INDULTO SI'... INDULTO NO...
E così, in una torrida giornata di fine luglio, la concessione dell'indulto è divenuta legge dello Stato, con grande disappunto, fra gli altri, di Antonio Di Pietro, quello che, ai tempi dei processi di "Mani Pulite", venne definito con piena ragione da Beppe Grillo, in un programma televisivo del tempo, il "Grande Carabiniere".
Durante il TG serale della prima rete nazionale del 31 Luglio, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, commentando l'avvenimento con soddisfazione, ha fatto presente, in parole povere, che l'indulto è stato concesso per prevenire l'intollerabile sovraffollamento delle carceri, lenire le sofferenze dei detenuti e il progressivo degrado degl'istituti di pena.
Ma se, a prima vista, la concessione dell'indulto potrebbe sembrare un provvedimento lodevole, in linea con la prescrizione evangelica del perdono e della clemenza -e ciò giustificherebbe in pieno l'esultanza del Pontefice- a chi dovesse giudicare tenendo conto delle esigenze di una società bene organizzata e modernamente efficiente, ma purtroppo ancora lontana anni-luce da quella auspicata dal Cristo, il suo riflesso sul problema delle carceri potrebbe farla risultare una soluzione male impostata, se non addirittura, controproducente.
Non si rimedia a nulla, aprendo le porte a migliaia di delinquenti, anche piccoli, o -peggio-, riducendo la pena detentiva a quelli grandi, come pluriomicidi e simili, perché un tale provvedimento tende ad incoraggiare il diffondersi della criminalità tanto micro- quanto macro-dando l'impressione che violare la legge non venga poi, in fondo in fondo, a costare un prezzo troppo alto da pagare. Vorrei che ogni detenuto liberato in seguito all'indulto, potesse in tutta sincerità dichiarare che, per l'avvenire, non proverà neppure lontanamente a ricadere nei reati che lo hanno portato in carcere: che grado di delusione ne potremmo venire a provare?
Il problema del superaffollamento delle carceri e del loro progressivo degrado va impostato e risolto avendo dinnanzi prospettive diverse da quelle di un periodico svuotamento derivante da concessioni di provvedimenti cosiddetti "di clemenza". In tal modo, non si agisce sulle cause del fenomeno, ma soltanto sui suoi effetti.
Non è la prima volta -né sarà l'ultima- che si tenta di eliminare, con una falsa soluzione, un reale problema, come non si rimuove l'inquinamento atmosferico alzando il livello di tollerabilità o non si eleva il grado di moralità di un popolo, cancellando un reato dal codice penale o producendo, in pratica, conseguenze simili alla sua cancellazione. A suo tempo, ci provò anche Semiramide, che, per citare Dante: "libito fé licito in sua legge, per torre il biasmo in che era condotta".
Quello che sembrerebbe, invece, di necessità primaria per risolvere alla base il menzionato problema, è l'ampliamento e la costruzione di nuovi, più efficienti e moderni istituti di rieducazione, improntati non tanto alla repressione dei reati, quanto alla eliminazione graduale dalle coscienze della volontà -o impellenza- di commetterli, senza, d'altronde, perdere di vista l'esigenza di difesa della società.
Quale ne sarà la spesa? Quanto cioè potrà venire a costare allo Stato -e, quindi, a noi tutti- la costruzione -con partenza immediata- dei citati nuovi istituti? Più o meno di quella del programmato -quanto problematico e contestato- ponte sullo stretto di Messina? Siamo certi che i danni derivanti alla società e le spese per riportare in carcere i beneficiari dell'indulto che, con pessimistica quanto realistica previsione, dovranno venire affrontate nei prossimi mesi o, al massimo, anni, siano inferiori ad essa? Mi sembrerebbe, comunque, che la priorità del problema sia talmente imperativa, da non lasciare valide alternative.
Concludiamo con una significativa notizia di cronaca del periodo immediatamente successivo alle prime scarcerazioni: un ex-detenuto è riuscito a farsi arrestare dopo soltanto tre ore da quando era tornato in stato di libertà: un vero record! Per assaporare ancora qualche ora a piede libero, gli basterà pazientare fino al prossimo indulto!
(Settembre 2006)