del terreno da dare in suo compenso, nonché il consenso da parte dei Fratelli Sandri e di Girolamo Assettati, "alle cui case appoggia il suddetto arco", onde evitare che il suo abbattimento possa recare danno alle dette case, con conseguenti coinvolgimenti della pubblica amministrazione. Il tutto, comunque, da sottoporre al Consiglio Generale ed, infine, al beneplacito della Sacra Congregazione del Buon Governo.

Il successivo giorno 13 Marzo, si riunisce il Consiglio Generale, al quale prendono parte i Signori Ambrogio Leonardi, Francesco Franchi Clementini, Alvero Perejra, il conte Diomede Cerichelli, Poddio Venturelli, Annibale Petrignani e Saverio Artemisi, tutti membri del Consiglio dei Dieci; i cittadini Bonaventura Quagliotti, Pietro Marchegiani, Stefano Paolocci, Ludovico Passignani, Giacomo Lucani e Antonio Novelli, nonché i membri del Consiglio Generale, nelle persone dei Signori Paolo Cerasi, Antonio Cinti, Carlo Dionisi, Giuseppe Grisci, Andrea Guidi, Antonio Carità, Giuseppe Ercoli, Nicola Rovarelli, Francesco Santilei, Giuseppe Angeletti, Pietro Agostini, Giuseppe Cammilli, Mario Rossini, Giuseppe Gentili e Domenico Marchegiani.

Quanti dei nostri Lettori vi troveranno i nomi di qualche loro predecessore?

In Consiglio prende la parola Franco Franchi Clementini, il quale invita anch'esso ad accettare quanto richiesto ed alle condizioni sopra precisate. La susseguente votazione vede 25 favorevoli e 6 contrari.

Nella stessa seduta consiliare, viene anche approvata l'istanza del nobile Antonino Lancia, il quale "desiderando gettare un piccolo arco nel vicolo chiuso senza uscita esistente appresso la di lui casa e l'osteria spettante a questa Ill.ma Comunità e di appoggiarlo ad essa osteria, alla quale recarebbe utile, per essere il muro della medesima in questa parte molto patito, onde, se paia, accordargli tal grazia".

La proposta, appoggiata da Saverio Artemisi, viene approvata con 26 voti favorevoli, 4 contrari e con l'astensione -in quanto interessato- del richiedente Antonino Lancia.

Per un arco che viene abbattuto, un altro se ne costruisce; e così di seguito, lungo il corso dei secoli.

Per chiudere, un auspicio: che i Cittadini di oggi sappiano mostrarsi altrettanto solleciti dell' "adornamento della Città", quanto dimostrarono di esserlo i loro antenati, magari iniziando con il presentare alla competente Curia Vescovile una pubblica sottoscrizione di protesta contro la ventilata eliminazione dell'artistica balaustra in marmo e ferro battuto, attualmente nell'abside della Chiesa Cattedrale.

E, ciò, per ricordare a Chi meglio di ogni altro dovrebbe saperlo, che lo Spirito vola in alto e ben al di sopra delle umane barriere.

 

(Ottobre 2003)

© Giovanni Spagnoli 2013