Effemeride
Effemeride
P R E M E S S A
Il presente lavoro compendia l’insieme di notizie tratte, in massima parte, dalle cosiddette “riformanze”, cioè dalle delibere comunali di Amelia, ma anche da altre fonti, ufficiali e non, come atti notarili, pergamene, statuti, verbali processuali, iscrizioni, diari, memoriali, corrispondenze ed altri scritti conservati in archivi pubblici e privati, notizie di cronaca attinte da periodici locali e quant’altro possa riguardare il passato -più e meno recente- della nostra Città e dei centri ad essa limitrofi.
Tutte le suddette notizie sono già state divulgate, essendo state inserite nell’ “Almanacco”, una pubblicazione annuale ideata e voluta dalla D.ssa Igea Frezza Federici, cui venni chiamato a prestare la mia collaborazione fin dal 1996 e continuata -con la sola interruzione degli anni 2002 e 2003- fino al 2014.
Per il 2015, non essendo stato possibile pubblicare l’Almanacco annuale come di consueto, ho preferito raccogliere una selezione delle notizie (che compaiono anche qui di seguito) per mio conto, in un volumetto a stampa dal titolo “Effemeride Amerina 2015”, scaricabile in pdf da questo link. Spero di proseguire negli anni a venire con altri volumetti simili.
Il materiale utilizzato è stato, ove necessario, assoggettato ad idonee correzioni, anche in relazione a qualche duplicazione involontaria delle notizie di volta in volta inserite nel corso degli anni.
Il criterio con il quale i fatti narrati sono stati catalogati è quello dell’effemeride -da cui il titolo del presente lavoro- cioè la elencazione ordinata secondo il trascorrere dei giorni, iniziando dal 1° Gennaio e concludendosi con il 31 Dicembre. L’anno cui riferiscesi la notizia è, invece, indicato secondo la sua pubblicazione nell’Almanacco, l’anno della quale, per facilitarne la consultazione, viene annotato fra parentesi nell’indice.
Il ricchissimo archivio storico del nostro Comune, che conserva documenti manoscritti a partire dai primi decenni del XIV secolo, compresi i numerosi statuti cittadini degli anni 1330, 1346, 1441 e 1560, presenta una messe infinita di materiale informativo, che merita di venir tratto dall’oblio del tempo e che spesso può anche fornire, insieme alla conoscenza del nostro passato, utili insegnamenti per la vita quotidiana.
Nella ricerca di notizie dedotte dalle riformanze e dagli atti notarili, mi sono spesso giovato degli appunti manoscritti ed inediti, a suo tempo redatti da Mons. Angelo di Tommaso, Priore della Cattedrale di Amelia, profondo conoscitore e studioso della storia della nostra Città, attualmente conservati presso l’archivio vescovile.
Considerando quanto sopra accennato, risulta evidente che questo lavoro è destinato ad accrescersi nel corso del tempo che ci verrà ancora concesso e che, a Dio piacendo, siamo pronti ad accogliere con la massima buona volontà.
Ad ogni modo, pur accettando l’insegnamento del Poeta Orazio, che esortava a non chiedersi cosa ci riservi il domani (“quid sit futurum cras, fuge quaerere”), ma ponendo all’attivo ogni giorno che ci sarà ancora consentito vivere (“quem Fors dierum cumque dabit, lucro adpone”), spero vivamente che la ricerca del nostro passato possa trovare un adeguato spazio anche nelle menti delle giovani generazioni, sia presenti che future.
E F F E M E R I D E A M E R I N A
G E N N A I O
1 - Giovanni de Palmezzanis di Forlì, “Mareschalcus Patrimonii”, il 1° Gennaio 1425 invia da Narni, agli Anziani di Amelia, la seguente “letterina di auguri per il nuovo anno”:
“Magnifici Signuri po le salute. Avisove como so venuto qua a Narni per retrarre li denari del subsidio (1) de questa terzaria. Pertanto piacciave de provedere de mandare qua la vostra terzaria in termene de tre dì, et questo non falli, perché fallando da questo me siria forza fare de quelle cose che ve siria danpno et vergogna. Perché per voi et per tucti laltri ò stricti comandamenti de fare pagare o sì per uno modo o per uno altro. Aparecchiato a vostri piaciri sempre. Datum Narnie die primo ianuarij M°CCCCXXV”.
Un’annotazione sul verso della lettera da parte degli Anziani sembra molto eloquente:”Et non sit pecunia in comuni pro solutione dicti subsidii”. Si chiede “quid igitur videtur et placeat super predicta”; cosa dunque sia da farsi in proposito, non essendovi, come al solito, denaro nelle casse comunali.
(1) Il sussidio, che doveva essere versato annualmente alla Camera Apostolica in tre rate (terzerie) quadrimestrali, era destinato a sopperire alle spese occorrenti al pagamento delle genti d’arme addette al mantenimento dell’ordine pubblico nelle terre soggette alla S. Sede. (1998)
1 - E' il 1 Gennaio 2001: dalla mezzanotte, ha avuto inizio il XXI secolo. L'Umanità, che "partisce ancor lo tempo per calendi", come direbbe Padre Dante, è entrata nel terzo millennio dell'Era Volgare. (2001)
1 - Il Notaio Francesco Celluzzi il 1° Gennaio 1412 viene urgentemente convocato -e l'urgenza doveva essere veramente tanta, trattandosi di capodanno!- dai Canonici del Capitolo, per verbalizzare nella sagrestia della Chiesa di S. Fermina che "cum nuper dicta Ecclesia urgeatur expensis pro constructione cori in ipsa Ecclesia inchoati et maxime pro solvendis Magistro Thomasso magistri Angeli constructoris ipsius cori lx flor. residuum sui magisteri et salarij" poiché la detta Chiesa ha bisogno di trovare denari per pagare a Mastro Tomasso di mastro Angelo la somma di 60 fiorini, per il saldo a lui dovuto per la costruzione, già iniziata, del coro, non essendovi altro modo più conveniente di reperire detta somma, si deliberi, con le autorizzazioni di rito, di vendere al migliore offerente un pezzo di terra della Chiesa stessa, sito in contrada Assignano, dando incarico al pubblico banditore Giuzola, "licet absenti tamquam presenti", assente, ma dato come presente, di eseguire i bandi di rito. (2005)
1 - Chi ben comincia è alla metà dell’opra. Questo deve aver pensato anche il Cancelliere comunale Battista Mariani Santi de Quarantottis il primo giorno del 1472, redigendo il preambolo del volume delle riformanze di quell’anno, nel quale, premettendo la sua provenienza dalla Città di Norcia, da lui chiamata “patria inclita”, fa presente la sua qualifica di “cancellarium et notarium reformationum spetialiter deputatum et assumptum” cancelliere e notaio delle riformanze specificamente eletto ed incaricato “anno ex quo Verbum dei caro factum est et habitavit in nobis MCCCCLXXIJ, Indictione V, tempore pontificatus d.ni Sixti PP. IIIJ”, citando letteralmente una delle frasi con cui inizia il Vangelo di S. Giovanni. (2008)
1 - Il 1° Gennaio 1494, fra l’altro, le Magistrature cittadine uscenti affidano a quelle entranti tutte le suppellettili esistenti nel palazzo, delle quali viene fatto un dettagliato inventario, “cum publica essent”, essendo di proprietà pubblica. Fra le altre, si notano: 8 tazze d’argento, 3 saliere d’argento, 18 forchette d’argento, 4 tovaglie da mensa “aviculatas” cioè decorate con uccelli, 38 tovaglioli per le mani con le medesime decorazioni, 4 tovaglioli per asciugare le tazze, una credenza, una cassetta con le relative chiavi, dove si conserva il sigillo di S. Olimpiade, una scatola con i sigilli grande e piccolo, un vessillo di seta, una coltelliera con 15 coltelli, 2 bacili di ottone, 2 bussole per contenere le palle delle votazioni dei consigli, 3 saliere di stagno, 2 tappeti, 2 banchi, un tavolinetto, 3 astucci, una sportula di cuoio per portare il pane, una tavola di legno dolce, 6 scranni; 2 alari, una forcina, una paletta ed un paio di molle, tutti di ferro e posti nella sala delle udienze; una targa con le insegne di S. Olimpide, un armadio nella sala delle udienze, un mortaio di bronzo, un vaso di bronzo, 15 scodelle ed un piattino di stagno, acquistati dai nuovi Anziani al tempo del Signor Stefano Cerracchini e soci, un candelabro di ottone nella sala magna, un tappeto e due candelabri acquistati dai nuovi Anziani al tempo di Terenzio Paolo e soci, un libro degli statuti. (2009)
1 - “Presbiter de castro Porchianj offert vendere comunitati quatringentas libras de salnitrio, si comunitati Placet, est paratus inservire comunitati magis quam alijs, alias se excusat, vendet enim eas extra” un prete del Castello di Porchiano si offre di vendere alla Comunità amerina quattrocento libre di salnitro e, se la stessa lo gradirà, è pronto a servire lei più che altre persone; altrimenti porge le sue scuse e le venderà altrove. E’ quanto si legge nelle riformanze sotto la data del 1° Gennaio 1529, nel corso del consiglio decemvirale tenutosi in detto giorno. Il consigliere Teodoro Mandosi, “vir ornatus” (secondo il Cancelliere verbalizzante) “surrexit et caelesti petito numine” alzatosi in piedi ed invocato l’aiuto celeste “dixit et consuluit quod salnitrium quod offert capiatur et solvatur de scudo jmposito, vel alio modo quo poterit” propone che l’offerta del salnitro sia da accettare e che il suo pagamento avvenga con i denari della relativa imposta, oppure, potendo, in qualche altro modo.
Ora v’è da domandarsi: di quanta artiglieria disponeva la Comunità, da richiedere una tale quantità di salnitro? Ma, sopra tutto, quel prete di Porchiano come aveva fatto ad entrarne in possesso e a che titolo ne faceva commercio? (2011)
1 - E' il 1° Gennaio 1474 e le nuove magistrature di Amelia iniziano il loro rispettivo ufficio per i mesi di gennaio e febbraio. I nuovi Anziani eletti sono: Matteo di Giacomo di Pietro, Panfilio di Ser Evangelista, Mario di Angelo Simoncelli, Bartolomeo di Ser Gerardo e Arcangelo di Antonio. Il Cancelliere in carica è il dotto e solerte Barnaba di Giovanni da Sarnano, il quale si esibisce con un'orazione degna dell'oratoria ciceroniana, per dare ai nuovi eletti un adeguato benvenuto, esortandoli ad esercitare ogni virtù e ad allontanare ogni vizio: “Nam si mentes vestras, Dominj Praestantissimj, livor, odium, vindiciae, cupiditas, aut privatus amor insederint, nec cogitare, nec consulere, nec exequi quicquid poteritis” infatti, se le vostre menti saranno ingombre da malanimo, odio, presunzione, cupidigia o passioni, non potrete rettamente pensare, decidere o agire. Anche l'insediamento del Camerario, l'amerino Arcangelo Peregrinj, è altrettanto solenne: alla presenza del Podestà e degli Anziani, “super statuto iurans” giurando sullo statuto, promette di svolgere “suum Camerariatus officium” il suo ufficio del Camerariato, “alienus ab omni odio, amore, precio, ac prece, diligenter et sine pravitate aut fraude” senza venir dominato da risentimenti, favoritismi, ricompense o sollecitazioni di sorta, con la massima diligenza e senza alcuna frode.
Quanto sarebbe bello se, anche ai giorni nostri, fosse richiesta una simile dichiarazione a coloro che si accingono a ricoprire cariche pubbliche!
A distanza di 66 anni, il 1° Gennaio 1540 il consiglio dei X è chiamato a deliberare su un paio di argomenti.
Il primo riguarda un probrema di carattere alimentare: vi è “carnium extrema penuria” grande carenza di carne; si chiede “quid agendum cum Cives querantur et laniones dicant non posse carnes vervecinas non minoris vendi posse quam septem quatrenis pro libra” cosa sia possibile fare, in quanto i cittadini ne fanno richiesta ed i macellai rispondono che non possono vendere la carne di montone a meno di sette quattrini la libbra: si decide che “usque ad carnisprivium sit unicuique licitum vendere carnes castratinas quatrenis septem pro libra, dummodo carnes sint recipientes” fino a carnevale sia lecito ad ognuno vendere carne di castrato al prezzo di sette quattrini la libbra, purché le esigenze del mercato lo consentano.
L'altro argomento si riferisce ad una singolare questione di sicurezza personale: “Sebastianus faber ferrarius cuperet redire huc, sed timens ne mali aliquid accidere ei posset” il fabbro ferraio Sebastiano vorrebbe ritornare in città, ma teme che gli possa accadere qualcosa di male, avendo visto “Ludovicus qui laqueo vitam finivit” che Ludovico (probabilmente un suo collega) era morto sulla forca, “vellet salvum conductum” vorrebbe che gli sia concesso un salvacondotto. Gli si conceda “ad libitum Dominorum” se gli Anziani riterranno di farlo. Non si conoscono le ragioni della fondatezza o meno dei timori del fabbro Sebastiano, né cosa avesse commesso di tanto grave Ludovico, ma è lecito credere, comunque, che il fatto dovesse avere avuto per causa qualche reato connesso con il mestiere esercitato. (2012)
2 - Gli Anziani, nella tornata del 2 Gennaio 1327, deliberarono di far riparare e riattare il ponte di S. Leonardo, che attraversa il Rio Grande sotto Sambucetole, a cura degli uomini di detta frazione e di Lacuscello, autorizzandoli a spendere fino ad otto libre a carico del Comune ed obbligandoli a provvedere a proprie spese per l’eccedenza. (1999)
2 - Con atto rogato il 2 Gennaio 1369, da Antonio Massej di Città di Castello, notaio della Curia Generale del Patrimonio, il Giudice “mallefitiorum” (cioè delle cause penali) della detta Curia, con mandato conferitogli dal “Magnifico Milite d.no Angelo de Viterbio”, Capitano del Patrimonio (di S. Pietro), Tesoriere e Luogotenente del Rettore, prestò il suo consenso affinché il procedimento istruito contro il Comune di Amelia, nel quale lo stesso Comune era accusato “non misisse equos et famulos pro assotiando d.num n.rum papam de Monteflascone usque Romam”; cioè di non aver mandato -certamente fra il giugno e l’ottobre del 1367- cavalieri e fanti per accompagnare papa Urbano V nel suo viaggio di ritorno a Roma (da Avignone) nel tratto di strada tra Montefiascone e la sede romana, “ipsum processum tolli, cassari et adnullari”, cioè che detto processo venisse cassato ed annullato.
Urbano V, nel 1367, fece un tentativo di tornare a reinsediarsi nella corte pontificia a Roma, ma, com’è noto, a causa del malcontento dei cardinali del seguito, tutti francesi, nel settembre del 1370 riprese la via di Avignone, malgrado la tragica profezia di S. Brigida di Svezia, che aveva predetto al papa che sarebbe morto se vi fosse tornato e dove giunse il 24 Settembre 1370. Pochi giorni appresso si ammalava ed il 19 Dicembre moriva. La veggente Brigida aveva “visto” giusto!. (2000)
2 -Nel Carnevale dell'anno 1782 venne rappresentata, nel Teatro di Amelia, la farsetta in musica a cinque voci "Il matrimonio contrastato" che, come risulta dal libretto stampato in Terni "per Antonio Saluzi Stampator Vescovile", venne dedicata "al merito singolare de' Nobili Signori li Signori Anziani di detta Città". La musica fu scritta da Angelo Gargiulo, Maestro di Cappella Napoletano. L'autore del libretto, restato ignoto, tenne a fare la seguente precisazione (o, secondo il termine da lui usato, "protesta"): "Le parole Numi, Fato etc. non sono sentimenti dell'Autore, che si professa vero Cattolico Romano". Direttore (d'orchestra) fu Carlo Peruzzi, Maestro di Cappella della Cattedrale di Amelia. L'Impresario, rivolgendosi agli Anziani, fece sfoggio di servile sottomissione, secondo il gusto dell'epoca, producendosi in questi termini: "Quella profonda ossequiosa stima che ho mai sempre professata e tuttora professo verso di Voi, Nobilissimi Signori, mi stimola adesso ad offrirvi la presente Farsetta, che sulle pubbliche scene di questo Teatro dovrassi rappresentare. Supplico dunque la vostra somma gentilezza, che sa compiacersi d'ogni più minimo dono, a gradire questa mia tenue offerta ed insieme a darmi l'onore di sempre più umiliarmi con tutta la venerazione di Voi, Nobilissimi Signori. U.mo, D.mo Obl.mo Servitore Giambattista Altieri Impresario. Amelia, 2 Gennaio 1782".
La scena ha luogo nell'immaginario Villaggio di Verde Antico, feudo del Marchese Don Achille, amante di Agatina, creduta pastorella, ma, in realtà, nobile dama. Gli altri interpreti sono: il Conte Zefiro, adulatore scroccone, Donna Artemisia, amante non corrisposta del Marchese e Cardone, affittuario del Villaggio, amante geloso e non corrisposto di Agatina.
Secondo la consuetudine del tempo, le parti femminili venivano interpretate da maschi; nella fattispecie, da "Virtuosi" delle Cappelle di Viterbo e di Amelia, non sappiamo se con o senza i relativi attributi... (2006)
2 - Antonello Nicolai Pei,"antianus laceratus", in data 2 Gennaio 1478, nel consiglio decemvirale "narra et expone come per reformanza del bussolo presente et per forma de statuto", chiunque venga estratto dal detto bussolo per ricoprir l'ufficio dell'anzianato,"debbia pagare tucte le dative incurse", prima di entrare in carica e, a tale effetto, gli addetti alla verifica della posizione fiscale del candidato estratto debbono consultare il "libro degli specchi", nel quale sono annotati tutti coloro che non sono in regola con i pagamenti delle imposte. Poiché Antonello Nicolai, nell'estrazione del 22 dicembre, comparso personalmente nella sala del podestà "disse ad quelli che tenevano decto libro dello specchio devessero vedere" se risultava debitore "et trovandolo dever pagare alcuna cosa offeriva et protestava voler pagare et dare li denari in deposito" ed essendo stato nominato in detto ufficio "fo lacerato (cioè si annullò l'elezione) per essere trovato debitore in decto specchio". Poiché lamenta che il trattamento usatogli non veniva più praticato da tempo ed altri cittadini "lacerati" erano stati comunque riammessi all'ufficio dell'anzianato, "con suffragio et adiuto" degli Anziani in carica, "supplica devotamente ve degnarite similmente mectare lui, sicome se fà de luno, così se faccia de laltro ... et acciò che se alcuno ha la lengua prompta non possa dire che in Amelia ad uno se coce lovo et allaltro lochio (l'occhio)”.
Ma la votazione che seguì la supplica vide 15 palle nere “in pisside nigra del non”. (2007)
2 - Nel consiglio decemvirale del 2 Gennaio 1537 Nicolò Farrattini “Prior”, cioè Anziano, con il consenso dei suoi colleghi (“annuentibus collegis”), fra l'altro, affronta l'argomento “de uva passula mittenda Thesaurario summi Pontificis”, cioè circa l'opportunità di inviare dell'uva passita al Tesoriere del Sommo Pontefice (Paolo III Farnese). Il consigliere Laurelio Laureli, “vir spectata morum disciplina” uomo di provata integrità di costumi, esprime il suo parere in merito, affermando che “omnino mittatur ut in omnibus negociis nostris amicum habeamus” certamente gli si faccia tale invio, per averlo amico in tutte le questioni che riguardano la nostra Città, addolcendogli la bocca ed aumentando la sua buona disposizione verso Amelia. La proposta “vicit per pallas albas omnes” riporta l'unanimità dei consensi.
Altro argomento -non altrettanto dolce- riguarda “coactis a domino Potestate ad solvendum penam ludentium ad cutulam seu ruzulam” coloro che sono obbligati dal Podestà a pagare la pena per aver giocato al “ruzzolone”. L'argomento sembra rivestire una notevole importanza, se il consigliere Vincenzo Crisolini, “ornatus vir”, propone che sia chiamato il consiglio generale a decidere in merito; cosa che avviene addirittura nella “cerna” convocata per il 17 successivo, nella quale Laurelio Laureli propone che “Domini Antiani taxare valeant” gli Anziani abbiano potere ed autorità di punire i giocatori. La proposta viene approvata con quaranta voti favorevoli e cinque contrari, questi ultimi molto probabilmente da attribuire ai “cutulatores”.
Chiaramente l'innocente gioco della ruzzola non era punibile in sé e per sé, ma per le scommesse in denaro e i disordini che ne sarebbero potuti derivare. Fino a qualche anno fa, tale manifestazione popolare si era conservata anche nelle nostre zone, talora rimpiazzando l'attrezzo di legno con una forma di formaggio pecorino che, a gioco ultimato, veniva allegramente consumata fra i partecipanti, generosamente annaffiata con del buon vino. (2012)
3 - Il 3 Gennaio 1426, Valerius de Luschis, vicentino, “miles et legum doctor”, illustre Senatore, per grazia divina, dell’Alma Roma, Franciscus Nofrii, Johannis Anthonii Stephani e Bartholomeus Peczutelli, “Conservatores” della Camera Capitolina, Nicolaus magistri Petri Francisci e Nicolaus Signorelis, Commissari e preposti all’esazione dell’imposta sul sale e del focatico, nonché delle altre imposte e tributi dovuti alla detta Camera, rivolgono a tutte le città, castelli, terre e Signorie “antiquitus” -cioè fin dai tempi antichi- obbligati a partecipare ai giochi che si svolgevano annualmente sul Monte Testaccio la domenica successiva alle ceneri, affinché forniscano dei “luxores”, ovvero giostratori in numero prestabilito, secondo l’importanza e il grado di soggezione alla città di Roma.
In particolare, i giostratori dovevano presentarsi la mattina del sabato successivo alle ceneri, dinanzi al Palazzo Capitolino, a cavallo, con vestiti, divise e bandiere, per poi, la successiva domenica, associare il Senatore, i Conservatori ed il popolo romano al campo “Testacie” ed ivi “astiludere”, cioè giostrare secondo le forme consuete, per il divertimento dei presenti convenuti e, come espressamente precisato in altra simile richiesta, a contribuire, con tale comportamento, “alla gloria di Dio”.
Ad Amelia incombeva l’obbligo di inviare sei “luxores”, mentre il Castello di Porchiano doveva fornire due anelli d’argento dorato, del valore di sette fiorini d’oro ed un “bravio”.
I giochi del Testaccio ebbero luogo fino al pontificato di Paolo II (1464-1471). Le spese organizzative venivano sostenute dalle Università Israelitiche, che dovevano annualmente versare 1100 fiorini alla Camera Capitolina, oltre ad altri 30, a ricordo dei 30 denari dati loro a Giuda, per tradire il Cristo. (1997)
3 - Il 3 Gennaio 1330, si legge una petizione presentata dai frati eremitani "que continet quod comune Amelie, intuitu pietatis faciat auxilium ipsis fratribus" contenente la richiesta che il Comune di Amelia, per spirito di carità, dia il proprio aiuto agli stessi frati "ad emendum quamdam campanellam actam ad sonandum pro corpore xpi usque in iiij flor. de auro" per acquistare una campanella per suonare durante il servizio divino, versando, all'uopo, un contributo fino a quattro fiorini d'oro. La domanda viene favorevolmente accolta. (2007)
3 - Il 3 Gennaio 1467 nel consiglio decemvirale vengono presentate alcune suppliche.
La prima è quella di una certa donna Lucrezia, moglie di tal Scoltrella, che trovasi carcerata per un furto commesso contro suo fratello e condannata, con sentenza del podestà, a pagare 600 libre di denari, addirittura raddoppiata per non aver pagato nei termini di legge ed il Comune è stato, sempre con detta sentenza, posto in possesso di un immobile dotale. Poiché la povera Lucrezia non è in grado di pagare “et dedecus sit communi et curie potestatis eam retinere in dictis carceribus” e torna a vergogna tanto per il Comune, che per la curia del podestà, che lei sia rinchiusa in carcere, si chiede cosa si possa decidere in merito. Nel maggior consiglio del dì seguente, si propone che l’immobile dotale, rappresentato da un terreno, di cui è in possesso il Comune, venga venduto e, della somma che se ne ricaverà, 20 ducati d’oro papali siano incamerati a titolo di pena ed il residuo venga consegnato agli aventi diritto; dopo di che, donna Lucrezia sia rimessa in libertà.
Altra supplica è presentata da “Renzo de danielle” il quale espone “che conciosia cosa che la fortuna lu habbia conducto in extrema povertà et miseria, et retrovase più de dui anni fa infirmo et con una famiglia grande et inutele de tre figlie femmene et duj maschi li quali non può per alcuno modo sustentare senza el vostro subsidio et aiuto, ve dignate per intuito de pietà et misericordia acioche dio exalte et conserve questa M.ca Cità farli qualche gratia et exentione per lo avenire, che per lo passato picchola cosa ce ha a pagare, secundo che parerà ale V. S. le quali per (l’amor di) dio siano pregate credano la mia povertà et miseria et che de quella me habbiano compaxione”. Gli si concede la remissione di quanto dovuto. (2009)
3 - Nel consiglio del 3 Gennaio 1495 si parla di un caso di alto tradimento. Prende la parola il “vir nobilis” Fabio di Ascanio Moriconi e propone “quod dominus Potestas et Magnifici Domini Antianj Civitatis Amelie habeant informationem illius qui aperuit portam castrj Alviani vel qui dederit causam ut Jnimici Castrum illud occuparent et habita huiusmodi informatione capiant ille talis qui huiusmodi pernitiose ac detestabili rei causam et modum dederit culpam vel commiserit et statim laqueo suspendant” che il Podestà e gli Anziani assumano informazioni sul conto di colui che aprì la porta del castello di Alviano o che sia stato comunque la causa dell’occupazione del Castello da parte dei nemici e, accertata l’identità del colpevole che fu cagione di un evento tanto dannoso e detestabile, lo catturino ed immediatamente lo impicchino. “Si vero capi non potest quoad manus Communis non pervenerit, statim et ex nunc presentis generalis conscilij (sic) decreto et autoritate sit rebellis Communis et perpetuo sit exul a dicta Civitate Amerie et eius comitatus et districtus et si quo tempore in fortiam dicti Communitatis pervenerit festinanter suspendant” se poi non sarà possibile catturarlo, immediatamente sia dichiarato ribelle della Comunità per decreto del consiglio generale ed esiliato in perpetuo da Amelia e suo comitato e distretto e se, in un qualche tempo futuro, cadrà in mano dell’autorità, sia senza indugio impiccato. “Ac depingatur nunc in publicis locis tamquam proditor et eius bona ex nunc applicentur Communj et ea que furata fuerant restituantur patronis et imponatur potestatj ut iustitia contra ipsum tamquam contra proditorem exerceat” Inoltre, nei luoghi aperti al pubblico, si dipinga l’effigie del colpevole come traditore ed i suoi beni vengano confiscati a favore del Comune e quelli sottratti per furto, vengano restituiti ai legittimi proprietari e sia fatto obbligo al podestà di applicare al colpevole le disposizioni previste per i traditori. La proposta viene approvata con 76 voti favorevoli e soltanto 8 contrari.
Nello stesso consiglio si delibera, altresì, “quod neminj Amerino Civi comitatino et districtuali liceat de cetero accedere ad macinandum granum” che a nessun cittadino di Amelia, suo contado e distretto sia lecito portare a macinare grano o a portare altro genere di mercanzia “ad Civitatem Narneensem et eius comitatus et districtus sub pena decem ducatorum pro quolibet et vice qualibet quo per aliquem fuerit contrafactum” alla città di Narni, suo contado e distretto, sotto pena di dieci ducati per ciascuno e per ogni volta che verrà trasgredito a detto ordine, da incamerarsi dal Comune; inoltre, non sia consentito attraversare il territorio amerino con “victuaria que defererentur ad dictam Civitatem Narnee” generi alimentari che venissero inviati a Narni e che “conversatio cum Narniensibus tollatur” non si possa neppure parlare con un Narnese. Infine, “statim ruinetur et ammoveatur ponticellus furnuli” venga immediatamente demolito il piccolo ponte di Fornole. In seguito a tali drastici provvedimenti, “ut Communitas et populus Amerinus alimentorum abundantia et pane affluat et ne fame fatigetur” per non far mancare alla Comunità né il pane né altri generi alimentari e non patisca la fame, si propone che “pro grano molendo” per la macinazione del grano “fiant centimmula sive pestrina in omni regione sive contrata” sia allestito un mulino in ogni contrada. (2010)
4 - Pandolfo Malatesta, capitano di S. Madre Chiesa, scrive al Comune di Amelia “verbis minatoriis”, cioè con parole minacciose, peché, durante la sua recente permanenza in città, alloggiato nella Chiesa di S. Francesco, alle sue genti furono sottratte tredici lance.
Si delibera, in data 4 Gennaio 1423, di acquistarne altrettante con denari presi in prestito dall’ebreo e, nel contempo, si esperiscano indagini per trovare e punire il colpevole, a norma di statuto.
Il Malatesta era venuto insieme a Braccio Fortebracci, per difendere Castel dell’Aquila contro il Castello di Canale e, per loro, si comprarono quindici paia di capponi. Anch’essi presi a credito? (1998)
4 - Francesco degli Atti, di Todi, il 4 Gennaio 1405 scrive agli Anziani di Amelia:
"E' venuto a me uno fide digno dal quale spesse fiate aggio trovato cose chiare et vere et hanne dicto de certo che i S.ri de Chiaravalli ho (hanno) per l'avviso (intenzione) de occupare uno dei luochi del vostro Contado dal monte in qua. Et tanto cum tenerezza vaviso che cie teniate et faciate tenere si facta cura che ciò non possa advenire. Et pregove nollagiate (non l'abbiate) ad ciancia che lamico mel dice molto affermativamente proferendo me et lamici miey cum quello che potemo ad ogne vostro piacere aparecchiati et de ciò ve piaccia volerne pigliare per tucte le volte piena securitate et fede. Dat. in Casigliano die IIII Mens.Jan. XIII Indict."
Gli Anziani accolgono con grande soddisfazione tale lettera ed il 6 successivo propongono che si rinsaldino i legami di amicizia con gli Atti, che furono sempre favorevoli alla Città, si accolga il messo che ha recato la lettera con ogni attenzione, pagandogli il conto dell'albergo ed assicurandolo che, se Francesco degli Atti volesse recarsi in Amelia, sarà ricevuto con tutti gli onori e gli porga, intanto, nel modo migliore, tutti i ringraziamenti degli Amerini, che hanno sempre dovuto subire dai Chiaravallesi danneggiamenti al proprio territorio. Si interdica l'ingresso in Amelia a quei di Lacuscello e Canale, senza espressa licenza degli Anziani o del Vicario. (2001)
4 - Dovendosi appaltare la gabella dei pesi e misure, il Capo dell'amministrazione cittadina, rappresentato, in questo periodo, dal Vicario, con il consenso e l'autorizzazione degli Anziani, il 4 Gennaio 1400 "commisit imposuit et mandavit" cioè diede incarico "Paulo Cipicce publico bannitore dicti comunis presenti audienti et intelligenti" a Paolo Cipiccia, banditore pubblico del Comune, che, essendo presente, recepì l'ordine, "quatenus vadat per Civitatem Amelie et per loca publica et consueta dicte Civitatis et ibidem publice palam et alta voce sono tube premisso" affinché si rechi in giro per la Città di Amelia, nei luoghi soliti e deputati per tali bandimenti ed ivi, pubblicamente ed apertamente, a voce alta e preceduto da squilli di tromba, "banniat quod quicumque vult emere gabellam mensurarum anni proximi futuri vadat coram cancellarium ad offerendum, que plus offerenti dabitur, etc." bandisca che chiunque intenda acquistare (cioè appaltare) la gabella delle misure (e pesi) per il prossimo anno, vada dal Cancelliere e presenti la sua offerta per la detta gabella, che si assegnerà a chi avrà effettuato quella più conveniente per la comunità.
Tra i luoghi nei quali nel medioevo venivano eseguiti, secondo il citato cerimoniale, detti bandi, quello meglio conservatosi ancor oggi è rappresentato dalla monumentale loggia dei banditori, sulla Piazza Marconi. (2006)
4 - Occorre dirimere una vertenza sorta fra i frati del Convento di S. Agostino e l’Ospedale, “occasione cuiusdam petij terre” a causa di un appezzameto di terra, la cui proprietà era evidentemente contestata fra le parti. Il 4 Gennaio 1523, nelle riformanze, sotto il titolo “Homines electi inter S.tum Augustinum et Hospitale” sono elencati Pierpaolo Moriconi, Bernadino detto Carta, Giovanni di Zaffino e Giovanni Antonio Racani. Lo stesso giorno, fra i quattro eletti, insieme agli Anziani, “fuit propositum de insolentia fratruum S.ti Augustinij qui per vim obstulerunt quamdam salmam olivarum famulo seu laboratorj hospitalis” fu discusso circa la prepotenza attuata dai frati di S. Agostino, che, a forza, tolsero alcune salme di olive al dipendente lavoratore dell’Ospedale. Giovanni di Zaffino propone che s’inviino due oratori al Padre Generale dell’Ordine di S. Agostino, che denuncino le prepotenze dei frati “et si esset possibile removere presentes fratres et ponere observantes” e, se fosse possibile, rimuovere gli attuali e porre in loro luogo dei frati osservanti. La proposta riscuote l’unanimità dei consensi.
(2009)
5 - S. Amelia. Le reliquie di S. Amelia sono tumulate nella nostra Cattedrale, sotto l'altare dell'Assunta, ivi collocate il 20 Settembre 1675 e provenienti dalle catacombe di S. Callisto. Eccettuato il nome, non vi sono altri riferimenti in comune con la nostra Città. Una statua della Santa può vedersi nella Chiesa suddetta. (1996)
5 - Il 5 Gennaio 1589 Fratone del fu Giovanni, da Amelia, “a magnificis dominis Antianis ad officium Baiulatus fuit admissus” fu nominato dagli Anziani baiulo del Comune “et juravit bene legaliter et fideliter ac sine fraude, remotis a se odio, amore, prece, pretio et quantis alia humana gratia dictum officium exercere” e prestò giuramento di esercitare il suo ufficio nel miglior modo, legalmente, fedelmente e senza inganno, allontanati da sé ogni risentimento, favoritismo, parzialità, animosità e ogni altra umana passione.
Non sarebbe il caso di adottare un simile giuramento anche al giorno d’oggi, da parte dei chiamati a ricoprire pubblici incarichi? (2008)
5 - Il 5 Gennaio 1474, gli Anziani, affinché “malignitas criminum inhibeatur summa cum ratione” la malignità dei crimini possa venir raffrenata nel modo più efficace, “uno assensu” con unanime decisione, diedero incarico e mandato a Ser Lauro, Guardiano della Città, “ut cum parte sibi contingente” affinché, come è suo dovere d’ufficio, “inquirere procedere et exequi posset in lusores ad prohibitos illicitosque a statuto vel reformationibus ludos turpiter ludentes” indagare, procedere e fare esecuzione contro coloro che si dedicassero turpemente a giochi che fossero dichiarati illeciti e proibiti dallo statuto e dalle deliberazioni cittadine “et contra eos qui blasfemant et deo aut alijs sanctis quos venerarj debentur maledicunt” e contro i bestemmiatori e quelli che maledicono Dio o gli altri santi che debbono venir venerati. (2009)
5 - Il 5 Gennaio 1465 vengono date istruzioni a Ser Abele di Ser Paolo (Vatelli), da inviare a Roma per perorare e sostenere gl’interessi della Comunità amerina ed allo stesso viene consegnato un vero e proprio “memoriale” delle varie cose cui necessita provvedere. Fra le altre incombenze, dovrà chiedere ai Cardinali -“deputatis super chrociata” designati dal papa per la preparazione della crociata contro i turchi -che era stata fortemente quanto vanamente propugnata da Pio II e ripresa, con non migliore risultato, dal successore Paolo II- che rimettano agli Amerini il residuo degli originali 800 ducati che erano stati loro ulteriormente richiesti a tale scopo e dei quali ne erano già stati pagati ben 564.
Sotto la stessa data, gli Anziani “commiserunt Andree tubicinj” diedero incarico al trombetta Andrea di bandire “che qualunque persona havesse più grano che la sua bastanza fino alla nova recolta lo debia per tucto el dì de domenica proximo da venire haverlo portato in piaza ad vendere o vero assegnatolo al cancelliere del comune sapendo che da quello in là se farà provisione per lo comune et nisuno potrà vendere né alienare durante la provisione del comune ad quella pena (che) sopra deciò se prevederà”.
Trentotto anni dopo, il 5 Gennaio 1503, nel consiglio dei X si dibatte circa “nova certa ... de morte et captivitate ursinorum” la notizia, data per sicura, della morte e della cattura degli Orsini. L’Anziano Ugolino Cresciolini propone se sia il caso “in signum letitie ob partam victoriam ab Ill.mo d.no Duca Romandiole etc. et pro honore et augumento status S. Matris Ecclesie et S.mj in xpo patris et d.ni n.ri d.ni Alexandri pape sexti fieri ignes et alia gaudij ostentamenta” in segno di gaudio per la vittoria ottenuta dal Duca Valentino e per l’onore e la crescita dello stato della Chiesa e del papa Alessandro VI, di far luminarie ed altre manifestazioni di giubilo. Il consigliere Pietro Gentile di Pace prudentemente “consiglia” di attendere alquanto, finché non se ne sappia di più “et tunc si verum est fiat in signum victorie omnis demonstratio letitie” e, se la notizia sarà confermata, si faccia ogni dimostrazione di gioia per la vittoria e si invii un oratore a Roma dal papa, congratulandosi con lui “de parta insigni victoria” dell’insigne vittoria ottenuta e, con l’occasione, si esponga ad Alessandro VI “quot et quanta damna perpesa fuerit hec nostra Civitas et populus a dominis de Alviano et impetrandum et petendum a S. S.te utilia pro nostro Commune” quali e quanti danni la nostra Città ed il popolo amerino abbiano sopportato da parte dei signori di Alviano e quali petizioni e richieste siano da presentare al pontefice nell’interesse e l’utilità di Amelia. (2010)
5 - Nel consiglio decemvirale del 2 Gennaio 1537 Nicolò Farrattini “Prior”, cioè Anziano, con il consenso dei suoi colleghi (“annuentibus collegis”), fra l'altro, affronta l'argomento “de uva passula mittenda Thesaurario summi Pontificis”, cioè circa l'opportunità di inviare dell'uva passita al Tesoriere del Sommo Pontefice (Paolo III Farnese). Il consigliere Laurelio Laureli, “vir spectata morum disciplina” uomo di provata integrità di costumi, esprime il suo parere in merito, affermando che “omnino mittatur ut in omnibus negociis nostris amicum habeamus” certamente gli si faccia tale invio, per averlo amico in tutte le questioni che riguardano la nostra Città, addolcendogli la bocca ed aumentando la sua buona disposizione verso Amelia. La proposta “vicit per pallas albas omnes” riporta l'unanimità dei consensi.
Altro argomento -non altrettanto dolce- riguarda “coactis a domino Potestate ad solvendum penam ludentium ad cutulam seu ruzulam” coloro che sono obbligati dal Podestà a pagare la pena per aver giocato al “ruzzolone”. L'argomento sembra rivestire una notevole importanza, se il consigliere Vincenzo Crisolini, “ornatus vir”, propone che sia chiamato il consiglio generale a decidere in merito; cosa che avviene addirittura nella “cerna” convocata per il 17 successivo, nella quale Laurelio Laureli propone che “Domini Antiani taxare valeant” gli Anziani abbiano potere ed autorità di punire i giocatori. La proposta viene approvata con quaranta voti favorevoli e cinque contrari, questi ultimi molto probabilmente da attribuire ai “cutulatores”.
Chiaramente l'innocente gioco della ruzzola non era punibile in sé e per sé, ma per le scommesse in denaro e i disordini che ne sarebbero potuti derivare. Fino a qualche anno fa, tale manifestazione popolare si era conservata anche nelle nostre zone, talora rimpiazzando l'attrezzo di legno con una forma di formaggio pecorino che, a gioco ultimato, veniva allegramente consumata fra i partecipanti, generosamente annaffiata con del buon vino. (2012)
6 - “Vir ornatissimus Aurelius Buccarinus” espone in Consiglio, il 6 Gennaio 1528, che il Cardinale De Valle, recandosi ad Orvieto, dove trovasi papa Clemente VII, fuggito da Roma dopo il saccheggio operatovi dall’esercito di Carlo V, sarà di passaggio per Amelia ed, essendosi dichiarato protettore della nostra Città, lo si accolga con tutti gli onori, ospitandolo nel Palazzo Anzianale e gli si offra un donativo “valoris decem et etiam quindecim ducatorum”, gli si facciano d’incontro molti giovani armati fino a S. Giovanni e le sue armi ed insegne si pongano sulle porte e per le strade ed accorrano a riceverlo “cum favore et D.ni Antiani et cives”, rallegrandosi della sua venuta.
Quanto costavano, anche allora, i favori dei potenti! (1999)
6 - Il 6 Gennaio 1467 nella sala del palazzo anzianale, fra alcuni cittadini di Amelia nominati dal consiglio generale "super constructione, reparatione et hominum rehabitatione Castri Sambucetoli" per provvedere circa la costruzione, riparazione ed il riattamento abitativo del Castello di Sambucetole ed i Signori “Antonius, alias Carnuale, Laurentius Antonij de Castro Aquilae, Bartolomeus Meneci Cecchi Ciotti de Ameria, Antonius Angelutij, alias la furia de Amelia, et Petrus Joannis Georgij Virriuti alias de Stinche”, si convenne che questi ultimi si impegnassero ad andare ad abitare e risiedere "cum eorum familia, toto tempore eorum vitae" nel suddetto Castello, devastato nel 1413 dalle soldatesche di Paolo Orsini.
Si stipularono, quindi, i patti di un tale accordo, che comprendeva, da parte del Comune, la concessione di una casa per ogni famiglia e l'impegno di mettere a disposizione terreni e boschi di proprietà comunale, compresi entro confini descritti in atto ("a Santo Jacobo ad cimam montium Montispigli, et a Santo Angelo Cirichani usque ad fossatum Santi Leonardi") e, da parte dei nuovi insediati, l'obbligo di risiedere per sempre nel Castello, prestare obbedienza e fedeltà al Comune "tamquam boni viri fideles, et devoti castellani".
L'accordo precedette di poco più di quattro anni l'insediamento, ben più consistente, di una cinquantina di famiglie di origini greco-slave, convenuto il 20 Marzo 1471 (v. infra) fra la magnifica comunità di Amelia e Ser Nicolao Cocle "de Peloponiso". (2004)
6 - Il 6 Gennaio 1575 vengono esibite in consiglio alcune suppliche.
Una viene presentata da “li devoti oratori Alessandro de Gratiosa e Menecone de Nicola della Città d’Amelia”, i quali “espongono che alli dì passati venuti a parole e contentione Marco de Gentiloccio d’una (parte) et Vincenzo Ronconieri et Anteo fratelli da l’altra et che veduto d’essi oratori corsi al romore per defensione del detto Marco loro fratello e zio respettivamente detto Alessandro con un pugno diede a Vincenzo sopradetto e Menecone una manata al predetto Anteo per il che Alessandro è venuto condannato in ducati trenta, e Menecone in ducati sedici e perché, magnifici signori, li primi moti non sono in potestà degl’uomini e per defensione del loro fratello e zio sono incorsi in tale delitto, però supplicano le SS. VV. vogliano remettergli ogni pena in la quale se retrovano condannati, stante la pace seguita, che tutto reputaranno a grazia singularissima”. La Comunità, “constito de pace” constatata l’avvenuta pacificazione fra le parti, concesse “solitam gratiam”.
Altra supplica viene presentata da “Bonaura de Nebbia”, la quale “supplica questo generoso Conseglio che sendo (essendo) ogni dì molestata per le gravezze del communo (imposte comunali), et sendo povera senza possedere cosa nessuna se non quelli puochi stracci che porta adosso, recorre alle SS. VV. come fonti de pietà la vogliano sgravare dalle date del Podestà e del medico, e di tutte impositioni (che) mette il Communo sicome s’è fatto all’altre povere persone, che tutto quel poco che haveva l’ha dato a sue figliole, siche suplica e prega per amor deddio le vogliano sgravare come ha detto di sopra che il signoreddio le feliciti e dia ogni contento”. Il Consiglio, “attenta maxima paupertate oratricis et constito quod nihil possideat” considerata la massima povertà della supplicante e constatato che nulla possiede, “fiat immunis et exempta ab omnibus dativis impositionibus impositis et imponendis a magnifica Communitate” sia esentata da ogni imposizione comunale presente e futura.
Da ultimo, si legge la seguente supplica: “Mastro Bernardino Lancia da Pesaro sarto novamente (di recente) venuto in questa città per volervi patriare et habitare col suo essercitio ove non molti mesi sono ve s’è ammogliato, desideroso essere tra gl’altri e fideli figliuoli de detta città supplichevolmente demanda alla SS. VV. MM. e questo generoso conseglio l’essentione et immunità solita darse a tutti novitij artesciani, secondo la despositione de statuti d’essa città, e confidato nella loro benignità et amorevolezza verso vertuosi, lho fanno pronto a chiederli tal benefitio, pregandole con ogni caldezza d’animo a sodisfarlo da quanto da lui le sono richieste, che tutto receverà a dono e gratia singularissima e non restarà (cesserà) pregare il signor iddio per la loro felicità e bon regimento”. Gli viene concessa esenzione dalle imposte per un quinquennio. (2008)
6 - Il 6 Gennaio 1526, Aurelio Boccarini propone in consiglio che “nullus tam pullarolus quam alia persona revendendi causa audeat vel presumat emere et extrahere extra districtum Amerie lepores, palumbos, perdices seu starnas, merulas, turdos et alia avium genera, sub pena unius ducati auri pro quolibet animali tam lepore quam ave pro quolibet tam emtore quam venditore et vice qualibet” nessuno, né pollivendolo, né altra persona, ardisca, al fine di rivendita, acquistare ed esportare dal distretto di Amelia lepri, palombe, pernici o starne, merli, tordi o altre specie di uccelli, sotto pena di un ducato d’oro per ciascun animale, sia lepre che uccello, per ciascuno di essi, per ogni acquirente o venditore e per ciascuna volta. All’osservanza di tali divieti saranno preposti i Soprastanti del Mercato, i quali, “si fuerint negligentes in tali cura incidantur in penam unius ducati” se saranno stati negligenti nel farli osservare, siano anch’essi soggetti alla pena di un ducato “et nihilominus talis contraveniens habeatur et reputetur infamis et malus civis et privetur officio et beneficio per decennium” e nondimeno, tal contravventore sia ritenuto e considerato infame e cattivo cittadino e sia privato dell’ufficio e del relativo beneficio per un decennio. Tanto tenevano i nostri predecessori alla loro cacciagione! (2009)
6 - Il 6 Gennaio 1482, dopo i bandimenti di rito, viene convocata, nella Chiesa di S Agostino, l’assemblea generale (“cerna” o “generalis arrenga”) di tutti i cittadini di Amelia, nella quale sono presenti i membri dei due consigli -generale e speciale- i capitani delle contrade, le magistrature cittadine, nonché una “multitudo maxima et innumerabilis” di popolo, su “mandato, voluntate et matura deliberatione” dell’Illustrissimo Signore Domenico Gentile Bicci di Genova, Governatore di Spoleto, Amelia, ecc., nonché dell’Esimio “legum doctor” Giovanni de Tolomeis di Subiaco, collaterale e vice-podestà della Città di Amelia ed, inoltre, degli Anziani, personalmente nominati, ad iniziare da Giovanni di Ser Paolo Vatelli, Gonfaloniere, Gentile di Ludovico Archileggi, Isidoro di Ser Benedetto Artemisi, Tommaso di Piergiovanni Colocci, Giuliano alias Carafa e Nicolò Tosorelli. Cosa era avvenuto per giustificare la congregazione di una così grande moltitudine? Lo espone il Governatore:
“Unicuique vestrum, Magniifici Domini Antianj, vosque ceteri cives prestantissimi qui jmpresentiarum hic convocati extis notum esse debet” a ciascuno di voi, Signori Anziani ed a voi tutti ragguardevoli cittadini che siete stati personalmente convocati, deve essere noto “quo amore, qua fide et caritate vestram hanc civitatem et jllius cives et populum preteritis temporibus dileximus et jmpresentiarum diligimus jllorum etiam pacem semper optavimus” con quanto amore e con quale fedeltà fin dai tempi passati abbiamo prediletto, come attualmente prediligiamo, sia la vostra città che il suo popolo e come sempre abbiamo desiderato per voi la pace. “Molesta quidem nobis fuit preparata coniuratio que manifestata fuit in anno preterito et propter jllam nonnulli morte puniti et aliqui exilio dannati extitere”. (Vi è noto) altresì (che) venne ordita contro di noi una spiacevole congiura, che si manifestò nel decorso anno ed, in conseguenza della quale, numerose persone furono condannate a morte ed altre vennero esiliate “Et ne jnfuturum similes coniurationes fiant et talia atrocissima delicta preparentur, unusquisque ab illis se caveat et jmposterum pacifice et quiete vivat” ed affinché nel futuro non si verifichino più simili congiure e non si imbastiscano tali atrocissimi delitti, ognuno se ne guardi dal compierli e, per l’avvenire, viva pacificamente ed in piena tranquillità, “quod gratissimum Sanctitate Domini Nostri Sanctissimo collegio Romanorum cardinalium et nobis cuius gubernio recommissi extitis spetialiter fuerit” il che sarà oltremodo gradito alla Santità di Nostro Signore (il papa), al Santissimo Collegio dei Cardinali e spacialmente a noi, al cui governo siete stati affidati. “Si quis autem contravenire temptabit” se qualcuno poi tenterà di trasgredire “nostro durante guberno atrocissime se suosque natos cum justitia puniri debere” durante il nostro ufficio, dovrà essere atrocissimamente punito secondo giustizia lui ed i suoi discendenti.
Il Governatore seguita la sua esposizione, dicendo: “fuimus his diebus cum jnstantia requisiti a multis amerinis ut providere et ordinare aliquid vellemus (sic) circa restitutionem bonorum stabilium coniuratorum predictorum et dicta bona vel liberaliter accipere pro communi vel heredibus coniuratorum suspensorum et filijs coniuratorum viventium et jn exilio damnatorum restituere” siamo stati in questi giorni insistentemente richiesti da molti amerini di voler provvedere in qualche modo nei riguardi della restituzione degli immobili appartenuti ai congiurati, se tali beni debbano venire liberamente confiscati a favore del Comune o essere restituiti agli eredi dei congiurati impiccati o ai figli dei congiurati viventi e condannati all’esilio.
Chiede, inoltre, che l’assemblea generale deliberi “circa remunerationem et recognitionem fiendam jllis qui revellaverunt coniurationem jn anno preterito patifactam (sic) cum salute totius vestre Civitatis et civium eiusdem” a proposito del premio spettante a coloro che, nel decorso anno, rivelarono la congiura che venne scoperta con beneficio sia della Città, che dei suoi abitanti.
Su queste ed altre numerose questioni da decidere, il Governatore esorta i presenti ad esporre le proprie opinioni.
Per primo, prende la parola Ludovico di Carlo Boccarini “vir hornatissimus et omni laude dignus” uomo di grande onorevolezza e degno di ogni lode, il quale propone che “bona mortuorum quamvis confiscata sint communitati” i beni dei congiurati giustiziati, sebbene siano stati confiscati a favore della comunità, “restituantur amore dei eorum filijs, sed quantum ad bona rebellium viventium dixit quod illorum determinatio remaneat jn arbitrio Ill.mi d.ni Gubernatoris et in eius voluntate” per l’amore di Dio, vengano restituiti ai lori figli, ma quanto alle proprietà dei condannati all’esilio, la loro destinazione venga decisa secondo il giudizio del Governatore, che dovrà, altresì, decidere, di concerto con gli Anziani, “omnis et quacumque recognitio fienda revellantibus coniurationem” sul comportamento da adottare nei confronti di coloro che denunziarono la congiura. I due successivi oratori, Berardino Geraldini e Bartolomeo Cansacchi, si associano a quanto proposto dal Boccarini.
Nella stessa “cerna”, fra gli altri argomenti trattati, si esaminano alcune suppliche.
Una è presentata “per parte deli fidelissimi servitori persone et homini habitanti nel Castello de Sanctofecetulo contado de Ameria che conciosiacosa sieno venuti ad habitare nel decto Castello fo per le molte promixione sì de miser nicolò (Cocle) primo conducitore, sì deli altri varij ciptadinj per alliciarlj (indurli) ad venire et habitare decto castello, promectendolj la jmmunita et exemptione de xxv anni advenire, Et dala Comunità de ameria non hanno receputa jnmunita più che per dece annj quasi decursi. Et perché li dicti supplicanti volendo habitare jn ipso castello non poterieno bisognandoli pagare le dative et altre gravezze attenta la loro miseria et povertà. Et si non havessero qualche altra exemptione per quello tempo (che) parerà a V. Ill.ma S.ria serieno necessitati ad habandonare decto castello che non serria senza grandissimo danno dela Comunità de ameria, non solo del castello desabitato, quanto che per le possexione dele valle, le quale per loro respecto pacificamente se possedono. Jtem perché havendo altra jmmunita deliberano ordinare de fare doi fornace de calcina per refare lo decto castello et le case in epso existenti, pertanto supplicano a V. Ill.ma S.ria se degnie concederlj qualche exemptione et jmmunità. Jtem supplicano che V. Ill.ma S.ria voglia concedere a quellj (che) habitano dicto castello liquali non hanno totalmente participato (avuto parte) deli terrenj como fo concesso alli primi schiavi (schiavoni), che habiano la loro rata delli terrenj dela comunità, como hebbero li primi schiavj. Jtem supplicano che li terreni dela comunità de ameria se dieno più presto (piuttosto) a laborare per uno competente prezzo et breve (modesto) alli dicti supplicati, che ad altri, perche ipsi portano tucto el peso et el carco de guardare la contrada delle valle, defendendola da omne persona che occupare volesse”.
Altre due suppliche, rispettivamente presentate da Giorgio Bianconi di Lagoscello e da Pietro di Fiesole, sono dirette ad avere sgravi fiscali, a causa della loro povertà.
Le decisioni adottate prevedono, per i beni dei congiurati impiccati, la devoluzione ai loro figli e, per gli esiliati, che i frutti siano destinati secondo quanto deciso dalla Comunità; per la supplica degli Schiavoni immigrati a Sambucetole, che si rinnovino e si riconfermino i capitoli a suo tempo stipulati con Nicolò Cocle “de Peloponniso”, da valere anche nei confronti degli altri che verranno in seguito, nei successivi sette anni.
Tutte le altre questioni sono demandate alla decisione del Governatore, da prendere insieme agli Anziani.
Non si conosce in cosa consistesse la congiura che portò alcuni cittadini sul patibolo ed altri all’esilio. (2010)
7 - Il 7 Gennaio 1997 la bandiera italiana compie 200 anni.
Il 7 Gennaio 1797 il tricolore venne proclamato come vessillo della Repubblica Cispadana. La cerimonia avvenne nella sala del Palazzo Comunale di Reggio Emilia, ora chiamata “Sala del Tricolore”.
Il vessillo verde-bianco-rosso venne poi, nel 1848, assunto istituzionalmente come bandiera nazionale. (1997)
7 - Il 7 Gennaio 1719 vengono fissati i “Prezzi delle grascie(1) da vendersi nel mercato” in Amelia, così determinati:
“Cascio (cacio) dal giorno di Natale sino a tutto Carnevale, bajocchi 5 la libra, il resto dell’anno, baj. 4; salami di porco, la libra baj. 8; strutto, la libra baj. 5; presciutti, et ogn’altra sorte di carne salata, baj. 4; salciccie, la libra baj.4; tonnina, la libra baj. 6; sorra, la libra baj.10. Alici, quattro à bajocco.
“L’altri salumi, cioè mosciumano, merluzzo, salamone, pesce salato o marinato, aringhe, saraghe, sardelle, caviale, e ogn’altra sorte di salume in oglio non si possino vendere se non a quelli prezzi, che di mercato in mercato saranno posti dalli Ill.mi Sig.ri Soprastanti”. Altrimenti “si procederà contro li trasgressori senza riguardo di persona alcuna”, applicando una pena “di scudi 10 per ciascuno, e ciascuna volta”.
(1) Le “grascie” erano sia le vettovaglie necessarie al consumo di una città, che i dazi dovuti per introdurvele. (2000)
7 - Il Cardinale de Lunate, Legato della Sede Apostolica, continuando la guerra contro gli Orsini, fa chiedere dal Luogotenente dell’esercito papale agli Amerini cento fanti da mandare in campo contro Bracciano. Il 7 Gennaio 1497, nel maggior consiglio, si propone che, “pro solvendis peditibus” per il pagamento degli armati, gli Anziani, insieme a quattro cittadini da eleggersi dagli stessi, “describant et eligant centum cives qui mutuent in Commune unum ducatum largum pro quolibet” scelgano ed elenchino una lista di cento nominativi di persone disposte a prestare al Comune un ducato largo per ciascuna “et pro restituendis pecuniis mutuo accipiendis imponatur dativa exigenda infra quatuor menses” e, per la restituzione della somma presa a mutuo, venga imposta una tassa, da riscuotersi dopo quattro mesi “et qui primo solverit, illi primo restituatur et hec lex plene observetur” e chi avrà per primo anticipato il pagamento del ducato, sarà il primo ad averne il rimborso e tale disposizione abbia piena osservanza. A ben considerare, i soldi uscivano sempre e soltanto dalle tasche dei cittadini, anche quando sembrava che vi entrassero!
A distanza di sei anni, il 7 Gennaio 1503, durante la convocazione della cerna, è chiamato a parlare tal Roscetto di Andrea Pei, il quale riferisce che, nei giorni passati, per comando avutone dagli Anziani, si era recato a Cesena, presso Agapito Geraldini, il segretario del Duca Valentino, dal quale aveva avuto il consiglio circa le misure utili da adottare da parte della Città di Amelia, che esortava a non indugiare (“non dormiret”) ed a preporre tre o quattro cittadini “super rebus bellicis”, cioè a capo delle operazioni belliche. Roscetto prosegue dicendo che è stato anche a Roma e, dal Vescovo di Valle, da parte del papa, “precepit ut Amerini, in quantum possint, molestiam et bellum inferant domicellis de Alviano, hostibus prefati S.mi D. N. pape et Lugnanensibus” ebbe ordine che gli Amerini, per quanto in loro potere, rechino molestia e combattano i signori di Alviano, nemici del papa, nonché i Lugnanesi. Raniero di Gerolamo Archileggi si alza a parlare proponendo che gli Anziani eleggano da quattro a sei uomini dotati di grande prudenza, per provvedere “super rebus bellicis” e procedano pure a dar seguito alle richieste del papa, ma si raccomanda che le operazioni siano condotte con cautela, “idque primo fiat blanditijs, placide ac sine cede, incendio et rapina” e, cioè, che si proceda con blandizie, dolcemente, senza uccisioni, né incendi o rapine. Da tale proposta emerge tutta l’indole bonaria e pacifica del popolo amerino.
Nel maggior consiglio, che segue lo stesso giorno, vengono nominati “cives de arbitrio”, cioè preposti con poteri decisionali sugli affari bellici e risultano eletti: Anselmo Cascioli, Giovanni Antonio di Ceraso de’ Moriconi, Gabriele di Ludovico Archileggi e Pompilio di Battista Geraldini. Durante la seduta, giunge una lettera del Governatore Carlo Maschio, indirizzata al podestà ed agli Anziani, con accluso un breve papale, che reca le seguenti notizie: “Putamus vos jam jntellexisse capturam Cardinalis Ursinis, Vitellotij et aliorum ursinorum et quorundam eorum complicum, ob nota eorum proditione” pensiamo abbiate già saputo della cattura del Cardinale Orsini, di Vitellozzo e degli altri complici, a causa del loro ben noto tradimento. “Quare volumus et vobis mandamus ut, visis presentibus, per omnes passus et quacumque loca oportuna ipsius civitatis et gubernij provideatis ut quicumque armigeri tam equites quam pedites ipsorum Ursinorum et Vitellotij ac ballionum isthac transeuntes seu isthic existentes capiantur et armis ac bonis omnibus exuantur et spolientur”; perciò vogliamo e vi comandiamo che, preso atto del presente, provvediate che, lungo tutte le vie d’accesso ed ogni luogo della vostra città e territorio soggetto, vengano catturati tutti gli armati, tanto a cavallo che a piedi, sia degli stessi Orsini, che di Vitellozzo (Vitelli) e dei Baglioni, che transitassero per di là o si trovassero ivi e che vengano spogliati e privati di armi e beni, “in quo omni diligentia utemini et de his quos feceritis Nos per vestras licteras faciatis certiores” ed usiate in far ciò la massima diligenza e di quanto avrete fatto, ci renderete pienamente partecipi con vostre lettere.
A questo punto, nelle riformanze, risulta trascritto il seguente edificante resoconto in stile telegrafico:
“Li presi in Senegaglia
“Signor Paulo Ursino - Duca de Clavina - Vitellozo et Liverotto da Fermo
“Funi vita functi in Senegallia
“Presi in Roma
“El Cardinale Ursino Arcivescovo di Fiorenza - Fluxu perijt in arce S. Angeli
“Lo Abate dalviano - in S. Marrocho detinetur adhuc
“Jacomo Sancta Croce - capite truncus”.
Gli episodi cui tale resoconto si riferisce fanno parte della storia. Il primo riguarda la cattura che Cesare Borgia fece fare a Senigallia il 31 Dicembre 1502 di Paolo Orsini, del Duca di Gravina (Francesco Orsini), di Vitellozzo Vitelli e di Oliverotto da Fermo: gli ultimi due sono fatti uccidere lo stesso giorno e gli altri due nel Castello della Pieve, il 18 Gennaio successivo, tutti “funi vita functi”, cioè strangolati. Quanto agli altri, il Cardinale Giovan Battista Orsini muore con sospetto di veleno (ufficialmente per un non meglio identificato flusso di sangue) a Castel S. Angelo il 22 Febbraio, l’Abate Bernardino d’Alviano è tenuto prigioniero (fino ad ora) a San Marrocco e il Vescovo Giacomo di Santa Croce viene decapitato (“capite truncus”). Era il minimo che potesse capitare a chi si inimicava il Duca Valentino ed il papa. (2010)
8 - Mala tempora currunt! “Fama volat” che Marzio Colonna, alleato degl’imperiali, stia per giungere in Amelia: sarà prudente ospitarlo? non ne deriverà per la Città “odium et cum tempore forsan jactura”? La questione è portata in Consiglio l’8 Gennaio 1528, per decidere sul da farsi. Il Nobiluomo Giovan Battista Moriconi, dopo aver prudentemente “implorato prius celesti auxilio”, è del parere che, “donec et quousque S.mus D.N. (il papa) erit in presenti esse et non erit visum ad quales partes tendat”; cioè finché non sarà chiaro conoscere da che parte penda Clemente VII, sarà “igienico” che, senza suo consenso, “nemo tam de imperialibus, quam de liga, habeat hic recipi et intus civitate admicti, nec cum comitiva, nec sine et sit cuiuscumque gradus et conditionis”; cioè che nessuno, né degl’imperiali, né della Lega, sia fatto entrare nella Città, né in comitiva, né da solo, a qualunque grado e condizione esso appartenga.
Perdurando una situazione tanto fluida ed incerta, la prudenza non è mai troppa!
In tale ottica, sarà bene adottare quanto prima misure atte a rafforzare le difese cittadine, temendosi una nuova imminente invasione “barbararum gentium”, per premunirsi “contra excidium perenne”. (1999)
8 - Fra le tante questioni su cui deliberare nella seduta del Consiglio in data 8 Gennaio 1617, ve n’è una della massima urgenza:
“le scuole di S. Angelo stanno in tanto mal termine, che se non si riparano li solarii, com’è necessarissimo di fare, un giorno rovineranno con precipitio di qualcuno”.
Il Consiglio Generale delibera “che il Massaro habbia cura di fare il risarcimento che vi bisogna per adesso con manco spesa che sia possibile”.
E’ il solito ed eterno sistema, dettato dalla endemica carenza di risorse finanziarie, di rappezzare le cose, senza mai cercare di risolverle una volta per tutte. (2000)
8 - Il Cancelliere Battista Mariani de Quarantoctis chiude la stesura del libro delle riformanze, che coincide con la data dell'8 Gennaio 1473, con una dissertazione in latino degna della più alta tradizione umanistica. Rivolgendosi a colui che avrà la bontà di leggere diffusamente quanto scritto in quel volume "quisquis es, qui hunc nostrum libellum lectitare dignaberis", se s'imbattesse in qualche passo raffinato e forbito "limatum comptumque", ne renda grazie a Dio immortale, poiché da Esso, come da ricca fonte, viene dispensato ogni bene fra gli uomini. Se, al contrario, vi scorgesse qualcosa di folle, balbettante o sciocco "quid delirum, balbum aut ineptum deprehenderis", gradirebbe che il lettore lo attribuisse non tanto a lui ed alla sua inettitudine "id adscribas non tam mihi et imperitie mee", quanto alla ristettezza di tempo, unita alla vastità degli argomenti trattati "quam angustie temporis simul et rerum magnitudini", che spesso gli vietarono di scrivere forbitamente e diffusamente "que nonnumquam adeo me divertum traxere ut nedum terse disserteque scribendi tempus daretur", e che talora gli lasciarono appena il tempo di respirare "vix spirandi interdum fuerit occasio". Esorta, quindi, il lettore a considerare, non tanto la mancanza di grazia delle parole o la rozzezza del discorso, quanto, piuttosto, l'incrollabile lealtà e la devota mente di chi scrive "Verumtamen metieris legens non inconcinnitatem verborum, sive rusticitatis sermonis, quin potius inconcussam fidem devotamque mentem scribentis", al paragone delle quali, ogni eloquenza diviene squallida "ad quas omnis eloquentia comparata sordescet".
Congeda il lettore, esortandolo a non dimenticarsi di lui ed a scrivere tributando il giusto valore alle cose che, nella vita, gli sono maggiormente care, apprezzandole più di tutto l'oro e l'argento del mondo "Scribe longe magis amantis curantisque ac pluris facientis honorem quam omne quod sub celo est aurum et argentum ac plus quam ea que sunt in vita carissima". (2001)
8 - Da "AMERIA", periodico "Amministrativo - Agricolo - Letterario - Educativo - Sportivo" dell'8 Gennaio 1899, sotto il titolo "Un falso allarme", si ricava la seguente singolare notizia:
"La sera del 4 andante circa le ore 8, echeggiarono nell'aria formidabili e ripetuti colpi di fucile. Taluni, credendo che il brigante Viola avesse fatto un'ardita punta nel territorio di Amelia e che si trattasse di uno scambio di fucilate tra esso e la forza pubblica, frettolosamente rincasarono per porre in salvo la vita e gli averi da una visita inaspettata del famoso bandito. Altri credettero che si verificasse invece l'annunciata fine del mondo. Abbiamo veduto noi stessi alcuni buoni amerini col naso all'aria per vedere se il bombardamento veniva dalle sfere celesti ed altri aprire le fenestre e perlustrare paurosamente l'orizzonte per accertarsi se erano quelle le avvisaglie del cataclisma. Si seppe poi che la cagione del rumore erano stati alcuni buontemponi cacciatori che, dopo bevuto di quel buono da Giustina di Tozzo, nel ritorno in Amelia scaricavano come semplice esplosione di goja le loro armi in aria.
Il timore di Viola e del finimondo finì così ... in fumo". (2006)
8 - Da parte del Luogotenente Generale del “cristianissimo” esercito del re di Francia, Scalco di Bretagna, “ob multa incommoda expensas et dampna in transitu felicissimi exercitus prefati christianissimi francorum Regis passa per Comunitatem Civitatis Amerie” a compensazione delle notevoli spese e danneggiamenti subiti dalla Comunità di Amelia a causa del passaggio del suddetto “cristianissimo e felicissimo” esercito francese, “ipsi Comunitati donata fuerunt et consignata Castra” alla stessa Comunità vennero donate e consegnate alcune rocche, cioè “Alvianum vardechia et Atiglianum, quorum castrorum Massarij incole et abitatores sollempnibus stipulationibus promissis iuraverunt ac promixerunt Communi dicte Civitatis fidelitate et obedientiam” Alviano, Guardea ed Attigliano, i cui Massari ed abitanti giurarono e promisero alla Città di Amelia, con solenni trattati, fedeltà e obbedienza. Ma, almeno per Guardea, non andò tutto liscio: “demum, dicti Massarij accole et habitantes, diabolico spiritu istigatj, non salvata fide receperunt abbatem ac reliquos dominos de Alviano et illorum gentes, quod atrox facinus magna adversione dignum est” ma, in effetti, i massari ed abitanti (di Guardea), istigati da spirito diabolico, violando la giurata fedeltà, accolsero l’abate e gli altri Signori degli Alviano, insieme alle loro genti, il quale atroce misfatto è degno della massima condanna (e, quindi di un’adeguata punizione). Pertanto, nella riunione consiliare dell’8 Gennaio 1495, con una deliberazione presa a voti unanimi (“nemine ipsorum dissentiente”), si decide “quod statim mictatur populus Amerinus ad demoliendum ruinandum et deguastandum et comburendum dictum castrum guardechie et eius arcem” che, immediatamente, tutto il popolo di Amelia vada a demolire e bruciare il Castello di Guardea e la sua rocca.
Non si conosce l’esito di questa spedizione punitiva, ma il 18 successivo è fatta menzione nelle riformanze che, “circha dispositionem captivorum qui stent in carceribus palactij ut fugam non arripiant, delliberaverunt dictos captivos ponere et inmictere in fundo sive carcere campanilis et ita actum et executum est” riguardo alla sistemazione dei prigionieri rinchiusi nelle carceri del palazzo, per impedirne una possibile fuga, venne deciso di trasferirli nel carcere del campanile; il che venne puntualmente eseguito. (2010)
8 - L’8 Gennaio 1531 il Governatore fa proclamare solennemente il bando di cui si trascrivono i seguenti brani:
“Per parte et commissione dello Mag.co et Honorato Homo Messer Jacomo de Crescentiis Patritio Romano de Riete, Teranj et Ameria Governatore Dignissimo etc.
“Se bannisce et commanda ad tucte et singule persone de qualuncha stato conditione o grado se sia, tanto habitante quanto Citadino della Cità de Amelia che non ardischa de biastemare seu quomodocumque (o in qualsiasi modo) vituperare el nome dellonipotente Dio et della Gloriosa Vergine Maria ne de alcun sancto o sancta dela Corte celestiale sotto la pena et alla pena de doi tractj de corda et de dece ducatj per ciasche persona et per ciasche volta, da aplicarse per la mità alla Communità de Amelia, per uno quarto alla signoria del Governatore et per laltro quarto allo exequtore che ne farrà exequtione.
“Jtem che non sia alchuna persona come de sopra, non obstante che havesse privilegio alcuno, che ardisca portare arme per la dicta Cità de Amelia de nisciuna sorte, tanto da offendere quanto da defendere, sotto la pena et alla pena de tre tracti de corda et vinticinque ducatj per ciasche volta et per ciasche persona et perdimento de arme, da applicarse come de sopra et le arme siano dello exequtore che ne farrà exequtione.
“Jtem che non sia alchuna persona come de sopra che ardisca de andar perla cità de nocte de poj lo terzo sono dela campana sensa lume, socto la pena et alla pena de un ducato doro per ciasche persona et ciasche volta, da applicarse come de sopra.
“Jtem che non sia alcuno come de sopra che recepti o dia recepto in alcun modo ad alcuno exbannito, sotto la pena et alla pena de cento ducati doro, da applicarse come de sopra.
“Jtem che non sia alcuna persona come de sopra che ardisca de andare in maschara, sotto la pena et alla pena de doi tracti de corda et vinticinque ducatj doro per ciasche persona et ciasche volta, da applicarse come de sopra.
“Jtem che non sia alcuna persona come de sopra che tenga corte (riunioni) in casa, né ardisca tener corte tanto in casa, quanto nelle strade, né de dì né de nocte in modo alcuno, sotto la pena et alla pena de cinquanta ducatj doro per ciasche persona et ciasce volta, da applicarse come de sopra.
“Jtem che non sia alcuna persona come de sopra che ardisca jocare al joco de la Cutulella dentro dela cità, sotto la pena et alla pena de dece ducati per ciasche persona et ciasche volta, da applicarse come de sopra.
“Jtem che ogne persona possa accusare ciascheduno che jncurrerà nelle sopradicte pene o jn alcune de epse, al quale serrà data fede con juramento et serrà tenuto secreto et guadagnarà la quarta parte della pena.
.......................................................................................................................
“Jtem che de tucte et singule cose se possa procedere per jnquisitione et sia dato fede ad un testimonio solo con juramento.
.......................................................................................................................
“Jtem se bannisce ... che ognuno che menerà in mano dela corte alcuno exbannito per homicidio, si serrà delli exbannitj, seli remecterà el banno et si altri guadagnarà dece ducati.
“Jtem che ad ognuno sia lecito occidere et fare occidere li exbanniti de pena capitale sensa jncorrere jn pena alcuna.
“Jtem che tucti quelli (che) havessero o sapessero chi havesse robe de sbannitj, le debiano revelare alla Signoria del sopradecto sig.or Governatore, overo ad sui officialj per tucto el dì de hoge (oggi) et chi le avesse, assignarle sotto pena et alla pena de cinquecento ducatj doro de facto alla Camera apostolica da applicarse et ai contrafacientj da tollere”. (2011)
8 - Dal periodico “AMERIA” dell'8 Gennaio 1899, sotto il titolo “Disgrazia”, si legge:
“Al legno che riconduceva la commissione del Comizio Agrario di Spoleto alla stazione di Narni, oltrepassato di poco il secondo ponte della discesa di S. Pellegrino, si distaccava improvvisamente la bilancia.
“A tale contracolpo il vetturino cadeva di cassetta abbandonando le redini e il cavallo si dié a precipitosa fuga attaccato alla bilancia che gli faceva luogo di sferza. Dopo varie ricerche fu ritrovato dentro un piccolo burrone in uno stato deplorevole, per cui fu d'uopo di ucciderlo. Apparteneva al vetturino Pietro Ciancuto. I viaggiatori ne uscirono fortunatamente incolumi”. (2012)
9 - Occorre procedere alla nomina del medico condotto, il cui mandato annuale è scaduto. Il notaio verbalizzante, in funzioni di Cancelliere, Andrea di Carità di Perugia, il 9 Gennaio 1400, con parole improntate ad aulica oratoria ed a reminiscenze classiche, fa precedere l'argomento da trattare con tale ornata espressione: "Quia qui rei publice statum et generaliter cupit stare fastigium ad universa debet esse sollicitus" poiché chi desidera il buono stato della cosa pubblica ed in genere la sua alta condizione deve preoccuparsi di tutto, gli Anziani, "volentes circha eiusdem rei publice comodum de salubri remedio providere et moras rumpere omni temporis quoniam sepe nocuit differre paratis" volendo provvedere con salutare aiuto al giovamento della stessa cosa pubblica e senza indugio di tempo, poiché spesso l'attesa nuoce a chi è pronto all'azione (e qui il buon Cancelliere cita -invero alquanto a sproposito- quasi testualmente la frase che Lucano, nel "Pharsalia", mette in bocca a Gaio Scribonio Curione, per sollecitare Cesare a marciare contro Roma: "Tolle moras: semper nocuit differre paratis"), gli Anziani, si diceva, "nemine discordante", ad unanimità di consensi, "eligerunt, deputaverunt etiam et refirmaverunt Virum Egregium et medicine doctor magistrum Johannem Angeli de Reate, medicum et pro medico dicte civitatis et comitatus Amelie" nominarono e riconfermarono quale medico della Città e contado di Amelia l'egregio Dottore in medicina Giovanni Angeli da Rieti, con stessi salario, patti e condizioni convenuti nella sua precedente condotta. (2006)
9 - La Camera Apostolica aveva il monopolio del sale, come ancora ai tempi nostri quest’ultimo appartiene allo Stato, insieme a quello dei tabacchi. L’approvvigionamento di un bene tanto indispensabile, nel tardo medioevo, veniva appaltato al miglior offerente. Il 9 Gennaio 1465 nelle riformanze si trova annotato che, per l’anno appena iniziato, “nemo obtulit velle conducere dictum sal ad civitatem Amerie ab Urbe Roma quam infrascriptus Julianus” nessuno si offrì di rifornire di sale la Città di Amelia, prelevandolo dalle salare di Roma, eccettuato un tal Giuliano, che si disse disposto a farlo “ad rationem trigintaunius bononenorum pro quolibet rubro et xxxvj bon. pro tota quantitate supra dictum pretium” per 31 bolognini per rubbio, oltre ad altri 36 bolognini per l’intera quantità di sale fornito “et dictum sal pro dicto pretio extrahere de salaria urbis rome et conducere in salariam communis Amerie omnibus suis sumptibus et expensis” e, per il detto corrispettivo, estrarlo dalla salara di Roma e portarlo nel deposito della Città di Amelia, a proprie -si fa per dire- spese. Alla unanimità, gli Anziani approvano l’offerta di Giuliano. Parafrasando il Padre Dante, come “sa di sale” il sale altrui! (2010)
10 - Nell’adunanza del Consiglio Speciale dei Dieci, in data 10 Gennaio 1547, Salvato Sandri fece, fra le altre, la seguente arringa:
“Moniales S.te Caterine petunt: quadam Menica meretrix expelli debeat ex domo in qua ad presens habitat propter eius inhonestissimam vitam; quae domus est contigua cum Monasterio”. Si chiede “quid agendum”. Cioè: le monache di S.Caterina chiedono che una certa Menica, che tiene una casa di meretricio accanto al Monastero, venga allontanata, a causa della sua vita disonesta. Cosa fare?
Il Consiglio delibera di prendere una decisione così importante insieme al Consiglio Generale, che viene convocato lo stesso giorno in 22 membri. Quindi, essendo in totale 32 votanti, venne adottata la seguente risoluzione:
“Quod D.nus Potestas provideat quod Menica amplius non habitet prope Monasterium”: provveda il Podestà a darle lo sfratto.
Tale decisione prevalse “per palluctas albas triginta, non obstantibus duobus nigris”; cioè con 30 voti favorevoli e 2 contrari.
C’è da pensare che la Menica potesse fare affidamento almeno su due clienti molto affezionati! (1998)
10 - Nel Consiglio dei Dieci del 10 Gennaio 1605, "requisito et cohadunato" nel palazzo anzianale, fu letta la seguente proposta:
"Essendosi più volte trattato di cercare far moderare le dote de Zitelle da monacare, et non essendovici mai fatto opra, se pare di scrivere a Roma, a chiunque bisognarà, con riccomandare questo negotio à Mons. Farrattino et à chiunque sarà necessario per questa causa".
Ser Angelo Cerichelli propone di rimettere la questione agli Anziani, che avranno autorità di far quanto necessario e scrivere lettere "a chi bisognarà quante bisognaranno" ed eleggere quattro cittadini "che pareranno alli Signori Antiani i quali habbiano autorità di trattar questo negotio con Mons. Rev.mo Vescovo in Amelia et in Roma bisognando".
La proposta del Cerichelli venne approvata con i voti favorevoli di tutti, meno uno. (2005)
10 - Il 10 Gennaio 1526, da parte degli eredi di Giuliano Sandri viene presentata agli Anziani un’istanza, con la quale gli stessi, che si autodefiniscono “parvuli sed nobiles natu” modesti, ma di nobili origini, “narrant qualiter extra muros Civitatis eiusdem habent quoddam pomerium” espongono di possedere, fuori delle mura cittadine, uno spazio aperto (giardino) “ubi Primates Amerini ac Advene” nel quale i maggiorenti di Amelia ed anche stranieri “hylari fronte recepti recreari solent” piacevolmente accolti sogliono ricrearsi, “in eiusdem Civitatis decus non mediocre et nobilibus locus amenissimus” a decoro non indifferente della Città e come luogo assai piacevole per i cittadini nobili; “nihilominus in prefatum pomerium nonnulli trochorum seu ruzularum lusores continue ingressum habentes maxima et intollerabili perturbatione vexant” e tuttavia, in detto spazio, alcuni giocatori di ruzzola si introducono continuamente, arrecandovi la massima ed intollerabile molestia. Gl’istanti, che s’indugiano a lungo a descrivere tale indesiderata intrusione con termini roboanti (“maximum damnum iacturam et detrimentum”), chiedono che a nessuno venga concesso il permesso di entrare in detto spazio senza licenza e permesso dei proprietari, “sub pena unius ducati auri” sotto pena di un ducato d’oro, da assegnarsi per un terzo al Comune, altro terzo a favore del proprietario del terreno e l’ultimo terzo sia destinato all’ufficiale procedente. Si concede quanto richiesto. (2009)
10 - Il 10 Gennaio 1498 si delibera, fra l’altro, “quod mictantur duo viri ad custodiam Turris Ramici pro duobus mensibus proxime futuris et sint muniti pane et alijs eis necessarijs ad victum pro dictis duobus mensibus, cum salario quatuor ducatorum de carlenis singulo mense” chi si inviino due uomini alla custodia della Torre di Ramici, per i due mesi successivi e vengano forniti di pane e di quanto altro necessario al loro vitto per i detti due mesi, con un salario di quattro ducati di carlini per ogni mese.
Il giorno successivo il consiglio è chiamato a far fronte ad un’altra emergenza: “Nuper venerunt oratores Castri Lugnani et exposuerunt quod illi de Alviano contra eos minantur; cumque ibi sint congregate multe gentes; iccirco, territi timore, petierunt ut mictantur illuc viginti pedites pro eorum tutela et defensione” sono testé giunti oratori da Lugnano, esponendo che quelli d’Alviano minacciano la Comunità ed ivi sono assembrate molte genti ed essi, presi da grande timore, fanno richiesta che vengano inviati colà una ventina di fanti a loro difesa e garanzia; “petierunt insuper eis mutuare due salme farine pro substentatione ipsorum” hanno chiesto, inoltre, che vengano loro concesse in prestito due salme di farina, per loro sostentamento. In considerazione della alleanza che “ex antiquis” lega le due Comunità, si delibera che “mictantur quindecim pedites hoc est unus per Banderatam per decem dies et ultra si opus et necesse fuerit ad custodiam et defensionem dicte terre Lugnani” vengano inviati quindici fanti, cioè uno per ogni banderata cittadina, per dieci giorni ed anche di più, se sarà necessario, per la custodia e la difesa della terra di Lugnano. Il giorno 13, stipendiati dalle Contrade, che si assumono anche l’onere del prestito della farina, partono i 15 fanti alla volta di Lugnano. (2010)
10 - Nel consiglio decemvirale del 10 Gennaio 1520 si affronta, fra l’altro, un problema di svalutazione monetaria: “extant jn manibus heredum Jo. Laurentij Cerichellj octuaginta florenj vel circa quatrenorum cum insigne Leonis; quid agendum ne viliores fiant” sono restati nelle mani degli eredi di Gian Lorenzo Cerichelli circa 80 fiorini di quattrini (c. d. “bianchi”), con le armi di (papa) Leone, di spettanza del Comune; si chiede cosa fare per impedire che il loro valore possa ancora diminuire. Il consigliere Aurelio Boccarini, definito dal Cancelliere “vir gravissimus” uomo di grande serietà, propone “quod vendantur cum minori jactura Comunis et jmpendantur jn jnstaurando horologio” che vengano spesi nel modo meno gravoso per il Comune e si impieghino nella ristrutturazione del pubblico orologio, che -evidentemente- ne aveva bisogno.
Nello stesso consiglio, con voti unanimi, si delibera: “concedatur Riccio Pricanj salvus conductus permanendj Ameriae jndeque discedendj suo arbitrio et voluntate” cioè di concedere a tal Riccio di Pricano un salvacondotto che gli consenta la permanenza in Amelia e di ripartirne poi quando deciderà, a suo giudizio, di farlo. (2011)
11 - L’11 Gennaio 1472 gli Anziani eleggono Vicario del Castello di Sambucetole Nicolò Cocle “natione greco, genere romano”, greco di nazionalità e romano di stirpe, “cupientes exequi capitula et pacta tecum inita” desiderosi di dare esecuzione ai capitoli e patti stipulati con lui (il 20 Marzo 1471). L’investitura viene pronunziata in modo solenne: “Te dominus Nicolaus prefatum Vicarium et officialem dicti Castelli S.ti Focetuli per decennium continuum hodierna die omine (sic) bono inceptum et ut sequitur felicibus auspitijs terminandum” Te, Ser Nicolao quale Vicario ed ufficiale del detto Castello di Sambucetole, per un decennio continuativo ad iniziare sotto buon augurio dal giorno odierno e continuando fino al suo termine con felici auspici “tenore presentium et dictorum capitulorum vigore vocamus, creamus eligimus atque deputamus” a tenore dei detti e dei presenti capitoli chiamiamo, creiamo, eleggiamo e deputiamo, “cum potestate et baylia procedendi contra delinquentes in mallefitijs sine sanguine, extraordinarijs et damnis datis et eos mulctandi, puniendi et corrigendi ut juris fuerit” con potere ed autorità di procedere contro i delinquenti nei reati non di sangue, straordinari e danni dati, applicare multe, punizioni e correzioni secondo la legge. Il Comune di Amelia riserva, comunque, a proprio favore, la metà delle pene pecuniarie applicate dal Vicario, nonché “reservatis nobis et communi nostro furtis, homicidijs et mallefitijs cum sanguine quorum cognitio ad commune nostrum spectat et pertinet” la giurisdizione in materia di furti, omicidi e reati di sangue, che resta di esclusiva competenza del Comune di Amelia.
Il successivo 17 Gennaio si dà atto, da parte degli Anziani, che “pro victu grecorum seu sclavorum habitantium in castro S.ti Focetuli” per il sostentamento dei coloni greci di Sambucetole, dall’università di Porchiano vengono date in prestito sei salme di grano, da quella di Fornole, due salme e quattro quartarole e, da quella di Frattuccia, quattro salme, da restituirsi a suo tempo dopo il raccolto. Allo stesso Nicolò Cocle vengono dati in affito due terreni piantati a vigna, di cui uno al voc. Canale, in contrada Battifolle e l’altro allo stesso vocabolo, in contrada detta La via delle Casaline. (2008)
11 - Il giorno 11 Gennaio 1419 nelle riformanze risulta annotato quanto segue:
“Petrucciolus alias Viçola publicus bannitor et preco communis Civitatis Amelie retulit mihi Lodovico de Orto Cancellario Communis predicti” Petrucciolo, detto Vizola, pubblico banditore del Comune della Città di Amelia ha riferito a me, Lodovico da Orte, Cancelliere comunale, “se dicto die ex parte mandato et commissione dominorum Antianorum Populi Civitatis prefate publice palam et alta voce sono tube premisso in plateis et alijs publicis locis dicte Civitatis Amelie ubi solitum est banniri” di aver lui, per incarico e mandato degli Anziani del Popolo della Città, pubblicamente, apertamente e ad alta voce, premesso uno squillo di tromba, nelle piazze e negli altri luoghi pubblici della Città, dove è consuetudine effettuare bandimenti, “bannisse et preconizasse quod quecumque persona vult emere quoddam petium terre devolutum ad dictum commune Amelie, positum in tenimento Amelie in contrata Orvestule in vocabulo Ragni iuxta bona Giocij vicciuti de Amelia et alia latera, quod olim fuit Lelli gacce et nunc dicti communis Amelie” bandito pubblicamente che chiunque voglia acquistare un pezzo di terra di proprietà e spettanza del Comune di Amelia, sito in suo territorio, in contrada Urbestole, al vocabolo Ragno, confinante con proprietà di Gioccio Vicciuti di Amelia ed altri, un tempo di proprietà di Lello Gaccia ed ora del Comune suddetto, “compareat coram cancellario Communis predicti ad faciendum scribi se et oblationem suam, seu quantitatem quam expendere intendit pro dicto petio terre, qui vendetur plus offerenti” si presenti dinanzi al cancelliere comunale e si faccia registrare con il nome e con l’offerta, cioè con il prezzo che esso intende pagare per acquistare detto pezzo di terra, che verrà venduto al miglior offerente. (2009)
12 - Il Cardinale Colonna, da Roma, invia agli Anziani di Amelia, il 12 Gennaio 1413, la seguente missiva:
"Concio sia cosa che le Castella che Braccio (da Montone) tiene in quel di Peroscia (Perugia) debbiano in pochi dì venire allemano de N.S. (il papa) però de comandamento de la S. Sanctità ve scriviamo et pregiamo (preghiamo) ve piaccia fare davere XXV fanti (presi) tra la ciptà et lu comitato (contado) vostro per diece dì et alle vostre spese (e ti pareva!) et stiano apparecchiati ogni fiata che dal Magnifico Capitano Paolo Ursini serranno richiesti et ad questo non siate negligenti, ma presti poiché è stato (ordinato) de N.S. et fate per voi per ogni rispecto et maxime perché la gente dellarme sessenterà (si assenterà) dal vostro paese. Valete (State sani!)".
Tre giorni dopo, Bindaccio (forse un capitano di ventura al servizio di Todi) fa riferire agli Amerini che i militi destinati "de mandato" del Cardinale Colonna "ad custodiam castri Corsciani" non se ne partiranno, se prima il Comune di Amelia non sborserà loro 31 fiorini. Piove sul bagnato! (2001)
12 - Di seguito allo Statuto amerino del 1441, nella copia manoscritta in cui è stato trascritto il breve confirmatorio di Papa Pio IV del 18 Marzo 1560 ed individuato come "Codice Farrattini", risultano riportati i "Capitoli dell'arte de bifolci", redatti sotto il pontificato di Paolo III (1534-1549), ma senza una data precisa. Nelle riformanze del 12 Gennaio 1605, detti capitoli vengono riportati e nuovamente formulati ed approvati. Da essi, si ricavano le seguenti notizie di carattere finanziario:
"Che, delli denari di detta Arte" si debbono assegnare, fra l'altro, "scudi cinque ogn'anno al Camerlengo della Comunità per conservarli per far le cappe ogni tre anni alli famigli di Palazzo, quali in modo alcuno non si possino convertire in altr'uso.... et ducati uno per ciascuno che pigliasse lupi nel distretto d'Amelia".
La caccia ai lupi oggi apparirebbe del tutto obsoleta, sia per mancanza degli stessi, sia per il mutato rapporto dell'uomo verso questi magnifici animali. Ma circa un secolo addietro, essi frequentavano ancora le nostre zone e potevano rappresentare qualche pericolo per le greggi al pascolo. Fino agli anni '30, venivano organizzate battute al lupo, che spesso si concludevano in una piacevole scampagnata. Ricordiamo la gustosa conclusione della lirica che il Sig. Augusto Attili mise in bocca al popolare Lolletto, che, durante una battuta verso Coalana, si trovò faccia a faccia con il lupo:
"Quann'èccote che tutto 'n d'una botta,
te vedde propio, comme 'n'allumita,
du' occhi grossi comme du' linterne:
venèano 'n sune pe' la scampurita!
-Ce semo!- fece, accanalzai lo schioppo,
me messe a mira... ma si nu' l'esse a coja?
Me venne addosso tamanta paura,
che commenzai a tremà comme 'na foja.
Furtuna fu ch'el lopo, tutt'un botto,
mustra che col tremà vedde da moa,
scagno de seguitane 'mmerso mene,
prese all'injò pe' la casella noa.
Scappai a gamme piagnenno comm'un potto,
lo seguitai a guardane arret'un pioppo,
ma anco' ce tremo, ché si venea da mene,
me sse saria magnato anche lo schioppo!”
(2005)
12 - Con la seguente dedica "alle Nobilissime Dame e Cavalieri" della Città di Amelia, venne presentato il libretto dell'intermezzo a quattro voci "Le finte gemelle", che si rappresentò "nel Teatro dell'Illustrissima Città" nel Carnevale dell'anno 1781:
"A Voi, gentilissime Dame, ed ornatissimi Cavalieri dar vogliamo un attestato del nostro profondissimo rispetto col porre sotto gli auspici vostri questo giocoso Componimento. Avrà egli certamente un incontro felice, se colla frequenza l'onorarete. Se da Voi sarà riconosciuto atto a procurarvi qualche diletto, favoritelo coll'acclamazione; se poi indegno lo ritrovarete della vostra sofferenza, usateli, vi supplichiamo, la grazia di giovarlo col silenzio. Gradite quest'umile tributo dell'animo nostro ossequiosissimo e colla più profonda stima ci rassegniamo di Voi Nobilissime Dame, e Cavalieri Umilissimi, Devotissimi ed Obbligatissimi Servidori. Amelia 12 Gennaio 1781 - Gl'Impresari".
L'intermezzo venne musicato da "Niccolò Piccini Maestro di Cappella Napolitano". Direttore fu Carlo Peruzzi Maestro di Cappella della Cattedrale d'Amelia. Autore del libretto, stampato a Foligno da Pompeo Campana Stampatore vescovile, fu Giuseppe Petrosellini, romano. Vi è una "protesta" degl'Impresari così concepita: "Tutto ciò che si trovasse non essere uniforme a sentimenti della Santa Romana Chiesa, si protesta l'Autore essere abbellimento della Poesia, essendo egli vero Cattolico".
La trama consiste nella trovata di un'astuta giovane ricca di impersonare due gemelle, per prendersi gioco di due semplicioni.
Le parti femminili risultano interpretate da "Virtuosi" delle Cattedrali di Viterbo ed Amelia. Valga quanto già detto sotto la data del 2 Gennaio. (2006)
12 - Presenti gli Anziani ed il consiglio maggiore, convocato "ad sonum campane et vocem preconum" il 12 Gennaio 1327, su mandato del podestà, quest'ultimo propone che si deliberi "quid placeat providere" cosa si intenda provvedere "Magnificis viris Stephano de Columpna et Poncello de filijs Ursi" nei riguardi dei magnifici Signori Stefano Colonna e Poncello Orsini "pro militia de ipsis noviter celebranda" per la loro recente nomina a cavalieri. Il consigliere Paolo Paoluzzi propone che "pro parte dicti communis" da parte della comunità di Amelia, si stanzi "usque in quantitatem .l. florenorum et minus ad arbitrium Antianorum et decem de populo" una somma che non ecceda i 50 fiorini d'oro e possibilmente meno, ad esclusivo giudizio degli Anziani e del consiglio decemvirale. La proposta viene accettata con 57 voti favorevoli e 19 contrari. (2007)
13 - A causa del devastante terremoto di Avezzano, il 13 Gennaio 1915, in Amelia crolla la parte sommitale del campanile di S. Francesco, ed anche il fabbricato dell’ex convento, nel quale era allogato il Collegio Convitto Boccarini, subisce danni tanto gravi da dover essere sgomberato per ragioni di sicurezza. (1998)
13 - Agapito Geraldini, segretario del duca Valentino Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, in data 13 Gennaio 1503 scrive, da Città della Pieve, agli Anziani di Amelia la lettera, dalla quale si stralciano i seguenti brani:
"Haverite in gran parte intesi li grandi et gloriosi gesti di questo magnanimo principe producto (creato) da dio ad depressione de li Tyranni et liberatione d'Italia oppressa in ogne parte et lacerata più crudelmente da li Italiani che da li extranei.
"L'ordine suo è stato exeguire prima la impresa allui (Cesare) comessa da lo papa et dal collegio de punire et deprimere li Tyranni dela Romagna et de Camerino, excomunicati et privati per solenne sententia, li stati de li quali erano (stati loro) concessi (dal papa).
"Et dopo questo metterse ad quiete tucto lo stato de la chiesa come fa al presente, advisandove che in questo campo di seicento homini darme, de milli cavalli legeri et de septemilia fanti, tucti recapati (scelti) per el fior de le compagnie Italiane, Franzesi et Svizari non se crida altro che libertà, libertà.
"El suo proposito è prima sbattere (battere) collo exercito li capi et più possenti Tyranni como ha facto, non restandoli altro che Pandolpho Petrucci, per essere già messer Joanne Bentivoglio sottomesso, tanto che più non se pò desiderare da luj.
"Dopo questo se reducerà lo exercito a le stantie (nelle guarnigioni) et quietamente con el bastone della bambace (il guanto di velluto) se punirando (puniranno) li tiranni et reduranse le cose al debito essere (al loro posto). Ad fin che le città et populi de sancta chiesa per opera de questo signore (Cesare) possano dopo tanti affandi (affanni) restorarse et godere in pace. Ma ad fin che non manchiate ad qualunque bona occasione, seria importante che le Signorie vostre provedessero de constituire pienissimo arbitrio (di dare pieno mandato) in uno pochissimo numero de cittadini, et che mandassete uno qua informatissimo delle cose vostre ad fin che io possesse (potessi) intendere l'essere et interesse (lo stato ed i bisogni) et forze de la comunità (di Amelia) per fare qualche buono disegno" (per potervi aiutare)”.
La lettera, che, pur volutamente celebrativa delle gesta del Borgia, presenta e lascia chiaramente trapelare spunti di sincero patriottismo, ebbe, come conseguenza, la decisione, presa il 20 successivo, di inviare -"cum uno equo"- Aurelio di Lodovico Boccarini "orator deputatus" "ad Ducam Romandiole" ed al suo segretario Agapito Geraldini "felici auspicio", cioè bene augurando circa la buona riuscita della missione. (2004)
13 - E' di fondamentale importanza per la sicurezza della Città che le sue porte restino ben chiuse durante la notte. Il 13 Gennaio 1330, Anziani e consiglio del popolo "comuniter et concorditer" ordinano "quod aliquis portanarius Civitatis Amelie non audeat aperire vel aperiri facere aliquam portam, pustquam de sero causa fuerit, usque ad diem sequentem, hora debita et consueta" ogni custode delle porte della Città non ardisca aprire o far aprire alcuna porta dopo la sua chiusura serale, fino al dì seguente, all'ora dovuta ed usuale, "sine consensu et presentia" senza il consenso e la presenza di almeno quattro Anziani "et qui contrafecerit in c. libris vice qualibet per potestatem qui pro tempore fuerit puniatur" e chi contravenisse, sia condannato dal podestà in carica a cento libre di multa, per ogni trasgressione.
Sotto la stessa data, abbiamo l'elenco delle persone elette dagli Anziani "ad tenendum claves portarum dicte Civitatis" per la custodia delle chiavi delle porte cittadine. Eccolo:
A Giacomo Fattucci e Simeone Nicolai, le chiavi della Porta Posterola, una per ciascuno di essi.
A Colao di Mastro Tommaso e Comparuccio Cecchi, le due chiavi della Porta Busolina, una per ognuno.
A Mastro Angelo di Andrea, Colao Angelelli, Martolomeo (sic) Iuncole e Lollo Fratazzoli, le quattro chiavi della Porta Gilionis (Leone).
A Colozio Guidi e Bernardo Nordi, le quattro chiavi della Porta della Valle e dello sportello, due per ciascuno.
A Lucciarello di Nicola e Pacciara di Pietro, altre due chiavi della porta della Valle, una per ognuno.
A Tozzio Gherarducci e Marco di Mastro Giacomo, le due chiavi della Porta di S. Nicola, une per ognuno.
A Lucio di Giovanni Lacoli e Pietro Ghirardelli, le due chiavi della Porta di S. Maria, una per ciascuno.
Da quanto sopra, si deduce che le porte della Città, all'epoca, erano più di quelle tradizionalmente conosciute. (2007)
13 - Nella seduta consiliare del 13 Gennaio 1556 si parla, fra l'altro, “de octuaginta bononenis concedendis et confirmandis Cappellano Cappelle Palatij et lampada” dell'offerta di ottanta bolognini da farsi al Cappellano della Cappella del Palazzo anzianale, compresa l'alimentazione della lampada votiva. Il Consigliere Stefano Vatelli -“Prudens vir”- propone che gli ottanta bolognini “solvantur per Cammerarios dicto Cappellano et non dominis Antianis” vengano pagati da parte del Camerario in carica direttamente al Cappellano e non agli Anziani: il “prudens vir” si è veramente dimostrato tale! (2012)
14 - Giovanni Battista Bugatti, meglio noto come “Mastro Titta”, iniziò la sua “carriera” di giustiziere di S. Santità (leggi: boia del papa), effettuando la prima esecuzione a Foligno, nel marzo del 1796. La sua seconda “performance”, guarda caso, avvenne proprio in Amelia, il 14 Gennaio 1797, impiccando tal Sabatino Caramina, reo di omicidio.
Tale notizia, come quelle che citeremo più avanti, sono state desunte dal libretto delle “Annotazioni”, tenuto dal Bugatti, dov’egli registrava con pignolesca diligenza tutte le condanne capitali che fu chiamato ad eseguire nel corso della sua lunghissima carriera, che si concluse l’11 giugno 1864, dopo la 514^ esecuzione, quando venne collocato a riposo con una pensione di 30 scudi mensili da Pio IX, “in vista della di lui senile età e dei lunghissimi servigi”.
“Mastro Titta” ebbe occasione di “dar spettacolo” in Amelia altre due volte: il 20 maggio 1806, per l’esecuzione della sentenza di “impiccaglione e squarto” di tal Pasquale Rastelli, reo di omicidio e grassazione ed ancora il 20 ottobre 1855, quando decapitò tal Arcangelo Finestraro (Finistauri?), da S. Buceto (Sambucetole?), condannato per uxoricidio.
A giudicare dai nomi dei tre condannati, nessuno di loro sembra sia stato amerino, tranne forse l’ultimo.
(Notizie desunte -con beneficio d’inventario- dal libro “Mastro Titta - Le memorie del boia di Roma”, di autore ignoto e prefazione di Bernardino Zapponi - Arcana Editrice - 1971- Roma). (2000)
14 - Il giorno 14 Gennaio 1465, l'amerino Credio di Gian Fasci ricorre agli Anziani perché venga riconosciuta la sua innocenza nella causa intentata contro di lui, incolpato di aver ferito a morte tal Dionigi di Gervasio. Come primo teste, viene sentito prete Clemente di Luca, il quale riferisce di aver inteso, quando si portò a confessare il ferito Dionigi, anzi, come lo stesso Dionigi confessò ("cum ipse Dionisius confessus fuit"), che, nella rissa nella quale lo stesso fu ferito, Credio non partecipò. Viene sentito quindi tal Scalabrino, che depone di aver udito di persona che il ferito domandò di far pace col padre di Credio ed in quella circostanza, lo stesso se ne uscì con queste parole "io li voliva fare uno spavento". Il teste, poi, confermò che, nella rissa che ne seguì, intervennero Onesto e Oddone, fratelli di Credio, ma non quest'ultimo. (2001)
14 - Il 14 Gennaio 1327 viene esibita agli Anziani ed al Consiglio decemvirale una petizione da parte di Vitale di Leo, giudeo romano, abitante in Amelia, con la quale lo stesso espone che, nello statuto cittadino risulta essere stato previsto nei suoi confronti "tamquam contra specialem personam et nullam aliam personam tangat" ed espressamente soltanto contro di esso e non riguardi altre persone, un articolo "quod loquitur quod ipse Vitalis seu iudeus solvat dativam per quingentas libras cortonenses" che recita che esso Vitale ebreo debba pagare a titolo di imposta 500 libre cortonesi. Trattasi, quindi, di un balzello "ad personam", del quale lo stesso Vitale chiede "sit cassum" l'annullamento, pagando già, per gl'immobili che possiede, le relative imposte "ut alij cives de Amelia" come gli altri cittadini di Amelia, tanto più che ebbe a prestare soldi al comune diverse volte "temporibus retroactis" nei tempi passati "et iam sunt anni et nec capitale nec lucrum possit rehabere" e sono già anni che non ha potuto riavere né capitale. né interessi.
Ci si limita a ribadire la validità dello statuto e quanto in esso stabilito, con buona pace di Vitale. (2007)
14 - Il consigliere Bernardino Cerichelli, del Nobile Consiglio dei Dieci, il 14 Gennaio 1708 formula la seguente proposta:
“Sentendosi generalmente da’ nostri Contadini che l’acque continuate da sì longo tempo siano pregiuditiali, e per l’istanze fatte dal Popolo e come anche per la notitia, che si ha esser fuori la Colletta ‘ad perorandam serenitatem’ (per impetrare il bel tempo), son di parere che ancor Noi ricorriamo con ogni maggior divotione alla nostra Gloriosissima Vergine Assunta, e che perciò l’Ill.mi Sig.ri Antiani favorischino far fare l’istanza a’ Sig.ri canonici di scoprirla per otto giorni, per implorare il suo divino aiuto”.
La proposta fu approvata “viva voce”. (2008)
15 - S. Mauro. Il 15 Gennaio, la liturgia della Diocesi amerina commemorava S. Mauro abate quale patrono minore. (1996)
15 - Il 15 Gennaio 1434 venne convocata la cerna, cioè l’assemblea generale dei cittadini e delle autorità, nella sacrestia della chiesa di S. Agostino, per deliberare i provvedimenti da prendere contro Foce, ribellatasi all’autorità di Amelia fin dall’Agosto dell’anno precedente. Alcuni delegati ad investigare in merito, riferirono che Gualtiero de Zamponerijs, luogotenente di Nicolò Fortebracci “in cuius potestate manet dictum Castrum Focis, contentatur et vult dare in manibus communis Amelie dictum castrum Focis sed vult pro ipso castro sexcentos florenos auri infra terminum quindecim dierum proxime futurorum” sotto il cui potere trovavasi il castello di Foce, per cederlo al Comune di Amelia pretendeva che gli venisse liquidata la bella somma di 600 fiorini d’oro entro quindici giorni. Ma le casse comunali erano vuote. Franco di Ser Giacomo, uno dei Consiglieri, propose, drasticamente, che “dictum castrum Focis capiatur pro communi Amelie ita et cum hoc quod funditus diruatur” Amelia riconquisti il Castello per distruggerlo dalle fondamenta e si paghi a Gualtiero quanto richiesto; Giacomo di Ser Arcangelo, altro consigliere, propose di nominare alcuni cittadini, i quali, insieme agli Anziani, avessero autorità “assectandi inter Guelfos Amelie dictas quantitates denariorum solvendorum” di ottenere i denari necessari al riscatto del Castello dai Guelfi di Amelia; il consigliere Giovanni di Francesco propose di cercare crediti sia fra i guelfi, che fra i ghibellini e che, a questi ultimi, vengano restituite dai guelfi le somme eventualmente anticipate “Guelfi solvant de eorum proprio et restituantur denarij quos solverint guebellini”. Infine, il consigliere Giovanni Petrignani propose che “ad hoc quod Guelfi solvant, prout dictum est et nullus iuvet eos impediendo dictam executionem” per costringere i guelfi a pagare ed affinché non vi sia chi si adoperi per impedirlo, “teneatur et debeat solvere de suo proprio communi predicto nomine pene altertot denarios quot ille quem iuvare voluerit” costui sia obbligato a pagare di tasca propria al Comune, a titolo di pena, altrettanto denaro quanto si fosse adoperato ad evitarne il pagamento da parte dei guelfi.
In Amelia prevaleva, all’epoca, tendenza ghibellina e l’odio di parte verso i guelfi, cui, forse, appartenevano i fociani, era vivo anche nella nostra Città. (2008)
15 - Il 15 Gennaio 1498 si dà notizia che “vir doctissimus Magister Angelus Morectus de bononia conductus et electus a Communitate Amerina in preceptorem scolarium Amerinorum per unum annum proxime futurum die supradicta ... ingressus est suum munus docendi discipulos” il dotto Maestro Angelo Moretti di Bologna, eletto e nominato dalla Comunità di Amelia quale precettore degli scolari amerini per il venturo anno, ha fatto il suo ingresso, in detto dì, nell’insegnamento. Lo stesso giorno, con una successiva annotazione nelle riformanze, si comunica che il medesimo Maestro è comparso dinanzi agli Anziani “in unum collegialiter congregati” collegialmente riuniti in udienza nel palazzo anzianale “et exibuit et presentavit eis publico nomine recipientibus furchectam unam argenti” ed ha esibito e consegnato loro, che l’hanno ricevuta a nome della Comunità, una forchetta d’argento, “ponderis unius untie et octave lighe, additis tamen bolenenis duodecim, qui deficiebant in pondere dicte furchecte, ut ex forma eius electionis tenebatur” del peso di un’oncia e un ottavo di lega, cui vengono tuttavia aggiunti dodici bolognini, che mancavano al peso della forchetta, come la solennità dell’elezione richiedeva.
Maestro Angelo sarà pure stato uomo dottissimo, ma la forchetta non la poteva portare leggermente più pesante? (2010)
16 - Con una lunga supplica presentata al Consiglio dei dieci da Bartolomeo alias Zucolini, del fu Menecuccio Zuchi il 16 Gennaio 1454, definendosi fedelissimo servitore ed uomo infelicissimo "ultra sortem conditionis humane", espone di essere stato condannato in contumacia alla pena capitale "per Dominicum Christofori de Urbe", Podestà di Amelia "prossime preteritum", cioè appena uscito di carica, "eo quod dicitur ipsum Zucholinum laqueo suspendisse Isabectam olim suam uxorem in quadam camera posita in sua domo" cioè per aver appiccato ad un laccio Isabetta sua moglie in una stanza della casa, "ex quo quidem suspendio eadem Isabecta mortua est", per la quale inpiccagione la stessa Isabetta ha tirato le cuoia. L'imputato riconosce "esse verum et iustum et decentissimum", cioè non contesta la verità della sua azione, pur riconoscendola giusta e addirittura assai conveniente (!), poiché illustra la sua defunta consorte come "immoderate libidinis mulier" donna di una sfrenata libidine, "sic per totam civitatem Amelie publice privataque vulgatissima fama dignoscitur", come si può rilevare sia privatamente, quanto da una divulgatissima fama pubblica, "quod tantum dedecus non solum homo qui rationis est particeps, sed bruta fere animalia tollerare non possit", il cui obbrobrio non solo per un uomo raziocinante, ma neppure fra gli animali bruti può venir tollerato. Per i motivi esposti, lo Zucolini, a difesa della sua dignità, "cohactus fuit facere" si vide costretto a compiere l'uxoricidio, "ne diu ante oculos et in ore gentium fabulis versaretur", affinché non si favoleggiasse più a lungo delle infedeltà di sua moglie.
Chiede che la sua supplica voglia essere esaminata "vestra admirabili clementia et pietate" con tutta la clemenza e la comprensione che il caso richiede e che venga prosciolto dalla sentenza di condanna "ob dictum suspendium" per l'impiccagione, "occasione tam iustissima ultionis, quo cetere nupte mulieres illius exemplo fidem maritalem servare condiscant" e che, da una così giusta punizione, le altre donne maritate traggano esempio per ben custodire la fedeltà coniugale.
A questo punto, Pellegrino Arcangeli, uno del Consiglio dei Dieci, propone che la decisione in merito alla richiesta cassazione della sentenza di condanna venga esaminata e discussa dal Consiglio Generale. Questo, riunitosi lo stesso giorno, delibera che "primo idem Zucholinus teneatur pacem habere cum Paulello et inde solvat camerario Communis ducatorum triginta auri", cioè che il proscioglimento dalla condanna capitale venga subordinato alla pace da fare con Paolello (probabilmente il padre della disgraziata sua moglie) ed al pagamento della somma di trenta ducati d'oro, da versarsi al Camerario del Comune. La proposta viene approvata con quarantasei voti favorevoli e quattro contrari.
Poco mancò che a Bartolomeo, invece di una condanna di uxoricidio, venisse tributata una omoranza pubblica, per aver eliminato dalla circolazione una donna di una moralità tanto chiacchierata! (2004)
16 - "Magnifici domini Antiani existentes in sala superiori palatij ipsorum solite residentie", gli Anziani, adunati nella sala superiore del palazzo della loro solita resideza, il 16 Gennaio 1446, "vacantes circha comoditatem et utilitatem communis", preoccupandosi di fornire al comune da loro amministrato comodità ed utilità, "videntes quod campana grossa communis Amelie multoties propter occurrentia devastatur et per aliquos dies postquam est devastata pulzare (sic) non potest sine periculo maioris incomodi", avendo constatato che la campana maggiore del comune, a causa dell'uso fattone in molteplici occasioni si è deteriorata e da alcuni giorni non può più venir suonata senza pericolo di gravi conseguenze, "dederunt et locaverunt dictam campanam ad actandum per quatuor annos proxime futuros Bartholomeo Angelelli Celli", ne affidarono la manutenzione per i prossimi quattro anni a tal Bartolomeo di Angelello di Cello, che potrà farsi aiutare nella bisogna da suo figlio Pietro "omnibus ipsius Bartholomei sumptibus et expensis de omni eo quod pro actatione dicte campane esse necessarium", con accollo di tutte le spese necessarie, comprese quelle per l'acquisto del metallo, per la riparazione e la manutenzione della campana; "et pro salario et mercede "fecerunt ipsum Bartholomeum et Petrum eius filium exemptes pro dictis quatuor annis de custodia dumtaxat ordinaria" e come compenso e salario, concessero a Bartolomeo ed a suo figlio l'esenzione, per quattro anni, dal prestare l'ordinario servizio di guardia. Nell'eventualità che Bartolomeo nei quattro anni stabiliti venisse a mancare, il figlio supersite "ad predicta non teneatur observare ultra voluntatem ipsius Petri", non sarà tenuto a continuare il lavoro paterno, se non lo vorrà, ma, in tal caso, "non sit amplius absens a custodia", non potrà più beneficiare dell'esenzione dalla custodia ordinaria.
Chissà se gli odierni sindacati sarebbero stati d'accordo?
Ma di un'altra singolare occorrenza dovettero occuparsi gli Anziani nella stessa tornata.
"Advertentes circha honorem officij Antianatus", cioè consapevoli dell'onore che comporta in sé l'ufficio dell'Anzianato", considerato che "temporibus retroactis multoties accidit quod aliqui de numero Antianorum iverint ad apotecham barbitonsoris ut radi se facerent", prima d'ora molto frequentemente è avvenuto che alcuni Anziani si recassero alla bottega del barbiere per farsi radere "et propter concursum civium talem operam expectantes recesserunt et non potuerunt radi" ed a causa del numero dei clienti in attesa, dovettero tornarsene indietro senza potersi fare sbarbare, "pro honore et dignitate dicti officij, ordinaverunt, deputaverunt et eligerunt in barbitonsorem Antianorum pro futuro Johanuctium Cecchi", in considerazione dell'onore e della dignità connessi con l'ufficio di Anziano, ordinarono, deputarono ed elessero (e dico poco!) a barbitonsore degli Anziani Giovannuzzo di Cecco, il quale, "ad requisitionem dominorum Antianorum qui pro tempore fuerunt toties quoties fuerit requisitus, exceptis diebus sabati vigilia nativitatis Domini Nostri Yhesu Xpj et vigilia beate Marie de mense Augusti venire debeat ad corradendum dominos Antianos omnes vel separatim ad eorum libidum (sic) in palatio predicto" a richiesta degli stessi Anziani in carica ed ogni volta che ne sarà richiesto, ad eccezione dei giorni precedenti il Natale e la festa della Madonna d'Agosto, dovrà accedere al palazzo anzianale ad esercitare la sua arte di barbitonsore e radere uno o più Anziani per volta, a loro piacere e domanda "et pro ipsius Johanuctij salario et mercede pro dicto exercitio et magistero (addirittura!) fecerunt ipsum exemptem a custodia Civitatis Amelie tam diurne quam nocturne, omni meliori via Juris modo et forma quibus magis et melius facere potuerunt" e per la sua prestazione -per la quale viene usato un termine degno di una magistratura!- gli Anziani assegnarono a Giovannuzzo, quale compenso, l'esenzione dal servizio di guardia sia di giorno che di notte, "ipso Johanuctio presente et acceptante", con l'accettazione dello stesso Giovannuzzo, presente alla delibera.
E, così, con una investitura degna di ben più alto incarico di quello di un sempice barbiere, con il pretesto di salvaguardare la dignità e l'onorevolezza della loro carica, gli Anziani la fanno in barba -è il caso di dirlo- ai comuni clienti che attendono il loro turno nella bottega del barbitonsore.
A proposito, ma non esistono anche oggi esercizi di barbieria riservati agli onorevoli? (2005)
16 - Dal periodico AMERIA del 16 Gennaio 1898 si ricava la seguente notizia, sotto il titolo “Cucine economiche”:
“A cura di questo Municipio, che è addivenuto alla formazione di un comitato di benemerite persone, il 19 corrente verranno aperte le cucine economiche con distribuzione di minestra e pane al modico prezzo di L. 0,10. Abbiamo letto in apposito manifesto il caldo appello che l’egregio nostro Sindaco fa alla generosità dei cittadini perché concorrano alla buona riuscita di tale opera filantropica e noi, nell’elogiare quanto egli ha fatto, non possiamo che unire le nostre alle sue raccomandazioni”. (2009)
16 - Il 16 Gennaio 1326 gli Anziani ed il consiglio dei X emanano un provvedimento in base al quale “omnes forenses qui in Civitate Amelie habitant vel habitabunt in posterum in aliqua domo propria vel conducta teneantur facere omnia servitia publica excepta guardia Civitatis” tutti i forestieri che abitano in Amelia o che vi abiteranno in futuro, in casa di proprietà o in affitto, siano tenuti a prestare i servizi pubblici, esclusa la guardia cittadina “et teneantur et debeant solvere pro qualibet familia camerario communis mense quolibet duos soldos” e siano del pari tenuti a pagare al camerario comunale due soldi al mese per ciascuna famiglia. Seguono alcuni nominativi, fra i quali Maestro Stefano medico, Nannello Petrozzi, Filippetto di Spoleto, Baschietto, Erricuccio e Nallo Pellizzari di Spoleto, i quali “ad dictas fatiendas et solutionem nullatenus sint gravati” non siano obbligati alle suddette prestazioni ed al pagamento di cui sopra.
Il successivo giorno 17, gli Anziani procedono ad eleggere i notai Ser Angelo Cecchi e Maestro Pietro Andreucci, affinché provvedano all’aggiornamento dei registri del Catasto cittadino, nonché Maestro Angelo Zuzzoli, Andrea Jorni, Maestro Cardinale, Conte, Janne, Maestro Giovanni di Maestro Bartolo, Maestro Angelo Conti, Maestro Nicolò di Marco, Luzio di Pietro e Maestro Pietro Andreuzzi, “super iure reddendo in causis civilibus” per amministrare la giustizia nelle cause civili. (2010)
16 - Il 16 Gennaio 1506 gli Anziani, riuniti in udienza, “studentibus rebus publicis peragendis, auctoritate eis per consilium publicum et generalem ... concessa” intendendo applicarsi alla soluzione di problemi di utilità pubblica, per autorità loro concessa dal maggior consiglio cittadino, “ut fontes Sancte, Quinque et nucichie preserventur mundi ac nitidj, dederunt locaveruntque mundationem dictorum fontium et eorum curam, vice et nomine Comunis Amerie, Jacobo petri Jacobi Rubertj de Ameria” affinché le fonti della Santa, delle Cinque e di Nocicchia siano mantenute pulite e di gradevole aspetto, a nome del Comune, concessero in appalto la manutenzione di dette fonti e la loro cura a Giacomo di Pietro di Giacomo di Roberto di Amelia, “qui Jacobus” il quale Giacomo, “constitutus personaliter coram dictis Magnificis Dominis Antianis, sponte promisit et se obligavit” costituito personalmente dinanzi ai detti Anziani, di sua propria volontà promise e si obbligò “dictos fontes mundare ... et mundos retinere continue quotiens fuerit opus atque fuerit sibi jnjunctum per M. D. Antianos qui pro tempore fuerint” di nettare dette fonti e provvedere a mantenerle costantemente pulite, intervenendo ogni volta che fosse necessario e che venisse a lui richiesto dagli Anziani allora in carica “et e converso prefati M.ci D.ni Antiani” e, a loro volta, gli stessi Anziani “promiserunt, dederunt atque concesserunt dicto Jacobo” promisero e concessero a detto Giacomo, accettante, “exemptionem a dativis jmponendis ... durante tempore quo ipse mundabit, mundos ac puros retinebit fontes predictos” esenzione dalle dative imponende durante il periodo in cui monderà e manterrà pulite dette fonti, “videlicet quod prefatus Jacobus non teneatur ad solutionem dativarum jmponendarum pro salario potestatis qui pro tempore fuerit, sed a predictis datis sit liber jnmunis atque exemptus” ed, in particolare, che detto Giacomo non sia tenuto a pagare le imposte che verranno applicate per far fronte al salario del podestà in carica pro tempore, ma ne sia immune ed esente; “contuleruntque prefati M. D. Antiani ... predicto Jacomo facultatem atque potestatem denumptiandj et accusandj quosque deturpantes atque jmpedientes predictos fontes aut ipsorum aliquem aut turpitudinem seu jmmunditiam in ipsis fontibus aut eorum aliquo facientibus” gli stessi Anziani conferirono, altresì a detto Giacomo facoltà e potestà di denunziare ed accusare tutti coloro che deturpassero o facessero qualche impedimento nelle fonti o in alcuna di esse o vi facessero o vi gettassero cose immonde “et de eo quod occaxione predicta pervenerit in Comune habeat quartam partem pene” e di tutto quello che, in conseguenza di quanto detto sopra, entrasse, a titolo di pena, nelle casse comunali, abbia la quarta parte. (2011)
16 - Sotto la data del 16 Gennaio 1538 nelle riformanze risulta trascritto un breve di papa Paolo III, del giorno 2, inviato da Roma e indirizzato al Cardinale Grimani, Legato di Perugia e dell'Umbria, con il quale il pontefice fa presente che alle lettere che “Dilecto filio et secundum Carnem nepoti nostro Alexandro Cardinali de Farnesio, S.te R. E. Vicecancellario” il diletto figlio e, secondo la carne, nipote del papa, Alessandro Farnese, Cardinale e Vicecancelliere di Santa Romana Chiesa “ad te nostro nomine scribet, fidem jndubiam adhibeas et ea omnia que per easdem litteras circonspectioni tue ordinabunt, perinde exequaris, ac si nos ipsi ea ad te scriberemus” scriverà ad esso Legato, a nome del papa, venga attribuita piena fede e che tutto quanto, con le stesse, venisse ordinato, sia eseguito, come se fossero state scritte dallo stesso pontefice.
Alessandro Farnese era figlio del figlio del papa Pier Luigi (non per niente era stato chiamato “secundum carnem nepoti nostro”) ed era stato creato cardinale a soli quindici anni, nel quadro di uno sfrenato nepotismo purtroppo praticato in quel periodo nella corte pontificia. Nel corso degli anni, Alessandro si rivelò un grande mecenate, terminando i lavori -iniziati dal nonno- dei palazzi della casata a Roma ed a Caprarola, affidati ad architetti del calibro di Antonio da Sangallo e del Vignola e facendo edificare anche la Chiesa del Gesù. (Notizie desunte dall'opera di Claudio Rendina “I PAPI storia e segreti” Newton Compton Editori). (2012)
17 - Il Cardinale Albani, con un ordine circolare della Sacra Congregazione del Buon Governo, comunicata agli amministratori amerini il 17 Gennaio 1818, sulla composizione del "pane misto", impartisce le seguenti istruzioni:
"1° - Il pane misto dovrà in avvenire esser composto di due terzi di farina di grano e di un terzo di patate, o farina di grano turco.
2° - Ogni altro genere, ossia qualunque altra farina di altre granaglie, non potrà mischiarsi nella composizione di esso.
3° - La pagnotta del pane misto dovrà eccedere di una mezz'oncia il peso della pagnotta del pane bajoccante, così detto, ossia di quella qualità dalla quale si toglie la semola ed il tritello". (2001)
17 - Il 17 Gennaio 1456 gli Anziani, insieme ad una gran parte dei conestabili della Città ed a molti cittadini, discutono circa quanto contenuto in alcune lettere inviate agli stessi Anziani da parte del Governatore, del Rettore del Patrimonio e di Corrado Orsini, comandante “exercitus Sancte Romane Ecclesie” dell’esercito pontificio “super stantijs et allogiamento prefati M.ci d. Curradj et suorum gentium in Civitate Amelie” circa la ricezione ed alloggiamento in Città del detto Corrado e sue genti armate e “habito inter eos sollempni ratiocinio et squitrinio qualiter in Civitate Amelie non est stramen pro substentamento convenienti predictarum” dopo aver fatto fra essi attento ed approfondito esame ed essersi reciprocamente confrontati circa la impossibilità da parte della Città di accogliere ed alloggiare le truppe dell’Orsini, “deliberaverunt esse mittendum oratorem ad Urbem” si decide di inviare un ambasciatore a Roma a chi di dovere (cardinali, Colonna, Orsini, ecc.) “ad allegandum causam quare non esset possibile quod gentes M.ci d.ni Corradj possent allogiare Amelia” per spiegare la ragione per la quale non è possibile dare ricetto alle genti di Corrado “ex defectu straminis” per mancanza di stalle e luoghi di accoglienza, in quanto “Communitas Amelie habuit et habet gentes Magnifici Armorum Conductoris Anzelini de Canalj et Virgilij sui fratris” la Comunità di Amelia sta già alloggiando le genti del Comandante Angelino di Canale e di suo fratello Virgilio e si supplichi, quindi, “ut dignemini communitatem amplius nolle gravare” che si degnino di non voler ulteriormente gravare la Città con altri insostenibili pesi.
L’onere di recare a Roma una simile perorazione viene assegnato al nobile Pirramo Nacci, affinché “omni modo via jure et forma quibus melius potuerit” si adoperi nel miglior modo possibile di sostenere le giuste ragioni degli Amerini.
L’ambasciata del Nacci sembra produrre esito positivo, com’è attestato da una lettera inviata il 28 Gennaio successivo agli Anziani, da parte di Simone de Thebaldis di Roma, che si firma “d.ni n.ri pp. Medicus Cubicularius”, cioè medico cubicolario del papa, nella quale si dice che il pontefice accoglie la petizione degli Amerini, specificando che verrà inviato ordine a chi di dovere “notificandoli che la S.tà de N. S. non vole in Amelia e né in Lugnano alluogj altra gente che quella che sta al presente dellì”.
Per sanare, almeno in parte, i malanni di Amelia non ci voleva niente di meno del medico cubicolario del papa! (2009)
17 - Il 17 Gennaio 1426 il maggior consiglio cittadino è chiamato a deliberare su alcune materie di varia natura.
La prima è quella di decidere cosa fare, “cum de novo venit in communi Amelie quedam lictere ex parte Senatoris et populi Romani, inter alia continentes quod Civitas Amelie mictat tempore carnisprivij sex luxores Cives Amelienses ad faciendum ludum Testacij cum insignis debitis” essendo nuovamente giunta in Comune, da parte del Senato e del Popolo Romano, la richiesta di inviare, in tempo di carnevale, sei giostratori cittadini con le relative insegne per l’esecuzione del gioco del Testaccio, “Et castrum porchiani mictat duos anulos de Argento cum duobus pomis deduratis” ed anche il Castello di Porchiano invii due anelli d’argento, con due pomi dorati. Si decide di inviare due oratori “cum insenio .x. florenorum domino pape” con un regalo da porgere al pontefice di 10 fiorini “et ad posse defendantur jura communis” e facciano quanto è nelle loro possibilità per difendere i diritti della Città e, per alleviare il peso gravante sul Castello di Porchiano, si faccia presente, anche con l’invio di qualche uomo di fiducia dei Porchianesi, che “nunc est necesse” v’è urgenza di provvedere alla riparazione ed alla difesa del castello e tanto meno (“nedum”) è il caso che si spendano denari per divertire il popolo di Roma.
Altro argomento da trattare riguarda un provvedimento da adottare in favore dei meno abbienti: “cum videatur utile pro comoditate pauperum et forensium quod in die dominico forenses possint vendere bladum in civitate Amelie sine aliqua pena” poiché sembra cosa utile per i poveri ed i forestieri che questi ultimi possano venire in città le domeniche a vendere granaglie, senza incorrere in alcuna sanzione. Si approva con 35 voti favorevoli e 19 contrari.
Altro argomento trattato nella stessa giornata riguarda la supplica che Angelello Duita e Antonio Capocecere, porchianesi, ma da tempo obbligati ad abitare in Amelia -non se ne conoscono le ragioni- presentano agli Anziani ed ai consiglieri la richiesta “considerata senectute dictorum Angelelli et Anthonij quod possint redire ad proprios lares in dicto castro” di poter tornare presso i “lari domestici” nel detto Castello, in considerazione della loro età ormai avanzata. Si concede, con 43 voti favorevoli e 11 contrari. (2010)
17 - Il pittore Gian Francesco Perini aveva una vertenza nei confronti di coloro che gettavano terra ed altri materiali nel sottostante terreno coltivato a vigneto, di sua proprietà, “in loco ubi vulgariter dicitur 'el muro rotto' juxta portam S.ti Nicolaj” nel luogo volgarmente chiamato 'il muro rotto' (probabilmente identificabile con l'attuale Morrotto), presso la Porta di San Nicolò, della quale si sono perse le tracce. Il 17 Gennaio 1538 vengono uditi alcuni testi, fra i quali “Venerabilis Presbiter Angelus Cechini” il Reverendo Angelo Cecchini, il quale, sotto giuramento, “deposuit qualiter a quinquaginta annis citra vidit semper per quoscunque in dicto loco proici terraplenum” dichiara che, da cinquant'anni ha sempre visto gettare terra da chiunque nel detto luogo ed, inoltre, che, al tempo in cui “Sanctorus Mannosius demolivit quandam domum” Santoro Mandosi demolì una certa sua casa, “jnde proiecit totum terraplenum nemine prohibente” da quel punto gettò tutto il materiale di risulta, senza che nessuno si opponesse ed, in particolare, “quod vidit audivit et presens fuit de loco et tempore ut supra” che fu personalmente presente in tale circostanza. La stessa testimonianza giurata viene, poi, resa da Arcangelo Papa, Riccio Archinelli (altrove Cinelli), Bernardino di Apollinare, Scoglio di Corpellino, Perello Tosi “et multis alijs” e da molti altri, i quali aggiunsero, altresì, di aver sempre veduto gettare “in dicta cloaca” in detto ricettacolo “terraplenum et animalia mortua” terra ed anche carogne di animali, “omnibus videntibus et nemine contradicente preter Perinum qui jmpedire tentavit” alla vista di tutti e senza proteste da parte di alcuno , tranne che del Perini, che tentò di opporvisi, “nihilominus penes Dominos Antianos et Curiam dicto tempore existentes nihil potuit obtinere” e tuttavia non poté ottenere nulla né dalla Curia (del Podestà), né dagli Anziani allora in carica, in quanto lo scarico in detto luogo “fuit et est consuetudo inveterata” è sempre stata -ed è tuttora- consuetudine sempre praticata.
Il giorno 21 successivo Ser Ludovico Nacci, in rappresentanza (“Procurator”) del Comune di Amelia e di molti cittadini interessati alla causa, recatosi “in loco differentie” sul luogo del contestato scarico, nel quale era stato convocato anche il Perini, “pro ultimo et peremptorio termino ad probandum” quale ultimo e perentorio termine assegnatogli per provare il suo assunto, “jn dicta ultima hora dictus Procurator nomine quo supra contumaciam accertavit jpsius Jo: Franciscj non probantis” scaduto detto termine, il Nacci, nel sua accennata qualifica, accerta e fa dichiarare la contumacia dello stesso Perini, che non si è presentato e non ha addotto alcuna prova a difesa della sua tesi. Il giudice, “visa contumacia prefati Jo: Francisci eidem ne jgnorantia pretendat, prorogavit terminum trium dierum ad probandum” constatata la contumacia del Perini, proroga il termine ultimo per consentire allo stesso di produrre le prove delle sue ragioni e, affinché questi non possa addurre ignoranza, gli fa notificare la decisione il giorno 24.
Il 28 seguente, scadenza dell'ultimo termine, si ripete la stessa scena ed il Perini, anche questa volta, non si presenta. A questo punto, il giorno seguente 29, viene pronunziata la sentenza definitiva da parte del “Judex et collateralis Domini Potestatis Fabius Satibonus de S.to Gemino” giudice Fabio Satiboni di Sangemini, collaterale del Podestà, il quale, “visis testibus productis ... eorumque iurata examinatione et depositione” dopo aver ascoltato la deposizione giurata dei testimoni prodotti, “visis pluribus dilationibus datis et concessis prefato Jo: Francisco ad probandum et allegandum in causa quidquid vellet et posset, in quo termino nihil probavit” viste le molteplici proroghe concesse al Perini per esibire le prove come meglio intendesse e potesse fare, a difesa delle sue ragioni e non avendone potute addurre, nei termini prefissati, a beneficio di quanto asserito e preteso, dopo essersi recato di persona sul luogo, insieme agli Anziani ed a molti altri cittadini, constatato “quod dicta projectio non obest menibus Communis” che il detto getto non reca pregiudizio alle mura comunali (ciò che, dal punto di vista della pubblica incolumità, rivestiva maggiore importanza), visto ... ecc. ecc., “Christi nomine repetito, sedentes pro tribunali in audientia Palatij Antianalis in quodam scanno ligneo” invocato più volte il Nome di Cristo, sedendo in uno scranno di legno, per il tribunale, in udienza nel Palazzo anzianale, pronuncia “sententiam diffinitivam”, dichiarando che il getto contestato dal Perini “ex antiqua et inveterata consuetudine servitutem ex ea fuisse et esse prescriptam” costituisce, per inveterata consuetudine, una servitù ormai maturata ed acquisita, “unicuique inde licere et permissum fore et esse proici, nemine prohibente, dummodo non impediatur aliquo modo” e, quindi, a ciascuno sia lecito lo scarico e nessuno possa opporsi ed impedirlo in qualche modo “et in futurum unicuique impune concedimus dictam proiectionem” e, per l'avvenire, si autorizza chiunque ad effettuare impunemente tale discarica.
E, così, il nostro illustre pittore Gian Francesco Perini -anche per colpa della sua trascuratezza- dovrà continuare a sopportare una tale gravosa servitù!
18 - Poiché nella Città di Amelia “pro utilitate et conservatione corporis hominum et ipsorum sanitate” vi è necessità di “uno et experto fisicali medico” ed essendovi attualmente (cioè il 18 Gennaio 1399) in Terni “quidam Magister Johannes de Reate medice artis doctor”, cioè dottore nell’arte medica, la cui fama come “expertissima persona tota per provincia resonat”, si procuri di farlo venire in Amelia, pattuendo un corrispettivo di 100 fiorini d’oro all’anno, a carico del Comune, alla condizione che null’altro abbia a pretendere dai pazienti per le sue prestazioni. (1999)
18 - Il 18 Gennaio 2006, alle ore 7,05 antimeridiane, un tratto di circa 25 metri delle mura cittadine, sul lato est, lungo l'area un tempo occupata dalla c.d. "pineta dell'Impero", crollava rovinosamente, trascinando seco le impalcature e le attrezzature predisposte per il loro restauro, senza -fortunatamente- provocare danni a persone. Le polemiche circa le cause del crollo e le eventuali responsabilità non tardarono a partire e, certamente si trascineranno per lungo tempo.
Sembra che l'ancoraggio delle dette impalcature alle mura, già pericolanti, e la costipazione di terra con mezzi meccanici eseguita al di sopra delle stesse, non siano da escludere fra le cause determinanti del crollo.
A noi piace porre in evidenza che la cura delle nostre mura, antiche di oltre 2500 anni e vanto della Città, fu oggetto, in ogni tempo della loro lunga storia, di quanti, chiamati all'amministrazione cittadina, ebbero a cuore la incolumità sia delle stesse mura, che della cittadinanza loro affidata.
Ne abbiamo un esempio nella riunione del Consiglio generale del 3 Novembre 1602, nella quale, "de bono publico", si espose che "essendo le muraglia de la Città piene de fichi, et d'altre materie, che ruinano esse muraglia, è bene che li sig.ri Antiani le facciano tagliare ... et perché in dette muraglia sono anco alcuni busci causati da acqua, et vento, che tuttavia se fanno maggiori, è anco bene (che) quelli se faccino ratturare". La decisione di provvedervi sollecitamente venne approvata all'unanimità, senza attendere il verificarsi di crolli sul tipo di quello sopra lamentato.
E così, mentre i nostri predecessori del XVII secolo e di ogni periodo della nostra trimillenaria storia, con i loro primitivi ed inadeguati mezzi, riuscirono a conservare e tramandarci più o meno intatte le mura cittadine, noi, malgrado le moderne, avanzate tecnologie -o forse a causa di esse?- non ci siamo riusciti:
"Quod non fecerunt barbari..."
(2007)
19 - Giovanni Nalli, detto Volpe, di Lugnano, Antonio di Paolo, Andrea Tortorini, Bartolomeo di Nicolò, Pietro Nigri, Johannes Antonio Capoceciare, Angelo Dande, Giovanni Cioli, Agnalutio Bartholomej, Joanecto Maccini, caduti prigionieri di Bartolomeo detto Ragio de Castronovo, “Capitaneum” di certe genti d’arme, e loro accoliti, sono detenuti nel Castello di Marinata e su di essi è stata posta una taglia di 400 fiorini d’oro.
Per il loro riscatto, amici e parenti contraggono un mutuo con il mercante amerino Pellegrini Carlini, che viene stipulato dal notaio Ugolino Jacobutij di Amelia in data 19 Gennaio 1403, per una corrispodente somma. Pietro Macennis viene incaricato di pagare il riscatto, a condizione che “dicti captivi detenuti in castro Marinate” siano da Bartolomeo e soci rimessi “in pristinam libertatem et securi et liberi in castro Fornuli”. (2000)
19 - Il 19 Gennaio 1473 viene letta dinanzi agli Anziani la supplica di Gualterio di Lagoscello, tutore di suo nipote Cristoforo di Giuliano, il quale espone “se bene et diligenter dictam curam sive tutelam gessit” di aver esercitato il suo incarico di tutore con perizia e diligenza e di aver, dopo un anno, reso conto della sua amministrazione, ma che “ad instantiam quorundam suorum malivolorum” su richiesta di alcuni malevoli, “fuit ... formatum processum eo quod non redditit rationem administrationis secundum formam statutorum de mense vel post mensem octobris” venne sottoposto a processo, in quanto, secondo i vigenti statuti cittadini, non avrebbe rispettato il termine del mese di ottobre previsto per la presentazione del rendiconto dell’amministrazione del minore “adeo quod dictus Gualterius veniret condemnandus in quinquaginta libris denariorum monete currentis Amelie” sicché detto Gualterio dovrebbe essere condannato a pagare 50 libre di denari in moneta corrente in Amelia. Lo stesso si difende affermando che “iniustum esset” sarebbe ingiusto che chi ha operato bene e fedelmente ed ha reso debito conto dell’amministrazione, per una ragione puramente formale venisse condannato, “dicens statutum forte numquam plus fuerit usitatum”, tanto più che detta norma statutaria non verrebbe più applicata.
Considerando che trattasi di una questione di forma, a Gualterio, riconosciuto onesto e povera persona, si fa grazia della condanna. (2008)
19 - Il 19 Gennaio 1475 si stipulò un contratto, nel quale intervennero, da parte del Comune, il Sindaco Giacomo Tornana e, dall’altra, Mastro Vincenzo Giovanni da Viterbo, per sé e successori, con il quale quest’ultimo si obbligava a “reparare reficere et reaptare rotas et id omne quod deficeret horologio stanti in turri communis apud episcopatum Sancte Firmine” riparare, racconciare e riattare le rotelle e tutto quel che mancasse nell’orologio esistente nella torre comunale, sita presso l’episcopio di S. Fermina “ita et tali modo ut dictum horologium ad mensuram optimorum horologiorum horarum debitarum et solis tam die quam nocte respondeat omnibus suis sumptibus tam de ope seu fabricatione quam de rebus ad id efficiendum necessarijs” in modo tale che detto orologio, come dev’essere per i migliori di essi, (segni correttamente) le debite ore solari, sia di giorno che di notte, e (Mastro Vincenzo), a tutte sue spese, provveda a quanto necessario sia per la fabbricazione che per quant’altro occorresse alla sua efficienza. Inoltre, lo stesso Mastro Vincenzo si obbligò a “facere componere et aptare in platea Sancte Marie de Porta ubi Dominis aptius videbitur omnibus suis impensis et sumptibus magisterio et rebus necessarijs” fabbricare, assemblare ed attare, sulla Piazza di S. Maria di Porta, dove agli Anziani sembrerà più opportuno ed a tutte sue spese e con arte e materiali a ciò necessari, “speram solis et lune cum rotis et huiusmodi rebus idoneis cum radio aurato” una sfera del sole e della luna, con ruote e meccanismi idonei e con un raggio dorato, da cui “hore demostrarj et mirarj sine errore possint” le ore possano venir indicate e guardate senza possibilità di errore “ita et tali modo ac forma ut omnia dicta bene respondeant ad solis et lune mensuram et cursum” in tal modo e forma che tutte queste cose corrispondano in modo preciso alla misurazione ed al corso del sole e della luna, come “in alijs urbibus consuetum” è d’uso in altre città. Il tutto da consegnarsi in piena efficienza entro la fine del seguente mese di Febbraio e con la garanzia del perfetto funzionamento “per annos vigintiquinque venturos” per i successivi 25 anni. “Et hec omnia supradicta” E tutto quanto sopra indicato, Mastro Vincenzo “promisit facere componere et finire pro precio et nomine precij duodecim ducatorum ad rationem septuagintaduorum bononenorum pro quolibet ducato” promise di fare, costruire ed ultimare per il corrispettivo di 12 ducati, a ragione di 72 bolognini per ducato, dei quali, due ducati gli vennero pagati alla firma del contratto; il residuo gli sarebbe stato corrisposto ad opera compiuta ed ultimata.
Se si considera l’entità del lavoro che il povero orologiaio Vincenzo si obbligò a portare a termine, fra le rotelle mancanti all’orologio della torre comunale e la fabbrica ex novo dell’orologio completo delle fasi lunari da sistemare sulla Piazza di S. Maria di Porta, il corrispettivo di dodici ducati sembrerebbe una vera miseria!
Ma non sarà che qualche “rotella” mancasse anche a qualcun’altro? (2009)
20 - UN PROCESSO PENALE DELLA FINE DEL 1500
La richiesta del pagamento di un modesto credito scatena una sequela di vie di fatto, culminata in una scarica di randellate.
L'amministrazione della giustizia, alla fine del XVI secolo, nel territorio del Comune di Amelia, facente parte del Patrimonio di S. Pietro fin dal secolo VIII, era gestita, per gli affari criminali (cioè penali) dal Procuratore Fiscale, una sorta di pubblico ministero, dipendente dalla Curia e spesso rappresentato da un canonico. Questi, dopo l'atto di citazione, promosso d'ufficio o su querela di parte, istruiva il processo e sosteneva l'accusa, conducendo l'interrogatorio sia degli imputati che dei testimoni. Il verbale del dibattimento era redatto da un notaio della Curia, che era, anch'esso, per lo più, un ecclesiastico. I processi civili venivano, invece, istruiti e condotti dal Vicario Vescovile (1).
Si era ormai spenta l'eco degli statuti trecenteschi, che assegnavano il potere giurisdizionale al Podestà, il quale, pur se di nomina pontificia, rappresentava sempre una magistratura di impronta prettamente comunale, cui le rigide norme statutarie imponevano il severo obbligo di sedere "ad bancum juris in palatio comunis" ed ivi rimanere "a mane usque ad tertiam et a nonis usque ad vesperas", risolvendo ogni causa entro trenta giorni dalla citazione, mentre la relativa sentenza doveva venir eseguita entro otto giorni dalla sua pubblicazione (O tempora, o mores!).
Nei Comuni appartenenti a feudi baronali di investitura ecclesiastica, come molti di quelli della valle del Tevere, l'amministrazione della giustizia era ancora di competenza del Podestà, che veniva nominato dal "dominus et patronus" della famiglia feudataria.
Il Comune di Giove, nel quale si svolsero le vicende che interessano il processo preso in esame, era soggetto, fin dall' anno 1514, alla famiglia Farnese, che lo cederà soltanto nel corso dell'anno 1597 a quella dei Mattei.
I processi penali venivano verbalizzati dal notaio del Podestà. che spesso riuniva in sé entrambe le qualifiche: "coram me, Not. et Pot.", e redatti e conservati nel "liber criminalium".
E' da uno di questi libri, che è stato tratto il processo celebrato in data 20 gennaio 1597, del quale, in appresso, verranno riprodotti letteralmente alcuni singolari passaggi.
Mentre la verbalizzazione procedurale era compilata secondo un formulario in lingua latina, le risposte delle parti che venivano sottoposte ad interrogatorio erano riportate in lingua volgare ("vulgari sermone loquendo") e trascritte senza omettere espressioni di crudo verismo.
La vicenda che formò oggetto del processo in parola vedeva contrapposti: da una parte, i fratelli Francesco ed Alessandro F., di Giove e, dall'altra, Pierdomenico di Fazio F. e suo cugino Antonio F., pure di Giove. I cognomi, per discrezione, verranno indicati con le sole iniziali. Inoltre, per una migliore intelligibilità, si aggiungeranno, fra parentesi, alcune parole sottintese e qualche segno d'interpunzione, comprese le virgolette per evidenziare i discorsi diretti, mancanti nel testo originale.
Francesco F., principale imputato, chiamato a deporre sui fatti occorsi, dopo aver "delato juramento de veritate dicenda ... tactis, etc."; cioè, dopo aver prestato giuramento di dire la verità, toccando le sacre scritture ("tactis prius scripturis") interrogato: "ut seriatim enarret acta secuta inter ipsum et Pierdominicum Fatii F. sub die veneris proxima preterita" (cioè, affinché racconti con ordine i fatti intercorsi tra di esso e Pierdomenico di Fazio F. il venerdì testè decorso), rispose:
"Signore, la verità è che venerdì prossimo passato Pierdomenico di Fazio et io, trovandoci per la strada delle Molinelle dove si gioca alla ruzzula, venimmo a parole insieme, per conto di certi denari che io pretendevo da lui ... et erano doi pauli, et perché gli l'havevo domandati più volte et esso sempre mi ricusò darli, gli domandai, et esso mi disse: "chiamami in Corte ché non ti li voglio dare"... aI che io gli dissi ... "(il tuo) è atto da furbo!"... et esso mi disse: "furbo è un par tuo!" et mi dette una spinta et io gli dei un pugno, et in questo comparve Piervito ... et mi prese per un braccio ... et allora Pierdomenico ... con la ruzzola mi dette in testa et mi ferì et uscì sangue ... Piervito mi lasciò et presi un sasso et lo tirai verso Pierdomenico, ma non veddi che lo colpisse, et Antonio F. (cugino di Pierdomenico) mi abracciò dicendo: "via! la vada per la meglio, via verso casa!" et io mi partii ... et dormii in casa, et il sabbato mattina presi la roncola et l'accetta, et me ne andai alla vigna, dove ci stei poco et me ne tornai perché mio padre mi haveva mandato a chiamare, et alli Molinelli mio padre mi tolse la roncola, et mi restò l'accetta, et mi posi al sole alla Croce, et veddi Alessandro mio fratello quando andò in giù verso Tigliano et mi mossi per giungerlo et dirgli il tutto che mi era successo, et come fui al terreno di Messer Cencio a porta Romana, veddi li cani di Filiberto et, dubitando non ci fosse Pierdomenico ... uscii di strada tenendo sotto (la cappa) un bastone, quale havevo tagliato, sebene ne tagliai doi et uno lo buttai perché non mi piacque ... et mi incontrai in Antonio F. (da) solo, che portava in mano un padelluzzo, et mi disse: "a Dio, fracassa! Non ti sono valute le tue bravarie! con il tuo bravare, intanto, vai con il capo rotto!" et io gli dissi: "gramarìe a te, ché tu mi ritenesti!" et esso rispose: "tu menti per la gola! non dici il vero!" et io gli detti una spinta, et lui mi dette con quel padelluzzo, et io gridai: "agiuto! agiuto!" et Alessandro mio fratello (il) quale era innanzi, tornò indietro e disse: "che romore è questo?" et allora Antonio disse: "sì, venite, massa di becchi! voglio che mi cacciate il naso quà in culo!" et noi gli corremmo dietro et, esso fermatosi, io lo feci cascare in terra et gli dei sette o vero otto bastonate nelle natiche ... et Alessandro et Antonio cominciarono a contendere et Cianchetta Pietro et mio padre li partiro, et Cianchetta Caporione (dei birri) mi fece precetto (ché) venissi in palazzo, et venni in Roccha. Et questo è stato il fatto come è passato, et la verità istessa".
(1) Notizie desunte dalla cortesia del Prof. Emilio Lucci. (1996)
20 - Poiché è passato per Amelia un eccellente maestro orologiaio, che si è offerto di “facere unum arologium in campanili comunis positum iuxtam Ecclesiam S.cte Firmine” e giacché non comporterebbero alcun impedimento al suo funzionamento le campane ivi collocate, in considerazione che molti cittadini di Amelia sarebbero disposti a contribuire al pagamento dell’installando orologio, il 20 Gennaio 1442 il Consiglio è chiamato a decidere in merito.
Ma la questione sembra rivestire tale importanza, da richiedere l’intervento del Consiglio Generale.
Riunitosi il giorno dopo, si decide di nominare due persone “ut videbitur inveniendi pecuniam” e se riterranno che possa essere sufficiente la somma di 25 ducati. Si propone che gli Anziani, insieme a quattro cittadini, abbiano pieni poteri di contattare, per mezzo del vescovo, i canonici di S. Fermina, per sapere se essi saranno disposti a “manutenere dictum arologium”.
La proposta passa di stretta misura (17 voti favorevoli e 16 contrari).
Il 12 marzo successivo, in Consiglio Generale si torna sull’argomento dell’orologio e, questa volta con 13 voti a favore e 2 soli contrari, si stabilisce di rivolgersi ad un buon artefice, per l’esecuzione del lavoro.
Nove giorni dopo, l’incarico della detta ricerca viene affidato ai “prudentes viri” Ser Evangelista sr. Arcangeli et Angelus sr. Arcangeli Lelli.
Finalmente, il 30 aprile, l’artefice -si ignora se fosse colui che, per primo, si offrì di fare l’orologio- viene trovato nella persona di Maestro Petri Andree de Castro Sanguino, con il quale viene stipulato l’atto di commissione, per il corrispettivo di 40 fiorini d’oro, in ragione di 60 nuovi bolognini per fiorino.
Finalmente, l’orologio è al suo posto, ma occorre verificare se esso “stat bene ut requiritur”; cioè se corrisponde alle aspettative.
Il 9 dicembre Maestro Andrea da Foligno, su incarico degli Anziani, procede al collaudo dell’orologio e, dopo averlo esaminato, dichiara che “aliquis parvus defectus erat et quod statim Magistrus Petrus remediavit”; cioè che vi era qualche difettuccio, prontamente eliminato dal buon artefice, “et quod nunc bene stat et in forma debita ut requiritur”; e, cioè, che ora l’orologio è in perfetta forma.
Non resta ora che trovare qualcuno che si occupi del suo funzionamento (evidentemente i Canonici avevano declinato l’invito).
Il 31 dicembre 1442, viene conferito l’incarico a Maestro Cristoforo di Leonessa, con lo stipendio di 4 fiorini d’oro all’anno, in ragione di 70 bolognini per fiorino, da pagarsi in rate bimestrali, con decorrenza dal successivo primo gennaio. Che fine avrà fatto l’orologio del campanile? e dov’era collocato? (1999)
20 - Fra la fine del secolo XIX, e l'inizio del XX, in Amelia si pubblicarono diversi periodici. Vediamone alcuni.
Il 20 Gennaio 1889, uscì il primo numero de "LA SETTIMANA AMERINA - Corriere Settimanale della Città e Mandamento", di cui figurava Direttore e proprietario M. G. Calati, con ufficio presso la Tipografia A. Petrignani.
Nel Dicembre del 1895, iniziò le pubblicazioni,con uscita ogni due domeniche, "AMERIA", del quale figurava gerente responsabile Egisto Renzi e che veniva stampato dalla Tipografia Petrignani.
Nel 1902, con cadenza mensile (ed uscita a fine mese) vide la luce "L'ECO AMERINO", con gerente responsabile Domenico Quadraccia e direzione ed amministrazione in Via del Teatro n.8, stampato presso la Tipografia privata dell'Eco.
Tutti i detti periodici, che si interessavano sia di cronaca locale, che nazionale, ebbero vita breve, difficilmente superante il lustro. (2006)
20 - Il 20 Gennaio 1508 si stipulano i nuovi capitoli dei Banderari, approvati e confermati dagli Anziani e da quattro cittadini eletti dal consiglio generale. Se ne riportano alcuni passi.
"In primis, quod officium Banderariorum sit perpetuo duraturum" (L'istituzione dei Banderari abbia durata perpetua).
"Item quod officium Banderariorum presentium duret per annum quibus liceat eligere alios Banderarios ad eorum libitum et voluntatem durante dicto tempore eorum officij pro alio anno et sic de singulis" (L'ufficio dei Banderari attuali duri un anno e ad essi sia lecito eleggere i propri successori per l'anno successivo e così di seguito).
"Item quod nullus Banderarius possit eligi qui in dicto officio fuerit a duobus annis citra" (Nessun Banderario potrà essere eletto fra quelli già eletti nel biennio precedente).
"Item quod omnes Banderarij cum eorum brigatis et comitiva teneantur accedere ad palatium Mag.orum D. Antianorum pro quocumque rumore seu tumultu et eos sequi cum dictis brigatis et etiam accedere al palatium D.ni Potestatis ipsumque sequi et auxilium inferre pro viribus prout fuerit oportunum" (Tutti i Banderari, con le loro compagnie, siano tenuti ad accedere ai palazzi degli Anziani e del Podestà in caso di tumulti o disordini, recando loro ogni opportuno aiuto secondo le loro possibilità).
"Item quod nullus Banderarius possit poni ad torturam pro aliquo maleficio per aliquem ipsorum commisso ex quo non esset imponenda pena capitalis vel corporis afflictiva seu pro testimonio maleficij per aliquem alium commissum..." (Nessun Banderario possa essere sottoposto a tortura per qualche delitto da lui commesso, per il quale non sia prevista la pena capitale o corporale o per testimonianza di un delitto commesso da altri...).
"Item quod si quis aliquem Banderarium offenderet puniatur pena dupli contenta in statuto vel ordinamenti factis et fiendis si vero ipsi Banderarij aliquem offenderent similiter duplici pena in statuto contenta puniatur. Que punitio fiat finito tempore sui officij, Reservato quod si aliquis Banderarius commiserit aliquod homicidium talis homicida puniatur ac si non esset Banderarius...” (Se alcuno offenderà un Banderario, sia punito con una pena doppia di quella prevista in statuto ed ordinamenti e se sarà un Banderario ad offendere, sarà parimenti punito con pena doppia, da applicarsi cessato il suo officio, salvo che se commetta omicidio, nel qual caso venga punito come se Banderario non fosse...).
"Item quod nullus possit eligi Banderarius nisi sit triginta annorum adminus et si secus factum fuerit talis electio non valeat ipso jure" (Nessuno possa essere eletto Banderario se non abbia compiuto almeno trent'anni, altrimenti l'elezione sia nulla).
"Item quod predicti Banderarij ... debeant eorum officium jurare in manibus d.norum Antianorum" (I Banderari eletti debbano prestare giuramento nelle mani degli Anziani).
"Item quod predicti Banderarij una cum D.nis Antianis possint cogere et cogi facere omnes discordantes et odiosos ad faciendam concordiam et pacem de quocumque excessu et offensa sive iniuria et inhobedientes in predictis ... cogere constringere et carcerare ... et penam quam predicti d.ni Antiani et Banderarij duxerint imponendam de facto exigere ad voluntatem ipsorum d.norum Antianorum et Banderariorum". (I Banderari, unitamente agli Anziani, possano costringere e far costringere tutti i litiganti a riappacificarsi di ogni ingiuria ed offesa, incarcerare i recalcitranti ed esigere da essi la pena loro imposta dagli Anziani e da essi Banderari).
"Item quod in dicto numero Banderariorum non possint deputari procuratores notarij et advocati neque homines habentes publica officia cum salario Communis Amerie exceptis officijs D.norum Antianorum" (Nel numero dei Banderari non possano venir compresi procuratori, notai ed avvocati, né chi ricopre uffici pubblici stipendiati dal Comune, tranne l’ufficio dell'Anzianato).
"Item quod non possit esse in dicto officio Banderariorum qui non possideat bona stabilia qui ascendant ad summam et quantitatem quinquaginta ducatorum" (Non possa rivestire l'ufficio di Banderario chi non possiede immobili per 50 ducati).
"Item quod nullus Banderarius possit nec valeat ponere loco ipsius substitutum" (Nessun Banderario possa nominarsi un sostituto).
"Item quod in omni Consilio generale seu alia ... congregatione requirantur omnes Banderarij ad sonum campane et si non venerint quilibet ipsorum nisi licitam et evidentem habuerit causam incidat pena duorum carlenorum ..." (In ogni consiglio generale od altra congregazione siano convocati a suon di campana tutti i Banderari e chi non si presenterà senza giusta causa cada in pena di due carlini ...)
"Item quod presentes et futuri potestates non possint ascindicari sine presentia duorum Banderariorum eligendorum per D.nos Antianos sine aliquo salario et si secus factum fuerit talis ascindicatio nullius sit roboris vel momenti" (I podestà presenti e futuri non possano essere sottoposti a sindacato senza la presenza di due Banderari eletti dagli Anziani senza ulteriore compenso, altrimenti il giudizio sarà nullo e privo di effetto). (2007)
20 - Il 16 Gennaio 1506 gli Anziani, riuniti in udienza, “studentibus rebus publicis peragendis, auctoritate eis per consilium publicum et generalem ... concessa” intendendo applicarsi alla soluzione di problemi di utilità pubblica, per autorità loro concessa dal maggior consiglio cittadino, “ut fontes Sancte, Quinque et nucichie preserventur mundi ac nitidj, dederunt locaveruntque mundationem dictorum fontium et eorum curam, vice et nomine Comunis Amerie, Jacobo petri Jacobi Rubertj de Ameria” affinché le fonti della Santa, delle Cinque e di Nocicchia siano mantenute pulite e di gradevole aspetto, a nome del Comune, concessero in appalto la manutenzione di dette fonti e la loro cura a Giacomo di Pietro di Giacomo di Roberto di Amelia, “qui Jacobus” il quale Giacomo, “constitutus personaliter coram dictis Magnificis Dominis Antianis, sponte promisit et se obligavit” costituito personalmente dinanzi ai detti Anziani, di sua propria volontà promise e si obbligò “dictos fontes mundare ... et mundos retinere continue quotiens fuerit opus atque fuerit sibi jnjunctum per M. D. Antianis qui pro tempore fuerint” di nettare dette fonti e provvedere a mantenerle costantemente pulite, intervenendo ogni volta che fosse necessario e che venisse a lui richiesto dagli Anziani allora in carica “et e converso prefati M.ci D.ni Antiani” e, a loro volta, gli stessi Anziani “promiserunt, dederunt atque concesserunt dicto Jacobo” promisero e concessero a detto Giacomo, accettante, “exemptionem a dativis jmponendis ... durante tempore quo ipse mundabit, mundos ac puros retinebit fontes predictos” esenzione dalle dative imponende durante il periodo in cui monderà e manterrà pulite dette fonti, “videlicet quod prefatus Jacobus non teneatur ad solutionem dativarum jmponendarum pro salario potestatis qui pro tempore fuerit, sed a predictis datis sit liber jnmunis atque exemptus” ed, in particolare, che detto Giacomo non sia tenuto a pagare le imposte che verranno applicate per far fronte al salario del podestà in carica pro tempore, ma ne sia immune ed esente; “contuleruntque prefati M. D. Antiani ... predicto Jacomo facultatem atque potestatem denumptiandj et accusandj quosque deturpantes atque jmpedientes predictos fontes aut ipsorum aliquem aut turpitudinem seu jmmunditiam in ipsis fontibus aut eorum aliquo facientibus” gli stessi Anziani conferirono, altresì a detto Giacomo facoltà e potestà di denunziare ed accusare tutti coloro che deturpassero o facessero qualche impedimento nelle fonti o in alcuna di esse o vi facessero o vi gettassero cose immonde “et de eo quod occaxione predicta pervenerit in Comune habeat quartam partem pene” e di tutto quello che, in conseguenza di quanto detto sopra, entrasse, a titolo di pena, nelle casse comunali, abbia la quarta parte. (2011)
21 -Nel consiglio decemvirale del 21 Gennaio 1475 vennero prese in esame alcune petizioni.
La prima fu presentata dai frati del convento di S. Agostino, i quali, intendendo abbellire la chiesa, con aperture (“fenestras”) e rosone (“oculum”), non avendo i denari necessari, “supplicant et confugiunt ad hac communitatem” rivolsero suppliche confidando nell’aiuto della comunità amerina “que in alias occasiones benefica esse consuevit” che, in altre occasioni, ebbe a dimostrare la propria benevolenza. Proposero, quindi, che, per ogni ducato pagato dal Comune quale stipendio dei pubblici officiali, venisse prelevato “unus bononenus” un bolognino “convertendus in ornamentum dicte ecclesie”, da convertire in ornamento della detta chiesa. Tale richiesta venne loro concessa per la durata di un decennio.
A notizia, si ricorda che, sulla facciata di detta chiesa, ancora oggi si legge una lapide con la data 1477, di soli due anni successiva alla petizione sopra riportata e che, sulla parte inferiore del rosone, figura lo stemma della Famiglia Petrignani, che dovette contribuire in misura notevole all’esecuzione dei lavori.
Altra petizione venne presentata dal Priore degli Anziani dell’Ospedale S. Maria dei Laici che, per le necessità del nosocomio, chiedeva che gli venisse assegnato uno spazio per costruirvi un locale da adibire a magazzino (“apotecam”) sulla piazza di S. Maria di Porta “ubi pisces vendi solent” dov’era la vendita del pesce, da ricavarsi fra la scala in pietra per la quale si saliva alla chiesa di S. Maria, senza comunque impedirne l’accesso, ed il muretto dell’orto di Giovanni Petrignani, che doveva forse trovarsi, all’epoca, dove sorse poi l’attuale palazzo. Anche a tale richiesta si concedette il beneplacito, a condizione che, a spese dell’ospedale, sopra il costruendo locale, venisse edificata una loggia “que ad forj pulchritudinem et dicti hospitalis commodum pertineat” che servisse di ornamento alla piazza e di utilità per l’ospedale e con il divieto di ogni futura alienazione.
Si passò, infine, ad esaminare la supplica presentata da Bernardino di Giacomo da Orte, abitante in Amelia “condannato in libre de denari cento dodici et meza over circha per uno maleficio commesso per lui” che, probabilmente aveva inflitto percosse ad un conoscente “et poiché con lo offeso ha havuta et ha bona pace” e considerato che l’istante fosse “poverissimo homo humile servitore de questa magnifica comunità e de tucti li ciptadini de epsa, se degnino remecterli dicta pena o parte de epsa”. Gli si ridusse ad un quarto la condanna. (2008)
21 - Il 21 Gennaio 1474 gli Anziani assistono ad un edificante incontro, avvenuto fra Simonetto di Menico del Castello di Porchiano da una parte e Giovannello di Marco alias Marchetto, per sé e per i suoi figli Marco e Antonio, pure di Porchiano, dall’altra. Gli stessi, “sponte aperte ac libere et voluntario animo vicissim et inter se, videlicet unus alteri et alter alterj fecerunt bonam ac veram pacem tactu manuum et pacis osculo interveniente ac finem quietationem et generalem remissionem perpetuo valituram” spontaneamente, apertamente, liberamente e con piena volontà reciprocamente fra loro, fecero buona e vera pace, toccandosi le mani e scambiandosi il bacio della concordia, nonché finale, tranquilla e generale remissione, da valere in perpetuo, “de omnibus et singulis iniurijs, contumelijs, maleficijs. culpis, excessibus, calumnijs et delictis quandocumque per unam dictarum partium dicto nomine contra alteram et per alteram contra alteram usque in presentem diem factis, dictis, allatis et commissis” di tutte e singole ingiurie, contumelie, cattive azioni, colpe, eccessi, calunnie e delitti in qualsiasi momento, da una parte nei confronti dell’altra, eseguiti, pronunciati, arrecati e commessi fino alla data odierna. E qui le parti annoverano ingiurie, percosse, ferite e quanto altro intercorso fra loro ed, infine, “promictentes prenominati Jovannes nominibus quibus supra et Simonectus dictam pacem concordiam et remissionem ... omni tempore semperque rata grata et firma habere, tenere, actendere et observare et in nullo contrafacere vel venire” con promessa -in parole brevi- di osservare e mantenere fra loro ferma e valida la concordata pace “aliqua ratione occasione exceptione vel causa de iure vel de facto sub obligatione et ypotheca omnium eorum et cuiuscumque ipsorum bonorum presentium et futurorum” senza eccezioni di alcun genere, obbligando, a garanzia, tutti i loro beni presenti e futuri “et ad penam centum ducatorum auri applicandorum per medietatem Camere communis dicte Civitatis Amerie et pro alia parti observanti” sotto la penalità di cento ducati d’oro, da pagarsi una metà al Camerario del Comune e l’altra alla parte osservante.
Imparino e facciano tesoro tutti i litiganti dei giorni nostri di come si comportavano quelli degli oscuri secoli del medio evo!
(2009)
21 - Il 21 Gennaio 1327 gli Anziani ed il consiglio decemvirale, “facto et obtento inter eos partito ad bussulas et palloctas”, dopo essersi pronunciati con votazione pallottata, fra l’altro,“ordinaverunt quod nullus officialis forensis Civitatis Amelie qui pro tempore fuerit ad officium dicte Civitatis” ordinarono che nessun ufficiale della Città, di provenienza forestiera, che venisse temporaneamente in Amelia a ricoprire un ufficio pubblico, “ad penam x. librarum de suo salario, possit vel debeat comedere vel bibere cum aliquo de Amelia” sotto pena di dieci libre, da detrarre dal suo salario, possa mangiare o bere insieme a qualsiasi cittadino “nec ensienium, nec aliquam rem alicuj de Amelia dare vel mictere, vel aliquid ab aliquo de Amelia recipere, videlicet osculenta vel poculenta vel aliquam aliam rem” né fare donativi o dare alcunché a qualche cittadino, né da lui riceverne, come, ad esempio, cibi o bevande o altra qualsiasi cosa.
E’ chiaro l’intento di una simile prescrizione, che mirava a mantenere l’integrità morale, l’incorruttibilità e la dignità dei pubblici ufficiali. Ottimo esempio che non sarebbe male venisse seguito anche ai giorni nostri, nei quali si organizzano addirittura i così detti “pranzi di lavoro”!
A distanza di 175 anni -precisamente il 21 Gennaio 1502- nelle riformanze risulta trascritto il contratto stipulato fra gli Anziani e Marinangelo di Terni, definito “pictor insignis”, con il quale quest’ultimo “promisit et convenit ... pingere insignia sive arma S.mi D. N. Pape et Ill.mi d.ni Caesaris ducis Valentinj protectoris perpetuj Civitatis et populi amerini” promise e si obbligò a dipingere gli stemmi, cioè l’arme del papa e del Duca Valentino, protettore perpetuo della città e del popolo di Amelia e precisamente lo stemma del papa nel centro ed, ai lati, le insegne di Cesare, con il cimiero e la corona ducale, “omnibus suius sumptibus et expensis” a tutte sue spese, compresi colori ed altro, “exceptis pontibus et calce” ad eccezione dei ponteggi e della calce, che dovranno venir forniti dal Comune. “Que Jnsignia teneatur dictus pictor pingere ut supra dictum est supra portam piscioline Civitatis Amerie e supra portam palatij Antianalis” e detto pittore dovrà dipingere tali insegne sopra la porta Busolina e su quella del palazzo anzianale; “que insignia promisit pingere bene diligenter ac summa arte et industria adeo pulchra et venusta ut sint ad instar illorum que pinxit interamne et potius pulchriora judicio in arte peritorum” e si obbligò di effettuare tali pitture con la massima diligenza e con somma perizia, altrettanto bene eseguite e splendidamente riuscite come quelle che dipinse a Terni ed anche più belle di quelle, secondo il giudizio di esperti “et ea perficere quanto citius poterit, dummodo sibi tempus hiemale impedimento non sit” e di portare a termine l’opera nel minor tempo possibile, puché non sia d’impedimento il periodo invernale. Gli Anziani, a loro volta, si impegnarono a corrispondere al pittore Marinangelo “de pecuniis Communis pro eius mercede et factura dictorum armorum Carlenos octuaginta completa opera et pictura” con denari da prelevare dalle casse comunali, quale corrispettivo dell’opera pittorica, 80 carlini, a pittura ultimata “et nil aliud” e niente più. Con tutto quello che dovevano pagare gli Amerini per non morire di fame, ci mancavano pure l’ “arme” del papa e del suo “figlioletto”! (2010)
22 - Il Podestà di Amelia riceve, dalla Regia Questura di Terni, in data 22 Gennaio 1941, quanto segue:
“Comunicasi il divieto di circolazione delle pellicole aventi quale interprete l’attore di razza ebraica “CHARLIE CHAPLIN (CHARLOT)”. E così, anche il più popolare attore comico americano ha avuto il fatto suo! (1999)
22 - Agostino del fu Filippo Salvatelli, di Amelia, con atto del notaio Tommaso Taddei del 22 Gennaio 1567, vende, per conto dei figli Salvato e Francesco (probabilmente minori), al Collegio dei Gesuiti di Amelia, una casa di quattro stanze.
La vendita è fatta all’incanto con bando eseguito “per tibicinem”, sulla base della stima di 33 ducati, eseguita da Giulio Geraldini e Muzio Boccarino.
Il rettore del Collegio di S. Francesco -“amore dei”- offre 2 ducati in più e si aggiudica la casa per 35 ducati, che vengono depositati in mani di Pier Lorenzo Sandri, in attesa di un congruo reinvestimento.
L’atto venne rogato presso uno stabile di proprietà della Società dei Gesuiti, in contrada Vallis. (2000)
22 - Nel corso dei secoli, il potere esecutivo del Comune di Amelia, come risulta dallo studio degli statuti cittadini, era affidato ad un ufficiale forestiero nominato da Roma, che doveva, prima di assumere il suo incarico, lo stesso giorno del suo arrivo, addirittura "antequam descendat de equo", cioè prima di scendere da cavallo, giurare "ad Sancta Dei Evangelia, corporaliter tacto libro", cioè con la mano sul Vangelo, "regere, salvare, in franchitiam et libertatem" conservare la Città e distretto di Amelia, difendendone tutti i diritti e le prerogative, gli statuti e le istituzioni ed, in particolare, promettere di assicurarne e mantenerne lo "statum pacificum et tranquillum". Era suo incarico anche "facere iustitiam plenam", cioè amministrare la giustizia, ed, all'uopo, "singulis diebus a mane usque ad tertiam, a nona usque ad vesperas sedere ad ius reddendum ad solitum banchum iuris" usando procedure facilitate ai rappresentanti dei luoghi pii, "viduis, pupillis et orphanis", cioè alle vedove, ai minori ed agli orfani. Questo ufficiale, chiamato genericamente Rettore, venne variamente denominato. Negli statuti è indicato come Potestas, vale a dire Podestà, ma si trova indicato nelle riformanze dei secoli XVI e XVII, anche come Pretore e Governatore.
In esse si legge che, sotto la data del 22 Gennaio 1604, comparve dinanzi agli Anziani del Popolo, al Cancelliere ed al Notaio verbalizzante, "Ill.mus ed Ex.us Dominus Valerius Olivetus Pisanus", cioè Valerio Oliveti da Pisa, "ab Ill.mo et Rev.mo Domino Cardinali Aldobrandino nuper electus et deputatus", cioè testé eletto e deputato all'incarico di Governatore della Città e distretto di Amelia dal Cardinale Aldobrandini, con lettera patente, che esibisce, recante la data 10 Gennaio 1604.
Della sua materiale presenza nella nostra Città, ci resta una magnifica vera da pozzo, attualmente sistemata sulla Piazza Matteotti, lungo la parete del palazzo già adibito a carcere, presso l'ingresso alle cisterne romane, nella quale si legge, su tre righe: "VALERI.S OLI/VET.S PISAN.S/AMER.AE GUB.R" (2004)
22 - Il periodico AMERIA del 22 Gennaio 1899 riporta il seguente articolo di Edilberto Rosa, intitolato: "Una moneta di dodici secoli":
"E' stata trovata di recente in Amelia una moneta d'oro discretamente conservata, che rimonta al tempo della dominazione greco-bizantina. La sua antichità non è molta, ma è di qualche rarità. Artisticamente ha un pregio limitatissimo, come tutte le monete del basso Impero, ma è molto importante storicamente e per la nostra città in modo particolare. Presenta le effigi di quattro imperatori, o per dir meglio del Cesare Costante II e dei tre augusti suoi figli. Nel dritto si vedono i busti di Costante e di Costantino, che gli successe nell'impero e contraddistinto col nome di "pogonato", o barbuto (difatti il ritratto presenta baffi e barba prodigiosa). Nel rovescio mostra le figure degli altri due, Eraclio e Tiberio, il tutto con relative inscrizioni ed emblemi. Questo così detto "soldo d'oro" rimonta quindi al periodo che corre dal 641 al 668 dell'E.V. e corrisponde circa al mezzo della occupazione greco-bizantina di Amelia che, come è noto, cominciò, o a meglio dire ricominciò nell'anno 593 per opera dell'esarca Romano contro il re longobardo Agilulfo, per finire nel 739, in cui la città fu ripresa dai Longobardi stessi per opera del re Liutprando. La detta moneta, la cui identificazione è stata di qualche difficoltà, ricorda molto probabilmente la presenza in Italia di Costante II, primo imperatore d'Oriente che comparisse nella penisola a capo di eserciti, che visitò Roma e fu segnalato nella storia per audacia personale e per le fortunose vicende del suo regno". (2007)
22 - Gli Anziani, nel consiglio decemvirale del 22 Gennaio 1708, espongono:
“Essendosi hieri da Noi saputo che Micchel Angelo Pelagini trombetta, senza nostra saputa voleva partirsi, stimassimo espediente per la poca stima che lui faceva di Noi, e per altre cause, di licentiarlo dal servitio, come seguì; che però deve provedersi d’altro trombetta”.
Il consigliere “Comes Baldus Antonius Farrattinus Poianus” interviene proponendo: “Son di parere che si approvi l’operato con tutta prudenza dell’Ill.mi Sig.ri Antiani e che per l’elettione d’altro trombetta li medesimi Signori favorischino ricevere i memoriali de concorrenti, e che intanto si faccia scrivere al trombetta di Bagnorea (Bagnoregio), che altre volte concorse, per sentire se persista nell’intentione di venir a servir questo Pubblico”. La proposta del Conte Farrattini viene approvata “per omnia vota favorabilia”. (2008)
22 - Occorre procedere urgentemente al restauro delle mura cittadine. Gli Anziani, il 22 Gennaio 1435, “super ipsis muris”, procedono all’elezione di due cittadini, secondo quanto in precedenza stabilito, nella pesona dei “providos et discretos viros Ufreducium Ser Petri et Jacobum Pei” provvidi e discreti Signori Uffreduccio di Ser Pietro e Giacomo Pei, “pro mensibus quatuor proxime futuris” per la durata dei prossimi quattro mesi, “cum salario medij floreni aurj pro utroque eorum et quolibet mense” con retribuzione di mezzo fiorino d’oro ciascuno per ogni mese. Gli eletti giurano, “corporaliter manu tactis scripturis bene legaliter et fideliter et sollicite facere pro dicto communi” toccando manualmente le sacre scritture, di espletare, nell’interesse della Comunità, l’incarico loro conferito con ogni diligenza, legalità e sollecitudine e che le somme che verranno loro affidate per l’espletamento delle mansioni suddette, dovranno spendersi, durante detto periodo di tempo, “solum in rebus oportunis et fabricatione et reparatione dictorum murorum non in aliqua alia re, dicto durante tempore” esclusivamente per risarcire e restaurare dette mura e non per altre finalità.
Lo stesso giorno, si dà lettura della lettera inviata agli Anziani dal Gonfaloniere pontificio Francesco Sforza, Visconte di Cotignola, Conte di Ariano e Marchese della Marca Anconetana, con la quale si dà autorizazione alla vendita dei beni dei ribelli, per provvedere alle spese necessarie, in questi termini:
“Verecordamo che allegandose per vuj (avendo voi dichiarato) havere multe spese et maxime per acconcime de le mura dela ciptà ve reconcessemo li beni mobili et stabili deli rebelli et sbanniti de testa terra, el que facemo per adiutarve ale spese ... extimandone che essi beni devessete venderli et pagare et pigliare le intrate per le vostre spese predicte ... ve dicemo che essi beni tucti li debiate vendere et li denari che dessi se faranno vogliate despendere per lo decto acconcime dele vostre mura. Et ciò non manchi, perché ad voi farrete danno et ad noi recrescimento ...”. (2009)
22 - Il 22 Gennaio 1469 gli Anziani, “videntes quod tempus ludi testachiorum propinquum est” in considerazione che il tempo dei giochi del Testaccio, da tenersi annualmente a Roma, si avvicinava, “commiserunt et mandaverunt Jacubo tubicinj publico preconj communis quatenus vadat per loca publica et ibi bampnat et preconizet quod si quis vult ad dictum ludum respondere pro communitate Amelie et ipsam communitatem relevare sine dampno” diedero commissione e mandato a Giacomo pubblico trombetta e banditore del Comune, affinché, nei luoghi della Città consueti, renda a tutti noto che, se alcuno vorrà accollarsi l’onere di appaltare la partecipazione ai detti giochi per conto della Comunità di Amelia, sollevando quest’ultima da ogni gravame al riguardo e da ogni possibile sanzione, “quod veniat ad cancellarium ad obtulendum, quod dabitur cui pro minore pretio relevare voluerit dictum commune pro presenti anno a dicto ludo” che si rechi presso la Cancelleria del Comune a presentare la sua offerta per l’appalto del gioco, che verrà assegnato a colui che vorrà, per un minor prezzo, sgravare la Comunità dall’onere del detto gioco per l’anno in corso.
Lo stesso giorno, il solerte banditore effettua quanto ordinatogli e le offerte hanno inizio il dì seguete: Pietro Paolo di Giovanni di Ser Lello si offre di appaltare il gioco per cinque ducati d’oro e così fa anche Cristofano di Egidio il giorno 26. Mario di Giovanni Nenni il 29 presenta l’offerta di quattro ducati e Nicola di Onofrio, lo stesso giono, offre tre ducati e mezzo, in ragione di 72 bolognini a ducato. Il 3 Febbraio Giacomo Tornana offre tre ducati; lo stesso giorno Nicola di Onofrio offre 17 libre e 15 soldi, e, successivamente, Giacomo Tornana offre due ducati e tre quarti e Nicola di Onofrio due ducati e mezzo. Il giorno appresso, 4 Febbraio, Giacomo Tornana effettua l’offerta di due ducati e dieci bolognini, che viene ritenuta la migliore, aggiudicandosi l’appalto.
In quel periodo, il papa regnante era Paolo II (il veneziano Pietro Barbo), particolarmente propenso a ingraziarsi il favore dei Romani, concedendo loro -secondo una formula ultramillenaria- “panem et circenses” e i giochi del Testaccio rientravano pienamente in queste direttive. (2011)
23 - La turbolenza delle imprese guerresche ha sempre rappresentato per le inermi popolazioni un flagello peggiore delle male annate. Il 23 Gennaio 1417 viene letta, nel consiglio dei X, la supplica prodotta dagli agricoltori ("massarij") del Castello di Montecampano, con la quale espongono "quod ipsi massarij perdiderunt omnia et singula blada in contrata predicta existentia, vendembias, ficus, olivas et non seminaverunt aliquid" che essi massari hanno perduto ogni genere di granaglie esistente nella zona, i raccolti dell'uva, dei fichi e delle olive e non poterono -a causa dei disordini- neppure provvedere alle semine. Di conseguenza, "dicti massarij infelices petunt quod per vos et per dictum Commune remicti eis omnes et singulas dativas incursas usque in presentem diem et incurrendas per unum annum proximum futurum" gl'infelici massari chiedono che vengano loro abbonate le dative già dovute e siano esonerati dal loro pagamento per un intero anno da venire. Ciò ritengono "sit iustum" sia cosa giusta e chiedono, comunque, che venga loro concesso "amore dey et de speciali gratia" per amore di Dio e per grazia particolare. (2001-2006)
23 - Il 23 Gennaio 1468 “Baptista de Morello” di Amelia presenta nel Consiglio dei X una supplica così concepita:
“conciosiacosa che luj sia andato per alcuno tempo vagabundo de fora dela ciptà damelia et de suo destricto como fanno li joveni, et in questo tempo li siano occorse certe date (imposte) per lu suo capo, et per li offitiali del presente Messer lu potestà, sia constrecto et gravato a pagare le dicte date. Et perché intende luj vivere et morire sempre socto lali dele V. M. S. et dela dicta communità como sempre li soi anno facto, se supplica ale V. S. et consiglio predicto de gratia alluj cassare le date predicte, offrendo luj sempre mectere la vita et larobba in servitio dele S. V. et de questa M.ca communità ala quale sempre se recommanda”. Nel successivo maggior consiglio, Battista Morelli ottiene quanto richiesto. (2009)
23 - Papa Innocenzo VIII, con suo breve del 23 Gennaio 1490, approva i lunghi e dettagliati capitoli che il Comune di Amelia aveva formulato il 7 dello stesso mese, tendenti a cercare di porre un freno “nimis sumptibus qui in civitate, comitatu et districto Amerie sine ullo modo fiebant tam in dotibus mulierum quam in earum ornatibus vestibusque et convivijs” alle eccessive spese che, nella città di Amelia e suo distretto, venivano fatte senza alcuna misura sia nelle doti, nelle vesti e negli ornmenti muliebri, che nei banchetti nuziali. Con l’occasione, il buon papa Innocenzo rincara la dose delle sanzioni previste per la mancata osservanza delle norme sancite con detti capitoli, comminando, “ultra penas in illis contentas, quas ratas habemus, etiam sub excomunicationis late sententie” oltre alle pene pecuniarie in essi previste, che il papa approva e conferma, la sentenza di scomunica, dalla quale non si potrà venire assolti, se non da parte dello stesso pontefice, nonché -e qui casca l’asino!- “centum ducatorum pro quolibet contrafaciente” il pagamento di cento ducati per ogni violazione, “Camere Apostolice applicandorum” da versarsi alla Camera Apostolica. (2010)
24 - Il 24 Gennaio 1818, una circolare inviata al Gonfaloniere di Amelia dal Cardinale Albani denunziava che, da verifiche eseguite dalla S. Congregazione del Buon Governo, si era rilevato “l’abuso, che fanno della fiducia e credulità dei loro committenti, alcune persone incaricate di trattare ed agire per qualche pendenza presso il Tribunale, le quali, ad accrescere nel conto la massa dei loro lucri, notano in esso una qualche partita, che dicono improntata per favorirne e sollecitarne la risoluzione presso gl’impiegati del Tribunale medesimo”. Veniva, pertanto, fatta esortazione a mettere in guardia gli sprovveduti che potevano restare vittima di tali abusi e denunziare i casi dei quali si fosse venuti a conoscenza.
Le “mazzette” hanno una storia lunga quanto il mondo! (1997)
24 - Il 24 Gennaio 1421 gli Anziani ricevono una missiva da tal Luigi de Cerbaria, probabilmente un capitano di ventura, nella quale lo stesso dichiara di aver “preceputi da Anthonello vostro ciptadino fiorini octo a rascione de L. bajocchi el fiorino, di quelli cinquanta fiorini che debio avere dal Vostro Comune. Al presente restano XLII de’ quali vi prego facciate io lagia a carnasciale, come è di compositione fra noi. Anche agio auti et receputi dal decto Anthonello fiorini cinque d’oro quali dovevo avere da voi per la cavalcata fatta a Macchie, como sete informati. Insuper vi prego (che) quelli di Macchie mi rimandino una spada che mi cascò lì a Macchie quando ci cursi (soccorsi) ad uno mio famiglio”. Così il povero Luigi de Cerbaria, che si perde la spada durante la battaglia, si potrà permettere di passare un buon “carnasciale” con i soldi degli Amerini! (1999)
24 - Il 24 Gennaio 1607 nelle riformanze risulta annotato quano segue:
“L’altro giorno gl’Homini di Capitone andorno à Populo, (cioè in massa) per quanto s’è inteso, ne li confini fra Capitone e Foce, et forno (fecero) stradoni con tagliamento di molti arbori etiam domestici ne la Tenuta di Foce” ed, inoltre “come più amplamente apparisce ne la relatione fatta da Guardiani”, hanno “rotto la faccia à un termine et occupata over sbarrata la strada pubblica et fatto altre cose in gran pregiuditio del possesso e giurisditione de la Città d’Amelia”.
Nei dì seguenti, accertata, da parte dei Priori di Narni, la buona disponibilità a trattare, si decide “che si elighino gl’Homini per parte de la Comunità d’Amelia, che habbino facoltà d’accomodar il negotio”, ben s’intende, però, con il patto “che essa Comunità d’Amelia resti padrona del suo, conforme a le capitolationi antiche e che (i Narnesi) habbino pagato tutto il danno fatto da Capitonesi à li particolari de Foce, et quando non possi seguir questo con amorevolezza, alhora si facci con la giustitia ... et si spenda quello (che) bisogna e si battino taglioni”.
Tutti i salmi finiscono in gloria! (2008)
24 - Altobello di Canale scrive agli Anziani una lettera con la quale “requirit et rogat Civitatem Amerinam ut per tres dies mictat tricentos pedites ad oppugnandum Communes ostes” richiede alla città di Amelia che gli vengano mandati 300 fanti per tre giorni, per dare l’assalto ai comuni nemici. Il 24 Gennaio 1495 si decide che, “ut cum Communitas suspecta sit ostium insidijs non mictantur pedites dicto Altobello, sed elargiatur sibi et mictantur quinquaginta ducati ista nocte ex quibus poterit pedites eligere ex hijs quantos voluerit” poiché la Comunità teme le insidie dei nemici (e non intende sguarnire le proprie difese), non s’inviino fanti ad Altobello, ma piuttosto 50 ducati la stessa notte, con i quali possa assumerne quanti ne desidera.
Lo stesso giorno si dà incarico al pubblico banditore Giacomo Tornana affinché, con tutte le formalità di rito, divulghi l’ordine “quod nullus de dicta Civitate Amerie eiusque comitatu fortie et districtu, vel forensis cuiuscumque gradus conditionis et provenientie existat audeat nec presumat de cetero ducere aliquod genus prede ad Civitatem Amerinam eiusque comitatum et districtum, sub pena centum ducatorum aurj applicandorum dicte Communitati ac perpetue rebellionis” che nessuno di detta Città, suo contado e distretto ad essa soggetto e nessun forestiero di qualsiasi condizione e provenienza ardisca o presuma in avvenire introdurre in Amelia, suo contado e distretto, alcun genere di cose oggetto di predazione, alla pena di cento ducati d’oro, da incamerarsi a favore della Comunità, nonché di venir considerato perpetuamente ribelle.
Il giorno successivo, con decreto del consiglio decemvirale, vengono nominati Tomaso Moriconi, Cristoforo Cansacchi e Riccardo Angeli “super provisione fienda pulveris et sagictiminis” per provvedere circa il rifornimento di polvere e proiettili, nonché Angelantonio Bartolomei “actatione balistarum” sull’approntamento delle balestre.
Non dovevano correre giorni troppo tranquilli!
Stesso giorno, 65 anni più tardi, il 24 Gennaio 1550 si dà atto che gli Anziani “dederunt licentiam Cisco Scogli de Ameria faciendi ligna in contrada Luchiani pro una cottura calcis” diedero l’autorizzazione a Cisco Scogli di far legna nella contrada di Luchiano, necessaria ad alimentare una fornace di calce e lo stesso “promisit dare communi quatuor salmas calcis deferendas per ipsum ad Civitatem Amerie et quocumque voluerint Domini Antiani” promise di corrispondere al Comune quattro salme di calce, da trasportare a sue spese in Amelia e dovunque sembrasse opportuno agli Anziani “et ita promisit et juravit, presentibus Sabatino de Plano et Stefano pej de Ameria testibus etc.” e quanto sopra si obbligò a fare sotto giuramento, alla presenza dei testimoni Sabatino del Piano e Stefano Pei.
Era normale prassi che, nei boschi di proprietà comunale, si concedessero autorizzazioni ad aprire fornaci di calce, alimentandole con il legname trovato sul posto, come era avvenuto tre giorni prima, quando era stata data analoga concessione al fornaciaio Luciano Alvari nel bosco comunale di “Montedonaco”, l’odierno Monteònico. (2010)
25 - Il 25 Gennaio 1944, Amelia subì un pesante bombardamento aereo, con ventisei morti, fra i quai 12 bambine in età compresa fra i 4 e i 12 anni. Auguriamoci che il loro sacrificio non sia stato vano! (1996)
25 - Il 25 Gennaio 1969, in occasione del venticinquesimo anniversario dal bombardamento di Amelia, la Cittadinanza volle onorare la memoria delle numerose vittime innocenti che lasciarono le loro per lo più giovanissime vite sotto le macerie delle Scuole gestite dalle Maestre Pie Venerini.
Una lapide venne posta in Via Cavour, sull'edificio risorto dalle rovine, con l'epigrafe che ci è sembrato meritevole ed opportuno riprodurre, per offrirla all'attenta meditazione dei nostri Concittadini:
DOVE LA GUERRA DEGLI UOMINI
RESO IL CIELO RAPACE
SEMINO' PIU' GRAVEMENTE LA MORTE
I VIVI SI RACCOLGONO IL
25 GENNAIO 1969
E ODONO FERVIDO UN MONITO DI PACE
IL TEMPO HA LENITO LO STRAZIO
MA NON HA SPENTO LA MEMORIA
NE' ASCIUGATO TUTTE LE LACRIME
I CITTADINI DEL COMUNE DI AMELIA
RICORDANO
LE VITTIME CIVILI DI GUERRA
A.P.C.A. 1945-1969
(1997)
25 - Dal Municipio di Amelia, il Sindaco C.te Pietro Morelli, con avviso alla cittadinanza in data 25 Gennaio 1896, rende noto quanto diramato con dispacci dell'Agenzia Stefani (Ada Agamus 25):
"Ho il supremo conforto di comunicare al Pubblico Amerino i seguenti dispacci ufficiali coi quali viene annunciata la liberazione degli Eroi di Macallè, sicuro di interpretare i sentimenti sempre eminentemente patriottici della Città di Amelia.
A TUTTI GLI UFFICI TELEGRAFICI DEL REGNO
Voglia comunicare, Sotto Prefetto, Sindaco, Comandante truppe locali i seguenti dispacci.
-Informatori provenienti dal campo nemico dicono di aver visto il Colonnello Galliano uscire da Macallè col suo battaglione, con armi, munizioni da guerra, feriti e bagaglio.
Aggiungono che Ras Maconnen e Felter seguirebbero la colonna. Ciò è confermato da notizie provenienti da altra fonte.
Felter in data di giovedì 23 ha scritto così al Generale Barattieri: "Oggi partiamo colla colonna Galliano e con lettere di Menelik; prego rimanere sempre fermi a Mai-Meghetta. Impiegheremo quattro giorni".
-Informatori recano che Ras Maconnen fece portare tende per ricoverare ufficiali ed apprestare circa 300 muletti per trasporto feriti e bagaglio da Macallè. Ciò viene spiegato come omaggio al valore e come indizio del desiderio di pace del nemico. Informatori fanno credere anche alla liberazione dei prigionieri fatti ad Amba-Alagi.
Al nostro campo corre voce domani verrà Ras Maconnen a parlare con Barattieri".
E' forse il caso di ricordare che, all'Amba-Alagi, in Abissinia, il 7 dicembre 1895, dopo sette ore di combattimento contro 30.000 scioani comandati dai Ras Alula, Maconnen, Mangascià ed altri, morirono eroicamente il Maggiore Toselli, 18 ufficiali e 2.300 soldati. Soltanto nove anni prima, il 25 gennaio 1887, Ras Alula, alla testa di circa 10.000 abissini, aveva assalito e sopraffatto, nella gola di Dogali, una colonna dei nostri, composta da 512 soldati e 23 ufficiali, al comando del Ten. Col. Tommaso De Cristoforis. (2001)
25 - Dal quaderno di memorie, al quale la Signora Nisa Ciatti Monteverde confidava ricordi ed impressioni del periodo bellico, sotto il titolo "La mia guerra" e che iniziava con la frase, su tre righe: "Ambienti - personaggi - avvenimenti / Azioni - Azioni - Azioni /Tutto chiaro, vivo, indimenticabile", è stato tratto quanto risulta annotato il 25 Gennaio 1944, giorno del bombardamento di Amelia:
"Ci eravamo alzati da poco.
Giulio (il figlio) era andato a scuola, Lele (la figlia) era in terrazza con la vecchia domestica Palmira, io mettevo ordine nel salottino del caminetto.
L'allarme.
Uno dei soliti, penso senza troppo agitarmi. Vanno a Terni. Ormai abbiamo fatto l'abitudine......
Lele mi chiama da fuori: "Vieni a vedere, mamma, buttano dei manifestini....."
Faccio capolino e....... Sono fuori con un salto, afferro la bimba, chiamo a gran voce Palmira, chiudo la porta finestra e corro, corro verso la cucina, tirandomele dietro entrambe, gridando, urlando "le bombe, le bombe!" stringendoci verso il muro in una preghiera disperata.
Rapidi, terrificanti, ripetuti, gli orribili scoppi.
E poi silenzio.
Si sono allontanati.
Sempre col fiato sospeso, sempre tirandomi dietro la bimba e la vecchia domestica, apro l'uscio di strada.
Tanta gente corre urlando: "la scuola, la scuola!"
Il cuore mi si ferma, mi sento gelare, l'urlo mi si strazia in gola e anch'io esco nella strada, anch'io corro, anch'io, anch'io....Giulio è a scuola!
Sotto l'arco della piazza, gente che viene dalla parte opposta mi grida: "è la scuola femminile, la scuola delle suore!", ma è come non sentissi, continuo ad andare: a metà borgo incontro Giulio con altri bambini. Tornavano alle loro case, anch'essi sbigottiti e pallidi.
Il mio bimbo era salvo! ma, presolo per mano, continuavo il cammino in uno stato di stupore incosciente, come fuori di me, fuori di ogni cosa fino a quel momento conosciuta e provata. La mia disperazione non mutava, la mia vita rimaneva sospesa.....
18 bambine perirono sotto le macerie della loro scuola, con la loro maestra, una povera giovane suora!...". (2005)
25 - Il 25 Gennaio 1475 vengono lette, nel consiglio decemvirale, alcune suppliche.
Una viene presentata da Rastino e Stazio figli di Menicuccio, i quali, dalla curia del podestà, sono stati condannati alla pena capitale ed incarcerati “occasione cuiusdam panis venenati ordinati compositi et projecti per dictos inquisitos ad occidendum aliquem de familia et canes palanche suj vicinj ad quamdam possessionem positam in contrata forpontis, iuxta suos confines” a causa di pane avvelenato confezionato e gettato dagl’inquisiti in una proprietà adiacente a quella loro, sita in contrada Forponte, per uccidere qualche membro della famiglia ed i cani di certo Palanca. “Et licet fatentur se nocentes et culpabiles de dicto crimine” e sebbene si riconoscano colpevoli del delitto loro contestato, “et volendo se defendere” e volendo difendersi, se “venirent absolvendi saltem a pena personali” potessero venire assolti almeno dalle pene corporali e poiché “non convenire filijs cum patre litigare” non è conveniente per i figli disputare con il padre “et paternum officium est cum filijs delinquentibus benigne ac misericorditer agere” ed è ufficio del padre agire benevolmente e con misericordia verso i figli delinquenti -tesi del tutto opinabile- essi supplici chiedono “intuitu pietatis et misericordie” che, per pietà e misericordia, “specialem gratiam facere” venga loro concessa grazia speciale di venire assolti “ab omni pena personali” da ogni pena corporale, “attento quod de delicto ordinato dei gratia nulla est secuta mors” in considerazione che, dal delitto premeditato, per grazia divina non ne è seguito alcun evento mortale. Nel consiglio generale del dì seguente, si propone che “derogentur statuta pro hac tantum vice” si deroghi, per questa volta soltanto, da quanto previsto dagli statuti e che “dicti Rastinus et Statius Menicutij liberentur pena capitali” ai detti Rastino e Stazio di Menicuccio non venga applicata la pena capitale “et pro quolibet ipsorum priusquam a carcere eximantur solvant communi pro supplicio quod incurrerent causa predicti mallefitij ducatos auri viginti” e per ciascuno di essi, prima di essere dimessi dal carcere, si provveda a pagare al Comune, per il supplizio nel quale incorsero a causa del loro delitto, venti ducati d’oro “et quilibet ipsorum nomine communis in Alma Urbe tempore suo ludum Testacie anno uno facere obligentur” e ognumo di loro venga obbligato ad andare, a suo tempo, a fare il gioco del Testaccio a Roma, per conto del Comune “que tamen omnia pace habita ab osculo rata intelligantur” e tuttavia il tutto s’intenda confermato dal bacio della pace avuto con gli offesi.
Lo stesso giorno, un’altra supplica viene presentata da Giacomo di Angelo di Bartolomeo, “dicente che per la corte del presente potestà è stato condennato in ducati sexantacinque, duplicata poi la pena perché non ha pagato nelo termine, per cascione de certo malefitio como se dice commesso in la persona del nobile homo Ser Pyrrhamo de Ser Archangelo” Poiché, non avendo i denari per pagare “et per la decta cascione è stato in pregione per alcuni dì”, chiede che il pagamento gli venga dilazionato. Non si sa in cosa consista il reato commesso da Giacomo, ma il maggior consiglio gli accorda di pagare soltanto la quarta parte della pena principale, cioè dei 65 ducati e, per il residuo, gli si faccia remissione. (2009)
25 - Il 25 Gennaio 1326, nel consiglio decemvirale, ci si chiede “unde habetur pecunia pro satisfactione et solutione infrascriptorum debitorum communis” dove procurare i denari necessari al pagamento degli’infrascritti debiti del Comune, cioè:
Per il residuo del salario dovuto al Giudice, 250 libre.
Per la taglia alla Chiesa di Roma per il trascorso mese, 30 libre.
Per il gioco del Testaccio, 6 fiorini e mezzo.
Per la correzione degli statuti, eseguita a Montefiascone, 2 fiorini.
Per l’acquisto di una porzione di fabbricato da Fusano Cagnetti, vicino alla fonte di Porcelli, 60 libre.
La “caccia” è aperta, ma, come sempre, la “selvaggina” sarà trovata nelle tasche dei poveri Amerini!
A distanza di ben 174 anni -e precisamente il 25 Gennaio 1500- nel consiglio decemvirale si dà atto che “heri sera, circha quartam horam noctis, exitiij ortani et nonnulli equites Altobelli aliorumque claravallensium transierunt ante portam pusiolini, cum preda facta contra ortanos, ad dedecus huius communitatis et contra pacem cum ortanis initam” la sera prima, a circa quattr’ore di notte, i fuorusciti di Orte ed alcuni cavalieri di Altobello e di altri Chiaravallesi passarono dinanzi alla porta Busolina, portando prede tolte agli Ortani, con grave scandalo per la Comunità di Amelia ed in barba alla pace firmata con Orte. Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, si delibera che, per conservare la pace con Orte, tutti i fuorusciti “capiantur ac detinentur et non relassentur aliquo pacto donec et quousque restituerunt predam factam contra ortanos, ut fides ortanis servetur” si catturino e si detengano e non si rilascino in alcun modo, finché non avranno restituito ogni preda sottratta agli ortani e “quod mictantur nuptij et oratores tot quot opus fuerit Jnteramnam, Narniam, ad Altobellum et omnes claravallenses et fiat omnis possibilitas ut preda recuperetur” si mandino ambasciatori ed oratori a Terni, a Narni, ad Altobello ed agli altri Chiaravallesi e si faccia tutto il possibile per recuperare quanto sottratto.
Il giorno dopo giunge un messo con una lettera da parte del Cardinale Legato da Todi, che esorta “communitatem hanc ad fatiendum pacem cum Tudertinis” la Comunità di Amelia a far pace con i Todini. Il Cardinale chiama la propria una “infelicissima Legatione” e passa ad esporre quanto da lui realizzato: “havemo per la divina clementia et iustitia facta fare universale pace ad quilli de Vissi (Visso) et da Gualdo de Noceria et reducta la comunità de Perosia ad vero et pacifico stato ... et demum (ed infine) decisa omne altra differentia che fosse in questa provintia ad vera quiete, excepto de questa Ciptà (di Todi) dove heri intrammo con grandissimo honore et vedendo tanta ruina et abbrusiamenti de case ... non possemmo contenere dele continue lacrime ... così per ... quiete de questa provintia et maxime de questa ciptà ... mandamo Pergentile da peroscia nostro familiare ... al quale darrete fede indubitata quanto ala nostra propria persona, confortandove (esortandovi) ala vostra pace, quiete et bono stato de sancta chiesia et ad obmectere omne vostra partialità, rapine et tucte occisioni ... comandandove sub pena mille ducatorum auri (di mille ducati d’oro) ... non debbeate in nostra Legatione fare né consentire alcuna extorsione nè homicidij ... alias (altrimenti) serremo constricti provedere per nostro honore sì et in tale modo che servia exempio dela disobbedientia del Conte Aversa, la fine del quale ve deve essere manifesta et nota” Non sappiamo né cosa fece, né cosa fosse capitato al detto Conte, ma al Legato sembrò sufficiente citarlo ad esempio quale deterrente. (2010)
26 - Il 26 Gennaio 1411 gli Anziani, "nemine discordante", con voto unanime, "considerantes virtutes magistri Luce Simonis de Perusio et probitate sua industri", in considerazione delle ottime qualità del maestro di grammatica Luca di Simone perugino e della sua solerte rettitudine, essendo scaduto l'incarico conferitogli l'anno prima, "omni modo, via, jure et forma quibus melius fieri potest dominum magistrum Lucam eligerunt et nominaverunt in magistrum grammatice pro uno anno proximo futuro xpi nomine inchoato" cioè in ogni miglior modo possibile e con tutte le forme di legge, elessero e nominarono detto Luca a maestro di grammatica per un altro anno, iniziato nel nome di Cristo, "cum salario, pactis, conditionibus in sua prima electione descriptis et declaratis" con lo stipendio e le altre condizioni convenute all'assunzione del suo primo incarico. "Qui Magister Lucas acceptavit et iuravit". Il Maestro Luca accetta e presta giuramento. (2007)
26 - Nel consiglio decemvirale del 26 Gennaio 1498 viene ascoltata la supplica presentata “per parte del vostro fidelissimo figlolo (sic) et servitore Petropaulo de Donna Roccia de Amelia, dicente et exponente che continuo è molestato dali offitiali de dicta Cipta ad pagare le dative et graveze che se inpongono per la Communità de Amelia; et perché lui è poverissima persona come è noto ad tucte V. M. S. , ma è gravato de grave et inutile famegla, con dece bocche tra figloli et nepoti et non ha lu modo de sostentarli, maxime nel tempo de questa carestia. Recorre aduncha ale V. M. S. come a pietose et misericordiose de poveri, che, per respectu dela sua grandissima povertà et per lo Amore de dio, se digneno farlo exente et libero da tucte dative et graveze imposte et da imponerse per questa Magnifica Communità de Amelia, offerendo la sua facultà et arte de radere sempre lu Antianale palazo; et questo quantuncha per questa Magnifica Communità sia solito farse ad altri, nientedemancho lui lo receverà de gratia et per lo Amore de dio da le V. M. S., le quale dio conserve et exalte”.
Nel maggior consiglio del giorno seguente, al povero barbiere Pietropaolo, per consentirgli di seguitare a “radere lu Antianale palazo” in santa pace, si condonano le imposte pregresse e gli si concede l’esenzione da quelle future per i prossimi dodici anni. Ma, considerato il rilevante numero delle bocche da sfamare, non sarebbe stata fuor di luogo un’esortazione a tagliare qualche barba anche dopo cena e durante la notte, per evitare un’ulteriore espansione della già numerosa famiglia! (2010)
26 - Il 26 Gennaio 1528 nel consiglio decemvirale si affronta un argomento di ordine pubblico della massima urgenza:
“Cum jn quotidianis motibus communitas Amerina vexetur tam pro rebus de preterito, quam de futuro emergentibus” poiché la Comunità di Amelia è travagliata da quotidiani disordini, tanto a causa di avvenimenti già verificatisi, quanto per timore di future emergenze, “et sine sindico et procuratore electo ad negotia communitatis male civitas stare potest et de die in die cohadunare et congregare consilia generalia et difficile et damnosum est” e senza un plenipotenziario eletto per trattare ed amministrare la cosa pubblica la città non può vivere e risulta difficile e dannoso convocare ogni momento il maggior consiglio, “sanum et sanctum esset ea propter creare et ordinare et facere sindicum et procuratorem communitatis universitatis et hominum civitatis Amerie ad omnia negotia presentia preterita et futura” pertanto si ritiene saggio e salutare nominare un rappresentante con pieni poteri, che sia preposto ad affrontare e risolvere tutte le necessità e le difficoltà tanto derivanti da vicende passate, quanto quelle attuali o che potessero emergere nel futuro per l’intera Comunità di Amelia (Sembra quasi sentir riecheggiare l’appello che, nell’antica Roma, invocava la nomina di un “dictator”!).
Nel consiglio generale dello stesso giorno, si procede alla nomina del “Salvatore della Patria”, nella persona di “Johannes Franciscus Marci Petronciane”.
Ma non basta. Tre giorni appresso, il 29 Gennaio, nelle riformanze risulta trascritto il verbale della “Congregatione facta et cohadunata de ciptadinj in S.to Augustino:
“Per consultare come ce habiamo da governare et quali provisionj se habiano da fare per conservatione et defensione di questa nostra Patria et primo (inannzi tutto) viva voce se è deliberato che iqui dentro non se admectano gente di guerra di qual se voglia sorte se siano, excepto che non fossero conducte con pagamento della communità o con consenso de tucti per defensione di epsa nostra Patria.
“Appresso se è consultato che tucti unitamente promectiamo et juriamo mectere la vita per la dicta defensione della Patria, et jntervenire personalmente ad tucte quelle cose che se proponerando (proporranno) et se deliberarando per fortificatione et defensione di epsa.
“Jl juramento che se ha dare da tucti li infrascripti che se trovano cohadunati personalmente ha da essere di questo tenore: che tucte quelle cose che se hando (hanno) da fare circa le reparationi et fortificationi predicte, ogniuno promecte et jura concurrere et farce personalmente quella opera che bisognano et che serrà ordinata et commandata, con punire sensa rispetto (riguardo) alcuno chi non obedisse et contravenisse ale cose che se ordinarando, et così circa li dicti repari et fortificationj è piaciuto ad ogni uno viva voce constituire capo Misser Baptista di Ceraso, però che quanto se fa se jntende che acceda (riceva) jl consenso et la auctorità dellj Magnifici S.ri Antianj et Numero Electo, reservando sempre presentare la solita obedientia allj mandati della sanctità di N. S.re (il papa).
Et così con jl nome di dio se è jurato et promesso da tucti li infrascripti quanto di sopra se contene”.
Seguono le firme di coloro che hanno prestato giuramento, che vale la pena di riportare. La maggior parte sono popolani, ma vi figurano anche membri di famiglie nobili, quali Nini, Nacci, Petrignani, Mandosi, Archileggi, Racani, Vatelli, Crisolini, Farrattini, Venturelli e Geraldini. Eccone l’elenco completo:
“Johan Baptista de ceraso - Johan baptista Nino - censorio - latino - Angelo - ciancha - Briccante - Quintio - Persimone - Nofrio - Possente - Alfonso - Hanibale - Hieronimo naccio - Thomassuccio - Cerasolo - Tenso - Tito - Bastiano de’ Poccio - Fabritio - Angelo de Pasta - Angelo Petrignano - cappella - Thomasso - Ser Thomasso - Antonio de Anselmo cione - Nicolo de Antogo - Scardaffo - Pontio - Pasquale de Jovenale - Salvato - Paulo de Bionna - Bartalomeo de Luminato - Trioli de Nicola - Pernicolo - Pannuntio - Stefano de casino - Marcuccio - Eusebio - Valentino de Jaculello - Grogio - Pandolfo de macchabeo - Berardino de sciuccho - Durastante - Thimotheo del crocula - Pietro de Berardone - Sextilio - Marcone del Falso - carpeno - Johannj de Alvario - Poncechetto - Antheo - Morello - Luca del quatro - Antonio de la gatta - cesari de barbuglia - Antonio de Frate sensino - Tordo - Hieronimo de bresco - Torrone - Pauloccio - Valentino de Franciscone - Matalone - Cruschia - Ciucho de Jannelle - christophoro casciolo - Johan Jacuo mandosio - Lonardo de Berardino - Pietro paulo de martino - Bravitte - Francesco Angelo de pedecolle - Meneco senese - Lucha Pitti - Hieronimo de scafo - christophano de voccardo - Evangelista de pamphilo - Johan baptista Archilegio - Alexio - Agustino de Pauloccio - Mercurio - Bastiano de Sciuccho - Nicolo de pilloccho - Johannj de Jmpaccio - Jl Tostone - Andrea de munina - Piacente de actinello - Pacecta - Sanctor de Teo - Jl gran Villano - Jacuo de scentone - Basilio de Taxo - Tofano de noctula - Bastiano de novello - Messer Jo. paulo - octaviano de lactantio - Thomassello - Veccianella - Eugenio - Paulo del Vatti - Plinio - Pelliccia - Lorenzo de cuaraza - Berardino de Francescuzo - Antonio de Brunocto - Mutio de ceccharello - Alfonso - Parthemio - Pietro de magnante - Julio de Lazaro - Basilio - Rocchietto - Berardino - Jo. Antonio rachano - Horatio - Pierdominico Sartore - Emilio de Tode - Boglione - Lelio - camillo vatello - Jl grassello - Baptista de Pompilio - Marsio de Moricone - Desidero - Baptista de Thomasso - Nicolo de Mario - Vincenzo chrisolino - ciara - Jacuo - Johan baptista de Farnecta - Jo. baptista de mario - Messer Nicolo rachanj - Benedecto de Lassectato - Evangelista de mariolo - Baptista de nicola ciucho - Hieronimo de Angelo Antonio - Jo. de galasso - Julio de cuaraza - Simon Pietro Farratino - Francesco de soprano - Archangelo de casino - Pietro de Tofano - Angelo de ritella - Serecto - Ramazotto - Pier Jo. de melezole - Jo. Antonio Zuccholino - Pasciarello - Lazaro hebreo - Frocta - Tito de Zatti - Messer Nicola - Messer Jo. Paulo - Thimotheo venturello - Jo. de stefano de raberta - Angelo de Pinacha - Marco de Stati - Jo. Vincenzo de morello - Bartalomeo de Scipione - Johan Francesco de constanzo - Nicola de Jo. Paulo - Messer Federico - Lucha de rosichino - Grifi - Messer Honofrio geraldino”.
Altro che il “Giuramento di Pontida”! (2011)
27 - Nella seduta del 27 Gennaio 1326, tenuta dai consigli generale e speciale, con l’intervento anche degli Anziani e dei Rettori delle arti, Giordanello Angeluzzi “subplicat et humiliter petit quod cum ipse serviverit et in servitium dicti communis steterit in campanili communis per tempus trium mensium et xij dierum” supplica ed umilmente chiede che, avendo egli prestato servizio per il comune, essendo restato sul campanile cittadino per un periodo di tre mesi e dodici giorni “ad rationem xviij denariorum pro quolibet die et nocte” con lo stipendio di 18 denari al giorno, comprese le notti, “vobis placeat quod per camerarium communis, de pecunia dicti communis, eidem satisfiat” piaccia al consiglio che, a mezzo del camerario comunale e con denari dello stesso comune, gli venga soddisfatto il suo credito “quod capit in summa vij librarum, xj soldorum vj denariorum cortonensium” che ammonta ad un totale di 7 libre, 11 soldi e 6 denari cortonesi. “ut patet publico instrumento scripto manu magistri Grigorij notarij”, come risuta da atto rogato di mano del notaio Maestro Gregorio.
Il consiglio delibera che “si dictus Jordanellus quantitatem in sua petitione contentam debet recipere”, accertato che Giordanello debba ricevere quanto richiesto nella sua petizione, “Camerarius communis eidem satisfacere possit et debeat” il Camerario comunale possa e debba soddisfare al suo credito. La votazione riporta 49 voti favorevoli e 6 contrari: si vede che non tutti erano d’accordo con le pretese non certo eccessive vantate dal povero Giordanello! (1999, err. ind. sub 25 Gennaio 1327)
27 - Cagnus mag. Symonis, padre e legale amministratore di D.na Jacoba, moglie di Angelello del fu Comparato e Bartholomeus Jannoni, fratello di Francesca, moglie di Ceccarello Jacobelli ed altri creditori dei suddetti Angelello e Ceccarello, in data 27 Gennaio 1329 rivolgono una supplica agli Anziani e al Consiglio dei dieci, esponendo che, poiché “nobilis vir Bartholellus D.ni Corradi de Tuderto”, podestà di Amelia, ha condannato i detti Angelello e Ceccarello “in amputatione capitis et in destructione bonorum eorum”, cioè alla decapitazione e alla distruzione dei loro beni, “pro excessibus qui per ipsos perpetrati dicuntur in personas quarumdam monialium S.ti Manni de Amelia”, per eccessi perpetrati contro alcune monache di S. Magno, ritengono che “sit valde iniquum quod ipse mulieres eorum dotibus et iuribus et dicti creditores defraudentur”; che sia profondamente iniquo che le mogli dei condannati, le loro doti e i diritti delle stesse e degli altri creditori ne vengano ad essere indirettamente colpiti.
Chiedono, pertanto,”humiliter et devote”, che si provveda in merito, onde evitare una tanto palese ingiustizia.
Sembra che quel che più prema ai parenti dei condannati non sia propriamente l’incolumità delle loro teste! (1999)
27 - Il 27 Gennaio 1793, presenti il Governatore Dr. Pietro Arduini e gli Anziani Girolamo Grisci, Ambroggio (sic) Assettati e Conte Gaetano Pontici, si svolge l'asta pubblica per l'affitto dei boschetti per la caccia ai tordi, per la durata di un novennio, con l'assistenza dei Signori Raimondo Ciatti e Paolo Angeletti. Restarono aggiudicatari: Domenico Soccorsi, del boschetto al Vocabolo Le Casagline, in ragione di scudi 1,20 l'anno; Giovanni Pernazza, del boschetto al Voc. Monte Dònico per baiocchi 40 l'anno; Giovanni Fossati, del boschetto al Voc. Monte Ciminaccio, per 50 baiocchi l'anno e di quello al Voc. Spicchio, per scudi 1,35 l'anno ed, infine, Bartolomeo Ragnoli si aggiudicò il boschetto al Voc. La Ciuffa, per 67 baiocchi e mezzo l'anno.
E, così, mentre in Amelia, una dopo l'altra, si spegnevano le candele sulle singole offerte, a Parigi, sei giorni prima, si era spenta sul patibolo la vita di Luigi XVI.
E cosa, invece, si stava facendo nella nostra Città, quando il 16 Ottobre dello stesso anno la ghigliottina aveva fatto rotolare la testa di Maria Antonietta? Abbiamo un'annotazione di soli quattro giorni dopo: si appaltava a Giovacchino Lulli il Provento della Castagneria, per un anno, a scudi ventuno, con l'obbligo di dare dieci castagne a quattrino. (2006)
27 - Il 27 Gennaio 1614, nel consiglio decemvirale, occorre prendere una decisione in merito a “due lettere de’ Tesorieri dell’Umbria, una di quello di Spoleti, l’altra di Perugia (cioè del Cardinale Borghese), l’una et l’altra contenente un istesso pagamento de scudi 62 e bajocchi 68, oltre le spese de’ Cavalcanti (cioè dei corrieri), per parte che asseriscono toccare a questa Comunità per gl’utensili dell’alloggio della Serenissima Gran Duchessa di Toscana, ma perché si è scritto a Roma all’Agente, che veda se si potesse fuggire questa spesa, o almeno che si moderi detta somma et che si ordini il modo di pagarla, stante che noi non vi habbiamo assegnamento alcuno. In caso che non si possi ottener niente, si propone quid agendum (che fare) per la satisfattione di detto debito”. Nel maggior consiglio dello stesso giorno, Angelo Cerichelli propose “che si dia fuori un taglione ad (da) essigere al (dal) Camerlengo (il) quale debba riscuotere per pagare detta somma e, mancando qualche cosa, facendo anco pagare alli Porchianesi quello che li tocca, si supplisca con denari della Cassetta, sotto nome d’imprestito, et che quello (che) si levasse si debba rimettere”. (2008)
28 - Sotto la data del 28 Gennaio 1478, "Magnifici Domini Antiani, in unum congregati in palatio eorum solite residentie pro eorum officio laudabiliter exercendo" i magnifici Anziani del popolo, in riunione plenaria nel palazzo di loro consueta residenza, al fine di esercitare lodevolmente il loro ufficio, "cassaverunt Andream tubicinem quia visitavit uti dixerunt aegrotum ex pestilentia in hospitali" destituirono dal suo incarico Andrea trombetta (cioè banditore) perché si disse aver egli fatto visita in ospedale ad un malato di peste.
E, così, per aver eseguito un'opera di misericordia, il povero Andrea trombetta ci rimise anche il posto! (2007)
28 - Il medico Maestro Pietro di Ser Damiano il 28 Gennaio 1434 presenta una petizione agli Anziani, con la quale espone che, “ob penuriam medicorum ipse sit requisitus in arte medicine magis quam ceteri medici Amelienses” a causa della penuria di medici, egli riceva richieste di esercitare l’arte medica più di ogni altro suo collega amerino (v’è forse una piccola venatura di falsa modestia?) “et aliquando propter custodiam ad quam ipse tenetur ipsum oporteat dimictere egros in grave dampnum et preiudicium ipsorum egrorum et dedecus ipsius Magistrj Petrj Medicj” e qualche volta, a causa della custodia cittadina alla quale egli è tenuto, gli è necessario trascurare i malati, con grave pregiudizio degli stessi e del decoro di esso medico Maestro Pietro. Chiede, pertanto agli Anziani “digneminj ipsum a dicta custodia absolvere et immunem facere pro futuro” che si degnino dispensarlo dalla detta custodia ed esentarnelo per l’avvenire “et si placeret d. v. ab alijs oneribus personalibus et plus et minus prout v. d. dictabunt quibus se humiliter recommittit” ed a loro piacimento, assolverlo anche dalle altre prestazioni personali, secondo quanto verrà stabilito dalle Loro Signorie, alle decisioni delle quali umilmente si rimette. Nel maggior consiglio del dì seguente, si decide: “fiat ei gratia de custodia” che gli si faccia grazia della custodia “ab hodie postea” da quel giorno in poi. (2009)
28 - Il 28 Gennaio 1527 nelle riformanze risulta pubblicato il seguente bando:
“Se fa banno da parte de messer Alexandro de Alexandris locumtenente de Amelia et Magnifici Signori Antiani che non sia alchuna persona de qualunque conditione se sia ardisca né presuma de andare ad tagliare alchuna sorte de legna jn la selva del Communo senza licentia de li Signori Antiani che per li tempi serrando (saranno) Et ancho nela selva de la nontiata (Annunziata) sensa licentia de li frati existenti in decto loco; qual Selva dela nontiata è posta nel teritorio de Amelia nel vocabulo de Michignano et Contrada de Trifignano ad presso la selva de sancto francesco da un lato per jn fino alli termini, la Comunità dalaltro et lo fossato da pede, sotto quella pena che se contene in la reformansa de le Cerque, come più lungamente appare nel libro de Ser Antonio Savinio Cancelliere passato ad cartas (a pagina ... segue spazio in bianco) et similmente da farsene subito exequtione come in dicta reformansa se contene”.
Lo stesso giorno, in calce al bando, il Cancelliere annota:
“Joannis Franciscus Marci Tubicen et Publicus Preco post Commissionem sibi factam a Domino Locuntenente et Magnificis D.nis Antianis” Giovan Francesco di Marco, araldo e pubblico banditore, in seguito alla richiesta fattagli dal Luogotenente e dagli Anziani, “retulit prefatis D.no Locumtenenti et D.nis Antianis et mihi Cancellario” riferì agli stessi Luogotenente ed Anziani ed a me Cancelliere “per loca publica et consueta tubarum sono premisso dictum bannimentum et omnia jn eo contenta bannisse et preconizasse” di aver bandito e divulgato per i luoghi pubblici e consueti, dopo aver premesso un suono di tromba, detto bando e quanto in esso contenuto.
Il giorno precedente 27 era stata annotata nelle riformanze una singolare notizia: “Magister Raphael faber qui fuerat a communitate Conductus comparuit coram Magnificis Dominis Antianis Civitatis Amerie et petiit licentiam ad Patriam redeundi” Mastro Raffaele fabbro, che era stato assunto quale condotto dalla Comunità di Amelia, comparve dinanzi agli Anziani della Città e chiese licenza di rientrare nel proprio luogo di origine “cui prefati d.ni Antiani gratiose et liberissime bonam licentiam concessere” e gli Anziani, “graziosamente” e con molta liberalità, gliela concessero. Sembra strano che un fabbro avesse ricevuto, per lavorare in Amelia, una condotta simile a quella che si assegnava a un medico o ad un maestro di scuola; a meno che “Faber” non corrispondesse al cognome e non al suo mestiere!
Tre anni più tardi, il 28 Gennaio 1531, tra gli argomenti trattati nel consiglio dei X, figura una singolare richiesta: “Moniales Monasterij sancti Mannj petunt sibi concedi represalie contra Egidium Zephirini de lugnano” le monache del convento di S. Magno chiedono che venga loro concesso diritto di rappresaglia contro Egidio di Zeffirino di Lugnano. Non sappiamo quali fossero le ragioni delle religiose per chiedere un comportamento tanto aggressivo verso Egidio di Zeffirino, ma il consigliere Pompilio Geraldini -vir gravissimus et amator patrie- , salito sul pulpito delle arringhe (“pulpitum ascendens”) e fatta prima la consueta invocazione alla Divinità (“divina prius facta solita jnvocatione”), propone che alle monache di S. Magno si concedano pure le richieste rappresaglie, beninteso dopo aver rispettato le relative regole (“servatis servandis”) e -magari- dopo una “consueta” invocazione alla misericordia divina, tanto per sgravarsi la coscienza! (2011)
29 - Il 29 Gennaio 1615 vengono approvati i “Capitoli et ordini fatti sopra il peso del grano e farina”. Eccone il contenuto:
“In prima, che li pesatori deputati o da deputarsi tanto nell’uno quanto nell’altro peso già ordinati non abbiano interesse nesuno (sic) nei molini, né sia parente ad alcuno dei padroni di detti molini fino in secondo grado di consanguineità, e di affinità inclusive, li quali abbino cura di pesare il grano, e farina nel modo infrascritto.
“Che detto pesatore debba tener un libro, dove faccia nota delle carche e del peso del grano che pesa e della farina che torna.
“Che detto pesatore debba stare e risiedere continuamente nella stanza deputata e che ad ogn’ora, che alcuno verrà a pesare e sarà chiamato debba pesare sotto pena di tre giulij per volta che non fosse trovato o non andasse a pesare, d’applicarsi detta pena un terzo alla Comunità, un terzo alla Mensa anzianale e l’altro terzo all’esecutore.
“Che il detto pesatore possa elegersi un coadiutore per ogn’occorrenza, che li potesse succedere, che risieda in luogo suo, purché eletto che l’avrà, sia approvato e confermato dalli Sig.ri Anziani e Consiglio dei X.
“Che detto pesatore, quando si riporta a pesare la farina, trovando che non sia il peso giusto, come era il grano, detrattane però la molitura alla ragione infrascritta, debba subito della farina di quel molino dove è stata macinata, aggiungere e supplire fino al giusto peso.
“Che ogni molino debba tenere per il suddetto effetto una cassetta di farina nel luogo stesso dove si pesa.
“Che nessuno possa cavar grano dalla Città per andare a macinare, se prima non sarà pesato in uno de luoghi deputati sotto la pena contenuta nel bando di Mons.r Governatore.
“Che li carreggiatori ordinarij delli molini siano obligati coll’infrascritta mercede portare il grano al molino pesato che sarà, e dopoi riportar la farina nel luogo deputato a riprenderla et aggiustata che sarà, riportarla a casa del padrone.
“Che per molitura e portatura del grano, come di sopra, quando il grano sarà portato a macinare dai careggiatori ordinarij delli molini, non si possono pigliar più di cinque libre per cento, ma se il padrone volesse portare o mandare il grano a macinare e colla sua bestia, non paghi se non a ragione di tre libre per cento.
“Item acciò non si possa commetter fraude alcuna in pregiudizio delli molini da quelli che portano il grano alla mola colle loro bestie, s’ordina che, pesato (che) sarà come sopra il grano, il pesatore sigilli la carca nella legatura e noti a qual molino la porti, e portatala a macinare e macinata che sarà, il molinaro la sigilli di nuovo nel modo detto di sopra, acciò per strada non si commetta fraude e si riporti al pesatore e si ripesi e aggiusti come di sopra.
“Che il pesatore per salario e mercede sua debba aver a ragione di un quatrino per cento di grano che pesarà, sino alla somma di cinquecento libre, e da quello in su, sino e per qualsivoglia somma e peso, non possa pretendere né avere più di un bajocco e per quello o quella parte che il peso non arrivarà al centinaro, non debba avere cosa alcuna qual mercede e se li dà per ricognizione della sua fatica, riservandosi però di ciò il consenso de Sig.ri Superiori di Roma, quando vi si ricerchi e sia necessario, e non altrimenti.
“Che il detto salario e mercede se li debba dare allorquando si pesa il grano e al ripesare della farina non se li dia niente.
“Che detto pesatore debba proveder della cera per sigillare come sopra, tanto per se stesso, quanto per li molinari.
“Che li padroni delli molini, molinari e careggiatori possino senza incorso di pena alcuna rimettere la farina e macinare il grano della molitura senza pesare, né pagare cosa alcuna al pesatore e si stia al suo giuramento, che quello sia il suo grano della molitura.
“Che li Sig.ri Anziani pro tempore siano obligati almeno una volta nel tempo del loro magistrato, rivedere la statera, se sia giusta.
“Che se il pesatore o carreggiatori tanto ordinari delli molini, quanto altri particolari commettessero alcuna fraude in pesare, o in falsificare in qualsivoglia modo il sigillo, incorra in pena di scudi venticinque, d’applicarsi per la metà alla Comunità, un quarto all’accusatore et un quarto all’esecutore, oltre l’altre pene legali.
“Item che il pesatore e molinari siano obligati a notificare alla Comunità sotto pena di perjurio (spergiuro) e di scudi venticinque, quando avessero notizia che alcuno avesse commesso qualche fraude, contravenuto alle carche e falsificato il sigillo, come di sopra.
“Che non si possa far grazia alcuna delle pene suddette, anzi si debbano esigger subito, sotto pena di uno scudo per ciascuna volta.
“Che li contadini et altri abitanti che hanno il grano fuori della Città non s’intendano compresi in questi ordini , perché per loro ancora si pigliarà qualche altro espediente.
“Dichirando che circa il sigillarsi le carche nella legatura del sacco come sopra, s’intenda doversi fare quando il grano si portarà a macinare nelli molini fuori del territorio di Amelia”. (2000)
29 - Il 29 Gennaio 1478, gli Anziani "eligerunt in custodem et portanarium porte pisciolini pro xv diebus proximis futuris cum salario per eos declarando Ser Michaelem Parisij" elessero custode e portinaio della porta Busolina per la durata di 15 giorni immediatamente successivi, con salario da definire da essi, Ser Michele Parisi, all'espressa condizione che "aliquis ingrediatur civitatem qui venerit ex locis pestiferis perdat salarium" se alcuno che venisse da luoghi contagiati dalla peste entrasse in città, Ser Michele perderà il suo salario. (2007)
29 - Il 29 Gennaio 1331, gli Anziani e il consiglio dei Dieci del Popolo votarono la seguente ordinanza:
“quod nullus nobilis et qui habetur pro nobili de Civitate vel districtu Amelie seu nobilis qui habitet in dicta Civitate audeat intrare Cameram potestatis vel Guardiani dicte Civitatis vel alicuius offitialis” che nessun nobile o ritenuto tale o abitante nella Città e distretto di Amelia, osi entrare nella stanza del podestà, del guardiano o di altro ufficiale “nec cum eis loqui publice vel occulte in aliqua parte palatiorum communis vel populi, nisi ad licteras” né parlare con essi pubblicamente o in privato in qualsiasi parte dei palazzi comunali o del popolo se non a mezzo lettera, cioè per iscritto “ad penam xxv librarum pro quolibet et qualibet vice et quilibet possit contrafacientes accusare et denuntiator teneatur in credentia et credatur sacramento denuntiatoris cum uno teste fide digno” sotto pena di 25 libre per ciascuno e per ogni volta e tutti possano accusare i contravventori ed il denunciante sarà creduto con il suo giuramento e con un testimone degno di fede. (2008)
29 - Il 29 Gennaio 1474, “sicut licteris R. D.ni Vicelegati iussum est” come è stato comandato nella lettera del Reverendo Vicelegato, “de mandato Potestatis et Dominorum Antianorum populi Civitatis Amerie” su mandato del podestà e degli Anziani del popolo della Città di Amelia, “duabus tubis et comitatus a fratre suo, Jacobus Tornana retulit mihi Barnaba Cancellario” con due trombe ed accompagnato da suo fratello, Giacomo Tornana ha riferito a me, Barnaba Cancelliere, di essersi recato “per solita urbis loca” nei consueti luoghi della Città e di aver, secondo il solito, bandito “ne quis larvatus aut sicut vulgo Amerie dicitur velatus in hoc festo carnisprivij et usque ad quadragesimam ab hinc et post hac ire audeat” che nessuno osi andare celato o, com’è volgarmente detto in Amelia, velato (cioè mascherato), nella festa del Carnevale e fino a tutta la quaresima “sub poena quinque aureorum et trium tractuum eculei” a pena di 5 ducati d’oro e di tre tratti di eculeo “sicut continetur in licteris prefati R. D. Vicelegati” com’è contenuto nella lettera del prefato Rev.do Vicelegato, “qui ut in omnibus providens obscenis rebus, que diebus talibus usuveniunt occurrere studet” il quale, come cerca prevenire tutte le oscenità che in tali giorni sono solite accadere, non ignora cosa sia giusto operare “ad regendos populos” per il governo dei popoli “frenandamque improbitatem hominum” ed a moderare la malvagità degli uomini.
Ma non c’era nulla di più grave di cui preoccuparsi, piuttosto che delle maschere di carnevale? (2009)
29 - In Amelia vi è carenza di sensali. E’ quanto, fra l’altro, si dibatte nel consiglio decemvirale del 29 Gennaio 1470, nel quale si legge: “Cum in qualibet bona Civitate ordinati sunt sensales qui habeant contractare mercata et conventiones inter venditores et emtores (sic), prout ordo offitij ipsorum postulat” poiché in ogni città che si rispetti vengono designati dei sensali, che abbiano facoltà di mediare nei mercati e nelle contrattazioni fra venditori ed acquirenti, come richiede l’esercizio del loro ufficio “Et in Civitate Amelie sensales predicti non reperiantur” e nella nostra Città di sensali non se ne trovino, “quod placeat dicto consilio aliquid providere” ci si chiede in che modo il consiglio possa deliberare per provvedere a tale carenza. A ciò cerca di porre rimedio il consigliere e “facundissimus vir Ser Ricchus ser Francisci”, il quale, “surgens pedes et ad solitam arrengheriam accedens, auxilio summi dei jmplorato” alzatosi in piedi ed accedendo al consueto pulpito delle arringhe, dopo aver implorato l’aiuto dell’Altissimo, propone che “domini Antiani eligant duos sensales homines actos et expertos ad tale exercitium pro uno anno proxime futuro” gli Anziani nominino due sensali, che siano abili ed esperti nell’esercizio dell’intermediazione per la durata di un anno; “qui sic electi non habeant nec habere debeant aliquod salarium a commune Amelie, set (sic) solum habere debeant unum pro centonario a contrahentibus et volentibus ipsos sensales operari” e gli eletti non debbano percepire dal Comune alcuno stipendio, ma soltanto ricevere dalle parti contraenti, che li richiedano della loro opera, un corrispettivo pari all’uno per cento del valore dell’affare trattato. Ed in tal modo, con tanto di ausilio divino, viene rimediato ad una così grave carenza.
Nello stesso consiglio viene esaminata la supplica presentata da Quatranello, il quale “con reverentia narra et expone che conciosia cosa che per lacorte del podestà damelia sia stato condempnato in xxv libre dedenari per certa questione che fece con Jeronimo de capogrosso, secundo più stesamente (sic) appare innellacti delacorte, aliquali per brevità sereferisce et per non havere pagata la dicta pena , la quale serria impossibele apagare, atenta lasua povertà, pertanto humelmente serecommamda ala solita gratia et misericordia de le V. M. S. che sedigneno statuire et reformare et aldicto supplicante gratia et rimessione fare dele tre quarte parti dela dicta pena et libenifitij de lustatuto liberamente allui concedere, attenta lasua impossibiltà et anche la legerezza (lievità) del dicto mallefitio, non obstante alcuno statuto o Reformanza, decreto, Rescripto o consuetudine quale in contrario disponesse, alequali per questa volta vepiaccia expressamemte derogare. Et questo ben che justo et usitato sia defare alialtri supplicanti, niente demanco el dicto Quatranello oratore predicto loreceverà dale V. M. S. a gratia et dono singulare, le quali dio coserve in felice stato”. A perorare la causa del povero Quatranello questa volta ci pensa il consigliere Evangelista de Racanischis, definito dal Cancelliere verbalizzante “eximius legum doctor”, il quale, “cum dictus Quatranellus sit pauperrima persona et petat quod iustum et equm (sic) sit” in considerazione che il postulante sia persona di grande povertà e faccia appello alla giustizia ed all’equità di chi lo ascolta, propone che “fiat sibi prout in sua supplicatione continetur et apparet” gli sia concesso secondo quanto esposto e richiesto nella supplica. (2011)
30 - Il 30 Gennaio 1478 viene presentata nel consiglio decemvirale la seguente supplica:
"Davanti ad voi Magnifici S. Antiani et consiglieri del popolo della ciptà d'Amelia humilmente se supplica per parte del vostro devotissimo figliolo et servidore Catalano de Andrea barberi dicente et exponente che al tempo dello officio della potestaria de misser Nicolò da Trevi fo condemnato in ducati cento o circha per cascione de un maleficio commisso contro la persona de Berardino de Meneco de Capostoppa sì come nelli acti della corte se contene. Et perché lu dicto Catalano non intende né vole contendere con la comunità, pertanto se recommanda alle V.M.S. se degnino farli gratia et cassare lu dicto processo et condemnatione et lui se offerisce servire alla comunità per quello tempo (che) pararà alle V.M.S. perché lui non ha denari da poder pagare. Et questo domanda de gratia alle V.M.S. le quale dio conservi in felice stato amen".
Uno del cosiglieri presenti, e cioè il "Magnificus et generosus eques d.nus Placentius Cansachus" propone che il Catalano paghi 15 baiocchi; per il residuo dovuto gli si faccia grazia e ci si rimetta a quanto sarà deliberato dal maggior consiglio e a quel che verrà da esso deciso "mittatur executioni" si dia esecuzione. (2007)
30 - E’ il 30 Gennaio 1522 ed è stato da poco più di 20 giorni eletto papa, col nome di Adriano VI, l’olandese Adriaan Florensz, che non arriverà in Italia prima del 27 Agosto 1522, mentre a Roma infierisce la peste ed il Paese è corso ed occupato da bande di masnadieri. Gli Anziani, preoccupati di assicurare la difesa della Città, eleggono “ad tutelam Civitatis” Pompilio Geraldini, Giovan Battista Cerasi (“de’ Moriconibus”), Giovanni di Zaffino e Piergiovanni Papa.
Ma non basta: il successivo primo Febbraio, i quattro eletti fanno bandire dal trombetta un’ordinanza, secondo la quale “omnes, tam Cives, quam Comitatinj qui habent scopletum ponant ad ordinem cum una libra pulveris et vigintiquinque palluctis de plumbo” tutti i cittadini e gli uomini del contado in possesso di uno scoppietto lo tengano in ordine, insieme ad una libbra di polvere e a 25 palle di piombo “quia die dominico, qui erit nonus februarij presentis mensis fiet requisitio” poiché la domenica successiva 9 del detto mese, verrà fatta a ciascuno di essi richiesta in merito “et qui repertus fuerit sine scopleto pulvere et pallis incidat in penam unius ducatj” e chi sarà trovato mancante dello scoppietto, dotato con polvere e palle, cada in pena di un ducato.
Ed ancora, i quattro eletti come sopra alla difesa della Città “propter tempora suspecta” a causa dei tempi sospetti (è dire poco!), il 3 Febbraio assumono “Magistrum Blasinum de Castellaccio ducatus Mediolanj magistrum scopletorum” Mastro Biagino di Castellaccio, ducato di Milano, artigiano armaiolo, con i seguenti capitoli:
“Primo - La Comunità sia obligata dare al prefato maestro blasino la casa e pontica (bottega) per habitare et per lavorare, pagata per x (dieci) anni.
“Item del ferro carbone scoppetti et delle altre cose pertinenti alluso dello exercitio suo non sia obligato el prefato mastro blasino pagarne gabella né per entrata né per uscita ad vita sua et de sui descendenti.
“Item la Comunità fa exempto dicto mastro biasino de date del potestà, del sale et altre graveze che mettesse la Comunità per decto tempo.
“Item la Comunità è obligata darlj le vecture pagate per portar le robe sue da Horte in Amelia”. (2009)
30 - Il 30 Gennaio 1474 il maggior consiglio è chiamato a decidere su una delicata questione. L’illustre cittadino di Amelia Gerolamo Geraldini “iturus proxime in Amplissime urbis Florentie pretor” sta per andare a ricoprire l’ufficio di pretore (podestà) nella grande ed eccelsa città di Firenze e, fra i patti convenuti per l’assunzione di tal prestigioso incarico, è previsto che, “occasione sindicatus offitij aut condemnationis si sequeretur” in occasione del sindacato cui debbono sottoporsi il podestà, suoi ufficiali e familiari, se ne fosse seguita condanna nei loro riguardi, “quam deus avertat” -che Dio ce ne scampi!-, il Comune di origine dovesse impegnarsi a prestare “cautionem sollemni modo de non concedendis ex prefata causa represalijs” cauzione in forma solenne di non concedere diritto di rappresaglia contro la Comunità di Firenze “eiusque cives florentinos et eorum bona” o contro i suoi cittadini o le loro proprietà, per rivalersi di quanto dovessero pagare in dipendenza del detto sindacato. Il Geraldini chiede, quindi, che il Comune di Amelia s’impegni in tal senso, “ad hoc ut ipse Dominus Hieronymus ingredi et exercere possit officium quod certe ad honorem huiusce urbis spectat” per consentirgli di poter ricoprire tale ufficio, che certamente tornerà ad onore di questa nostra Città. La richiesta garanzia viene concessa, con tanto di esortazione fatta ai Cittadini di Firenze, loro dipendenti e beni al seguito, “ad urbem Amerie eiusque districtum venire, ibidem morarj pro arbitrio atque inde recedere ut eis placuerit sine ullo impedimento personalj aut reali tuto secure ac libere” di poter liberamente e con la massima sicurezza, venire, trattenersi e ripartire a loro beneplacito, senza alcun impedimento a persone o cose.
Bella gara di furbizia fra il Geraldini e la città di Firenze! (2011)
31 - Il 31 Gennaio 1422 viene presentata al Podestà, agli Anziani ed ai Consiglieri della Città di Amelia la seguente supplica -puntualmente trascritta nel volume delle riformanze- "pro parte domini Andree (Moriconi) episcopi Ameliensis, exponentis et narrantis" che, nel decorso anno, esso vescovo "deposuit et deponi fecit in Castro Jovij sue Ameliensis diocesis, videlicet in domo Joannis Cole Donadei, alias Spoglie" (fece depositare nel Castello di Giove, diocesi di Amelia, e precisamente in casa di Giovanni Cole, detto Spoglie) "decem salmas et ultra grani decimarum suarum, valoris et extime sue florenorum quinquaginta vel circha" dieci salme e più di grano, frutto delle decime a lui spettanti, del valore di circa 50 fiorini e che detto deposito di grano, contro la sua volontà, "fuit sibi oblatum et extortum in eius grave dampnum" gli venne sottratto, con suo grave danno "per homines dicti Castri" dagli uomini di Giove, i quali, "pluries requisiti" più volte richiesti della restituzione del grano sottratto, "recusaverunt et recusant" rifiutarono e tuttora rifiutano. Per la qual cosa, il vescovo Andrea "implorat blanchium (sic) vestrum" implora il "braccio" dell'autorità, perché si degni "eidem episcopo represalias concedere et contra homines et universitatem dicti Castri et eorum bona" concedere ad esso vescovo il diritto di rappresaglia contro gli uomini di Giove e i loro beni.
La supplica viene portata nel Consiglio generale del dì seguente, dove prese la parola il consigliere Ser Franciscus Cellutij, il quale, "consideratis omnibus que circha dictam petitionem sint consideranda", propone che gli Anziani "optent pro concordia" cioè scelgano la via del concordato, facendo presente ai Giovesi quanto richiesto dal vescovo e che, da parte loro, siano inviati due o tre persone per risolvere in via conciliativa la questione, "ad hoc ut" affinché da tutto ciò "aliqua scandali materia non oriatur inter Commune Amelie et dictum Castrum", non sorga motivo di discordia fra le due comunità. La proposta del Celluzi viene approvata a grande maggioranza.
Chi ha più prudenza l'adopri ed, in questo caso, bisogna dare atto che non fu certo il vescovo ad averne in maggior misura. (2004)
31 - Il 31 Gennaio 1331, a consigli riuniti, si delibera “quid placet providere et deliberare super venditione molendinarum pare lacus communis” cosa si ritiene di deliberare circa la vendita (o, più probabilmente, la locazione) dei mulini comunali del lago della Para. Un consigliere propone che “molendina communis vendantur ad incantum plus offerentium” i molini comunali si vendano all’incanto a coloro che avranno fatto la migliore offerta “pacto expilandi portam dicte pare vel non expilandi prout utilius videbitur Antianis et pro eo tempore quo voluerint” alla condizione, però, che la paratoia del lago venga o non venga aperta, secondo quel che sembrerà essere maggior utile da parte degli Anziani e nel tempo da essi stabilito. “Et quod in presenti consilio fiat Syndicus ad vendendum” E che nella stessa seduta venga nominato un Sindaco incaricato delle relative operazioni. La proposta viene approvata con 58 voti favorevoli e 35 contrari.
Attualmente, nel c.d. Lago Vecchio (o la Para, come ancora oggi viene da qualcuno designato), sono riconoscibili due molini, posti a valle, rispettivamente, della diga superiore e di quella inferiore.
(2009)
F E B B R A I O
1 - Nella pergamena n.99 conservata presso l'archivio storico del Comune di Amelia, è riportato il rogito del Notaio Elias Andree di Spoleto, in data 1 Febbraio 1333, stipulato nella Curia di Montefiascone, mediante il quale Stefano Lasconte, Canonico della Chiesa di S. Maria Maggiore, Tesoriere generale del Patrimonio Beati Petri in Tuscia, "cum consensu, presentia et voluntate" del Capitano generale del Patrimonio Pietro de Artisio, concesse a Celestino di Maestro Angelo, Sindaco e procuratore del Comune di Amelia, nonché ad Orso Vati ed ad altre persone di Amelia, l'assoluzione e la cassazione del processo intentato per l'assassinio di Lucio di Pietro (Geraldini), Marco (Mandosi) ed altri cittadini amerini, avvenuto nel corso di "tumultum, rumorem et seditionem in dicta Civitate et hec et alia fecerunt et commiserunt", nel corso dei quali disordini gli amerini si resero colpevoli anche "combustionis Castri Focis" dell'incendio di Foce.
Il rappresentante del Patrimonio, con lo stesso atto, dà quietanza del pagamento di milleduecento fiorini d'oro effettuato al citato Tesoriere da parte dei suddetti colpevoli, a titolo di remissione delle colpe e delle pene per i reati sopra esposti. (2004)
1 - Il 1° Febbraio 1477, nelle riformanze si legge la seguente perorazione:
"Supplicase humelmente innanti alle V.M.S., misser lu potestà, Signuri Antiani et consiglio de Amelia per parte del vostro fidelissimo vechio misero et poverissima persona Christophoro dicto Tentellone de Amelia dicente et exponente se non possedere altro che certi ferruzi per da fare basti et chel cavaliero et li officiali de Amelia el molestano per farli pagare le dative incorse, con ciò sia cosa che già circha sexanta anni (or sono) adbandonò la propria ciptà de Tode per vivere et morire in questa vostra ciptà. Et mò con le lagrime all'ochie senza portare niente li è besognato de assentarse de qui povero et mennico (mendico) per non marcirse et morire in prescione perché deve pagare, (ma) non ha niuna facultà. Et pertanto colle ginochia nude con le braccia in croce et colla bocha in terra et con el viso et pecto bagnato de lagrime se digne (si degnino) le dicte M.S.V. le quale sempre sonno state misericordiose et pietose al poveri vechiarelli farli gratia de tucte le dative imposte et incurse fino in nel presente dì et per lo advenire de quelle (che) se havessero ad imponere, accio che quelli pochi dì (che) li restano ad vivere possa venire et stare in questa vostra m(agnifica) ciptà ad exercitare la articella sua in servitio desse (di loro). Et questo per lo amore de dio et pro intuitu (a titolo) de pietà et de misericordia se supplica alle vostre M.S. le quale dio conservi in bono et felice stato".
Nel consiglio generale del giorno seguente, al povero Tentellone si concede quanto richiesto. (2007)
1 - Il 1° Febbraio 1390, il Vicario di Amelia Francesco dà incarico a Paolo Petruccioli “publico preconj et bannitori dicti communis” pubblico banditore del Comune, affinché “vadat per loca publica et consueta dicte Civitatis Amelie ubj solitum est bannire” vada nei luoghi pubblici e consueti della Città, dove solitamente si leggono i bandi “et ibidem publice palam et alta voce sono tube premisso” ed ivi, pubblicamente, palesemente ed a voce alta, premesso uno squillo di tromba, “bandiat et bandire debeat quod quicumque volens fieri facere in Alma Urbe ludum testaciorum, prout est more” faccia bandimento che chiunque volesse far fare in Roma il gioco del Testaccio, com’è d’uso, “vadat coram me dicto domino Vicario vel coram cancellario dicti communis ad offerendum”, si rechi dinanzi allo stesso Vicario od al cancelliere comunale ad effettuare la sua offerta; “pro minori pretio offerenti dabitur et conceditur fieri facere dictum ludum” a colui che effettuerà la migliore offerta al ribasso, verrà aggiudicato l’appalto del detto gioco.
Eseguito il bando, il dì seguente si presentano, dinanzi al cancelliere e notaio comunale Ugolino, l’amerino Giacomo Guadagni, che fa l’offerta di 8 fiorini d’oro, il narnese Calandrello Glorioli, che ne offre 7 e Pietro di Mastro Nicolaj, che ribassa l’offerta a 6 fiorini e un quarto. Si riapre l’asta il giorno successivo con l’offerta di Calandrello di 6 fiorini, cui segue quella di Giacomo Guadagni di 5 e mezzo. L’asta si chiude con l’ultima offerta di 5 fiorini fatta da Calandrello, che resta aggiudicatario dell’appalto. (2008)
1 - Il 1° Febbraio 1495 nell’udienza anzianale si discute di un’offerta di aiuto effettuata, alla Comunità amerina, da parte di Vittorio di Canale, il quale, con lettere ed ambasciatori, fa presente “se fore et esse paratus capere impresam contra dominos de Alviano et eos pro posse debellare et ipsorum castra expugnare” che lui è pronto a compiere l’impresa contro i signori di Alviano e, secondo le sue possibilità, sconfiggerli ed espugnare i loro castelli, “dummodo Communitas provideat sibi de opportunis pecunijs pro inveniendis gentibus armigeris et stipendiarijs” purché -e qui casca l’asino!- la Comunità lo provveda dei fondi necessari per trovare ed assumere le relative soldatesche, “cumque speret si providebitur de quantitate pecunie qua ipse quesivit” e comunque ha buone speranze, che, se sarà fornito del denaro richiesto, “in brevi” entro breve tempo, sarà in grado di ridurre “castra Alviani et Atiglianj” i castelli di Alviano ed Attigliano sotto il potere di Amelia. La proposta sembra molto allettante e viene perorata dai più bei nomi dell’aristocrazia amerina, fra cui: “insigni equite d.no Berardino de Geraldinis, eximio legum doctori d.no Evangeliste De Rachanischis, nobili viro Ludovico Caroli De Boccharinis, facundo viro Ser Ugolino Nicolay, docto viro Ser Manno Manosio, spectato viro Fabio Ascanij” l’insigne cavaliere Berardino Geraldini, l’esimio dottore in legge Evangelista Racani, il nobiluomo Ludovico di Carlo Boccarini, l’eloquente uomo Ser Ugolino Nicolai, il dotto Ser Manno Mandosi, lo spettabile uomo Fabio Ascani “et nonnullis alijs Civibus dicti Magnifici Cetus” nonché da numerosi altri cittadini, appartenenti al medesimo magnifico ceto; tant’è, che la proposta viene approvata all’unanimità, “nullo in contrarium sentiente” senza nessun dissenziente. Si decide, quindi, “quod partitus et oblatio facta per eundem dominum Victorium De Canali ex nunc acceptetur et detur modus inveniendi nunc quingentos ducatos de carlenis qui solvantur et dentur prefato domino Victorino pro prima solutione quibus possit soldare milites et pedites” che la proposta e l’offerta effettuate da Vittorio di Canale venga immediatamente accettata e sia cercato -e possibilmente trovato!- il sistema per rinvenire subito (!) 500 ducati di carlini, quale primo contributo, mediante il quale Vittorio possa assoldare le necessarie genti armate.
Ma l’entusiasmo degli Amerini, a distanza di poco più di tre settimane, è destinato a subire una doccia fredda: nelle riformanze del 25 dello stesso mese, è data notizia che Vittorio di Canale, stipendiario di Amelia, “invita dicta Communitate, discessit de castris Amerinis contra Alvianum, non sine magna eius nota ac non sine magno dicte Communitatis dampno et jactura” contro la volontà della Comunità, si allontanò dal campo amerino promosso contro Alviano, non senza sua grande infamia e danno e perdita per la detta Comunità. E i 500 ducati che fine hanno fatta? (2010)
2 - Nel Consiglio Speciale del 2 Febbraio 1409, si discute circa la richiesta del Magnifico Signore il Conte Angelo da Capranica, presentata con lettera credenziale da un di lui familiare, in cui si espone che "a Senatore Urbis" cioè dal Senatore di Roma, detto Conte ha ottenuto diritto di rappresaglia contro il Comune di Amelia a causa di una truffa avente per oggetto alcuni maiali vendutigli nella nostra Città.
Nel Consiglio Generale del giorno successivo, si decide che "ad hoc ut iuri et honestati locus detur" affinché prevalgano il diritto e l'onestà, "quicumque in hoc defectum commiserit, ut iura volunt puniatur et puniri debeat" chiunque abbia in ciò agito contro la legge, venga punito secondo il diritto e che, se il Conte Angelo vorrà accettare di sottoporre le sue ragioni al Consiglio, quest'ultimo s'impegna "adeo quod omnes expense que dicta occasione occurrerent" in modo che ogni spesa occorsa in tale occasione, (compreso eventuale indennizzo) venga sostenuta da chi commise l'illecito. (E se non si potesse reperire il colpevole? C'è da giurare che a pagare sarà lo stesso Comune!) (2006)
2 - Nelle riformanze risulta trascritta una lettera inviata dagli Anziani e dai tre cittadini eletti per la bisogna, sotto la data del 2 Febbraio 1434, a Gualtiero de Zanfoneris, Luogotenente di Nicolò di Fortebraccio, mediante la quale i suddetti, a nome della Collettività amerina, s’impegnavano a corrispondere allo stesso la somma di 600 fiorini d’oro “pro castro Focis quod nostre condonat Communitati”, cioè per la riconsegna ad Amelia del Castello di Foce, che le si era ribellato. Detta somma doveva pagarsi, quanto a 200 fiorini, l’indomani, altri 200 il successivo giorno 6 e, da lì, dopo altri dieci giorni, i residui 200.
Lo stesso giorno, gli Anziani inviavano allo stesso Gualtiero altra lettera del seguente tenore:
“Mandamo el nobili homini Archangelo de Pellegrino et Ser Arthimisci de Ser Benedecto ad pigliare la possessione del castello de Foce per parte de questa comunità, cum autorità et commissione de guastarlo et farne quanto loro vorranno disponere, pertanto ve pregamo che ad loro lo debiate consegnare secondo che li pacti sonno (sono) fra Vui et nui”. (2009)
2 - Il 2 Febbraio 1479, nel maggior consiglio, occorre decidere in merito a svariati argomenti presentati il giorno innanzi nel consiglio decemvirale, il primo -e più urgente- dei quali riguarda la necessità di incassare, da parte del Comune, le numerose pene pecuniarie inflitte dalle magistrature cittadine e non ancora riscosse, con grave danno del pubblico erario. Per ovviare a tale inconveniente, si propone -secondo le più consolidate consuetudini- “ut concedatur de illis aliqua pars officialibus facientibus de illis executionem” di assegnare una parte di quanto verrà effettivamente riscosso di tali pendenze agli ufficiali che procederanno alla loro esecuzione forzata. Nel successivo maggior consiglio si approva la proposta che, per sollecitare la massima solerzia da parte degli ufficiali dell’esecuzione, essi “habeant et habere debeant solidum unum pro qualibet libra” abbiano a ricevere un soldo per ogni libra che andranno effettivamente a riscuotere di tutti i procedimenti penali e delle sentenze passate in giudicato; è come dire il 5% del valore.
Si procede, quindi, ad esaminare le numerose suppliche presentate nel medesimo consiglio dei X.
La prima è quella prodotta da “la poverissima persona Andrea de paulo da gructolj habitante nel castello de Fornole elquale dice et expone como per lo potesta proximo passato li fo formato elprocesso per una saxata dal collo ingio (in giù) senza sangue che dette a Juliano da narni habitante in fornole et per lo presente miser lo potesta et sua corte è stato condennato in ducati quindece, admissilj li beneficij de la confexione et dela pace et foli (gli fu) duplicata la pena per labsentia del potesta quale era de fora a foce per la peste. Et non havendo havuta (non essendogli stata considerata) la pace né sbactuta (diminuita) la quarta parte per la confexione, veniva condennato in ducati trenta. Et per questo resta condennato in ducati xv per laqual cosa humelmente recorre a V. M. S. se degneno intuito de pieta et de misericordia remecterlj che (considerando come se) loffitio del potesta non vacasse como è sutto (stato). Et de quello resto che deve pagare offerisce de pagare doi centonara (centinaia) de tavole per lo tetto del palazzo. Lo resto domanda se doni alli figli quali non li po substentare ne governare per la sua povertà et per la infirmità quale ha havuta longo tempo”. Gli viene concessa la riduzione ad un quarto dell’originale pena, “sine aliqua duplicatione proper absentiam potestatis” senza considerare il suo raddoppio, dovuto all’assenza del podestà (e, quindi, non imputabile al povero Andrea).
La seconda supplica è presentata dalla “veduva et vechia domina Vannuccia moglie che fo de Jacobone damelia, laquale dice et expone como essa veduva è de età de annj lxxv o circa et non habia modo alcuno de posser vivare ne governarse si non de quanto guadagnia afilare la lana et ha necessità de comparare lopane de dì jn dì, como è noto a tucti li soj vicinj et de continuo è fastidiata de pagare le dative (che) se inpongono per lo commune de amelia, alle quale non pò resistere ne è possibile de pagarle per necessità de pane, per laqualcosa humilemente se reccomanda alle V. M. S. se degneno intuito de pietà et de misericordia et per amore de dio farli gratia de tucte et singole dative et gravezze se imporranno per questa Magnifica communità per ladvenire et delle imposte per lo passato fino nel presente dì et questo quantonca sia justo et de ragione nientedemeno lo receverà a gratia singolarissima da le V. M. S. quale dio conserve et exalti jn felice stato”. Le si concede.
La successiva è presentata “per parte del povero homo Baptista lombardo dicente et exponente che attento che luj ha pigliata donna in questa cipta vostra con intentione de vivere et morire figliolo et servitore de ipsa communità. Et essendolj poi succeduto elcaso de mastro antonio pure lombardo gia defuncto per lo quale caso fo sbandito et condennato per la corte dela communità damelia in certa grave summa et quantità de denarj secondo nelli libri dele condennationi pienamente deve apparere alle quale jn omnibus et per omnia se referisce. Et perche dicta summa che in ipsa condemnaxione se contene non seria possibile alle so faculta pagarle, glie stato necessario stare de fore si longo tempo et con spesa et desagio et perche luj como è decto dexidera tornare nella dicta cipta damelia, la quale quanto in esso è (per quel che lo riguarda) ha pigliata per sua patria et in essa dexidera vivere et morire, supplica se degneno V. S. de la dicta pena et condemnaxione farli gratia liberale o vero redurla a qualche cosa tollerabile et maxime chello (che lui) habia adare qualche opera del suo magisterio al novo palazzo de essa Magnifica Communità, quale de novo se hedifica et starà contento atucto quello V. S. delibereranno”. Non si conosce a cosa si riferisca il “caso de mastro antonio” occorso a Battista; si decide, comunque, che quest’ultimo paghi 10 ducati “aut jnpecunijs aut in mactonibus aut in calcina et cantonibus aut jn operibus dandis jn communi tempore deputando” o in denaro o in materiale da costruzione o in manodopera a favore del Comune, in spazi di tempo da convenire dagli Anziani.
Altra supplica viene presentata “per parte del vostro devotissimo servitore Gilio de ciolle dicente et exponente che luj è stato condennato al tempo del potestà proximo passato in la summa et quantita de octo libre de denarj perche haveva tracta larme cio è una coltella più presto (piuttosto) per defenderse che per offendere Berardino dangelo de margaresse et al tempo del presente potesta ha pagato bolognini sedece per la bollecta fatta per lonotario deli malificij credendose da dece libre jngio (in giù) selli (gli si) admettessero li beneficij, per laqualcosa humilmente supplicando recorre alle vostre Magnifiche S. se degneno farlj gratia et remissione de lo resto dela dicta condennatione havendo luj pagata la quarta parte dela pena et farlj cassare la dicta condennaxione, la quale cosa lo riceveria de le V. M. S. agratia singularissima”. Se la cava col pagamento di 16 baiocchi.
La successiva supplica viene presentata da parte di tal Rodomuccio (?) di Valdimiro schiavone di Sambucetole, che espone di essere stato condannato in contumacia al tempo del podestà Dolce di Giovanni da Spoleto (1477) “occasione cuiusdam risse” a causa di una rissa “cum luca petri de castro focis” avuta con Luca di Pietro di Foce, per la quale venne condannato a pagare 15 ducati e 100 libre di denari ed esso non è in grado di provvedere, essendo persona poverissima e sia sotto la potestà paterna. Dichiara di aver avuto buona pace con il detto Luca e, se fosse necessario pagare detta somma, “potius jncarceribus se macerarj opporteret quam dictam penam solvere posset” sarebbe per lui necessario marcire in carcere, non potendo farvi fronte. In fine, si dichiara disposto a pagare due fiorini. Gli si concede di pagare quattro ducati al cameraio del Comune, nel termine da fissarsi dagli Anziani; per il residuo, gli si faccia grazia. (2010)
3 - Dinanzi al Consiglio Speciale, il 3 Febbraio 1615 viene denunziata una situazione ritenuta lesiva del prestigio e dell’autorità della magistratura della comunità amerina, per la scarsa considerazione di cui essa sembra godere da parte del clero di S. Fermina, non venendo avvisata in tempo utile circa gli orari delle messe e delle sacre funzioni, di modo che “o bisogna aspetti ivi assai innanzi che si cominci la messa, o altra fontione, overo si trovano esser cominciate”. “Parimente, nel dare dell’incenso alli signori del Magistrato, lo dànno una volta sola sì come fanno ad ogni altro particolare” (cioè a qualsiasi altra persona). “Così anco nel giorno di hieri” (la Candelora) “le candele date agli Antiani” erano “più piccole assai di quelle date alli signori Canonici, cosa che non par conveniente”, tanto che essi Anziani “tornarono a sedere alli luoghi loro con quel dispiacere che ciascuno può immaginarsi, per essere stati trattati in quella maniera”(!)
Si propone quindi di eleggere quattro “gentilhuomini”, per trattare la questione con il Vicario ed i Canonici ed, in caso di mancata soddisfazione, di scrivere al Vescovo.
Almeno in passato, non si può certo dire che i rappresentanti di Amelia mancassero di sensibilità! (1998)
3 - In data 3 Febbraio 1447, i Priori del Popolo e i Dieci di Balìa di Todi inviano agli Anziani di Amelia la seguente lettera:
“Havemo novamente inteso la innovatione et guerra (che) havete mossa contra lo Castello de Foce nostro raccomandato, dela quale cosa ce maravigliamo puro assai (che) siate li primi ad movar guerra per la morte de N. S. (il papa Eugenio IV) et maxime contra de noi sapendo ja più tempo havemo elli tenuto et messo officiale per lo nostro comune. Et mo deveno mandare da noi per defendarse contra linostri inimici. Pensamo non fossete informati (che) se erano dati a noi, de la qual cosa per non pretendere ignorantia ve ne advisiamo, confortandove vogliate desistere da tale incepto perché continuando nel vostro principio ad noi siria necessità fare quanto simo obligati per defensione deli nostri luochi et provedere con remedij opportuni. Pregamo vogliate conservare la bona vicinità et amicitia et non darne cascione (di) fare quello (che) se poterà et devesse fare”.
La soggezione di Foce a Todi non poteva essere accettata dagli Amerini; sicché, a “giro di posta”, il giorno dopo gli Anziani rispondono agli “amatissimi” fratelli:
“Havemo al presente receputa vostra lettera et veduto che noi habiamo rocta guerra contra Foce etc. Respondemo (che) al presente non posserve respondere particularmente ala vostra lettera ma subito mandarimo da la S.tà de N.S. (il papa) che, per grazia de dio, non è ancora morto (morirà il 23 febbraio successivo) et dalli Rev. S.ri Cardinali a pigliare consiglio sopra di ciò. Se da loro haverimo in comandamento, ve respondarimo apieno. Ben ce dolemo et maravigliamo per (l’) amore (che) avemo portato a testa Magnifica Città che una tale lettera et de simele tenore sia uscita da testa Magnifica Città”. (2000)
3 - Nella pergamena n.41, conservata presso l'Archivio storico del nostro Comune, è riportata copia dello strumento rogato dal Notaio Pastruello del quondam Bonaventura, originario di Deruta, il 3 Febbraio 1319, sotto il pontificato di Giovanni XXII, "in Ecclesia S. Agustini de Amelia", alla presenza dei testimoni Angelo di Andrea, Manno Larrigucci, Tiralarco Benvenuti e Marco di Andrea. Con detto atto, Incolus Martocci (di probabili origini contadine) si impegnava, nei confronti del Comune di Amelia, in persona del Sindaco Tamburello precone, stranamente delegato alla stipula, di "facere ludum Testacii in Urbe pro commune Amelie tribus annis, cum equis, banderiis" ecc. cioè di partecipare, per tre anni, ai giochi del Testaccio, in Roma, con cavalli, bandiere e quant'altro necessario e richiesto, per il corrispettivo di 21 fiorini d'oro, ripartiti come segue: 9 fiorini per il primo anno e sei per ciascuno dei due anni successivi. Era contemplata l'ipotesi che, se detto Incolus si fosse recato a Roma "et dicti ludi non fierent" e i ludi non avessero avuto luogo, non gli si sarebbe dovuto pagare il convenuto compenso, ma soltanto una sorta di rimborso spese, quantificato in tre gigliati ("tres Gilglatos") al giorno.
Il gigliato era una bella moneta d'argento, emessa dagli Angioini di Napoli nel 1303, sostituendo, nel verso del carlino, l'immagine dell'Annunciazione con quella di una croce gigliata, che diede il nome alla moneta, il cui peso era di 4 grammi e, probabilmente, valeva, come il carlino, un decimo di fiorino.
L'atto sopra citato potrebbe costituire una riprova che, nel notevole pluralismo monetario che si riscontra in Amelia per quel periodo, circolassero anche i gigliati di Napoli o, per lo meno, che venissero usati nella pratica contrattuale. (2004)
3 - Gli Anziani, dovendo provvedere, nel pubblico interesse, "ad reperiendum preceptorem grammatice" a trovare un nuovo precettore o maestro di scuola, inviarono Prospero Cansacchi, Cecco Petrucci e Girolamo Garofino al reperimento del docente. Il 3 Febbraio 1572, gl'inviati riferiscono che la ricerca del nuovo maestro per il futuro anno scolastico si è rivelata vana. Quindi, "unanimiter et concorditer" propongono che il precedente maestro Giovanni Scuffoni di Montefalco, che ritengono "idoneum et habilem, aptum ad docendum ac bonis moribus ornatum" cioè idoneo all'insegnamento e dotato di severi costumi, venga riconfermato nell'incarico. Il che regolarmente avviene nel consiglio del dì seguente, ed, altrettanto regolarmente, il giorno successivo il Maetsro Scuffoni accetta la riconferma nell'insegnamento. (2005)
3 - Nel consiglio decemvirale del 3 Febbraio 1327, fra l'altro, si deliberò che lo stesso consiglio e gli Anziani del popolo, a loro giudizio e richiesta, "possint mictere spias et nunctios" possano mandare spie e nunzi per il tempo che riterranno necessario, spendendo fino a 50 soldi al giorno, "dummodo tota expensa facienda per eos non transeat summam x. librarum" purché il totale delle spese da farsi in tale occasione non superi le 10 libre.
Nello stesso consiglio si deliberò circa la richiesta fatta "per Magistrum Andream de Cantone petentem nomine suo et nomine Magistri Ghirardi Jannotij" da mastro Andrea di Cantone, anche a nome di mastro Gherardo Giannotii "de xij. libr. sibi debite a d.co communi Amelie" della somma di 12 libre dovutegli dal Comune di Amelia "pro quoddam muro constructo per eum" per un muro da esso costruito. (2007)
3 - Il 3 Febbraio 1518 il consiglio decemvirale deve occuparsi di due argomenti molto diversi fra loro.
Il primo riguarda un invito a nozze fatto alla Comunità di Amelia da parte di Don Galeazzo Farnese “qui uxorem ducere parat” che si accinge a prender moglie. Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, si propone “acceptetur et mittantur oratores cum duabus pateris argenteis que donentur domino Galeatio facta debita escusatione” di accettare l’invito e che si inviino oratori con un donativo, da porgere a Galeazzo, di due tazze d’argento, con le dovute scuse (forse per la modestia del regalo?).
La seconda questione da trattare, è di tutt’altro contenuto. Ha scritto agli Anziani il Vicario del Castello di Porchiano la seguente lettera:
“Heri che foron li doj de febraro circa le xx hore fugì qui in palazo Bernardina moglie de Bertone e sorella de Johanni et Spontone de Primo Spina cacciata da dicti fratelli con animo, como stimammo pur presto, de farli (più) male che bene; essendo in palazo li Consiglieri, non li lassaro far dispiacere, io non era in palazo in quellora. Dicti fratelli molto insistevano che la volevano in mano: Noi dubitando non li facessero dispiacere li restituemmo con securtà (promessa) che non lhavrebbono ammazata per tre dì (bontà loro!); havemo facto quel pocho (troppo poco!) che havem possuto; quando a V. S. parrà farce altra provisione bene: ve ne damo adviso ad ciò provedano parendoli. Et bene valete”. Nel consiglio generale si decide “quod illa Bernardina conducatur huc; deinde fratres cogantur ad fideiubendum de non offendendo et non interficiendo dictam Bernardinam” che la povera Bernardina sia condotta in Amelia e che quindi si costringano i fratelli a dar garanzia che non l’avrebbero né offesa, né -tantomeno- uccisa. Ma ci sarà stato da fidarsi di una semplice promessa? E cosa avrà combinato mai Bernardina per scatenare la furia omicida dei suoi fratelli?
Il successivo 8 Febbraio, nelle riformanze risulta annotata la notizia che all’oratore da inviare alle nozze di Galeazzo Farnese con le due tazze in regalo, venissero dati 12 carlini “pro expensis oratoris et equi et famuli” per le spese di viaggio, compresi la cavalcatura ed il servitore.
Chissà cosa accadde della povera Bernardina? (2009)
3 - Si teme che Virgilio Orsini, che avanza da Todi con le sue truppe, voglia invadere il territorio di Amelia. Il 3 Febbraio 1496 il Cardinale de Lunate scrive agli Anziani la seguente lettera:
“Magnifici Amici nostri Charissimi, havemo recevuta la vostra et inteso el suspecto che havete del S.re Virginio, accostandose lui a Tode con le Gente darme Et secundo lo adviso che havete da vostri amici dubitate de le cose vostre. Nui non credemo anzi simo certi chel S.re Virginio se trova hocgi (oggi) in tali termini (condizioni) che habbia tanto da pensare de le cose proprie che non sia per offendere vuy altri né lo stato dela Ecclesia, né credemo etiam che volesse che stando vui bene uniti insieme coi Teranani et Rheatini et altre Terre Amice (sic) ve possa offendere, perché non ha re vera (in effetti) quello modo né quelle forze che se dice; si che (sicché) state de bona voglia (tranquilli) et secundo havemo scripto al nostro Locotenente che voglia advisare tucte le Comunità de nostro Guberno ad intenderse insieme, cossì fazate con effecto, perché non dubitamo che trovandose bene uniti et dandove causa il S.re Virginio de novità alcuna (cioè volendo farvi oggetto di qualche aggressione) saressimo apti (pronti) non solo ad defenderve, ma ad offendere lui et cussì de novo ve confortamo et ve facimo animo che non vogliate dubitare de niente. Bene valete. Roma iij februarij 1496”.
A distanza di soli quattro anni, gli Amerini, sollecitati dal Cardinale Legato per la Provincia di Perugia a firmare la pace con Todi, avevano inviato colà quali ambasciatori plenipotenziari Cristoforo Cansacchi e Melibeo Crisostomi, i quali, il 3 Febbraio 1500, relazionando in merito (“de gestis in dicta pace”) davanti al maggior consiglio riunito nella “sala magna” del palazzo anzianale, alla presenza del podestà, degli Anziani e dei Capitani delle contrade, e, quindi, con la massima solennità, preceduta dal suono delle campane e dalla voce del banditore (“sonum campane vocemque preconis”), “retulerunt pacem esse confectam inter Communitatem Amerinam et Communitatem Civitatis Tuderti, per manus predicti R.mi domini Cardinalis Gurcensis perusie Legati” riferirono che la pace venne stipulata e sottoscritta fra le due Comunità, con l’intervento diretto dello stesso Cardinale Legato e, “cum maximo honore et gloria Civitatis Amerie” con il più alto onore ed a maggior gloria della Città di Amelia, venne letto il relativo documento dal Cancelliere comunale Giovanni Mazarono di Montemonaco, dal quale vennero “lecta et vulgarizata omnia et singula istrumenta, conditiones, pacta et capitula supra dicta pace confecta” resi pubblici e commentati tutti i relativi documenti, condizioni, patti e capitoli del trattato di pace, “que postea recondita fuerunt in Archivio communis in Cathedralis Ecclesie Sancte Firmine”, che vennero successivamente depositati nell’archivio comunale, esistente presso la Cattedrale di S. Fermina.
Poiché fra i patti di pace conclusi con Todi era compresa la restituzione “machine sive bummarde tudertine” di una bombarda di proprietà di Todi, il giorno 5 si delibera circa la sua restituzione, mediante consegna al Cardinale Legato, “consigneturque statim Pergentili de Perusia, sue R.me D. Commissario” e, quindi, a Piergentile da Perugia, suo Commissario e familiare, con discarico da ogni responsabilità da parte del precedente affidatario Tranquillo Ascani, che la Comunità Amerina s’impegna a sollevare da ogni responsabilità o danno al riguardo (“absque damno et jactura conservare”). (2010)
4 - Giuseppe Venturelli, arcidiacono della Chiesa Cattedrale di Amelia e Protonotario Apostolico, curò l’erezione dell’attuale chiesuola dedicata a S. Lorenzo e sorta in località “Le Colonne”, nella quale, dopo la sua morte avvenuta il 4 Febbraio 1712, si fece seppellire e, come recita la lapide sepolcrale sul piancito della detta cappella,
NOVISSIMORUM NOVISSIMUM
HIC EXPECTAT
cioè attende l’ultimo degli ultimi (giorni). (1997)
4 - Nella notte fra il 3 ed il 4 Febbraio 1501, “infelix et inoppinatus casus evenit”; un infausto quanto inatteso evento si verificò:
“Antiqua et eminentia moenia viridarii Episcopatus amerine civitatis”, cioè le antiche mura sovrastanti il verziere (orto) del vescovado amerino, scalzate da radici di piante, “cum magna ruina cecidit”: rovinarono sulle sottostanti abitazioni di Battista Carnevalle e di Mattia Michelangeli. Il bilancio fu pesante: “inter viros et mulieres, majores et minores”: tra maschi e femmine, grandi e piccoli, ben dieci persone “suffocate sunt” e nessun uomo o animale esistente nelle dette case si salvo. (2000)
4 - Il 4 Febbraio 1330, dagli Anziani e dal consiglio decemvirale viene conferita al Cancelliere del Comune facoltà di poter apportare correzioni alle risultanze catastali ("possit corrigere catastum dicti comunis") nei seguenti casi: "quando possessio aliqua esset alicui persone bis scripta" quando una proprietà fosse segnata due volte alla stessa persona "et etiam quando aliqua possessio esset in catastu alicui scripta, quam ipse non habet" ed anche quando una proprietà fosse segnata in catasto a chi non la possiede. Naturalmente ciò varrà anche nel caso opposto. Il Cancelliere, in tali e simili evenienze, "recepta fide probationis" accertata la verità, "legaliter possit ipsos errores corrigere" possa legalmente correggere detti errori "et ipsas terras cassare et ad veram et iustam summam reducere" cancellando le terre a chi non le possiede (ed ugualmente assegnandole ai reali possessori), riportando, in tal modo, le risultanze catastali a vera e giusta attribuzione.
Nell'Archivio storico del nostro Comune è, fra gli altri, conservato un importante catasto pergamenaceo composto da cinque volumi, relativo agli anni dal 1371 al 1375. (2007)
5 - La pace fra Todi ed Amelia è stata firmata dagli ambasciatori plenipotenziari amerini Cristoforo Cansacco e Melibeo Crisostomi. Ma un’ulteriore formalità resta da compiere: la restituzione a Todi di una bombarda, che gli ambasciatori si sono impegnati a far effettuare.
Il 5 Febbraio 1500, il Consiglio Generale delibera, con voti 53 favorevoli e 2 contrari, “restitutio bumarde tudertine”. (2000)
5 - Il 5 Febbraio 1913, con avviso alla cittadinanza di Amelia, viene reso noto quanto segue:
"I sottoscritti proprietari delle Stazioni di Monta equina e somarina situate in Amelia nelle località qui appresso indicate, portano a conoscenza di chi può averne interesse che hanno iniziata la stagione, ognuno per proprio conto.
STAZIONI DI MONTA
Farrattini Conte Bartolomeo - Località Le Cinque, detentore Tito Succhiarelli: N.2 asini (manto morello - manto sardino).
Perotti Felice fu Camillo - Vocabolo Passo di Giove (sulla strada di Via Piana): N.1 Cavallo di razza meticcio inglese (Fabio). N.1 Asino manto sardino.
Grisci David d.o Cappelletta - Vocabolo Trullo (sulla strada di Via Piana): N.2 Cavalli di razza bimeticcio inglese (Giglio - Tripoli). N.1 Somaro manto morello.
I prezzi della monta sono i seguenti:
Cavalla a Cavallo £.8 - Cavalla a Asino £.8 - Asina a Cavallo £.8 - Asina a Asino £.4. Senza assicurazione per la gravidanza.
Volendosi l'assicurazione della gravidanza i suddetti prezzi vengono raddoppiati.
Il pagamento deve farsi all'atto della monta". (2001)
5 - Nel Consiglio Nobile dei Dieci del 5 Febbraio 1746, si espone che, “avendo fatto instanza il Padre Candiotti, Guardiano (del Convento) di S. Francesco per li soliti scudi due l’anno, conforme era solito a pagarsi per il moderatore dell’orologgio, ed essendo obligato farlo sonare, e mantenerlo a sfera, e perciò se pare darle li soliti scudi due”.
Il Conte Carlo Bartolomeo Vulpio, uno dei Dieci, alzandosi in piedi, lapalissianamente “ita sensijt” (così giudicò): “Ogni qual volta suoni l’orologgio le si dij scudi due l’anno, non sonando, non si dia cosa alcuna, e detti Padri debbono mantenere l’orologgio, e la sfera principiando, nel principio del presente anno, a pagare detti scudi due”. (2008)
5 - Il 5 Febbraio 1528 viene sancito l’ “ordo ne quis eat larvatus de nocte” l’ordine che nessuno, di notte, giri mascherato: “ex decreto Magnifici domini Potestatis, magnificorumque dominorum Antianorum” per decreto del Podestà e degli Anziani e vengono, quindi, “emissa bannimenta per solita et consueta loca civitatis Amerie per publicos precones eiusdem civitatis” emanati i bandi nei luoghi soliti e consueti della Città di Amelia, a mezzo dei banditori comunali, “quod ad bonum esse et ad quietum vivere prelibate civitatis nemo cuiuscumque gradus et conditionis” che, per il buono e quieto vivere della suddetta Città, nessuno, di qualunque stato e condizione sia, “eat larvatus de nocte et faciat mascharas de nocte” possa andarsene, per la città, nottetempo, col viso coperto da maschera, ovvero camuffato, “sub pena centum ducatorum et decem jctorum funis pro quolibet contrafaciente”, sotto la pena di cento ducati e di dieci tratti di corda per ognuno che contravverrà.
Il giorno successivo 6 il consiglio deve interessarsi di un caso di sussistenza di truppe che -c’è da augurarselo!- siano preposte alla difesa cittadina: si tratta “quod victualie ad capitaneum Luchantonium mictantur” di inviare le necessarie vettovaglie al Capitano Lucantonio ed “electi et nominati fuerunt deputati ad providendum victualias nomine communis” vennero eletti e deputati alla bisogna “Bernardinus alias cartha et Bartalomeus Antonatij” Bernardino detto Carta e Bartolomeo di Antonaccio.
Il seguente 7 Febbraio si dà atto che Giovan Battista Archileggi, depositario delle offerte provenienti dalle elemosine fatte per S. Rocco -protettore dalla peste, del quale era stata commissionata un’immagine al pittore Gian Francesco (Perini) nella Chiesa di S. Agostino- versò dette offerte al nuovo depositario Giovanni Antonio Racani, “exceptis quinquaginta carlenis solutis per eum Jo. Francisco Pictori, pro residuo picture S. Rocchi” ad eccezione di 50 carlini da lui pagati al detto pittore, a saldo del corrispettivo per la pittura dell’immagine di detto Santo, da lui eseguita. Fra le offerte per S. Rocco -fra cui “julij novanta septe et boligninj septe” offerti “ da li heredi de Jo. de Zaffino per mano di Simon Pietro suo figliolo”- figura anche quanto segue: “Et più hebe dicto Jo. Antonio depositario predicto da Nicola de Per Johanne per s.to roccho ducati sei de oro larghi, quali li dette un spagniolo in sua mano che li havesse a despendere per san roccho de S.to Augustino”. Quest’ultima annotazione ci fa presente che, fra i devoti di S. Rocco, v’era anche un soldato spagnolo dell’esercito imperiale di Carlo V, che aveva donato la bella cifra di sei ducati d’oro. Una volta tanto erano venuti per dare e non per prendere! (2011)
6 - Le monache del Monastero di S. Caterina hanno presentato una memoria alla Sacra Consulta, “nella quale dimandano la facoltà di tumulare nel sepolcro della loro chiesa li cadaveri delle religiose e di disumare il cadavere della monaca M., tumulata nella chiesa de PP. Riformati”.
Gli Anziani della città di Amelia, in data 6 Febbraio 1818, chiamati ad esprimere il loro parere in merito, ritengono potersi permettere alle religiose del detto Monastero di seguitare a tumulare le monache in esso decedute, “fintantoché non si costruisce il Cemeterio a termini delle Superiori disposizioni, giacché il Monastero si trova in elevazione e, per il poco numero delle religiose, non ha luogo la spessa apertura del sepolcro”.
Non sembra invece loro lecito esprimere parere favorevole all’esumazione della monaca tumulata nella chiesa dei PP. Riformati, perché contraria alle leggi sanitarie. (1999)
6 - Il 6 Febbraio 1434 nella Chiesa di S. Agostino ha luogo, in “publica generali et universali Arrengha”, l’adunanza generale degli uomini di Amelia “a quatuordecim annis supra” dai 14 anni in su, per discutere e deliberare su di un argomento della massima importanza: “cum hec comunitas necessitate urgetur eligere novum dominum” poiché la Comunità di Amelia è astretta dalla necessità di eleggersi un suo nuovo signore (e padrone) “habita consideratione ad benivolentiam quam Illustris dominus Comes Franciscus Sfortia affert huic comunitati” considerata la benevolenza mostrata verso questa Comunità dal Conte Francesco Sforza ed in relazione al grande prestigio derivante dalla sua condizione di figlio e genero del Duca di Milano ed essendosi egli stesso -come hanno riferito gli ambasciatori inviatigli- disposto ad accettare la volontà di questa Comunità di Amelia, che “velit esse sub eius dominio” desidera assoggettarsi alla sua signoria, “auctoritate presentis arrenghe et omni modo via iure et forma quibus magis et melius potest” per l’autorità derivante dalla presente assemblea generale, in ogni miglior modo e forma possibile, si stabilisce che la Città di Amelia -e suo contado e distretto- “liberaliter et plenissime detur et concedatur ipsi Comiti Francisco Sfortie” liberamente ed incondizionatamente si affidi e si conceda allo stesso Conte Francesco Sforza.
Il giorno 14 successivo, “Vir Nobilis Paulinus de Exculo Locumtenens civitatis Amelie et Francisci comparuit coram prefatis dominis Antianis” il Nobiluomo Paolino da Ascoli, Luogotenente della Città di Amelia e di Francesco (Sforza), comparve dinanzi agli Anziani “et portavit litteram sue commissionis sigillatam sigillo prefati Illustris domini nostri” ed esibì la lettera della sua nomina, sigillata con il sigillo del predetto illustre nuovo padrone degli Amerini. Inizia, in tal modo, la soggezione di Amelia allo Sforza.
La stessa non durò più di 14 mesi, cioè fino all’11 Aprile 1435, quando gli Amerini, con nuova decisione plebiscitaria, tornarono sotto il dominio della Chiesa. (2009)
7 - Il Priore e gli ufficiali della Fraternita di S.Maria “sub regimine Laycorum de Amelia”, il 7 Febbraio 1428 espongono al Consiglio Speciale che, nel decorso mese di gennaio, “duo pauperes peregrini sive romipedes venerunt Ameliam et hospitati fuerunt in domo dicte fraternitatis”, cioè che due poveri pellegrini romei vennero in Amelia e furono ospitati nella Fraternita. Dipoi, “vino superati ebrii effecti amentes et insimul rissati sunt et alter ipsorum alterum vulneravit”; cioè, sopraffatti dal vino e usciti di senno per l’ebbrezza, vennero alle mani, ferendosi reciprocamente.
Poiché furono arrestati ed incarcerati, i rappresentanti della Fraternita intercedono per loro, perché siano liberati, in quanto poveri viandanti venuti da lontano e già in carcere da un mese. Fanno, quindi, appello agli Anziani, per un trattamento di clemenza, “intuitu pietatis et amore Dei”.
La petizione viene accolta. (1998)
7 - Il Rettore del Patrimonio, il 7 Febbraio 1422, scrive agli Anziani e podestà di Amelia la seguente letterina:
“Amici carissimi, per questa ve avisiamo che el Tartaglia, come è piaciuto a dio è stato morto da Sforza. Et per questa cascione N.ro Signore (il papa Martino V) ha mandato heri qua Lodovico Colonna et Orlanno (De Orlandis) con commessione ad nuy providiamo (che) le terre (che) tenìa il Tartaglia non vengano ad altrui mani. Pertanto ogi al nome de dio andamo al campo a Toscanella, con quella gente (che) avemo potuta adunare per la Provincia Patrimonij; (vi preghiamo) che, per stato de Nostro Signore, mandate presto quella quantitate de homini (che) potete et de questo N.S. lavarà ad grato”.
Per quanto agli Amerini potesse far piacere di apprendere la notizia della morte di un dispotico capitano di ventura come Tartaglia di Lavello, certamente per essi le cose non sarebbero cambiate in meglio: ne è riprova l’ordine di non consegnare a nessuno le terre da lui possedute e la richiesta fatta con la stessa lettera di inviare uomini per difendere gl’interessi della Chiesa al campo di Toscanella. (1999)
7 - Il 7 Febbraio 1411 risulta trascritta nelle riformanze una lettera inviata dagli Anziani al papa (antipapa) Giovanni XXIII, nella quale, "post oscula beatorum pedum" dopo il bacio dei beati piedi (!), espongono che Michele Cossa, nipote del papa, da Viterbo ove si trovava, ebbe notizia che Amelia "per gentes extraneas pessundari" veniva mandata in rovina da gente forestiera, quindi, "magna pietate commotus", mossosi a pietà, il giorno 3 appena decorso venne in Amelia e constatò che il Riformatore Bartolomeo Vescovo di Cremona aveva mandato, nottetempo, a chiamare in sua difesa genti armate trovantesi nelle vicinanze "contra dictum dominum Micchaelem et Civitatem sub spoliatione commictere" per agire contro lo stesso Cossa e porre a sacco la città. Dopo che l'intera cittadinanza si rese conto di quanto stava per accadere "que postquam nostro toto populo visa et audita fuerunt" il Riformatore venne catturato "et traditus in manibus dicti domini Micchaelis" e consegnato al Cossa, il quale, riconosciuto "salus nostra et defensio in tanto ingenti periculo" che la salvezza e la nostra difesa fossero in tanto grande pericolo, dall'intero popolo, convocato in generale arengo, "fuit unanimi voce omnium vocatus in nostro Gubernatore" fu nominato con voti unanimi Governatore della Città, "ad V. S. beneplacitum" con il beneplacito del papa, che in proposito ne viene richiesto. Nella lettera si accenna in modo generico che "multa sint narranda tirampnice gesta per dictum dominum Bartholomeum" vi sarebbero tante cose da dire circa gli atti di tirannia compiuti dal Riformatore Bartolomeo, ma che "prolissitate verborum et honestatis causa obmittimus" a causa delle troppe parole che occorrerebbero e, per un senso di onestà, si tacciono.
La lettera viene fatta pervenire al papa tramite "fratrem Johannem alias Fraticello" fra Giovanni, detto Fraticello, con un compenso di 10 vecchi bolognini al giorno e che, per un evidente errore di scrittura, viene fatto partire il 7 e ritornare... il 5!
Dalle parole sopra riportate -soprattutto quando si accenna ad "honestatis causa"- sembra trasparire la scarsa convinzione degli Amerini circa gli atti di tirannia perpetrati dal Riformatore Bartolomeo, accolto trionfalmente all'atto della sua nomina (v. 9 Giugno 1410), mossi, come tutti i deboli, da istinto di servile adulazione verso il Cossa, anche perché nepote del papa. Anche quest'ultimo, con una lettera del 18 Febbraio, rispondendo agli Anziani, mostra di non credere alle accuse mosse a Bartolomeo ed intima loro di restituirlo "sue pristine libertati" alla sua pristina libertà e di scortarlo a Viterbo, dove sarà ascoltato e giudicato. (2006)
7 - Nel consiglio decemvirale del 7 Febbraio 1473 viene letta la supplica di donna Pacifica figlia di Biasio di Fantaccino da Porchiano, la quale espone “come morendo dicto Biasio suo patre, remase lei piccola con quattro fratelli et ad quelli lassò omne sua heredità quale era pochissima con obbligatione che devessero maritare dicta donna Pacifica de la dicta heredità et de po (dopo poco) tempo dicti fratelli partiero (divisero) dicta heredità et obligaronse che al tempo che dicta donna Pacifica se maritasse omneuno fosse obligato per la quarta parte de la dicta dote et mobile. Et essendo de po (poi) dicta donna Pacifica maritata ognuno de dicti fratelli se obligò pro rata de la dicta dote che fo ducati vinticinque ... Et essendo de po morto Bernardino suo fratello uno de dicti quattro che miserabilmente se affuochò (affogò)... et non trovandose de li beni de dicto Bernardino altro che una casa et uno pezo de terra dicta donna per la quarta parte de la sua dote et mobile se mise in possessione de essa casa sopra la quale (per causa della quale) è stata de poi molestata per li Signori Antiani precedenti per cascione de una condennatione de ipso Bernardino ... et facta bandire (mettere all’asta) ... et perché non serria iusto che lei fosse privata de la sua dote, piacerà a V. S. dicta casa et pezo de terra liberarli ad ipsa supplicante”. Si concede quanto richiesto da donna Pacifica, dietro pagamento di otto ducati.
Altra supplica viene presentata da Berardo di Piccio, il quale espone che “ipse per aliquos annos vixit extra civitatem Amelie vagabundus prout alij juvenes et vagabundi solent facere” egli, per alcuni anni, visse fuori Città vagabondo, come altri giovani sogliono vivere e, nel detto periodo, molte dative gli sono state applicate, con continue molestie da parte degli esattori, a detta di suo padre Piccio. Poiché “multis civibus Amerinis qui similiter vagabundi iverunt” a molti altri cittadini di Amelia che, come lui andarono vagabondando fuori città “gratia concessa fuerit” fu concessa la grazia dalle dative, chiede simile trattamento anche nei suoi riguardi. Gli viene concesso. (2008)
8 - “Attesa la caduta del ponte di Narni, gl’Ill.mi Sig.ri Anziani, conosciuta la ragionevolezza del direttore delle poste delle lettere, implorante qualche aumento pel corriere, che dovendo passar per Montoro e Stifone, è costretto far doppio viaggio”, nella seduta consiliare dell’8 Febbraio 1805 “aumentarono, coll’intelligenza del Sig. Governatore, scudi quattro l’anno provvisoriamente, e per fino (che) non potrà ripassarsi sul ponte solito, o altro, che permetta l’uso dell’antica strada”.
Segue un’annotazione: “Per li 15 Marzo 1805 fu ripristinato il sudd. Ponte, secondo la sicura notizia ricevuta”. (2000)
8 - L’8 Febbraio 1466 in consiglio viene letta una supplica presentata “per parte del vostro fidelissimo servitore Donato Lombardo muratore ... che con ciosia cosa luj hagia lassiata la sua propria patria per venire habitare et stare in questa vostra m.ca Ciptà de Amelia alla quale venne povero nudo de denarj senza casa senza campi né vigna, lo quale solo è visso (vissuto) de suo sudore et fatiga et appena ha potuto supplire alle cose necessarie per vivere lui et la sua fameglia et quando li fosse necessario pagare le dative et colte (che) se impongono per li tempi in questa M.ca ciptà, non vede né cognosce con sue industrie et fatighe potere supplire ad guadagnare tanto (che) possa supplire alle cose necessarie della vita de sé et sua fameglia. El predetto supplicante se recommanda divotamente alle V. M. S. li voglia piacere fare alluj et suoi figli exemptione et immunità de tucte dative et colte da imponerse in questa M.ca Ciptà per xviij o vero xvj anni proximi ad venire, mediante per essa possa sostentare sé et sua fameglia et non gli bisogni cercare altrimenti mendicare ... Et queste cose el predicto supplicante domanda alle V. M. S. de gratia singulare, le quali laltissimo dio conservi con questa M.ca Ciptà in felice stato”.
Nel maggior consiglio del giorno seguente, al povero Donato lombardo si accorda l’esenzione da tutte le imposte per dieci anni, “ut consuetum est alijs forensibus” come è d’uso fare per gli altri forestieri. (2009)
8 - Alessandro VI vuole sia fatto bandire in tutti i luoghi soggetti alla Chiesa -e, quindi, anche in Amelia- il seguente proclama, che porta la data dell’8 Febbraio 1496:
“Desiderando la S.tà de N. S. como optimo pastore et patre universale provedere con tucte le vie possibele ad lapace et quiete de tucti et reducere italia, maxime lecose del Reame de Napoli, alla pristina tranquilità et essere, ordina et commanda che neuno subdito de sua S.tà et Sancta Ecclesia possa directe vel indirecte o socto quale sevoglia color, condurse ali stipendij deli franciosi et de qualuncha persona de qualsevoglia conditione, dignità et stato, laquale sia ad liservitij de Re de francia, né ad queste dare recepto né favore, né adiuto in alcuno modo, socto pena de rebellione et de confiscatione deli beni soi, et demolitione de case, laquale pena sua S.tà comanda et vole che se exequischa effectualemente come se convenerà ad la malignità et errore deli inhobedienti et perché questi tali delinquenti non habiano alcuna justificatione al peccato et intendano la optima mente et dispositione de N. S. verso tucti li subditi soy, la sua S.tà offere dare conveniente stipendio, secundo la qualità dele persone et recerca li soldati subditi soy et de sancta ecclesia, quali se trovassiro alli servitij de quilli quali sonno coi franciosi, che, socto la medesima pena de confiscatione, rebellione et demolitione de case, debiano infra sei dì, deli quali doy per lo primo, doy per lu secundo, doy per lu terzo et ultimo peremptorio termene et ultima molitione (ammonizione) se assegnano, partirse da tali servitij et presentarse ad Mons. Governatore et farli intendere la obbidientia loro et declarli (chiedere) se vogliono stipendio et quanto et como, perché li serrà risposto con effecti boni et subditi (bene e prontamente) et volendo andare ad Roma ad tollere soldo (a venire assoldati) et patricare (praticare) serrà grato ad N. S. per posserlo più presto expedirlo.
“Jtem ordina et comanda la S.tà de N. S. che niuna persona, de qual se voglia conditione o stato, possa imprestare né vendere arme de qual se voglia sorte, in qual se voglia loco de quisto Guberno, senza expresso bullectino (ricevuta) de Mons. Governatore o de chi serrà deputato per S. S. et semelmente se intenda de monitione (munizioni), artigliaria et de ogne spetie darmature da homini et da cavalli et ne anche possa alcuno vendere cavalli de ogni sorta et ogni altra cosa, spectante alla guerra et ministero de larme, senza licentia del prefato Governatore ho (o) deputato per sua S. et contra faciendo ad quisto commandamento, cada in la pena de ducati xxv doro et dece tracti de corda, in la quale pena sia condempnato equalemente lo compratore et luvenditore et de epsa pena pecuniaria ne pervenga un terzo ala Camera apostolica, laltro ad Monsegnore Governatore o deputato per sua S. et elterzo ad lu dennuntiatore delerrore (del reato).
“Jtem ordina et commanda la S.tà de N. S. che sotto la medesima pena, da essere facte et execute (da applicarsi ed eseguirsi) come è dicto de sopra, neuno, sinza (sic) expressa licentia del prefato Monsegnore Governatore, possa cavare fora (far uscire) da neuno loco del Governo cavalli, arme, artigliarie o munitione de qual se voglia sorte”. (2010)
9 - Con rogito del Notaio Paulus Jacobutij di Amelia, in data 9 Febbraio 1385 viene stipulato un atto di rinunzia ad enfiteusi su di una casa sita in Contrada Burgi, presente, in rappresentanza del Collegio dei Canonici della Cattedrale, parte interessata in detto atto, soltanto il presbitero Angelo Stefanelli, canonico anziano della chiesa di S. Fermina, restato solo “ad regimen dicte ecclesie propter guerras nunc in provincia et in civitate Amelia permanentes” al governo di detta chiesa, a causa dei conflitti esistenti in Città a provincia.
In un atto simile al precedente, rogato circa un anno e mezzo più tardi (il 10 Agosto 1386), da parte del medesimo presbitero Stefanelli, si rinnova la dichiarazione resa in precedenza, aggiungendo, a giustificazione della mancanza di colleghi, “propter mortalitatem que olim fuit in dicta civitate et in Provincia Patrinonij moratur” a causa della mortalità verificatasi un tempo in città e tuttora presente nella Provincia del Patrimonio.
Se ne deve dedutte che guerre, malattie e disordini non avevano consentito il rinnovo del Capitolo Canonicale. (2000)
9 - Nelle riformanze risulta trascritta una lettera inviata da Roma agli Anziani da parte del Cardinale Colonna, recante la data del 9 Febbraio 1504, con la quale esorta gli Amerini a voler liberare il nipote dell’Abate Bernardino di Alviano, tenuto prigioniero in Amelia, accludendo un impegno che il Colonna è riuscito a fargli sottoscrivere il giorno 6 dello stesso mese, con il quale l’Abate si dichiarava pronto ad accettare le condizioni convenute con gli Amerini, restituendo taglie pagate da questi ultimi e campane sottratte loro. Se ne riporta gran parte dei rispettivi testi:
“Magnifici Viri ed Amici nostri Amantissimi salute. Più volte ve havemo facto intendare quanto havessemo ad caro la liberatione del nepote del S.re Abbate de alviano sforzandoce anchora non pocho de indurre el decto Abbate in quello che più sia stato vostro favore ... et cussì ... lo havemo reducto al presente ad fare questa obligatione de sua mano quale potrite vedere per la inclusa copia che ve mandamo, exortandove et pregandove assai vogliate questa cosa intra noy maturamente discutare. Et contentandove de quanto ipso promette et darite subito adviso perché ordenarimo con ipso (che) ponga in effecto quel tanto (che) promette, tanto de le taglie pagate quanto etiam de le Campane, acciò che de poi voi habiate ad satisfare pro parte vostra in relassare decto suo nepote. Et de questo ce ne farete cosa assai grata et piacere acceptissimo. Nec alia (Non c’é altro) bene valete (state bene) Rome die viiij februarij 1504”.
Ed ecco la dichiarazione dell’Abate:
“Jo ber(nardino) Abbate de Alviano per vigore de la presente scripta de mia mano me obligo et so contento et prometto pagare ad omne petitione che Monsignore R.mo Cardinale de colonna vorrà tucti li denari pagati per Joanni Casciolo de Ameria quando se liberò de laprescione et mano (dalle mani) de li bagliuni (Baglioni) et omne altra taglia de prisciuni per liquali jo fosse obligato per li Capitoli facti fra me et Amerini de po (dopo) la presa de porchiano, quali (capitoli) sieno per Amerini et tudini acceptati et caso che non sieno stati acceptati, pagare quelle taglie che ipsi o loro homini havessaro pagati per loro captivi in la ultima guerra facta ad loro dal S.re Bartolomeo, standose ad fede (secondo le testimonianze) de homini fededigni che proverando (proveranno) tale taglia. Et più me obligo restituire una campana de Ameria che è in alviano unaltra che è in orte unaltra che ha Biasino da tode et cedare le mie rasciuni de una (che) ne fo (fu) per li nostri portata ad lugnano ... et quelle altre campane rocte o sane che per nisuno tempo se troverando (troveranno) in potere (mano) de li miei o de tudini perosini (perugini) o ortani o notitia vera ce sia (si sappia) che per modo alcuno le habbiano haute (avute) o conservate in loro usu et in altri lochi fossaro et questo fo et voglio fare quando ipsi Amerini me manderanno et haverando (avranno) renduto Jacomo mio nepote et palmesciano de Alviano retenuti per Amerini”. (2011)
10 - In calce al verbale redatto dal Notaio Mutius Pennicchius Reatinus, in data 10 Febbraio 1602, è riportato, more solito, il sigillo notarile. E' singolare però la circostanza che, al di sotto del sigillo, leggasi, in esergo, il motto "nec spe, nec metu"; cioè: né con speranza, né con timore. L'origine di tale impresa è da attribuirsi ad Isabella d'Este, Marchesana di Mantova, da lei ideata intorno all'anno 1504. (2004)
10 - Il 10 Febbraio 1327 viene presentata agli Anziani ed ai consigli cittadini una supplica da parte dell'amerino Angeluccio Fattuzi, il quale riferisce che, nel decorso mese di gennaio, "per vim et violentiam noctis tempore furtive et malo modo" durante la notte, ha subito la violenza di venirgli sottratte furtivamente ben 180 pecore "per homines de castro Canapine" da parte degli uomini del castello di Canepina "nomine quorum ipse ignorat" dei quali non conosce il nome, "accepte et sublate de tenimento orti", a lui sottratte dalla tenuta di Orte, nella quale le faceva custodire "ad pasturandum" e che detti uomini "duxerunt quo voluerunt" portarono dove vollero. Poiché, contro gli stessi, il podestà, i consigli e gli altri ufficiali del Comune di Amelia fecero richiesta alle corrispondenti autorità del detto Castello, affinché le pecore sottratte ad Angeluccio gli venissero restituite, ma le dette autorità "minime facere curaverunt" non se ne dettero per intesa, "sed potius in derisum habentes" ma con tono piuttosto canzonatorio, dissero che il furto era stato opera di briganti, al povero Angeluccio non resta che chiedere alle magistrature amerine che gli venga concesso "ius reprehendendi" il diritto di rappresaglia "contra personas et res hominum dicti castri in avere et personis ac rebus" contro uomini e beni del detto Castello e quanto riuscirà a prendere, possa "in suam propriam utilitatem convertere" convertire a propria utilità "usque ad plenam satisfactionem" finché non sarà stato totalmente risarcito del danno subito, quantificato in 260 libre, oltre quanto avrà dovuto sborsare per le relative spese "factarum et faciendarum" fatte e da farsi.
Analoga petizione viene presentata da Samperino di Ugolino, pure di Amelia, il quale espone che, mentre "cum suis mercatantijs et rebus" con le sue mercanzie e le altre robe, transitava "per districtum d.ni Napoleonis de filijs ursi, videlicet per territorium castri Sutriani" per il territorio del Castello di Sutri, di pertinenza di Napoleone Orsini, "nequiter et malo modo fuerit per homines terre ipsius d. Napoleonis ipsis rebus totaliter spoliatus" venne dagli umini di detta terra totalmente ed in malo modo spogliato di tutte le sue cose, che puntualmente enumera: un asino, tre sacchi di lana, cinque teli di lana filata, otto sacchette di canapato grosso, una coperta da soma di panno di lana e due lucerne di ferro. Chiede, anch'egli diritto di rappresaglia contro persone e beni del Castello di Sutri.
Viene, infine, presentata altra supplica, collettivamente da parte di Marco Stracce, Pietruccio Ningoli, Angelello Fratezzoli, Ventura Nucci, Biagio Lelli e Bartolomeo Guiducci, popolani di Amelia, con cui gli stessi, espongono di essere stati derubati, nel decorso gennaio, "in districtu et territorio Civitecastellane, in plano Jaganti" nella pianura detta di Giagante, in territorio di Civita Castellana "de rebus et denarijs secum portantibus" dei denari e delle cose che portavano seco, del rispettivo valore, fra beni e liquidi, di 86 libre e due soldi Marco, 90 libre e 4 soldi Pietruccio, 85 libre e 12 soldi Angelello, 14 libre e 13 soldi Ventura, 20 libre e 4 soldi Biagio ed, infine, 29 libre e 16 soldi Bartolomeo. Anch'essi sollecitano la concessione del diritto di rappresanglia contro gli uomini di Civita Castellana.
A quei tempi, sembra fosse poco igienico per gli amerini trovarsi in territorio viterbese!
La rappresaglia, che, all'epoca, era un vero e proprio istituto giuridico, dava, a chi veniva concessa, il diritto di aggredire impunemente e depredare cittadini appartenenti al territorio nel quale il richiedente aveva subito un ingiusto danno, fino a completa soddisfazione delle sue pretese. (2007)
10 - Il 10 Febbraio 1525, durante la seduta consiliare, prendono la parola due oratori. Il primo è “vir pietate ac devotione insignis Petrus Paulus Cyrichellus” Pietro Paolo Cerichelli, uomo insigne per bontà e devozione, il quale, “Dej optimi maximi favore petito” invocato il favore della Divinità, considerando “precipua debere esse cura illorum qui Rempublicam gubernant providere ad sanitatem” che principale cura di chi è a capo della cosa pubblica sia di provvedere alla salute, per la qual cosa propone “ut exequatur votum, videlicet quod continuetur illa Maiestas S.ti Rochj ad S.tum Petrum” che venga eseguito il voto (fatto dalla Società di S. Rocco fin dal 28 Agosto 1523 e per il quale il 6 Marzo 1524 erano stati stanzaiti 25 carlini “ad depignendam imaginem S.ti Rochi, ut nos a peste defendat”), di continuare la pittura della maestà di S. Rocco in S. Pietro, per la esecuzione della quale venga impiegato, del ricavo della gabella del macello, “illud plus quod superest de salario physici” quanto sopravanzerà dal pagamento del salario del medico fisico.
Il secondo oratore è il “vir piissimus Aurelius Boccharinus” Aurelio Boccarini, uomo di grande devozione, il quale, “animadvertens ullo meliori modo posse averti iram Dej quam precibus Beate Marie Virginis”, facendo presente che non vi possa essere nessun miglior modo di scongiurare l’ira divina (che era ritenuta la causa delle epidemie) delle preghiere della Beata Vergine Maria, “consuluit ut promitterentur fabrice Beate Marie Pusterole decem ducati aurei de gabella vini” propose di destinare alla fabbrica (della chiesa) di S. Maria in Posterola dieci ducati d’oro, da ricavare dalla gabella del vino.
Queste proposte, intitolate nelle riformanze “provisiones ad sanitatem”, cioè provvedimenti per la salute pubblica, lasciano trapelare che, per il mantenimento di quest’ultima, si nutriva più fiducia nella protezione dei Santi, che nell’opera di medici e medicine. (2008)
10 - Il 10 Febbraio 1522 gli Anziani, insieme ai quattro soprastanti alla sicurezza della Città, in esecuzione di quanto deliberato il 30 Gennaio ed il 1 Febbraio precedenti, prendono in affitto da Anselmo Cascioli una bottega sita in contrada “Platee”, a confine con beni dello stesso e di Cristoforo Cascioli da un lato e con via pubblica per altri due, per la durata di dieci anni, da destinare a Mastro Biasino, armaiolo lombardo, che dovrà costruire “scopletti” per la difesa di Amelia; l’affitto, che sarà a carico della Comunità, è fissato in 14 carlini l’anno. Lo stesso giorno, i medesimi Signori prendono in affitto una casa da Cipriano Impacci, posta in Contrada Colle, a confine con proprietà di Stefano Vatelli e di Tiburzio e con via pubblica, da servire da abitazione allo stesso Mastro Biasino, per il canone annuo di dieci carlini, dei quali 6 a carico della Comunità e 4 di Mastro Biasino; della qual casa, il proprietario Cipriano si riserva per sé una cantina ed una stalla, con accesso dalla proprietà del confinante Tiburzio. La parte del canone a carico della Comunità verrà prelevata dalla gabella del pascolo. (2009)
11 - Nel Castello di Lacuscello, da alcuni spoletini, venne rubato un cavallo “pilaminis lucidi”, dal pelo lucido, a Giovanni di Roberto, cittadino di Amelia. Costui fa pervenire un reclamo ai rettori di Spoleto, a mezzo del nunzio giurato del Comune di Amelia, Nicola de Castaldi. Per tutta risposta, i rettori spoletini “fecerunt crudeliter” battere ed imprigionare il nunzio.
A questo punto, l’11 Febbraio 1326, Giovanni rivolge una supplica agli Anziani, per avere licenza “per se et suos consanguineos et amicos” ad esercitare diritto di rappresaglia sui beni e sulle persone di Spoletini, “usque ad plenam satisfactionem” sia del valore del cavallo, che delle spese incontrate e da incontrare per il recupero del suo credito, quantificato in ben 40 fiorini d’oro.
Il diritto di rappresaglia era previsto e tutelato dagli statuti, nei quali era anche sancito (V. Statuto 1330, L.VI, rub.3) che chi si recava in qualche luogo, dove fossero state bandite rappresaglie contro Amelia, ci sarebbe andato “ad suum risicum” a suo rischio. (1999)
11 - L'11 Febbraio 1330, gli Anziani Marco Angeli, Maestro Bartolomeo Buzi, Maestro Angelo Massarucoli, Maestro Celestino di M.r Angelo, Ceccuzio Fattucci e Ceccuzio Beralli "concesserunt licentiam nobili viro Nino de Mevania potestate dicte Civitatis" diedero facoltà al nuovo podestà cittadino Nino di Bevagna "tormentandi et torquendi pro mallefitijs inveniendis et excessibus et delictis" di sottoporre a tormenti e torture, al fine di accertare crimini e delitti "omnes homines et personas quas ipse potestas torquere posset de licentia Antianorum populi dicte Civitatis ita quod in dictis casibus non expediat ab ipsis Antianis licentiam impetrare" tutte le persone che il podestà vorrà assoggettare a legittima tortura, di modo che, nelle dette circostanze, non sia necessario ottenere ulteriore licenza dai medesimi Anziani "qua licentia valere voluerunt toto tempore Antianatus eorum". L'autorizzazione si intendeva valida per tutto il periodo dell'Anzianato in carica.
Come fosse stata rilasciata una normale “licenza di caccia”! (2007)
12 - Dopo i tre bandimenti di rito, fatti eseguire dal Podestà al pubblico araldo Biccola, nei luoghi consueti "palam et alta voce sono tube premisso" cioè a voce alta e preceduti da squilli di tromba, viene fatto conoscere che chiunque "volens comparere nomine communis Amelie", voglia comparire a nome del Comune di Amelia per partecipare, a Roma, nella ricorrenza di "Carnis privio", cioè l'ultimo giorno di Carnevale "ludum testacij" al gioco di Testaccio, è invitato a comparire dinanzi al Cancelliere del Comune "ad offerendum" per fare la sua offerta nella gara che si svolge "pro minori pretio", cioè al ribasso.
Fra gli altri, il giorno 12 Febbraio 1392 "comparuit frater Ambroxinus ordinis S. Agostini et optulit se velle Romam accedere" si presentò fra' Ambrosino agostiniano e si offrì di andare a Roma e "dictum ludum facere" per 6 fiorini e 40 soldi, restando aggiudicatario della gara, per aver tal Petrella offerto 7 fiorini e Giacomo Guadagni, detto Bovidonio, 6 fiorini e mezzo. (2005)
12 - Il 12 Febbraio 1735 viene presentata agli Anziani la seguente supplica:
“Li poveri, e miserabili Contadini d’Amelia, descritti nell’annesso foglio colle annotationi de loro gravami, umilissimi Oratori delle Sig.rie Loro Ill.me, con tutto l’ossequio glie rappresentano havere in occasione del presente passaggio delle truppe Spagnole contribuito à tutto ciò che per parte del Sig.re Governatore, et alcuni Sig.ri Deputati di questa Città gli è stato richiesto, non avendo l’Oratori havuto riguardo né a loro medemi, né alla loro povera fameglia, che nella corrente rigidissima staggione gli è convenuto, e gli conviene tuttavia languire di freddo, per essersi privati di ciò che ne avevano estrema necessità, a fine di rendersi obedienti, e non contradire alli ordini de medemi Sig.ri Governatore e Deputati. Ciò premesso in occasione d’altra contributione d’Animali, che dovevano mandarsi in Narni, per la quale anche obedienti si dichiaravano l’Oratori, conforme co’ fatti l’hanno denotato (dimostrato), ma perché a chi non era noto l’editto, a chi poco doppo l’intimatione è comparso, et a chi il giumento o Cavallo non serviva per il fine richiesto sì per la vecchiaia, sì per la debolezza, hanno li poveri Oratori esperimentato il sommo del rigore, e con pegni, e con carceri, anche secrete, e per ultimo con pagamenti alla povera loro conditione molto esorbitanti, e quel che è peggio, esatti contro la dispositione di tutte le leggi, senza le debite necessarie difese, che anche a’ più famosi banditi e crassatori si accordano. Pertanto, se li poveri Oratori prima per mostrarsi obedienti volontariamente si spogliorno, ora per non potersi mostrare obedienti per le cause sopra accennate e di ignoranza, e di tarda comparsa, e di inabilità del giumento, hanno severamente sopportato quei rigori che mai si sarebbero sogniati, vedendosi privati delle loro tenue sostanze, che sono il secodo sangue del huomo. Non havendo pertanto a chi in tante angustie ricorrere li poveri oratori, alle SS.rie V.re Ill.me come degnissimi et onorevoli membri e publici rappresentanti della Città ricorrono, e con le lagrime agl’occhi, le pregano a risguardare con occhio pietoso li sudori, che spargono e le miserie che l’opprimono, et ad assumere, che giustamente li compete, il titolo di difensori de poveri, con ricorrere e rappresentare al Santissimo e Pietosissimo Sommo Pontefice, le miserie e vessationi sofferte e supplicarlo di rimedio e reintegratione à danni patiti, il che sperano dal benignissimo cuore di N.ro Sig.re e della somma vigilanza e carità delle S.rie V.re Ill.me”.
Alla supplica, risulta allegato un elenco con ben ventisei nomi di persone, con a fianco di ciascuna annotati la multa pagata ed il carcere subito.
Il passaggio di truppe a cui fa riferimento la suddetta supplica era certamente da attribuirsi alla guerra di successione polacca, durante la quale, come riferisce Claudio Rendina nel suo libro “I Papi”, “le terre pontificie furono corse e devastate dagli eserciti belligeranti”. (2008)
12 - E’ necessario procedere ad approvare alcune spese straordinarie e, prima di provvedere al loro pagamento, necessita il “placet” da parte del consiglio cittadino. Il 12 Febbraio 1435, se ne fa un elenco, nel quale figurano anche le seguenti:
“pro munere misso ex parte communis eiusdem ad dominum Michaelem de Actendolis Capitaneum etc. dum in diebus proximis preteritis castramentabatur contra Lugnanum” per un donativo inviato da parte dello stesso Comune al Capitano Michele de Attendolis, mentre, nei giorni passati, poneva il campo contro Lugnano (ma il relativo importo non risulta evidenziato).
“Domine Centie Ser Benedicti pro decem et dimidio petictis vinj moscatellj ad rationem octo soldorum pro peticto libras quatuor soldos quatuor” A donna Cenzia di Ser Benedetto per dieci petitti e mezzo di vino moscato, in ragione di otto soldi a petitto, 4 libre e 4 soldi. (Si ricorda che il petitto equivaleva a circa litri 2,2 e sicuramente il “moscatello” acquistato non sarebbe servito ad addolcire la bocca degli Amerini, che ne dovevano soltanto pagare l’acquisto!).
“Conventui fratruum ordinis S.ci Francisci pro una scala perdita in campo contra Lugnanum, libras tres denariorum” Al Convento dei frati francescani, in risarcimento di una scala perduta nell’assedio contro Lugnano, tre libre di denari.
E via di seguito, per un totale di 120 libre, 7 soldi e 5 denari. (2009)
12 - Ludovico il Bavaro, in aperto contrasto con il papa Giovanni XXII, era sceso in Italia per prendere possesso dei territori imperiali ed essere incoronato imperatore. Era giunto a Roma il 7 Gennaio 1328 e grande era la confusione che regnava. Occorrendo rinforzare le difese cittadine, in Amelia erano stati nominati 43 uomini fra le cinque contrade “super statu et conservatione status pacifici” per la conservazione dello stato pacifico della Città. Il 12 Febbraio dello stesso anno 1328 si deliberò “quod per dominos Antianos eligantur et ponantur custodes ad soldum ad portas Busolinam Gilionj Vallis et Pusterule” che gli Anziani nominassero i custodi delle quattro porte cittadine, cioè Busolina, Leone, Valle e Posterola, al soldo della Comunità, ai quali si impose di “non permictere intrare aliquem forensem sine licentia speciali” vietare l’ingresso in Città a tutti i forestieri non forniti di speciale permesso. (2010)
13 - L’inventario dei “beni” lasciati da Antonio Licuzii, redatto dal notaio Paolo Paolelli il 13 Febbraio 1429, merita menzione per la “sobrietà” delle masserizie appartenute al “povero” Antonio:
“Sex vegetes (botti) de ligno capacitatis 20 sal.(salme); 1 tinella capacis 2 sal. et unum par (paio) bigonsorum et 1 barilectum de ligno; 1 par torcularium (torchi) sive vaschiarum de ligno estim. 1 flor. auri; 3 soppedanea de ligno usitata (usate) et 1 archa acta ad faciendum panem, usitata; 2 cultrices (coperte) de lecto usitate; 1 materatium; 3 capiczalia (cuscini) de lecto usitata, 5 linteamina (lenzuoli), 3 cultres et 1 copertorium pannilane, 4 petia panni canapis et 2 petie grandi; 6 salme grani, 2 bidentes, 1 zappa, 1 zappone et 1 zappatella de ferro, 1 gomeria (vomere) et 1 spat(ola) de ferro; 1 ronchone et 1 ronchola de ferro, 1 vanga et 1 pala de ferro, 1 caldarea raminis (di rame) capacitatis 2 broccharum, 1 caldarocchium capacitatis 1 brocche, 1 tiella et 1 caldarellum raminis, 1 catena de ferro et 1 mortarium prete (cioè di pietra)”. (2000)
13 - Dal periodico AMERIA del 13 Febbraio 1898 si riporta la seguente notizia intitolata : “Ferrovia Todi-Amelia-Orte”:
“Sono stati sopra luogo gl’Ingegneri Cav. Laurenzi e Vignaroli per prendere difinitivi (sic) accordi col Municipio e col loro collega Sig. Ciatti; hanno percorso tutta la linea e già sono cominciati i lavori di campagna per il progetto di massima che sarà presentato quanto prima possibile”.
A giudicare dalla mancata realizzazione del tratto ferroviario, se ne deduce che gli accordi erano tutt’altro che “difinitivi”! (2009)
13 - Il 13 Febbraio 1479 vengono presentate nel consiglio dei X alcune suppliche.
Una -piuttosto farraginosa- è quella prodotta da Giacomo di Cecco di Angelello, da Angelo suo figlio e da Fratone di Vitale, tutti di Amelia, “dicenti ed exponenti che conciosia cosa che ipsi supplicanti sonno stati condennati jn contumatia jn libre trecento de denari intucto tre e jn libre cento per ciascuno al tempo de Miser polydoro da Sancta Victoria podestà o vero vice podestà dela decta cipta et per luj et per la sua corte, secondo appare nelli acti et processi contra loro formati, alli qualj se referiscono et questo per caxione de certa accusa de turbata possessione contra loro facta per Johanfrancesco de freduccio o vero altro procuratore jn nome de donna Berardina figliola de Angelo de matheo alias el fietta, nepote del dicto Johanfrancesco, perche havendo el dicto Jacomo gran tempo litigato como marito et con francha persona et procuratore de donna polisena sua moglie et sorella de dicto fietta con lo dicto Johanfrancesco per caxione de le so dote et altra quantità de denari, quale prefata donna polisena deve havere dal dicto fietta, secondo appare in li acti tra loro agitati”. Poiché Giacomo venne condannato in contumacia a pagare 18 ducati a Gianfrancesco per spese giudiziali, si appellò presso l’uditore di Roma della Camera e, in pendenza del ricorso, Gianfrancesco si mise nel possesso di un terreno, in contrada Urbestole, di proprietà dei supplicanti, i quali si recarono a lavorare detta terra come loro pertinente. “Et per questa caxione jndebitamente et jniustamente forono accusati de turbata possexione et jniquamente et in loro contumatia condennati nella predicta quantità pendente la dicta causa jn corte”. Per tali ed altre numerose ragioni e considerando che l’esecuzione fu fatta anche nei confronti di Angelo e di Fratone, estranei alla causa, “recorrono alle V. M. S. pregando jterum (nuovamente) quelle se degneno nelli loro opportunj conseglj ordinare et farli gratia lise cassino le predicte condennationi, remectendose nelle braccia della predicta comunità magnifica dela ciptà de amelia, la quale sempre fo pietosa ad quelli hanno hauto recorso aipsa, offerendo a quella la loro povertà, non però preiudicando alle loro raxioni quale hanno nella dicta terra”. Ai ricorrenti venne ridotta la pena al quarto.
Altra supplica viene presentata da Andrea di Palacca, di Amelia, “el quale dice et expone como ipso supplicante commise uno mallefitio jn la persona de lifigli de Jacomo di macchia habitante jn amelia. Et lo dicto mallefitio per lo potestà proximo passato li fo agravato assai più che non commise, perche li fo formato loprocesso de tre percussione et non fo più che una. Et per rispecto (a causa) de la peste che allora era jn la cipta de amelia non possette venire arespondere dove (per cui) jn contumatia fo condennato jn ducati novantasei o circa, secondo appare jn li libri deli mallefitij alli quali se referisce”. Chiede, quindi, la revisione del processo, dichiarandosi disposto a pagare per quanto da lui commesso e ad accettare quel che verrà deciso in merito. Si delibera che paghi “solummodo de percussione capitis ducatos duodecim cum dimidio et admictantur ei beneficia et de reliquis intentatis contra eum fiat sibi gratia liberalis, facta pace et satisfacta parte adversa” soltanto per una percussione al capo 12 ducati e mezzo, gli si concedano i benefici di legge e, del residuo, gli si faccia grazia, dopo aver avuto buona pace con la parte offesa e con adeguato risarcimento.
Infine, si ascolta la supplica presentata da Mario “de Pejo”, Musorgno, Cristino e Turcarello, balivi e guardiani delle torri cittadine, i quali espongono che, pur avendo diritto alla rispettiva retribuzione, “nientedemeno per la jnpotentia (leggi: mancanza di denari) dela comunità, come è noto ad omne uno, radissime volte possono havere jn contanti al tempo debito lo loro salario et però spesse fiate bisogna inpegnare et vendere le loro bollecte (cioè i loro titoli di credito), non senza desvantagio et perdita loro. Et essendo alpresente molestati per la decima, se cognoscono (riconoscono) al tucto inpotenti et bisognarialj (sarebbe loro necessario) inpegnarse li vestiti per pagarla. Pertanto essendose dignate V. S. de dicta decima farne gratia ali altri famigli de casa, se degnino ancho V. S. fare dicta gratia ad essi, eo maxime (tanto più) che ipsi supplicanti como sanno le V. S. sonno più gravati de famiglia che li famigli predicti”. Si fa loro grazia del pagamento di ogni decima, come già si fece ai famigli degli Anziani.
Stessi giorno e mese, undici anni più tardi, il 13 Febbraio 1490 -secondo quanto già deliberato dal maggior consiglio- gli Anziani convennero con Ser Nicolò di Lugnano che quest’ultimo s’impegnase “scribere bona manu sive littera in membranis totum statutum Civitatis Amerie cum reformationibus et alijs ordinibus in eo descriptis et additis ut visi sunt necessarij” a scrivere in buona calligrafia, su cartapecora, l’intero statuto cittadino, con tutte le aggiunte resesi necessarie per le modifiche ed altre decisioni deliberate nelle riformanze, “pro pretio novem ducatorum ad bononenos usuales septuagintaduos pro quolibet ducato et eo minori pretio quod finito opere judicaverunt Ser Ugolinus Nicolaj et Angelus Anthonius Geraldinus” per il corrispettivo di nove ducati, in ragione di 72 bolognini correnti per ducato o per quel minor prezzo che verrà valutato, a lavoro ultimato, da Ser Ugolino Nicolai e da Angelantonio Geraldini, “quorum sententie se dicti Domini Antiani Communis nomine et dictus Ser Nicolaus libere et sponte remiserunt” al giudizio dei quali tanto gli Anziani -a nome del Comune- quanto detto Ser Nicolò liberamente e spontaneamente si rimisero. Quest’ultimo si impegnò, inoltre a terminare la detta copiatura entro la prossima quaresima ed a non interrompere il lavoro “donec opus expleretur” finché non sarà terminato. Gli Anziani, a loro volta, si impegnarono a procurare, a spese del Comune, “chartas pecudinas et rasas ipsi Ser Nicolao dare ad scribendum” la pergamena necessaria ed a consegnarla a Ser Nicolò già rasata e pronta per la scrittura e a dargli ospitalità, per l’esecuzione del lavoro, nel palazzo anzianale o in altro luogo idoneo, per compiere il lavoro, a spese del Comune, “sed non victum nec pecunia maius quam supra expositum est” ma escluso sia il vitto, che la possibilità di aumentare il corrispettivo come sopra convenuto.
Questa nuova versione dello statuto non ci è pervenuta.
Cinque anni dopo, il 13 Febbraio 1495, davati al consiglio si presenta Ser Addam de ... Cancelliere del Capitano Troilo de’ Savelli e, parlando a suo nome, “exposuit quod est paratus cum suis militibus venire ad defensionem et commoda Communis Magnifice Urbis Amerine” espone che quest’ultimo è pronto a venire, con le sue truppe, in aiuto e difesa della Città di Amelia. Il consigliere Ludovico di Carlo Boccarini propone “quod referatur condigne gratie prefato Ill.mo D. domino Troylo Sabello de suis gratissimis oblationibus erga hanc Amerinam Urbem factis” che si rendano i dovuti degni ringraziamenti al Savelli per le sue profferte di aiuto verso la città e sia supplicato “ut dignetur quam citius erit possibile cum suis militibus stipendiarijs et armigeris Ameliam venire, nam omnis spes huius Amerine urbis in sua Jll. D. sita est” di degnarsi di venire in Amelia con i suoi militi ed armigeri con la maggior celerità possibile, poiché la speranza di questa città è riposta nella sua persona.”Et in eius adventu perbenigne et honorifice recipiatur, deputenturque duo Cives qui curam habeant de honore eidem fiendo et omnes impense solvantur sumptibus Communis” e, in occasione della sua venuta, venga ricevuto con grande benevolenza e sommo onore e si deputino due cittadini perché preparino con somma cura le onoranze da rendere all’illustre ospite e tutte le relative spese vengano assolte dal Comune (leggi: Pantalone). In effetti, i cittadini che si eleggono per tale incarico non sono due, ma quattro, cioè Lodovico di Sabino Archileggi, Paolo di Isacco Vatelli, Pierfrancesco di Alberto de’ Racaneschi (Racani) e Silvestro di Evangelista Venturelli; tanto, una volta sulle spese ...
Ma gli Amerini, in questi venti di guerra che spirano turbinosi intorno a loro, necessitano di una buona iniezione di coraggio. Il successivo giorno 16 si delibera che, “ut Amerini animosiores et fortiores fiant contra inimicos” affinché gli stessi diventino più animosi e si mostrino più bellicosi verso i nemici, sia loro consentito “offendere inimicos de Alviano Atigliano et Vardechia et omnes stipendiarij et forenses in dictis castris existentes in bonis rebus et personis et eos capere et captos detinere usque solverint tagliam illis imponendam” aggredire i nemici di Alviano, Attigliano e Guardea e quanti si trovassero nei detti Castelli, sia nei beni che nelle loro persone e catturarli e tenerli prigionieri, finché non venisse da loro pagato il riscatto da imporre su di essi. Ma non solo: se venissero catturati nemici che non potessero essere riscattati (per non essere in grado di pagare la cifra imposta su di loro) “tunc eo casu dicti captivi consignentur Comuni Civitatis Amelie et Communitas teneatur solvere capientibus duos ducatos pro quolibet captivo” i “buoni” Amerini avranno facoltà di consegnarli al Comune e, a spese della Comunità, verranno loro corrisposti due ducati per ogni prigioniero fatto, nonché due carlini per ogni bestia grossa sottratta al nemico. A ben considerare, il denaro sarebbe uscito dalle stesse tasche di coloro che lo avrebbero incassato! (2010)
13 - Sotto la data del 13 Febbraio 1528 alcune decisioni consiliari possono darci la misura del timore, da parte dei nostri predecessori, a dare ricetto a stranieri, in un periodo tanto burrascoso come quello successivo all’invasione da parte dell’esercito di Carlo V: “eicere advenas ... sanum et congruum est. Videatur quid agendum” è cosa utile alla salute pubblica ed opportuna espellere gli stranieri. Si veda cosa fare. Si propone di dare attuazione ad un drastico provvedimento, che può lasciarci perplessi, circa la sua intransigenza: “habeatur notula in quibus domibus advene habitant” si rediga un elenco da cui risulti in quali case siano alloggiati degli stranieri “et quod postmodum fiat mandatum patronis domorum quod infra terminum duorum dierum debeant expellere ex eorum domo dictos advenas et claudere domos” e, quindi, s’imponga ai proprietari di dette case che, nel termine di due giorni, ne caccino via detti stranieri e le chiudano, “sub pena decem ducatorum de auro et si contrafecerint ponantur in libro speculorum per dominos Antianos” alla pena di dieci ducati d’oro in caso di trasgressione, con eventuale iscrizione nel libro dei debitori pubblici a cura degli Anziani “et si domini Antiani contrafecerint ipsi domini Antiani ponantur in dicto libto pro dicta summa pro eotum quolibet” e se gli stessi Anziani non dovessero provvedere a quanto sopra, siano a loro volta inseriti in detto libro, ciascuno per la citata somma. Ma non basta: “quod omnes advene qui exierint portas, portinarius non permictat eos ulterius reintrare et jn hoc detur arbitrium amplum et amplissimum superstitibus sanitatis” a tutti gli stranieri usciti dalle porte cittadine, i relativi custodi vietino di rientrarvi ed, in ciò, si dia il più ampio mandato ai soprastanti alla sanità pubblica; “jtem quod si dicti advene starent in domo pupillorum, tutores et curatores teneantur ad dictam penam et ipsi ponantur in libris speculorum”; inoltre, se gli stranieri occupassero case di proprietà di minori, ne rispondano personalmente i loro tutori e curatori; “jtem quod hoc modo etiam jntelligatur de advenis habitantibus extra civitatem” e tutto ciò s’intenda anche esteso agli stranieri abitanti fuori delle mura cittadine. Ma ciò che ci lascia maggiormente stupiti sulla drastica intolleranza di tali provvedimenti -che non si esiterebbe a definire feroci- è la parte finale: “fiat bannum publicum quod omnes qui exierint et erunt expulusi non possint nec debeant ulterius jntroire intus civitatem sub pena trium tractorum funis et pueri et femine fustigentur” si bandisca pubblicamente che tutti coloro che venissero espulsi dalla Città non possano né debbano in alcun modo rientrarvi, sotto pena di tre tratti di fune per gli uomini adulti e della fustigazione per le donne ed i fanciulli.
A quali atrocità la paura poteva far giungere l’animo umano?! (2011)
Nel consiglio decemvirale del 14 Febbraio 1467 vengono esaminate alcune suppliche.
La prima è presentata “per parte dela vostra fedelissima servitrice Johanna figlia de Manduzzo de Gammacorta da Porchiano et mo moglie de Jovannolo de Fanticino del dicto locho, dicente et exponente como al tempo de Munaldo de Munaldeschi da Orvieto fosse condampnata in cinquanta ducati per cascione de uno malefitio (che) commise in persona de Saracino del dicto Castello de Porchiano al quale malefitio la dicta Johanna ce fo incitata per questa forma che la dicta Johanna disse al prefato Saracino: tu farai meglio pagarme la robba mia: allora el dicto Saracino corse adosso ala dicta Johanna, et disse: io non ho niente del tuo, Et dapoi la percosse con uno bastone, per modo che ala dicta Johanna fo necessario la defensione: Et allora saltò in uno horto et pigliò uno bastone et percosse lu dicto Saracino in testa, siche la dicta Johanna atenta la sua povertà supplica le V. S. se vogliano dignare de solita clementia et per intuyto de pietà dala dicta condempnatione absolverla et liberarla: Et de quella pocha povertà che ha liberamente se mecte nele mani dele S. V. et del consiglio le quali l’altissimo dio coserve in felice stato”.
Il consiglio decide di formare una commissione per un supplemento d’indagine e di delegare ad essa la decisione da prendere nei confronti della combattiva Giovanna.
Si passa, quindi all’esame di un’altra supplica, presentata “per parte del vostro fideliximo servitore Vico de Vagnelista alias Arrapato (!), dicente et exponente como luj è poverissima persona et ha grande famiglia (con quel nomignolo!), et non ha onde poterla governare et è de continuo affannato nele gravezze (che) se pagano et inponse (s’impongono)”. A lui vengono abbonate tutte le imposte scadute, purché dia garanzia di pagarle per il futuro. (2008)
15 - Con atto rogato dal Notaio Ugolino di Nicolò il 15 Febbraio 1485, Piermatteo Manfredi, illustre pittore di Amelia, in rappresentanza del fratello Bernardino, promette di pagare a Giacomo Ionovini, in rappresentanza del figlio Michele, 200 ducati d’oro a titolo di dote della nipote Virginia, figlia del defunto fratello Giuliano, da pagarsi in occasione del matrimonio da contrarsi fra essa Virginia e Michele. Senonché, con successivo atto del 7 Febbraio 1487, analogo contratto dotale viene stipulato in previsione delle nozze che la stessa Virginia andrà a contrarre con Eliseo di ser Alessandro di Angelo ser Tellis di Amelia. E’ evidente che il matrimonio con Michele era andato a monte! (1998)
15 - Gli Anziani rivolgono appello al Cardinale Ottone Colonna, Vicario Generale pro S. R. E. , affinché vengano condonate le pene comminate a Cristoforo e Pietro Ceccardi e Telle Pallerij di S. Fucetulo, imputati di omicidio; a Chetto di Macchie condannato a pagare 100 libre; a Cristoforo Bacci e Antonio di Angelo di Todi, per 7 libre; oltre a numerosi altri, condannati a pene diverse.
Tramite il notaio Ugolino Jacobutij, in data 15 Febbraio 1413, il Cardinale scrive al suo famigliare Antonio ser Mainaldi Tesei, Cancelliere di Camera, perché voglia concedere quanto perorato dagli Anziani di Amelia. (2000)
15 - Per mano del suo Segretario Agapito Geraldini, Cesare Borgia scrive agli Amerini da Viterbo il 15 Febbraio 1503, complimentandosi del loro contributo dato per il recupero alla soggezione al papa del castello di Lugnano, che, dagli Orsini, era stato dato ai d'Alviano:
"Havemo inteso che, per li commissari della santità di N. S. (il papa) et vostri, è stato recuperato el Castello de Lugnano, pertinente alla sua beatitudine, et voi esser concorsi con quello adiuto et assistenza che da essi commissari siti stati ricercati, del che grandemente ve comendamo".
Ma non basta: occorre castigare i colpevoli, "che, passando impuniti, poteriano essi medesimi o altri incitati da la impunità loro far el simile. Et ultra questo, perché avemo ancora similmente inteso ... che è stato preso ed reducto sotto la prefata servitù (degli Orsini) el castello de la Penna, quale sia tenuto et posseduto da li Orsini rebelli de la Sua Beatitudine (il papa)", il Borgia ordina che "lo castello, mura, case et ogni altro edificio de la Penna debia immediate scaricarse, abbatterse, spianarse, et dissiparse, facendo che per quanto sia possibile, nullo recepto o vestigio ce remanga".
Due giorni dopo, nelle riformanze si dà atto dell'avvenuta distruzione della Penna, per ordine del Borgia: "Mandante Illustrissimo ac Invictissimo domino Domino Caesare Borgia de Francia, Romandiole, Valentieque Duce et Principe Hadrie et Venafri et Plumbini" e sotto il comando di "domino Francisco Columna demoliri funditusque averti ceptum est nec ab opere destiterunt donec funditus totum dirutum extiterit" (venne preso e distrutto, né si ristette, finché non fu totalmente demolito).
Per comando dello stesso, "hominesque illius pueri puelle et bona omnia" tutta la popolazione e suoi beni "Ameriam translata et reducta" vennero condotti ad Amelia. La relazione termina: "quod felix faustumque sit"; il tutto sia felicemente fatto e di buon augurio. Ma non certo per i poveri Pennesi!
Unica consolazione: per ordine del Valentino, ai Pennesi tradotti in Amelia si concede che "per qualunque debito o condanna ... non siano in alcun modo molestati per termine di tre anni prossimi da venire". (2004)
15 - Gerolamo Garofino, amministratore del Monte di Pietà, è alla ricerca di un luogo acconcio "pro servandis et custodiendis pignoribus" per la conservazione e la custodia dei pegni a lui affidati. Essendo a conoscenza che, in una piccola sala della residenza anzianale trovasi, vuota, "cassam nucis" una cassa di noce, che può fare al caso suo, "cum valde ea indigeat", avendone detto Monte notevole necessità, nel consiglio decemvirale del 15 Febbraio 1562, il solerte e buon Gerolamo chiede che detta cassa "dono dari" venga donata al Monte "pro servitio eiusdem" per la sua gestione. Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, "discretissimus legum doctor d.nus Bilisarius (sic) Geraldinus", il consigliere e dottore in legge Belisario Geraldini propone che "cassam Communitatis Monti pietatis dono dandam esse" la cassa della comunità debba venir donata al Monte di Pietà ed il consiglio approva "tribus nigris non refragantibus" con soli tre voti contrari. (2007)
15 - Il 15 Febbraio 1732, da parte degli Anziani e del Governatore, si procede alla nomina “novi Magistratus pro futuro bimestre Martij et Aprilis” della nuova Magistratura per i prossimi mesi di Marzo ed Aprile, e dal bussolo, “sorte extracta”, con estrazione a sorte, “inventa fuerunt descripta nomina infra, videlicet” furono ritrovati i nomi infra descritti, cioè: Paolo Cansacchi, Mattia Cerichelli, Girolamo Novelli Tosi ed il Cavalier Raimondo Mandosi.
A proposito di estrazioni, il giorno precedente 14 Febbraio dello stesso anno, a Roma, in Campidoglio, si era proceduto alla prima estrazione del lotto, fino a quel momento considerato peccaminoso, ma successivamente autorizzato da papa Clemente XII (Lorenzo Corsini), per essere considerato da questi “una specie di dazio indiretto e volontario pagato dal cittadino che voleva col suo denaro tentare la sorte”. I numeri estratti? Eccoli:
56 - 11 - 54 - 18 - 6
A chi volesse giocarseli, buona fortuna! (2008)
15 - Gabriele Carminati (o Carminanti) di Faenza, Commissario del Duca Cesare Borgia, arriva in Amelia, recando una lettera per gli Anziani, scritta da quest’ultimo il 15 Febbraio 1503 da Viterbo, di cui si riporta il contenuto, come segue:
“Havemo inteso per li Commissari dela S. de N. S. et nostri è stato recuperato el castello de Lugnano, pertinente ala sua beatitudine (il papa) et voi esser concursi con quello adiuto et assistentia che da essi Commissarij site stati recercati, del che grandemente ve comendamo, offrendove fare dela prompta obidientia et bone opere vostre piena relatione ala S.tà prefata. Et perché non basta haver recuperato decto Castello se quelli se dice essere stati potissima (principale) causa de tradirlo et conducerlo ale mano deli occupatori non siano castigati, considerato che passando jmpuniti, poteriano loro fare el simile, et ultra questo perché havemo similmente inteso che per el nostro Commissario é stato preso et reducto sotto la prefata santità el castello dela Penna, quale era tenuto et posseduto da li Orsini rebellj dela sua Beatitudine et ce pare sia expediente (da porre in atto) che decti rebelli et li loro subditj, seguaci et adherenti habiano in ogni cosa resentirse (pentirsi) deli loro errori, per modo che ceda (serva) et ad essi et ad altrj in exemplo per omni futuro tempo, havemo commesso (ordinato) al nostro fidele et dilecto subdito et Commissario Gabriele Carmenate et commettiamoli per vigore dela presente che, contra quelli presi et detenutj per essere stati como se dice traditorj et causa dela occupatione de Lugnano, debia procedere facendo de epsi quella debita punitione che la graveza (gravità) delloro delicto et la justitia recerca, et questo exeguisca, postposita omne superflua dilatione; Et lo castello, mura, case et ogni altro edificio della Penna debia immediate scaricare, abbattere, spianare et dissipare, facendo che, per quanto sia possibile, nullo recepto o vestigio ce remanga: Jn la qual cosa commettemone et comandamo debiate con ogni obedientia, adsistentia, adiuto et favore recercare assistarli. Né de questo presumate fare el contrario, per quanta chara ve sia la gratia dela prefata santità et nostra”.
Due giorni dopo, nelle riformanze viene annotato quanto segue:
“Mandante Ill.mo atque Invictissimo d.no D.no Caesare Borgia de Francia, Romandiole Valentieque duce Principe hadrie et venafri, plumbini domino ac S. R. E. Confalonerio et Capitaneo generali” su mandato dell’illustrissimo ed invitto Signore Cesare Borgia di Francia, Duca di Valenza e di Romagna, Principe di Adria e Venafro, Signore di Piombino e Gonfaloniere e Capitano Generale di Santa Romana Chiesa, “duce D.no Gabriele Carminante de Faventia, dicti ducis Commissario, a Populo Amerino Castrum Penne, paulo ante emptum a Johanne Corrado Ursino de Polimartio pretio quinquemilium ducatorum, a d.no Francisco Columna demoliri funditusque everti ceptum est” al comando di Gabriele Carminati di Faenza, Commissario del detto Duca, il Castello di Penna, poco prima acquistato dal popolo amerino da Giovanni Corrado Orsini di Polimarzo (Bomarzo) al prezzo di 5.000 ducati, da Francesco Colonna è stato dato inizio alla sua demolizione ed abbattimento dalle fondamenta, “nec ab opere destitere donec funditus totum dirutum extiterit. Hominesque illius pueri puelle et bona omnia jussu dicti d.ni ducis Ameriam translata et reducta, quod felix faustumque sit” né si desisterà da tale opera finché tutto sarà completamente distrutto. Gli uomini , compresi i bambini e tutti i loro beni, per comando del detto Duca, si trasferiscano in Amelia; il che sarà cosiderato un evento felice e di buon auspicio (Ci vuole una buona dose di ironia!).
A distanza di una settimana, Cesare invia una nuova lettera al suo Commissario, con la quale chiede che i pennesi tradotti in Amelia vengano “ben tractati ... salvando totalmente li bestiami et la loro roba” favorendo chi di loro volesse restare ad abitare in Amelia “et oltre questo per qualunque debito o condennatione havessero in la città o comunità de Amelia, non siano in alcun modo molestati per termine di tre anni proximi da venire”.
Comunque, il Duca Valentino era determinato a pretendere la completa demolizione di Penna. Ne è ulteriore prova la lettera che invia agli Anziani il 6 Marzo successivo, del seguente tenore:
“Credendo che con la vostra debita obedientia et con quella studiosa voluntà che far dovevate, fusse già (da) più dì data piena expeditione ad quanto era da farse ala penna; ce meravigliamo chel nostro Commissario non era tornato da noi et che sì longamente soprasedesse apresso de noi, (ritardasse a venire da noi) ma hora, venuto, ce ha facto intendere che la predicta opera non è ancora amezata (giunta alla metà), et che sotto varie scuse et con renitente voluntà se mette da voi in dilatione, per non farla, del che molto restamo admirati (meravigliati) ... unde, cognoscendo essere bisogno usare altri modi, remandamo el prefato Commissario con ordine et commissione debia distribuire lopera che resta ala penna per demolitione totale de tucti li edificij de quella ... da spianare tucto fra tre dì, sotto pena de cinquanta ducati doro da incurrarse de facto per qualunche ... non haverà al termine finito totalmente la sua portione (parte da demolire) et de tre ducati doro per qualunque altra particulare persona che circa lopera predicta contrafarà al commandamento ... del prefato nostro Commissario, la quale pena volemo se applichi per la mità ala Camera Apostolica et per laltra al Commissario predicto ...”.
Ma, da parte degli Amerini, la demolizione totale di Penna non doveva essere affatto gradita, se ancora il seguente 27 Aprile Cesare Borgia si vede costretto a rispedire il suo Commissario, a battere sullo stesso tasto:
“adstrecti semo ad remandarve el nostro fedele et dilecto subdito et commissario Gabriele Carmenanti ad quella città, per la deliberatione facta da noi già (da) tanto tempo del castello dela penna (che) sia abbatuto (sic) in modo che dele habitationi, de mura et dela rocca non ce resti vestigio alcuno; la quale deliberatione nostra non intendemo (riteniamo) che sia ancora exeguita restandoce (in quanto resta) ad minare quello che è più importante, che è parte dela rocca, facillima ad fortificarse con pochissima opera de qualunche volesse malignare (avere cattive intenzioni). Haveriamo (avremmo) cascione (motivo) amplissima de procedere rigidamente contra la inobedientia vostra, cossì longamente retardata, si non che, per la benivolentia che ad quella città portiamo, intendemo aspectare et vedere como in questo residuo ve portarite (Meno male!). Exhortandove et commettendo (ordinando) debiate senza dilatione o intermissione (interruzione) alcuna exequire circa la demolitione di decto castello (secondo) quanto dal prefato nostro commissario ve sarà ordinato ...” (2010)
16 - Menico Ceccarelli, “in età d’anni 45 in circa” e Marcello Giovannini “in età di anni 33” risultano, dai registri parrocchiali dell’epoca, deceduti “di morte violenta” il 16 Febbraio 1623 e sepolti nella chiesa di S. Agostino.
Quale dramma -che forse accomunò i due decessi- si nasconda dietro tanto laconiche annotazioni, non lo sapremo mai: il parroco Sante Fonti nulla ci dice in proposito. L’unica notizia diligentemente appuntata nel relativo registro degi atti di morte è: “pagato il giudizio” che, se non andiamo errati, starebbe a significare che le spese del funerale furono puntualmente soddisfatte. (2000)
16 - Il popolo Amerino, per vendicare l'incendio di Collicello perpetrato dai Chiaravallesi nel settembre e nel novembre 1461, il 16 Febbraio 1462 "cum comitatinorum falange contra castrum Canalis et perfidos Claravallenses accessit", insieme agli abitanti del contado, si rivolse contro il Castello di Canale ed i perfidi Chiaravallesi, per punire la loro crudeltà e per far loro pagare il fio "commissorum facinorum" dei delitti commessi. Gli amerini abbatterono a colpi di scure le piante e le vigne del territorio di Canale. Venuti alle mani, molti fanti chiaravallesi rimasero feriti e tre uccisi. Degli Amerini, "decem vulnerati fuerint sagittis et muschectis que balistris projciuntur" dieci furono feriti da moschetti e frecce scagliate da balestre, "ex quibus duo fuerunt interempti" due furono uccisi, dei quali uno, "Gratianus de Fractucia habitator Amelia, pallucta quadam plumea ex cereboctana emissa, interiit" Graziano di Frattuccia venne colpito da un proiettile di piombo tirato da una spingarda. Era un giovane di vent'anni "audax et bellicosus". L'altro ucciso, Aquilo Picciati, oriundo amerino, trentaseienne, "sagitta quadam veneno tincta ut aiunt, morte illico correptus est" colpito, come dicono, da una freccia avvelenata, morì all'istante. (2001)
16 - Nel consiglio decemvirale del 16 Febbraio 1465 vengono ascoltate alcune suppliche.
Una è presentata “per parte del vostro fidelissimo servidore Giorgio schiavo de schiavonia elquale dice et expone come dellanno proxime passato del mese di septembre dicto supplicante venne ad certa questione et rissa con Jovanni schiavo et per la decta questione et rissa per lo potestà della Ciptà damelia li è stato formato el processo et condennato per contumacia in sua absentia. Ilperché (Perciò) supplica dicto supplicante alle V. M. S. sedegnino intuitu pietatis et amore dei al decto supplicante remettere (concedere) li beneficij che li danno li statutj ad chi commette simili errorj et come per V. S. è (stato) facto ad Jovanni schiavo suo compagno collo quale fece questione, quale tucte cose demanda de gratia speciale et singulare et per amore dedio et maxime che (soprattutto perché) intende de continuo habitare in questa vostra Ciptà”.
Un’altra viene presentata “per parte del vostro fidelissimo servidore Johanni piccinino de bergamo texetore de pannj de lana et habitatore della vostra Ciptà damelia el quale supplicante dice et expone come luj ha pigliata donna in questa vostra Ciptà et de continuo intende de vivare et morire in ladicta Ciptà per la qualcosa domanda per lamore de dio et intuitu pietatis de farsellj gratia immunità et exemptione per xxv annj proximj da venire de capo fuoco sale et altre graveze che se impongono per lo vostro comuno et secondo se usa de fare allaltrj forestierj che vengono ad habitare in questa vostra Ciptà et più et meno secondo parerà alle V. M. S. quale lo altissimo dio conservi et exalti secondo pare ad quelle, altramente ad luj li seria necessario ire ad habitare ad nargne o in altra Ciptà”.
Nel maggior consiglio del giorno dopo, si decide di concedere a Giorgio schiavone la riduzione della pena ad un quarto, come venne usato nei confronti del suo compagno di rissa ed, a Giovanni Piccinino, l’esenzione da ogni imposta per dieci anni, come è d’uso fare verso ogni forestiero che viene ad abitare in Città. (2009)
16 - Nel consiglio decemvirale del 16 Febbraio 1467 si legge la supplica presentata “per parte del vostro fedelissimo servitore Perjohanni de Jacomo del Prete del Castello de l’Aquila del Conta(do) de Tode, dicente et exponente che conciosia cosa che nel tempo de lu Spectabile Homo Leonardo de Brunellis da Perusia, già preterito potestà dela dicta Cità dameria (nel 1466) fosse condampnato in libre secento de denari et nelo doppio più perché non ha pagato nel termene delu statuto prefixo, jnpercio che andò ad una selva laquale se fa chiamare Farneta apresso soi confini, posta nel tenimento dela dicta Cita damelia nella contrata de Canali, et dela dicta selva togliesse dui trabi, de longeza de vintisei pedi per ciaschuno de valore et de communa extimatione de tre ducati per ciaschuno et dove li volse li portò, li quali trabi aperteniva, et expectano alu Spectabile Homo Ascanio de Antonello damelia, che ipso Ascanio lavea facti tagliare et conciare; et perché ipso suplicante è daccordo col sopradicto Ascanio nela emenda deli dicti Trabi, et sia poverissima persona, se recomanda humelmente ale prefate V. S. se digne farli gratia dela dicta condampnatione, considerato non commise lu dicto mallefitio per dampnificare al dicto Ascanio ma per non cognoscere più. Et niente de mino in recognitione del suo errore offerisce volere pagare ale V. S. ducati duj doro. Et delo resto domanda lisse faccia gratia per le V. S. lequale dio mantenga in felice stato. Amen”.
Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, al povero Piergiovanni si concede quanto da lui richiesto sotto forma di tanto fervente preghiera. (2010)
17 - I Conservatori Alme Urbis scrivono, in data 17 Febbraio 1447, agli Anziani di Amelia:
“Viri nobiles dilecti nostri carissimi. Se comparse nanti de noi Brascio de Mone (Braccio da Montone, capitano di S.R.E.) et li soi compagni nostri cittadini et per parte de la vostra comunità havemo offerta debita hobedientia et prontitudine per quanto loro specta per nome della comunità prefata de prestare al popolo de Roma nelli dì cioè sabato et domenica de presente carnelevare (carnevale) quello che per li tempi passati è stato usato et perché ce occursero alcuni iusti impedimenti (forse le condizioni di salute di papa Eugenio IV) per le quale non se fao la festa usata (i giochi del Testaccio) per questo anno abbiamo licentiati et perché considerata la loro diligentia usata per vostra parte meritano degnamente da noi”. Diversamente si esprimono nei confronti di Porchiano: “intendemo faccia suo dovere, altramente ce provederimo co la forza de le nostre leggi municipali; farete bene de admonirli facciano lo debito loro”. (2000)
17 - Il 17 Febbraio 1478, tal Mezzanotte Lombardo, abitante in Amelia, presenta una supplica agli Anziani, nella quale espone che, nei mesi passati, fu condannato dalla curia del podestà a pagare una certa quantità di denaro, "occasione quod quendam Augustinum Lombardum vulneravit in capite cum sanguine" a causa di una ferita sanguinolenta da lui inferta sulla testa di un certo Agostino, anch'esso lombardo, come risultante dal processo in atti. Dice di essere "pauper et inops et nihil penitus in dicta civitate possidet" povero ed indigente e di non possedere nulla "sed tantum de sudore vultus vivere cogit" ma di essere costretto a vivere soltanto del sudore della fronte e di essere impossibilitato a pagare detta pena. Chiede, quindi, che "intuitu pietatis et misericordie ne de dicta civitate in qua matrimonium contraxerit exulari cogatur" a titolo di pietà e misericordia, per non essere costretto a lasciare la Città, nella quale ha contratto matrimonio, gli Anziani "ad aliqualem penam ipsi oratori tollerabilem limitent taxent et reducant" gli convertano e riducano la pena in qualche modo, affinché possa venir tollerata da esso supplicante.
Gli viene concesso di commutare la pena pecuniaria con prestazioni in natura "in reparatione volte super strata per quam intratur palatium M.D. Antianorum ex palatio potestatis" per la riparazione del passaggio a volta, esistente sopra la strada, che consente di entrare dal palazzo del podestà a quello degli Anziani, e precisamente "calcina rena et alia huiusmodi necessaria" fornendo calce, sabbia e quant'altro necessario a detto lavoro e "d.us Mezanocte teneatur immittere ipsas necessarias cum sua persona quantum sufficeret" lo stesso Mezzanotte sia altresì tenuto a prestare personalmente l'opera occorrente alla bisogna.
Ottimo e lodevole sistema per convertire una pena personale in utilità per tutta la cittadinanza. (2007)
17 - Il 17 Febbraio 1328 gli Anziani, “ex auctoritate eis commissa” in forza dei poteri loro conferiti, “omni modo et iure quibus melius potuerunt” nel miglior modo e quanto più legittimamente possibile (è una formula di stile assai ricorrente nel periodo) “deliberaverunt quod camerarius communis habeat pro communi et emat de pecunia dicti communis in servitium” deliberarono che il Camerario comunale venisse dotato ed acquistasse per le esigenze del servizio del Comune e con fondi di quest’ultimo “duos vegeteculos” due botticelle “pro quibus possit expendere usque in quantitatem .x. librarum cortonensium” per le quali poter spendere una somma non superiore a dieci libre cortonesi.
E’ assai probabile che la destinazione di siffatti recipienti fosse quella di avere una riserva di vino per risollevar lo “spirito” degli amministratori del tempo! (2009)
17 - Nella seduta del consiglio decemvirale del 17 Febbraio 1471 si dà atto che il cittadino amerino Ser Artemisio di Ser Benedetto “in civitate firmana moram trahentis”, mentre si trovava nella città di Fermo, ebbe occasione di incontrare “quendam Magnatem Sclavum cum compluribus suis gentibus e sua regione eiectis ab jnhumanissimo Turcho in chisticolas seviente” un personaggio di rilievo di origine schiavona (altrove indicato come Nicolò Cocle “de Peloponniso”), con al seguito molte sue genti, cacciati dalle proprie terre dal crudelissimo turco, che infieriva contro i cristiani; “quem Magnatem ipse Ser Arthemisius allocutus est, creditque venturum cum dictis suis gentibus ad habitandum et incolandum Castellum Sancti focetulj demolitum” e lo stesso Ser Artemisio parlò con il detto Nicolò e convenne che lo stesso sarebbe potuto venire, con le sue genti, ad abitare e ripopolare il diruto Castello di Sambucetole, “quando Communitas Amerina mitteret pro eo ut veniret ad videndum dictum Castellum et eius territorium et viaticum sibi solveret” non appena la Comunità di Amelia gli avesse fatto sapere di venire a visitare detto Castello e suo territorio, pagandogli le spese di viaggio.
La trattativa va a buon fine ed il 20 Marzo successivo nelle riformanze vengono trascritti i patti stipulati con il Cocle (v. Almanacco del 1999, sotto la data del 20 Marzo). (2010)
18 - Fra le spese straordinarie "facte pro evidenti necessitate et honore comunis" cui far fronte e prese in considerazione nella seduta consiliare del 18 Febbraio 1413, figurano le seguenti:
-"pro ensenio facto domino Cardinali de Columna" per un donativo al Cardinale Colonna, cioè dieci libre di cera, vino, pane "tribus crastatis, spelta in tribus vicibus" tre castrati, per spelta in tre volte, si spesero 8 fiorini, 4 libre e 12 soldi;
-"Sr. Antonio de Civitella pro pictura armorum domini Cardinalis de Columna in turrione porte pusciolini" ad Antonio di Civitella, che dipinse le armi del Cardinale Colonna nel torrione della porta Bussolina, si diedero 4 libre e 10 soldi;
-"Sr. Bartolomeo Victolini pro una fenestra impannata in camera Judicis", si pagarono 2 libre e 10 soldi;
-"Petro Crapuccie misso pro parte domini Cardinalis cum litteris ad Braccium et Bindaccium pro eius salario trium dierum", a Pietro Caprucci, inviato da parte del Cardinale (Colonna) con lettere da consegnare a Braccio (da Montone) e a Bindaccio, si corrisposero, per un compenso di tre giorni, 30 bolognini.
Il capitano di ventura Braccio Fortebracci da Montone era, in quel periodo, al soldo dell'antipapa Giovanni XXIII e, ai primi del mese di febbraio 1413, lasciò l'Umbria ed affrontò vittoriosamente sul fiume Canale, nel Faentino, le milizie collegate di Ladislao di Durazzo e di Carlo Malatesta. Aveva fatto le prime esperienze d'armi alla scuola di Alberico da Barbiano, dove ebbe come camerata, poi antagonista, Muzio Attendolo Sforza di Cotignola. (2006)
19 - Nel periodico AMERIA del 19 Febbraio 1899, sotto il provocatorio titolo "Antica sapienza amerina", si dava la seguente notizia:
"Testé dai banchi di un pizzicagnolo furono potuti salvare due volumi in folio, che dicevansi scritti in greco e per questa ragione erano stati condannati ad involgere salacche e parmigiano!
Essi formano la 1.a e la 4.a parte del Corpus juris di Giustiniano e comprendono la prima parte del Digesto, le Novelle, il Codice e le Istituzioni, stampati in Lione in bel gotico di pergamena, con fregi, incisioni e rubriche, rispettivamente il 21 Maggio e 5 Decembre del 1521 per cure di Francesco Fradin ed altri.
Si tratta di una delle prime e più pregiate edizioni e l'opera è interessante anche perché corredata delle glosse di Azone, di Accursio del 10° e 11° secolo, di Bartolo, di Viviani, del celebre studio bolognese ecc. nonché di copiosi indici. Dove si troveranno gli altri due volumi?"
Ma dove saranno finiti anche i due volumi salvati dall'involger "salacche"? (2006)
20 - Il 20 Febbraio 1489 papa Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cibo) scrive agli Amerini, lamentando la loro mancata promessa garanzia di impedire sedizioni fra gli Ortani “et non solum tumultus sed etiam miserabiles multorum cedes tam diuturno prelio in civitate commissas” e non soltanto li accusa di non aver evitato disordini, ma neppure pietosi assassinii di molte persone commessi durante tanto prolungati combattimenti; per le quali cose, “intendimus in culpabiles procedi ut etiam alijs transeat in exemplum” il papa intende procedere contro i colpevoli, perché serva d’esempio a tutti. “Iccirco vobis sub excomunicationis et interdicti penis” pertanto fa presente di essere pronto a scagliare sugli Amerini i fulmini della scomunica e dell’interdetto se, avendo essi prestato garanzia fideiussoria per 10.000 ducati, non effettueranno il pagamento di detta somma, “ob pena qua ex tumultu et seditione alijsque predictis incurristis” a titolo di pena nella quale, per i detti esposti motivi relativi a tumulti, sedizione ed eccidi, gli Amerini sono incorsi agli occhi del papa, che impone loro di versare tale consistente cifra “infra sex dies” entro sei giorni dai ricevimento di tanto graziosa letterina.
Per un papa alla perenne ricerca di denaro come Innocenzo VIII, una simile somma poteva anche sembrare poco, ma per i poveri Amerini non doveva certamente esserlo altrettanto! (2008)
20 - Roberto Picchiarelli, “qui Testatiorum Rome ludum pro Communi Amerie conduxerat, ut fidem daret implevisse commissa” che eseguì per conto del Comune di Amelia i giochi del Testaccio, per esibire la prova della loro esecuzione e, quindi, di aver adempiuto al suo incarico, torna da Roma, recando la seguente lettera, scritta il 20 Febbraio 1490 agli Anziani, Consiglio e Comune di Amelia, da parte dei Conservatori della Camera “alme Urbis”:
“Spectabiles Viri Amici nostri prestantissimi Salute. Perché Roberto vostro, quale è comparso con lectere de Credentia de questa Comunità, è stato da noj et facto el vostro (et) suo debito secondo è consueto ne li nostri Jochi de Testatia; Per tanto vene facemo fede, et regratiamove (sic) de tale vostra visitatione grandemente. Offerendone in tucti vostri piacerj sempre paratissimi. Bene valete. Rome, Die xx.a februarij 1490”. (2010)
21 - Il 21 Febbraio 1466 fra le spese straordinarie che debbono essere approvate figura una curiosa voce relativa alla perdita di valore di una quantità di monete (“carlenorum et aragonensium de regno” cioè di carlini ed aragonesi del regno di Napoli) restate nelle mani del Camerario e da lui non spese per evitare un danno maggiore al povero erario amerino. Si tratta di una perdita di valore pari ad otto libre, calcolate su di una somma di 23 ducati. Poteva andar peggio! (2009)
21 - Il 21 Febbraio 1391 gli Anziani, “convenientes insimul et in unum” radunatisi insieme, “avertentes necessarium fore castellanum dirigi ad castrum Culcelli pro custodia dicti castri” avvertendo la necessità di inviare un castellano a Collicello, per provvedere alla custodia di detto Castello, “usque ad eorum beneplacitum” per il periodo che sembrerà loro più conveniente, “cum salario, honoribus et honeribus consuetis” con salario, onori ed oneri consueti, “Johannem Cecchi pavancionj, qui juravit et promixit etc.” Giovanni di Cecco Pavancioni, che prestò atto di giuramento e promise ecc. (cioè di bene e fedelmente adempiere al proprio incarico). “Jtem de eorum communi concordia et voluntate eligerunt, nominaverunt et deputaverunt in castellanum et pro castellano castri fractutie cum honoribus et honeribus consuetis usque ad eorum beneplacitum petrum parasacchj qui juravit et jurando promixit etc.” Inoltre, con unamine consenso e volontà, elessero e nominarono alla castellania di Frattuccia Giovanni di Parasacco, che, del pari, prestò il giuramento di rito. (2010)
22 - Ad emulazione di altre città umbre, nelle quali il giorno di "carnis privij" (l'odierno Carnevale: da "carnem levare", con cui veniva indicato il giorno antecedente all'inizio della quaresima, cioè il martedì grasso) si organizzavano giochi, da un comitato di 33 giovani amerini viene avanzata una proposta agli Anziani, nell'adunanza consiliare del 22 Febbraio 1394, affinché, "ad honorem et statum sante matris Ecclesie ed domini nostri pape et pro statu et honore Civitatis Amelie", sia loro concesso di "currere et curri facere unum anulum argenti" cioè di organizzare una corsa all'anello "prout solitum est in alijs Civitatibus", com'è in uso fare in altre città. Le spese della manifestazione dovrebbero essere a carico del Comune, comprese quelle per l'acquisto dell'anello e "qui currerit, et optinuerit anulum supradictum, habeat illud pretium sicut, in ea forma et modis quibus V. M. videbitur et placebit"; e chi correrà e vincerà la corsa, ottenga il premio che verrà stabilito e deliberato come meglio sembrerà ai magnifici Anziani.
Abbiamo anche i nomi dei 33 postulanti: Nicolaus Ser Beraldi, Felitianus Ser Cole, Guarolfinus Ser Johannis, Johannes Corradi, Arcangelus Pellegrini, Ser Baptista Ser Lonardi, Ser Mathias Ser Uberti, Petrus Lodovici magistri Galissi, Bonifatius domini Johannis, Nicolaus Jonannis Ugolini, Jacobus Buchanelle, Andreas Ceccharelli, Arcangnelus Stephani Tosi, Petrus Ser Tellis, Paulutius Juliani, Andreas Caselle, Bartholomeus Angelelli, Bartholomeus magistri Andree, Angelus Ser Stephani, Franciscus de Sancto Gemino, Andreas Ser Angeli, Mannosius Ser Arcagneli, Egildus Johannis, Nutus Ser Arcagneli, Armandus Petri, Lucas Jacobutij, Thomas Anthonij Tomassi, Matthyolus Justinj, Bartholomeus Johannis Petrutij Focij.
La proposta, presentata in forma di supplica, viene discussa dinanzi al Consiglio generale del 24 successivo. Vengono formulate diverse soluzioni ed, infine, prevale per tre soli voti (25 "pallucte" contro 22) quella caldeggiata da Paolo Jacubutij Casini, che cioè si deliberi di far partecipare alla corsa all'anello soltanto cittadini di Amelia, "et nullus forensis possit currere" escludendone cioè i forestieri; il premio al vincitore consista in otto bolognini ed in una ghirlanda "erbe venche" (forse di fronda di salice o di pervinca). Altra proposta presentata da Nicola Magistri Johannis non prevedeva premi in denaro per il vincitore, ma la sola ghirlanda ed un fiorino "sotietati" cioè alla compagnia dei cittadini organizzatori della corsa.
L'anello dovrà restare depositato in Comune, da servire per le future corse. (2005)
22 - Il 22 Febbraio 1327 viene presentata agli Anziani, da parte di Cecco e Petruzzolo Manni di Todi, calderai, la seguente istanza:
"Cum intendant morari et artem ipsorum operari in Civitate Amelie" Volendo venire ad abitare in Amelia ed esercitarvi la propria arte "quam commode non possunt sine aliquo adiutorio" la quale cosa non potendo comodamente fare senza idoneo aiuto, "cum oporteat eos facere portari omnia necessaria pro dicta arte exercenda de Civitate Tuderti ad Civitatem Amelie" essendo loro necessario far trasportare quanto occorre all'esercizio della loro arte da Todi ad Amelia "ac etiam oporteat eos pro dicta arte exercenda magnum capitale habere" ed inoltre occorra loro, per la bisogna, avere a disposizione un notevole capitale, chiedono, pertanto, che gli Anziani prendano idonei provvedimenti, assicurando loro "de aliqua pecunie quantitate" una certa quantità di denaro, sufficiente per un anno "cum ipsi parati sint toto dicto anno ipsam artem operari in dicta terra et volentes addiscere docere" essendo loro disposti ad esercitare l'arte per tutto il prossimo anno e ad insegnarla a coloro che volessero apprenderla. Ed in tutto si rimettono a quanto verrà deliberato in proposito. (2007)
22 - Nel maggior consiglio del 22 Febbraio 1467 Giuliano Manfredi, cittadino di Amelia, presenta una petizione agli Anziani ed al Podestà, appoggiata dal Vescovo di Perugia Governatore di Amelia, con cui lamenta di non essere stato immesso nel bussolo né dell’Anzianato, né di altri uffici della Città, come suole farsi per i Cittadini “eius conditionis et gradus” della sua condizione e dignità e ciò ritiene sia dovuto alla circostanza che, all’epoca dell’imbussolamento, “erat Curialis et absens a civitate” era curiale ed assente dalla Città. Poiché “cotidie gravatur et molestatur ad solvenda gravamina et onera communis imposita et imponenda” viene giornalmente richiesto di pagare le imposte ed i gravami comunali già applicati e da applicare in futuro e poiché “qui sentit onera et incomoda debet etiam sentire comoda et habere officia” chi è sottoposto agli oneri ed agli incomodi deve anche godere dei comodi e ottenere incarichi ufficiali, il ricorrente chiede che vengano emanati, da chi di dovere, provvedimenti in base ai quali o si proceda alla cancellazione delle dative a suo carico, oppure il suo nominativo venga incluso fra coloro cui verranno assegnate le cariche dell’Anzianato e degli altri uffici cittadini “prima vice qua dictus locus et gradus primus vel saltim secundus vacaverit propter alicuius Civis mortem absentiam vel speculum” la prima volta che detti uffici di primo o almeno di secondo grado si renderanno vacanti per morte, assenza o insolvenza di qualche cittadino.
Contestualmente, lo stesso Giuliano chiede di essere ammesso all’Anzianato “loco Orselli noviter extracti, cum dictus Orsellus est absens et potestas Amandule in Marchia” in luogo del nuovo estratto dal bussolo dell’Anzianato, di nome Orsello, essendo questi assente ed attualmente podestà di Amandola, nelle Marche. Il che fu fatto, con il beneplacito degli Anziani e del Podestà. (2009)
23 - Alcuni nobili e cittadini amerini si unirono in “Congregazione” il 23 Febbraio 1782, per dar corso alla costruzione di un nuovo teatro, che fosse destinato -come ancora leggersi sul fronte del portale d’ingresso dell’edificio- “HONESTO CIVIUM OBLECTAMENTO”, cioè ad un onesto diletto dei cittadini.
Un teatro già esisteva in Amelia, incluso nel Palazzo Pubblico che, di lì a pochi anni -precisamente il 29 Aprile 1817- sarebbe rovinato nelle sottostanti cisterne romane.
Non c’è unanimità di pareri circa la persona cui venne affidato il progetto della costruzione: secondo alcuni, fu il Conte Stefano Cansacchi, secondo altri viene fatto il nome dell’architetto Giuseppe Mattei di Roma.
Il luogo prescelto fu un’area risultante dalla demolizione di alcune vecchie costruzioni su di un poggetto, sovrastante, verso nord-est, la Chiesa di S. Angelo e in adiacenza al Palazzo della estinta Famiglia Studiosi, con i cui ultimi rappresentanti, il 5 Agosto 1791 risulta stipulato un accordo per la cessione di un tratto di strada che facilitasse l’accesso al teatro, la cui costruzione venne iniziata assai presto e, benché programmata in un paio d’anni, si protrasse ben più a lungo, con un notevole aggravio della spesa che, preventivata inizialmente in 4000-5000 scudi, salì fino al oltre 14.500. (1997)
23 - Il convento dei Cappuccini (v. 26 Ottobre) cresce: il 23 Febbraio 1565 viene deliberato di fare ai buoni frati un'elemosina "pro studio erigendo in cenobium S.ti Jacobi", per la costruzione di uno "studium".
Pietro Simone Petrucci, caldeggiando l'elargizione dell'elemosina, si appella al Vangelo: "Quum scriptum est quicquid uni ex minimis meis feceritis mihi feceritis" Poiché sta scritto: qualunque cosa farete ad uno dei miei (fratelli) più piccoli lo farete a me (Gesù).
Si impegneranno le rendite della gabella di piazza per 25 ducati ed i lavori saranno seguiti da due cittadini da eleggersi ad hoc. (2005)
23 - Il 23 Febbraio 1477 nel consiglio decemvirale viene presentata la seguente singolare proposta:
"Cum multi exposuerint quod bonum esset ut fieret locus ubi esset postribulum pro subventione indigentium" poiché da molti è stato fatto presente essere cosa buona che si provveda a ricercare un locale da adibire a postribolo, per sovvenire alle esigenze degl'indigenti, si chiede "quid agendum sit ut postribulum fiat" cosa debba farsi per la sua realizzazione. Nel consiglio generale del giorno successivo, il consigliere Ricco de Ricchis (che, a giudicare dai dati anagrafici, doveva essere un esperto in questioni finanziarie) formula una proposta: "Quod Magnifici Domini Antiani, una cum tribus vel autem quatuor civibus eligendis a presentibus vel futuris dominis Antianis" che gli Anziani, di concerto con tre o quattro cittadini da eleggersi da quelli in carica o dai loro successori, "habeant amplium arbitrium quantum presens consilium" abbiano piena facoltà, come lo stesso presente consiglio, "construendi et ordinandi dictum postribulum prout et sicut dictis melius videbitur et placebit" di costruire ed allestire detto postribolo, nel miglior modo che aggraderà ai detti incaricati e quanto verrà da essi eseguito, abbia pieno vigore legale.
D'altronde, come potrebbe sembrare giusto ai giorni nostri, anche allora si ritenne corretto che pure i meno abbienti potessero avere i loro punti di sfogo! (2007)
23 - Il 23 Febbraio 1520 da parte degli Anziani, autorizzati dal Consiglio Generale e con il consenso del Sindaco Bertuccio di Castel dell'Aquila, si stipula una convenzione con la quale "conduxerunt Bartholomeum pellimbusto de Luca Magistrum texendi serici" diedero in appalto a Maestro Bartolomeo Pellimbusto di Lucca, tessitore di seta, "ad texendum sericum et docendum Amerie artem texendi" la tessitura della seta e l'insegnamento di tale arte in Amelia, "pro tempore et cum salario et condictionibus prout infra in capitulis latius continetur" per la durata ed il corrispettivo come più ampiamente si contiene nei capitoli infrascritti; "quorum capitulorum tenor talis est" il cui tenore è il seguente:
"In primis, la Comunità promette fare exempto (esente) dicto Mastro Bartolomeo da ogne pagamento de dative per tucto el tempo infrascripto che starrà in Amelia.
“Item li promette la prefata Comunità per el tempo infrascripto darli x ducati de carlini per ciasche anno, da pagarseli dalla gabella delle mesure.
“Item li concede possa cavare et mettere robe per uso suo senza gabella.
“Item li concede che nisciuno possa cavar seta for d'Amelia se prima non rechieda (a) lui si la vole comparare; et lui se obliga pagharla per quel che vale in peroscia (Perugia) in Foligni overo lochi circumstanti ad judicio delli signori Antiani quali habiano informatione dai dicti lochi, non essendo (se non sono) d'accordo.
“Item li concede possa mettere drappi quanti vole senza gabella, ma nel trarre over cavare paghi la gabella secundo la tavola et la peza se intenda xxv braccia.
“Item tucti li scolari che vorrando (vorranno) imparare vengano ad farse scrivere in Cancelleria et paghino un ducato lanno per homo et non femina alla Comunità per lo primo anno, di poi non paghi niente".
Inoltre, la Comunità metterà a disposizione del tessitore le bestie da soma ed i recipienti necessari per il trasporto delle sue masserizie, senza dover pagare nulla.
"Item le piante di celse (gelso) paghino per ciaschuna quattrini doj per pianta et un bayoccho per ciasche piantone grosso.
“El prefato Mastro Bartolomeo se obliga stare et lavorare x anni in Amelia.
“Item quella delle prefate parte o la Comunità d'Amelia o lo prefato Mastro Bartholomeo (che) rompesse li soprascritti capitoli over ciaschuno de essi caschi in pena de xxx ducati de oro da applicarse integralmente alla parte observante".
Sarebbe interessante conoscere se la "seta amerina" si sia affermata sul mercato e quale beneficio economico abbia apportato alla nostra comunità. (2008)
23 - Il 23 Febbraio 1473 viene presentata nel consiglio decemvirale la seguente supplica:
“Supplicase humelemente ale V. M. S. et ad Voi altrj spectabilissimi ciptadini per parte de madonna Mariola Albanese habitatrice in Amelia, dicente che con cio sia cosa che per lei sia stata receptata donna Marta albanese con uno certo furto de dui taze de argento furate per la decta Marta ad Angelo de Petrignano puramente et senza malitia et voluntà come è da presumere et con animo de revelare decto furto alpatrone come revelo et notifico. Donde recorre ale V. M. S. che attenta la bona fede de non volere errare et che non fo principale delanquente etiam (sebbene) habia povertà, che V. S. de gratia spetiale et per amore de dio se vogliano dignare admectere li beneficij et farle gratia detucto over almanco che pagando la quarta parte como ad V. S. parerà li sia casso el processo et la condennatione contra epsa facta de dece libre de denari per cascione de la decta receptatione et questo de gratia singulare et da ascrivere ad singulare beneficio. Et Dio conserve secundo el vostro dexiderio Voi Magnifici Signuri”.
Il maggior consiglio del dì seguente delibera che “animadversa oratricis inopia et recta fide per quam non intelligi potest in dicto furto de quo condennata est culpam habuisse” considerata la povertà della supplicante e la sua buona fede, per cui non può presumersi abbia avuto alcuna colpa nel furto per il quale venne condannata, “admissis omnibus beneficijs solvat communi quartam partem condemnationis hoc modo: quod Maritus eius pro solutione dicte quarte partis debeat ad arbitrium Dominorum Antianorum dare duas operas et deleatur omnis processus” concessole ogni beneficio di legge, paghi la sola quarta parte della condanna nel modo seguente: che suo marito, a beneplacito degli Anziani, fornisca due giornate di lavoro.
E così, in definitiva, per un reato di cui donna Mariola venne riconosciuta innocente, venne condannato il marito! (2009)
23 - Nel consiglio dei X del 23 Febbraio 1490 si esamina la supplica presentata “per parte de li vostrj figlioli et servitorj et subditi Johanni et Anthonio de Thomaso schiavoni habitanti nel vostro Castello de Sancto focetulo, exponenti che per la dicta Comunità li fo concesso uno Casareno al dicto Thomaso loro padre in ipso loco per loro habitatione ad lo tempo che vendero (vennero) habitare in ipso Castello; lo quale casareno ad loro non basta perché li è cresciuta fameglia et tucta via cresce et col tempo haveriano intentione de partire (dividersi) luno da lo altro et non hanno stantia da posser habitare; et perché como è noto in dicto Castello ce è grande copia de casarenj et alcunj ce hanno molto più che alloro non bisogna: et ali dicti supplicanti quali entendono vivere et morire nelo dicto castello non basta quello solo, humilmente supplicando recorrono ale V. M. S. se digneno de dono et gratia speciale concederli et donarli uno altro casareno posto nel dicto Castello presso ad Mastro Toppo Schaivone habitante in dicto loco, la via et altrj soi confini, lo quale casalino concedendoli et donandoli lo murariano et accomoderariano alloro spese per posserlo habitare et usare; lo quale demandano in dono et gratia da le V. M. S. per lo amore de Dio, non obstanti statutj, reformantie et omne altra cosa che in contrario facesse (disponesse)”. Nel maggior consiglio del dì seguente, considerando che i ricorrenti “justa petant” richiedano cose giuste “et sit utile quod Castellum Sancti focetuli habitetur” e sia cosa utile che il Castello di Sambucetole resti abitato, si concede quanto richiesto.
Altra supplica è presentata “per parte de la vostra fidelissima servitrice Donna Petrutia figlia ja de Cola Coscello et moglie ja de Johannj Todescho, la povertà de chi (della quale) è nota ale V. M. S. che ad pena pote con le soe proprie braccia satisfarsi del proprio bochone del pane et continuo è molestata per le dative et malamente potendo vivere non po al Comune sovvenire non havendo da magnare, ma vivendo de elemosine, unde recorre a la benignita de le V. M. S. et prega se dignino concederli gratia et immunità de cassarli le dative passate et per lo advenire concederli tanta de gratia quanto parerà expediente per mantenere la sua poverissima vita, el che demanda deverseli concedere per amore de Dio et per intuitu de pietà et misericordia da le V. M. S. quali Dio conserve et exalte”. Nel maggior consiglio del giorno successivo, alla povera Donna Petruccia si concede la remissione delle imposte pregresse e l’esenzione dalle future per i seguenti otto anni. (2010)
24 - Il 24 Febbraio 1617, dinanzi al Consiglio dei Dieci viene portata la seguente proposta:
“Coticone balìo (= messo comunale) non sa leggere né scrivere, serve malamente et con poca satisfattione, et essendovi Flaminio genovese, balìo di Narni, che sa leggere, et scrivere, et servirà bene et meglio assai di questi, però se pare di licentiare l’uno, et ammetter l’altro, con la solita promissione et emolumenti”.
Il Consiglio non se la sente di prendere decisioni da solo e rimette la questione al Consiglio Generale.
Si vede che, anche allora, non era tanto facile disfarsi dei lavativi! (1998)
24 - Il 24 Febbraio 1596 Bernardino R. sporge querela dinanzi al Podestà di Giove, esponendo i seguenti fatti:
“In absenza di Piervito mio fratello facevamo un poco di recreatione tra noi parenti in casa di detto Piervito et essendo la porta serrata, Antonio F. ha bussato et ha hauto certe parole con Paulo o vero Dante, figli di Mr. Laurentio, et ha ingiuriato tutti noi altri, dicendo "scappate quà furbi massa di canacce" et fu serrata di nuovo la porta: et mentre si ballava et io sonavo la cetera è venuto Torquato et Antonio fratelli et forzatamente hanno aperto la porta et sonno entrati dentro bravando con minacciar me et gli altri et se non fossero stati riparati senz’altro facevano qualche male et presenti ci son stati Meco di Sabbino, Annibale di Beatrice, Francesco F. et altri che essaminando, V.S. trovarà siano castigati che non si deve permettere venire così ad assaltare altri in casa sua”. (2000)
24 - Il 24 Febbraio 1398 dinanzi ai Consiglio generale e speciale vengono discusse questioni di vitale importanza. Arde la guerra scatenatasi dopo lo scisma d'occidente e "sit necesse quod castra comitatus Amelie custodiantur ne ab emulis occupentur" è cioè necessario che i castelli amerini vengano custoditi per non venir occupati dai ribelli; inoltre "contrata Forpontis defectui guerre non possit cultivari et dubitetur ne britones offendant in capite inferiori versus montem nigrum ex quo expedit providere pro excubijs versus et circha flumen" la contrada Forponte, a causa della guerra, non può venir coltivata e si teme che le truppe bretoni, partigiane dell'antipapa avignonese Benedetto XIII, Pietro de Luna, possano colpirla nella parte inferiore, verso Monte Nero, dove è necessario provvedere a porre sentinelle sul versante in direzione del fiume (Tevere) ed altre se ne pongano a Monte Piglio. Il fatto grave è -nemmeno a dirlo- che "non sit pecunia in communi", cioè che le casse comunali sono vuote. Si delibera, pertanto di pignorare la gabella del macello per gli anni futuri. E speriamo che basti! (2005)
24 - Sotto il titolo di "Amerina Buxuli", variata, nel corso del tempo, in "Amerina Officiorum", in occasione della confezione del nuovo Bussolo del 24 Febbraio 1763, ebbe inizio una lunga disputa presso la Sacra Consulta, che durò fino al 1765, con strascichi giunti anche oltre il 1767, i cui atti occupano non meno di 280 pagine a stampa (Typis Bernabò).
La diatriba fu originata dal ricorso di tre privati cittadini, contro una vociferata riduzione del numero dei Consiglieri delle magistrature cittadine, perché si asseriva che il numero dei nobili, nel corso degli anni, era venuto restringendosi e, da parte loro, si chiedeva che anche semplici cittadini potessero essere eletti nelle pubbliche cariche e nei Consigli.
Poiché, lungi dalla tendenza democratica degli statuti medioevali della Città di Amelia, nell'epoca suddetta la quasi totalità del potere era in mano ai ceti nobili -o, per lo meno, a quelli agiati- la pretesa dei cittadini ricorrenti sembrava totalmente fuor di luogo, se non addirittura temeraria ed inammissibile. Fra l'altro, si usarono pretestuose interpretazioni degli stessi statuti, nei quali il termine "cittadino" doveva essere inteso come equivalente di "nobile", disattendendo la reale significazione del termine "civis": anche nello statuto del 1441, da cui era stata letteralmete ricavata la copia manoscritta del 1560, le rubriche 12 e 13 del libro quarto consentivano di connotare inequivocabilmente la sua natura "de populo" e la emarginazione dei nobili, appartenenti al ceto "de granditia".
Forse, all'epoca, non si poteva ancora percepire l'insorgere dell'uragano che, di lì a cinque lustri, da Parigi, avrebbe scatenato tutta la sua potenza rivoluzionaria sull'intero mondo conosciuto. (2006)
24 - Il 24 Febbraio 1447 presenti gli Anziani, oltre al Camerario Generale del Comune Orsello Pasqualis, dopo i bandimenti di rito, vengono messi all'asta, sulla piazza del Comune, i beni pignorati dallo stesso. Si tratta di ben misere cose, sottratte ad altrettanto misere persone. Per averne un'idea, se ne elencano alcune, indicandone di volta in volta il prezzo di aggiudicazione realizzato nell'asta:
-due bidenti, due zappe e quattro padelle, per 35 bolognini in tutto;
-un bidente, per 8 bolognini;
-una padella, per 5 bolognini;
-una catena, per 6 bolognini e mezzo;
-un caldarello, per 30 bolognini;
-due caldarelli, due falci ed una catena, per 36 bolognini in tutto;
-una padelluzza, per 7 bolognini;
-una zappa ed uno zappetto, per 7 bolognini in tutto;
--un'accetta ed una zappa, per 14 bolognini in tutto;
-quattro treppiedi rotti, per 4 bolognini;
-due paia di forchette, per 4 bolognini.
E così via. Da quanto sopra, può dedursi lo stato di avvilente miseria in cui molte persone erano costrette a vivere in quel periodo.
Un'ulteriore, interessante annotazione. Mentre le cifre di aggiudicazione sono, come si vede sopra, espresse in bolognini, sul margine destro della pagina esse risultano annotate in libre di denari. Da un'analisi comparativa dei due sistemi monetari adoperati, se ne può dedurre che il bolognino, usato come moneta corrente, in quel periodo equivaleva a 30 denari, pari, cioè, a 2 soldi e mezzo. (2007)
24 - Il 24 Febbraio 1414 viene presentata in consiglio un supplica da parte di Matteo di Luca, con la quale lo stesso espone che “cum ipse Matheus gravetur per presentem officialem communis Amelie ad solvendum in communi gabellam bladi” essendo lo stesso Matteo richiesto, da parte dell’addetto ufficiale comunale, del pagamento della gabella sui cereali “Et quia de mense Januarij proxime preterito in die sancti Antonij quedam sua domus posita in Civitate Amelie in contrata pusterule ex inoppinatu et casu fortuito combusta fuit et perdidit ultra xx. salmas granj et passus fuit alia maxima damna” e poiché nel passato mese di gennaio, nel giorno di S. Antonio, una sua casa posta in Amelia, in contrada Posterola, a causa di un fortuito incendio, fu bruciata e lui perse oltre 20 salme di grano, oltre ad aver subito altri gravissimi danni, “propter que cogitur (sic) mendicare” a causa dei quali sarà costretto a mendicare; “Quare petit dictam gabellam sive dativam impositam pro dicto blado remictere et mandare quod de dicto grano combusto gravari non debeat nec possit in futurum” per la quale cosa, chiede che la relativa gabella imposta sul grano bruciato gli venga condonata e che venga disposto e ordinato che, per lo stesso, non debba né possa venir gravato per l’avvenire. La decisione del susseguente maggior consiglio è favorevole al povero Matteo, “cum supplicatio ipsa sit rationabilis justa et equa”, la cui supplica viene riconosciuta ragionevole e giustificata. (2009)
24 - Il 24 Febbraio 1527 il consiglio decemvirale riceve, fra l’altro, una supplica da parte dei frati del Convento dell’Annunziata. Eccone il testo:
“Se supplica humilmente ad V. M. S. et generoso Consiglio per parte del Convento et frati de la nontiata de Michignano, Teritorio de Amelia, Quali dicono qualmente la communità (di Amelia) ha un pezo de monte jnutile et pieno de saxj et sterpi nella dicta contrada adpresso li bienj del prefato Convento da capo et da un lato el Convento de sancto Francesco da pede el fossato et altri lati, per el che epsi frati et convento ne vengono ad patire et recevere grandissimo danno da personi (sic) et animali che praticano jn dicto loco. Desiderariano per obviare ad dicti danni, reddurre quello dela communità quantunche fosse difficile ad selva, inseme con quella (che) hando (hanno) hauta da spontania (donazione) Recorrono dunque flexis genibus (in ginocchio) alla benignità et jnnata clementia de V. M. S. pregando quelle se vogliano degnare Amore Dei et gloriosissime virginis Marie (per amor di Dio e della Gloriosissima Vergine Maria) concederli dicto pezo de Monte, promettendo dicti frati non solo quello che V. M. S. li concederando, ma el loco e tucta la lor selva tenerla sempre ad ogne beneplacito de epsa communità et che V. M. S. ne possino decontinuo disponere come veri Patroni et signori. El che receverando ad piacere et dono singularissimo et de continuo o con le loro debile orationi pregaranno lo eterno motore pe la salute de questa cità et V. M. S. ...”.
Il succcessivo maggior consiglio tenutosi lo stesso giorno concede ai frati quanto richiesto.
A due anni di distanza, il 24 Febbraio 1529 il consiglio dei X deve occuparsi di molti svariati argomenti, fra i quali figura la solita notizia (“novum”) di un prossimo arrivo “per viam narniensem”, questa volta da Narni, del Reverendo Legato “et de proximo visendum et munerandum est” e fra poco giungerà qui e si dovrà omaggiarlo -more solito- ; si propone che “visitetur per oratores et fiat ei munus usque ad summam viginti ducatorum in rebus, videlicet in blada et alijs rebus” gli si faccia accoglienza da parte di oratori e gli si presenti un dono, di valore fino a venti ducati, in natura, cioè in foraggio per i cavalli e per gli altri ...da foraggiare!. Vi sono anche da ascoltare diverse suppliche.
Una è presentata “per parte del suo devoto servitore Marcello alias Schioppo de Andrea Valentino che ali giorni passati per sinistra inductione, persuaso da prete placido de roscetto et non per sua opera né sua mente se trovò con epso inseme ad imbractare luscio (la porta) di Messer grifeo cirichellj con jmbracto di stercho et urina, essenno nella casa sua cohadunati molti homini et donne; et perché ipso oratore non era conscio de simile errore che così se havesse ad perpetrare, nondimancho se in alcuna parte havesse errato il che lui non crede, se remecte sempre nelle braccia di questa magnifica communità, supplicando quella se voglia dignare farlj gratia remissibile de tal pena, quale è ducati vinti de oro, overo redurla ad qualche tolerabile pena, actesa la sua jnnocentia per essere stato circunvenuto da epso primo autore ...”
Altra supplica è presentata “per parte de uno humile et pauperrimo suo servitore Mannicello de pietro canuto, qualmente ali mesi passati essenno lui con tucte le robe represagliato dal conte dolce (dell’Anguillara) per conto de le taxe de li cavallj de N. S. (il papa) per causa dela communità de Ameria, nelle forze del quale è stato astrecto molti giornj et pagato molti denari et perse molte robe ad tale (in modo) che è destituto et privo d’gni suo bene quale haveva, né li è restato altro chel spirito et perché pensava revalersi contra la communità in qualche modo, haveva scripto qui in Amelia (per) fare una preda de bestiame, la quale non fece né forsa haveria facto et per questo è stato astrecto dal S.or Potesta molti giorni in carcere et patito et perché forsa è incorso in alcuna pena arbitraria o de quindici o vinticinque ducati la quale lui in modo nisciuno non po pagare perché non ha bene nullo al mundo et pertanto domanda et supplica questo magnifico conseglio voglia farne di questo gratia ... atteso che nullo effecto né danno ne è sequito et ha patito multo in persona ...”
V’è, poi, la supplica di “Tino de compagno de monte campano” il quale “dice qualmente ali mesi passati inconsideratamente scappanno della carcere del s.or Podestà se fugì, non per fugire, ma per non havere modo de vivere in lì; jtem dice che ali jorni passati fece defesa solum (soltanto) contra li officialj de dannj dati per ritorre un bove, quale li era stato tolto, donne (per cui) per luno et laltro effecto fo preso et carcerato dalla corte del s.or Potestà et per sua pena ha patito assai in carcere, dove è stato vinticinque giornj et ha patito in persona con quattro tracti di corda et in persona anchora di qualche ferita, per lo quale excesso secundo la forma de li statuti verrebbe condennato in ducati vinti o circa, la qual pena è impossibile lui possa pagare immo (neppure) un minimo quatrino perché epso et tucta la sua famiglia va di giorno in giorno mendicanno et no po vivere et il s.or Potestà ce ha remesse le spese per lui adciò non perisse di fame né ha possuto haverne niente per la urgentissima sua paupertà ...”.
Segue, ancora, la supplica di “Pasquale de Juvenale de la cipta de Amelia”, il quale “expone et narra ritrovarsi condennato in contumacia in li libri de li maleficij di epsa cipta in fiorinj cinquanta de oro o circa overo mancho (meno), pigliata la causa (a cagione) che feresse in nel naso et in faccia con sangue Aloisi barberi ... et perché il prefato oratore non nega il prefato maleficio havere commesso, ma expone ad ciò essere divenuto (giunto) provocato, che vedendo in sua presentia il prefato aloisi ferire et jniuriare sanctone de berardo piccio suo cognato carnale li serrebbe stato manchamento et danno non difensarlo (difenderlo) et come ogniuno po considerare et ogni uno farrebbe il simile vedendo bactersi le carni sue, pure si dole se excesso è stato il suo haverlo commesso et expone et narra de ciò havere hauta pace et se lui havesse resposto (si fosse presentato) al processo et confessato come confessa li serrebbe stato admesso il beneficio de la confessione et se havesse producta la pace, similmente il beneficio di epsa jn modo (che) dicta pena se serria riducta ad pocha summa ... et considerate ... le extreme sue fatighe ... patute per questa magnifica communità tanto nel tempo de spagniolj, quanto in altri tempi, in andar in viagi ad milli periculj de la propria vita, jl che anchora serria per (sarebbe disposto a) fare nocte et dì per beneficio di questa cipta et considerata anchora la sua extrema povertà, che modo non ha da vivere se non se exercita con il suo sudore ... li piaccia farli gratia liberale ...”
Il consiglio generale dello stesso giorno impone a Marcello detto Schioppo di pagare cinque ducati; a Mannicello di Pietro, due scudi ed, a Pasquale di Giovenale, 25 carlini; nulla dispone per quanto riguarda Tino di Montecampano, con la curiosa motivazione: “postquam non est condemnatus” poiché non è stato condannato; ... e i tratti di corda se li erano s...cordati?
A proposito di condanne, nello stesso consiglio si tratta di una questione procedurale di estrema gravità: “Tamborinus extat carceratus et confitetur duo homicidia, ne sua teneatur in longum executio et omnium aliorum similia perpetrantium, termini essent abbreviandi” un certo Tamburino sta in carcere, a causa di due omicidi commessi e confessati; si propone di abbreviare i termini dell’esecuzione capitale, tanto di quella sua, che di tutti coloro che commettessero simili delitti. Si approva, rimettendone l’autorità al Podestà, “actenta enormitate delicti”, considerata l’enormintà del crimine. (2011)
25 - L’elezione a rotazione degli Anziani era effettuata mediante l’estrazione dei nomi contenuti nella cassetta del “bussolo”, che veniva conservata nella Chiesa di S. Francesco.
Quando si doveva procedere all’estrazione dei nuovi Anziani, l’incaricato del Comune andava a prelevare la cassetta dalla Chiesa e la portava nel Palazzo anzianale.
Ad elezione avvenuta, lo stesso incaricato doveva riportare la cassetta nella citata Chiesa.
Questo andirivieni avveniva, di norma, ogni due mesi, poiché le magistrature si rinnovavano parzialmente avendo le cariche durata bimestrale.
E’ proprio in considerazione della circostanza che l’addetto al frequente trasporto del bussolo avrebbe consumato notevolmente le calzature in questa prestazione, che il Consiglio Speciale dei X, nella seduta del 25 Febbraio 1425, su proposta di Ser Petrus sr. Stephani, deliberò che ad Angelellus, addetto a tale funzione, venisse riconosciuta un’indennità di “caro-scarpe”, mediante assegnazione di un paio di calzari all’anno, che gli venivano consegnati alla festa di S. Fermina ed avesse anche gli indumenti degli altri ufficiali del Comune e, nell’esercizio delle sue funzioni, andasse “calceatus et sine cappa” (le scarpe sì, ma il mantello con cappuccio no). (1997)
25 - Il 25 Febbraio 1462, "ingenti letitia et campanarum tubarumque sono" fra grande letizia e suono di campane e di trombe, venne in Amelia, trasportata sopra un carro tirato da 15 paia di buoi, quale omaggio fatto alla Città dal papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) e destinata alla lotta contro i Chiaravallesi, "balistra seu bombarda que Victoria appellatur" una bombarda dal beneaugurante nome di Vittoria, lunga 12 palmi e del peso di 15.000 libbre, atta a scagliare pietre del peso di 225 libbre. Sul fusto,recava incisi anche i seguenti due distici, facenti un chiaro riferimento al papa Pio II:
"Este pio faciles ne seviat ira tonantis
Atque locum terris substinet ille Jovis
Discite jam tumidi confidere turribus altis
Ecce catenati subdite colla jugo".
Eccone una libera traduzione:
"Siate fedeli a Pio; ché l'ira sua tonante
non scateni: egli in terra ha lo spazio di Giove.
Fidate, pure, o alteri, nelle elevate torri:
in catene, or dovrete piegare il collo al giogo".
(2001)
25 - Nelle riformanze del Comune, sotto la data del 25 Febbraio 1576, è stata riportata e trascritta la seguente supplica:
"Molto magnifici Signori e generoso Consiglio. Sono otto Zitelle oratrici de questa Città, che sono state inspirate molti dì sono dal Spirito Santo de dare principio alla creattione de un novo monasterio de moniche sotto il nome et advocata loro de Santa Chiara con l'habito biscio vivere alla Cappuccina, le quali hanno già del luogo e sito da reservarsi vivere in Comunità et de loro fatighe et caso che le fatighe non bastassero al vitto loro s'obbligano le compagnie de Cristo della misericordia de San Hieronimo e de San Bastiano. Il luogo del detto monasterio sarà la casa de S.r Fatio dove sono stantie buone et capaci per questo principio con commodità d'acqua e scoperto et luogo commodo. Nel quale Monasterio vogliano ancho possano entrare tutte l'altre Zitelle che dalla communità saranno approbbate de buoni costumi, et vita essemplare danno però la medesima elemosina che daranno adesso le dette Zitelle per comprare et ampliare detto luogo, offerenno stare sotto la protettione, et capitulatione d'essa communità per manutentione del monasterio et salute de l'anime loro, et perché questa santa opera giusta et pia non se po mettere in essecutione se la Magnifica Communità non ce interpone l'agiuto et favore suo, con quello de Mons. Vescovo, humilmente supplicano nelle viscere de Jhesu Christo in questa opera caritativa vogliano fare ogni sforzo con ogni loro potere appresso S. S.tà de havere licentia della erettione del detto monasterio, che altro sussidio che questo da detta M.ca Communità non recerchano." etc.
Malgrado detta supplica abbia avuto esito favorevole, non risulta che in Amelia sia mai sorto un "Munasterio 'e Santa Chiara". (2004)
25 - Nel Consiglio dei Dieci del 25 Febbraio 1576 si tratta della controversia esistente fra i religiosi di S. Agostino ed il Vescovo, circa "il governo" delle monache di S. Monaca, che i primi reclamano di loro spettanza, mentre il Vescovo vorrebbe riservare loro la sola amministrazione dei sacramenti, senza alcuna ingerenza in altre questioni, come la trattazione di negozi, l'elezione delle abadesse ed altro, che il Vescovo vorrebbe riservate a sé ed al suo Vicario.
Ma i padri di S. Agostino non sono dello stesso avviso: essi, piuttosto, "si contentaranno che 'l governo tutto tanto temporale, come spirituale sia del Vescovo".
O servizio completo, o niente! (2005)
25 - Il problema delle fonti energetiche alternative agitò anche le menti dei nostri antenati, come può dedursi da quanto formò oggetto di discussione nel consiglio speciale del 25 Febbraio 1508, nel quale "super bono publico", cioè, nell'interesse dell'intera comunità, il consigliere Domizio Manni propose "quod Magnifici Domini Antiani eligant quatuor cives et duos magistros lignarios qui intelligant modum construendi centimina sive molendina ad ventum" che gli Anziani eleggano quattro cittadini e due mastri falegnami che studino il sistema migliore di costruire centimbali, ossia mulini a vento. Evidentemente, i nostri solerti amministratori di allora si erano accorti che far girare i mulini dai cavalli veniva a costare molto di più. Il "vir prudens et gravis" Domizio Manni propose, altresì, che gli eletti "capitula faciant cum illo magistro et priusquam ad conclusionem deveniatur referatur in consilio generali" stipulino congrui patti con il prescelto artefice e, prima di prendere una decisione, se ne riferisca nel consiglio generale. La proposta del Manni viene approvata a grande maggioranza, malgrado due voti contrari: in ogni epoca sono esistiti gli oppositori al progresso!
A notizia, si riferisce che gli Anziani, con l'autorità loro conferita dal consiglio generale "circa molendinum ad ventum construendum" circa la costruzione di un mulino a vento, elessero i cittadini Domizio Manni, Lodovico Sabini, Pierfrancesco Alberti ed Angelantonio Geraldini e i due artigiani falegnami Mastro Stefano e Mastro Annechino.
Non sappiamo se e dove la costruzione -o le costruzioni- siano poi state realizzate, ma dobbiamo dare atto che i nostri Padri abbiano almeno tentato di risolvere tale problema, giunto ai giorni nostri con drammatica urgenza. (2006)
25 - Sotto la data del 25 Febbraio 1465, a mezzo del notaio romano delegato, si certifica “qualiter Bartholus Vannutji et Petrus Paulus Johannis Ser Lelli de Amelia pro Magnifica comunitate Amelie interfuerunt et se representaverunt coram Illustri Domino Senatori et Magnificis dominis Conservatoribus” come Bartolo Vannuzzi e Pierpaolo di Giovanni di Ser Lello di Amelia, in rappresentanza della Magnifica comunità di Amelia, intervennero e si esibirono dinanzi l’Illustre Senatore ed i Magifici Signori Conservatori “pro faciendo ludum prout est de more et secundum quod tenetur dicta comunitas Amelie” per l’eseuzione del gioco (del Testaccio), com’è consuetudine e secondo quanto la detta comunità risulta obbligata a fare “Et hoc ante palatium et scalis Capitolij more solito et in alijs locis prout fuit oportunum et consuetum” E questo avvenne danazi al palazzo e le scale del Campidoglio secondo il solito ed anche in altri luoghi, come si giudicò opportuno.
Pierpaolo di Giovanni, “alias Lacriccha”, detto la Cricca, tornato da Roma, il 28 succesivo esibisce agli Anziani la certificazione come sopra rilasciatagli, a comprova dell’eseguito “ludum testaciorum presentis Annj 1465”. (2009)
25 - Il 25 Febbraio 1435 vennero approvati i capitoli con i quali i Pennesi concessero la Signoria del castello e della rocca alla Comunità di Amelia. La loro formulazione è la seguente:
“Coadunato et congregato la università de tucti li massarj dela penna nela chiesia de Sancta maria desso castello de volunta dessi massarj senza niuna contraditione de alcuna persona donno et concedono el castello dela penna cun la Rocha in mano del commune de Amelia cum omne jurisdictione et actione dessa Rocha. Et li massari dela penna ademandano al commune de Amelia certe cose subscripte che sieno a loro observate et mantenute per lo decto commune.
“Jn prima ademandamo et volemo secondo è stato per lo passato sia mantenuto per lavenire, cioe le mura et le forteze desso castello et Rocha dela penna per lo commune de Amelia ad tucte sue spese. Hoc concessum fuit sic vodelicet quod commune Amelie det quolibet anno massarijs penne unam salmam granj pro impensa solita in reparationem murorum, aut muretur aut non et magistris muratoribus solvatur expensis dicti communis Amelie sine alijs expensis manualum” (nel testo definitivo in volgare: “Questo fo conceduto cussì cioè che lo commune de Amelia dia omne anno alimassari dela penna una soma de grano per laspesa usata de fare per reparatione dele mura, o che se muri o che no, et alimagistri muratori sepaghi alespese del dicto commune de Amelia senza altra spesa de manuali”).
“Jtem volemo che tre opere che danno lanno per ciascheduna casa sia observato a noj opera una. Concessum fuit quod massarij penne hoc anno haberent et colant omnes vineas dicte Roche eorum expensis et fructus totus sit Roche. Et abinde imposterum dent anno quolibet unam operam pro qualibet casa sine expensa Roche” (testo def. : “Fo conceduto che li massari dela penna debiano lavorare et cultivare questo anno tucte levigne dela dicta Rocha ad loro spese et tucto el fructo sia de essa Rocha. Et da questo anno impoi debiano dare una opera omne anno per ciascuna casa senza spesa niuna dela Rocha”).
“Jtem lipollastri che sedanno ala corte del mese de Agosto et bon. iiij. per ciascuna casa che sedonno ala corte de Natale sia cassato via. Concessum fuit, cum hoc quod similiter sublate sint expense quas Rocha deberet facere dictis massarijs, preter impensam que fit in festo nativitatis quod tunc commune Amelie solvat anno quolibet pro dicta expensa libras novem den.” (testo def. : “E’ conceduto cun questo che similmente sieno tolte via le spese lequale devesse fare la Rocha al dicti massari, salvo la spesa che se fa nela festa de natale, che allora el commune de Amelia paghi omne anno per la dicta spesa nove libre de danarj”).
“Jtem volemo che dele cose a nui necessarie per vivere sieno a nuj libere leporte de Amelia de mectere et trare. Concessum extitit, quod tantummodo sint libere de biado et rebus delatis et missis per ipsos massarios in dictam Civitatem Amelie, preter res mercantiarum. Et ultra hoc extrahere possint de dicta Civitate sine gabella calciamenta, ferramenta, vasa terrea et urcios pro usu dumtxat ipsorum” (testo def. : “E’ conceduto cussi che solamente sieno libere de biado et cose che per essi massari se mectesse in Amelia, salvo cose de mercatantia. Et ultra ad questo che possano trare dala dicta Cipta damelia senza niuna gabella calsamenta, ferramenti, vasa de terra et orciola solamente per loro usu”).
“Jtem volemo como è stato per lopassato sia per lavenire essere laporta dela penna a nuj libera de mectere et trare laroba nostra, excepto non fosse cose de mercantia. Concessum fuit, cum hoc quod nullus civis Ameliensis neque comitatinus neque comedatus seu adherens possit tenere in castello penne aliquod genus bladi a Sancta maria de mense Augusti inposterum et in ipsum tempus non possit de ipso castello extrahi causa alio conducendj quam Amelia, ad penam contentam vel continenda in reformatione communis Amelie. Et quod gabelletur totidem prout aliud bladum civitatis et comitatus Amelie” (testo def. : “E’ conceduto, ma cun questo cioe che nullo ciptadino de Amelia ne contadino ne recommandato o adherente possa tenere nel castello della penna alcuna generatione de biado da Sancta maria de Augusto impoi, et infra eldicto tempo non sepossa trare del dicto castello per conducerlo ad altro loco salvo che ad Amelia, ad la pena che se contene o conterrà nela reformanza del commune de Amelia, et che se debia gabellare lì per lo castellano o per chi piacesse ali S.ri Antianj como laltro biado dela cipta et contado de Amelia”).
“Jtem domandamo che lelena (le legna) che serecano eldì dela domenica per la Rocha sia irritato et cassato. Quod massarij dicti castri penne teneantur et debeant bis anno quolibet videlicet uno die de mense Martij et uno de mense Septembris facere et portare ad dictam Rocham cum omnibus eorum bestijs a salma tot ligna quot dictis diebus dicte bestie deferre possint. Et quod Castellanus expendat pro dictis massarijs conducentibus dicta ligna quolibet dictorum dierum medium ducatum aurj expensis communis Amelie” (testo def. : “Fo conceduto che li massari dela penna siano tenuti et debiano duj volte lanno, cioe uno dì del mese de Marzo et uno dì del mese de Septembre fare et portare ad la dicta Rocha cum tucte loro bestie da soma tante lena quante eldictj duj dì le dicte loro bestie possono portare. Et che lo castellano despenda ali dicti massarj che conduceranno et faranno le dicte lena ciascuno del dicti dì mezo ducato doro ad le spese del commune de Amelia”.
“Jtem volemo che quello è stato perlo passato sia molto più observato per lavenire, cioe de non pagare subsidio, overo altro scuffio per la chiesia de Roma, o de suo legato o messo dela seda (sic) apostolica, ne etiam altra gravecza posta per lo commune damelia. Domini Antianj populi et Commune Civitatis Amelie conabuntur pro posse quod ita observetur” (testo def. : “El signori Antiani del popolo et Commune dela decta Ciptà damelia se sforzerando pro posse che cussì se observi”.
“Jtem domandamo del terratico che recogliera la Rocha dela penna some .xij. de grano ala mesura nostra elquale fo prestato alcastellano passato per governo dela rocha. Hoc remaneat Consilio generali dicti communis Amelie, dum bladum extiterit recollectum dicte Roche”. (testo def. : “Questo remanga al consiglio generale del dicto commune de Amelia, quando el biado de la dicta Rocha sira recolto”).
“Jtem domandamo una represaglia essere a nuj concessa dal commune de Amelia infra nuj et li Jovisi, per cascione de bestie tolte a nuj in tempo de pace che el decto commune sia tenuto favoriare nostre rascionj. Supsedeatur quo usque commune Amelie erit de rei veritate plenarie informatum”. (testo def. : “Supersegase (si soprassieda) in questo fine ad tanto che el commune de Amelia sira pienamente informato dela verita”).
“Jtem domandamo che niuna persona foristiera cum suo (sic) bestie possa venire ad pasculare nel tenimento dela penna senza volunta et consentimento del castellano dela Rocha et massari dela penna. Hoc remaneat et sit in arbitrio castellanj dicte Roche”. (testo def. : “Questo remanga et sia in arbitrio del Castellano dela dicta Rocha”).
“Jtem domandamo como e suto (stato) per lo passato sia per lo advenire che niuno massaro de la penna lavorando cum suo bestie nel tenimento de Amelia sia tenuto ad pagare gabella per niuno tempo. Concessum fuit iuxta consuetudinem hactenus usitatam et ordinem gabellarum dicti communis Amelie”. (testo def. : “E’ conceduto questo secundo la consuetudine et ordine dele gabelle del dicto commune de Amelia”).
“Jtem volemo che per tempo de guerra o de suspitione che venendo li massarj dela penna cum loro bestie nel tenimento de Amelia non sieno tenuti ad niuna gabella. Concessum fuit et observari permissum a mense Julij proximi futurj imposterum. Cum dicto durate tempori gabella vendita est”. (testo def. : “Questo è conceduto et observarase dal mese de Luglio proximo davenire impoi, purche durante el dicto tempo la gabella è venduta”).
“Petierunt preterea dicti massarij penne quod ipsi possint eligere castellanum ex Civibus Ameliensibus quem voluerint dicte Roche penne. Et sic concessum fuit prout hec et alia quedam capitula huiusmodi extant inferius adnotata ad fol. 57” (testo def. : “Item domandamo che li massarj de la penna possano elegere el castellano dela dicta Rocha uno deli ciptadinj de Amelia qualunqua vogliono et quello li S. Antianj cedebiano mandare. Questo è conceduto como se domanda”).
Aggiunte al testo definitivo:
“Item che in dì de carlevare (carnevale) el commune de Amelia despenda per uno caprecto ali dicti massari per la festa usata bon. .XVI. Questo anche è conceduto”.
“Item promectono li dicti massari et università dela penna ali S. Antianj et commune dela cipta de Amelia de avere et tenere li amici de la dicta cipta per amici, et inimici per inimici, et fare contra ipsi inimici et per ipsi amici quanto li fosse comandato per li S. Antianj dela dicta cipta et ire in hoste et cavalcate ad omne loro requisitione”.
“Item danno et concedono al dicto commune de Amelia omne jurisdictione che la dicta Rocha havesse havuto per alcuno tempo et che fosse stato per lo passato che la possa reacquistare et maxime el forno dentro et da fore dela dicta Rocha. Questo simelmente è acceptato”.
“Et li Signori Antianj et Commune dela dicta cipta degano adiutare et favoriare lidicti massari como loro ciptadini et defendere el dicto castello et Rocha dela penna como la dicta cipta et essi massari jurando Fedilta al dicto commune in mano del castellano dela dicta Rocha o de chi piacesse ali S. Antianj. Cussi è promesso de observare”. (2010)
25 - Nel consiglio generale del 25 Febbraio 1470 si decide in merito a diversi argomenti presentati nel consiglio decemvirale del giorno prima, 24. “Cum ad notitiam dominorum Antianorum pervenerit quod sunt aliqui sclavi habitantes in Civitate Amelie qui obtulerunt velle ire in Marchiam et secum conducere certas familias sclavas” E’ giunta notizia agli Anziani che alcuni schiavoni abitanti in Amelia hanno espresso la volontà di andare nelle Marche per ricondurre seco le proprie famiglie “ad abitandum et standum in dicta Civitate Amelie, dummodo ipsi habeant pro eorum expensis ducatum unum pro quolibet et alium ducatum pro qualibet familia veniente ad hanc Civitatem” per abitare e risiedere in Amelia, purché possano avere, per far fronte alle spese di viaggio, un ducato ciascuno ed un altro ducato per ogni famiglia, per le prime necessità di vitto ed insediamento. Si concede quanto richiesto, stimando che tale immigrazione sia conveniente “pro comoditate et utilitate” per vantaggio ed utilità della Comunità di Amelia.
Nel medesimo consiglio decemvirale erano state presentate anche alcune suppliche.
Una, esibita “per parte dela infelice misera et povera persona dompna Berardina moglie che fo de Jacovo de minichelle, laquale dice essere storpiata de una mano per modo che non cepo fare cosa alcuna et del dicto Jacovo suo marito lisia remasto uno figlio maschio deduj annj et non habbia elmodo depoterse governare Et decontinuo sia agravata dalioffitiali de questa Cità deledative (che) lisseimpongono et non habbia modo poterle pagare et per volerse governare lei coldicto suo figliolo lie (le è) necessario mendicare; per laquale cosa serecomanda ale V. Magnifiche S. alequali lipiaccia remecterli tucte graveze imposte fine nel presente dì et per loavenire farla exente de mezo focho per xv annj proximi davenire fine atanto che ludicto suo figliolo serà de età che porrà guadagnare qualche cosa. Et questo quantunque sia iusto et rasione et (da) le V. M. S. sempre sia stato usato farle alealtre vidue et povere persone, niente demino loreceverà dale V. M. S. adgratia singulare, le quali dio conserve infelice et prospero stato”.
Altra supplica era stata presentata “per parte delvostro fideliximo servitore et poverissima persona Musorgno vostro balivo” che “expone et narra che ipso habbia tucto eltempo delasua vita astare aliservitij delacommunità damelia, offerendo fidelmente servire. Et perché è povero homo et habbia una grande fameglia et desutele et non habbia elmodo degovernarla senza lavostra misericordia, demanda ale V. M. S. et consiglio predicto esserli casse certe date vecchie che ha incomuno, et perloavenire farlo exente dequelle (che) seimporrà incomuno, finché serà aliservitij deisso communo”.
Il maggior consiglio del 25 concede ad entrambi i supplicanti quanto da essi richiesto. (2011)
26 - Il 26 Febbraio 1472 Ser Andrea Petri e Ser Nicola Narducci di Amelia, Commissari deputati dagli Anziani, riferirono di aver, “ad instantiam communis Amelie” su richiesta del Comune, consegnato “octo salmatas terre ... R. patri et d.no Rugerio episcopo Ameliensi” otto salmate di terra al Vescovo Ruggero di Amelia, secondo quanto contenuto e convenuto nell’atto scritto e pubblicato “manu Ser Antonij de Penna, olim et nunc Cancellarium dicti communis” per mano del Cancelliere comunale Ser Antonio di Penna e secondo “commissionem eis factam euntes et redeuntes” l’incarico da essi avuto ed essere andati e ritornati. Relazionarono, cioè, “se ivisse una cum Mario Angeli Simoncelli mensuratore communis et prefato d.no Episcopo” di essere andati insieme a Mario di Angelo Simoncelli agrimensore comunale e allo stesso vescovo, accettante quale titolare e rappresentante dell’Episcopio e di aver allo stesso fatto consegna “duas petias terrarum quarum una posita est in tenimento Amelie in contrata sancti Focetuli in vocabulo Sancte Firmine juxta rem heredum Bartoli Juvenalis de Lacuscello et viam communis a tribus et alia lata” di due appezzamenti di terra, dei quali uno sito in territorio di Amelia, in contrada Sambucetole, al vocabolo S. Fermina, confinante con i beni degli eredi di Bartolo Giovenali di Lagoscello e con via pubblica dagli altri lati, dell’estensione di “tinate sex quartate due” sei tinate e due quartate, “alia vero sita in dicto tenimento et contrata ac Voc. Vallis S.te Firmine juxta res communis Amelie, res heredum Ser Jacobo Ser Arcangeli viam et fossatum”, l’altro sito in detti territorio e contrada al Vocabolo Valle di S. Fermina, confinante con beni comunali, proprietà degli eredi di Ser Giacomo di Ser Arcangelo, strada e fosso, esteso “tinate novem et quartate due, jure tamen semper salvo” nove tinate e due quartate, salvo, comunque, ogni miglior diritto (e misura).
La materiale consegna avveniva con una singolare procedura: “consignando et porrigendo de glebis et ramusculis existentibus in dictis petijs terrarum” con la consegna manuale di zolle di terra e rami raccolti negli stessi appezzamenti.
Lo stesso giorno, i medesimi Commissari, avvalendosi dell’opera dell’agrimensore comunale Arcangelo Casini di Amelia, fecero consegna “spectabili et strenuo Equiti d. Nicolao Coclidi de Peloponiso” all’egregio cavaliere Nicolò Cocle greco del Peloponneso, presente ed accettante per sé, eredi e successori “decem somatas terre in Vallibus in quatuor locis seu vocabulis” dieci somate di terra nelle Valli, divisi in quattro appezzamenti e precisamente: uno a Sambucetole, al Vocabolo Colle di S.Cristoforo, attualmente lavorato da Salvato Giuliani di Amelia, a confine con beni di Matteo di Giacomo di Pietro, eredi di Nicolò di Marco e proprietà comunale, esteso quattro tinate e due quartate; un altro, sito ove sopra, presso la Valle del Tuono, a confine con beni di Giovanni Crispoldi, di Matteo di Giacomo di Pietro, beni degli eredi di Mannuccio Picchiarelli e beni della Chiesa di S. Cristoforo e strada, esteso quattro tinate e due quartate; un altro sito ove sopra, al Voc. Valle del Pisciarello, a confine con beni di Giovanni Crispoldi, eredi di Francesco Cristofori detto Lagacciula e strada, esteso quattro tinate ed una quartata; infine, altro terreno ove sopra, al vocabolo Colle di Casa verso la fonte Mansi (?), a confine con beni comunali, Manno di Giorgio Bianconi di Lagoscello, Luca Venture e via pubblica, esteso sei tinate e quartate tre.
In riferimento all’assegnazione di terra come sopra fatta dal Comune di Amelia a favore di Nicolò Cocle, può rilevarsi che essa faceva parte del compenso a lui riconosciuto per aver condotto alcune famiglie di greco-albanesi ad insediarsi nel castello di Sambucetole. Questo “scafista” ante litteram si comportò, sul finire del medioevo, assai più degnamente degli attuali suoi colleghi, avendo garantito a povere famiglie di emigranti, fuggite davanti all’invasione turca seguita alla caduta di Costantinopoli nel 1453, una nuova patria e terra da coltivare, che potesse assicurare loro una vita degna di esseri umani. (2008)
26 - Dopo che il pubblico banditore Vizola ebbe bandito (“preconizet alta voce”) che “quicumque vult emere ludum testaciorum” gl’intenzionati all’appalto del gioco del Testaccio, si fossero recati dinanzi agli Anziani per effettuare la loro offerta, la gara ebbe luogo il 26 Febbraio 1397, nel modo che segue:
“Comparuit ... Johannes Petrocchoni de Amelia et obtulit se velle ire ad Urbem ad ludum testaciorum faciendum pro quantitate decem florenorum auri” Comparve ... Giovanni Petrocconi di Amelia ed offrì di recarsi a Roma a fare il gioco del Testaccio per dieci fiorini d’oro.
“Valecte (sic) de fraternita similiter comparuit ... et obtulit se velle ire Romam ad dictum ludum faciendum pro quantitate novem florenorum” Valente di Fraternita similmente comparve ... e si offrì di andare a Roma a fare detto gioco per nove fiorini.
“Frater Ambrosius de Amelia obtulit se velle accedere ad dictum ludum faciendum pro quantitate viij forenorum” Frate Ambrogio di Amelia offrì di andare a fare detto gioco per otto fiorini.
“Johannes Petrocchoni predictus ... obtulit se velle ire ad dictum ludum faciendum per vij florenos” Detto Giovanni Petrocconi offrì di andare a fare detto gioco per sette fiorini.
“Frater Ambroxius antefatus iterum ... obtulit se velle accedere Urbem ad dictum ludum faciendum pro quantitate sex florenorum monete” Il precitato Frate Ambrogio di nuovo ... offrì di voler andare a Roma a fare detto gioco per sei fiorini di moneta.
Gli Anziani, a questo punto, “videntes et inspicientes quod nullus offerebat se velle romam accedere pro minori quantitate quam dictus frater Ambrosius, factis primo de dicto ludo .v. bandimentis ... et nullus comparebat” dopo aver constatato che, dopo ben cinque bandimenti, nessuno comparve ad offrire di andare a Roma per meno di quanto aveva offerto frate Ambrogio, “de eorum communi concordia et voluntate (de)liberaverunt et concesserunt dicto fratri Ambrosio presenti et recipienti dictum ludum testaciorum pro quantitate sex florenorum monete currentis in Civitate Amelie” unanimemente deliberarono e concessero a detto frate Ambrogio, presente ed accettante, (di fare) il detto gioco del Testaccio per sei fiorini di moneta corrente nella Città di Amelia. (2009)
26 - Il 26 Febbraio 1502 viene convocata l’assemblea generale dei cittadini (cerna) “ad sonum campane ut mos est in aula magna palatij antianalis” al suono delle campane -com’è consuetudine- nella sala maggiore (“magna”) del palazzo anzianale, per trattare di un tragico fatto di sangue: “nocte preterita interemptus extitisset Johannes Gentilis patrie proditor ut ubique fama est, furore populi amerini” la scorsa notte sarebbe stato ucciso, a furor di popolo, Giovanni Gentile, traditore della patria, secondo quanto è universalmente noto. La convocazione della cerna ha il dichiarato scopo di provvedere “ad bonum quietum pacificum statum ecclesiasticum et huius jnclite Civitatis manutenimentum et conservationem” al mantenimento ed alla conservazione dello stato pacifico della Chiesa e di questa inclita Città “omni post habita passione” dopo lo scatenamento delle passioni. Il podestà chiede “sanum et utilem consilium reddi ab astantibus” che, dai numerosi presenti, possa venir formulato un salutare ed utile suggerimento. Angelo Antonio Geraldini, uno degli Anziani, dichiara che “omnes consanguinei et affines dicti Johannis tamquam optimi cives et patrie amatores bonique publici tamquam jnnoxij et insomptes ab huiusmodi crimine non intendunt quoquo modo dicti Johannis ultores esse” tutti i parenti dell’ucciso Giovanni, quali ottimi cttadini e amanti della patria e del bene pubblico e del tutto innocenti ed estranei al delitto commesso dal medesimo, non intendono in alcun modo prenderne vendetta, “sed cum omnibus optimam et perpetuam pacem conficere pro conservatione nostri pacifici status” ma stringere ottima e duratura pace per la conservazione del comune stato di tranquillità e sicurezza. Altro oratore, Ser Raniero di Gerolamo, afferma che “semper Johannis Gentilis homo seditiosus fuit eiusque gesta et opera in unaquaque actione mala et prava extitit” Giovanni Gentile fu sempre uomo turbolento e ogni sua azione si rivelò ogni volta spregevole e malvagia “et nunc pernitie patrie inferre tentabat” ed ora stava tramando per la rovina della patria e, pertanto “non esse dolendum illius morte sed omnibus potius letandum” non ci si debba dolere per la sua morte, ma piuttosto vi sia da rallegrarsene. Prosegue auspicando che, “pro bono communi” per il bene della Comunità, fra i parenti dell’ucciso, fra cui Giuliano Gentile, suo fratello ed anch’egli presente e un certo Giovannone che, con alcuni suoi compagni, aveva forse inferto a Giovanni il colpo mortale, si stipuli un contratto di pacificazione generale. Altri oratori confermano che Giovanni fu sempre uomo di pessima natura e che la sua scomparsa abbia recato un vantaggio per il bene pubblico e che coloro che ne provocarono la morte debbano considerarsi addirittura “tamquam benemerentibus” come benemeriti. Anche lo stesso fratello dell’ucciso, Giuliano, si pronuncia dicendo che “bene ac merito publico interemptum pro bono communi Joannem eius germanum ob patrie proditionem quam machinabatur” che a buon diritto suo fratello Giovanni venne ucciso, in quanto stava macchinando un tradimento contro la partria “hancque fuisse penam tantorum scelerum per ipsum commissorum” e che questa -cioè la morte- doveva essere la pena per i tanti delitti di cui si era macchiato. Conclude dicendo “et sic fieret libentissimo animo pacem cum Joannono et sotiis” di essere assai ben disposto a firmare l’ atto di pacificazione con Giovannone e compagni, che viene immediatamente redatto e stipulato seduta stante.
Ma che personcina a modo doveva essere quel Giovanni Gentile! (2010)
26 - Il 26 Febbraio 1528 la riunione consiliare deve interessarsi con priorità di un grave problema di sicurezza ed, allo stesso tempo, di carattere demografico:
“Castrum Montis campani castrum Fornulj et castrum colcellj sunt castra quasi penitus derelicta” i castelli di Montecampano, Fornole e Collicello sono quasi del tutto abbandonati. “Homines enim dictorum castrorum non audent jntus in eis habitare ob metum et jncursionem jnimicorum. Videatur quid agendum” infatti, gli uomini dei detti Castelli non si fidano di restare ad abitare in essi, per timore delle genti nemiche, che possano farvi irruzione. Ci si chiede cosa fare. Il caso è assai grave. Il consigliere Laurelio Laureli “vir perspicuus” -uomo sagace-, dopo aver debitamente invocato l’ausilio divino (“jnvocato divino numine prius”), propone “quod duo pro qualibet banderata conferant se armati in castrum Fornulj, montis campani et colcellj ad defensionem hominum dictorum castrorum” che due uomini di ciascuna banderata cittadina si rechino, con le armi, nei Castelli di Fornole, Montecampano e Collicello, a difesa degli abitanti dei detti castelli “videlicet quindecim homines in quolibet castro cum hominibus dictorun castrorum” ed, in particolare, quindici uomini per ciascun castello, agendo insieme ai rispettivi abitanti ed in loro aiuto.Il 26 Febbraio 1528 la riunione consiliare deve interessarsi con priorità di un grave problema di sicurezza ed, allo stesso tempo, di carattere demografico:
“Castrum Montis campani castrum Fornulj et castrum colcellj sunt castra quasi penitus derelicta” i castelli di Montecampano, Fornole e Collicello sono quasi del tutto abbandonati. “Homines enim dictorum castrorum non audent jntus in eis habitare ob metum et jncursionem jnimicorum. Videatur quid agendum” infatti, gli uomini dei detti Castelli non si fidano di restare ad abitare in essi, per timore delle genti nemiche, che possano farvi irruzione. Ci si chiede cosa fare. Il caso è assai grave. Il consigliere Laurelio Laureli “vir perspicuus” -uomo sagace-, dopo aver debitamente invocato l’ausilio divino (“jnvocato divino numine prius”), propone “quod duo pro qualibet banderata conferant se armati in castrum Fornulj, montis campani et colcellj ad defensionem hominum dictorum castrorum” che due uomini di ciascuna banderata cittadina si rechino, con le armi, nei Castelli di Fornole, Montecampano e Collicello, a difesa degli abitanti dei detti castelli “videlicet quindecim homines in quolibet castro cum hominibus dictorun castrorum” ed, in particolare, quindici uomini per ciascun castello, agendo insieme ai rispettivi abitanti ed in loro aiuto. (2011)
27 - Con atto rogato da Francesco Fariselli il 27 Febbraio 1548, fra il pittore Gian Francesco Perini e la Società della Cappella del Corpo di Cristo sita nella chiesa di S. Fermina, si conviene quanto segue:
Il Perini, su commissione di detta Società, ha dipinto un “medio tundo” sulla tavola dell’altare della citata cappella.
Poiché il Comune -non si sa a quale titolo- condannò il pittore ad una pena pecuniaria di 10 ducati da pagarsi alla citata Società ed essendo nata controversia circa il compenso per la detta opera, le parti convengono che quanto ancora dovuto al pittore per la sua spettanza resti fissato in altri 10 ducati e 25 bolognini. (2000)
27 - Il 27 Febbraio 1596, nel Liber Criminalium del Comune di Giove, dal Notaio Thomas.. di Acquapendente, in rappresentanza del Podestà "Terre Iovis" M. Dottavio, viene annotata la seguente constatazione: "dicta die me contuli domui D.ni Ducis sita in Burgo dicte terre et in ea visitavi R.dum Patrem Mag. Eusebium F. de ordine Sancti Hieronimi, et mediolanensem ut asseruit iacentem in lecto in una camera dicte domus, habentem duo vulnera infrascripta videlicet” in detto giorno mi sono recato in casa di D. Duce posta nel borgo della citata terra ed in essa ho visitato il Rev. Padre Maestro Eusebio F. dell'ordine di S. Girolamo, milanese, come ha asserito, giacente a letto in una stanza di detta casa, avente due ferite e precisamente "una ferita sopra la fronte dalla banda sinistra, et un altra nella testa dalla banda dietro... con effusione di sangue et cum presentibus dicto R.do D.no Presbitero Duce, et Alexandro Fontana Chirurgo testibus".
Segue il referto medico, sotto la stessa data:
"Alexander Fontana Chirurgus terre Iovis retulit hoc modo videlicet: Io poco fa ho medicato il Padre Mastro Eusebio F. Predicatore ferito con due ferite in testa una in fronte et l'altra dalla banda di dietro, et dal sinistro lato quali parono fatte con maglio, piombarola, martello o altra cosa di ferro, che habbia ammaccato con incisione di carne et effusione di sangue, et fin tanto non si levano le chiare (bende) non si può giudicare se vi è frattura d'osso, ma sono le ferite in testa pericolose; et mio padre levarà le chiare lui et referirà meglio il tutto a V.S. et l'ho medicato in casa di Prete Duce nel Borgo fuor della porta. Et ita retulit".
Sempre lo stesso giorno, si riporta la testimonianza di Domenico Parca.
"Dominicus Parca de Iovio, etatis annorum 52 ut asseruit, testis pro informatione Curie examinatus cui delato iuramento de veritate dicenda prout iuravit tactis etc.” teste esaminato per conoscenza del tribunale, al quale, richiesto il giuramento di dire la verità, giurò toccando (le sacre scritture).
"Ad oportunam interrogationem respondit: Signore poco doppo che sonasse mezogiorno essendomene io andato dietro alle campane chiamato la strada della Croce assieme con Santino mio genero dove essendoci posti a sedere, è comparso Cristallo di Francesco, et anche lui si è posto a sedere a canto a noi et ragionando così tra noi come si fa per passare il tempo per conto del prezzo dell'olio: in questo è passato leggendo Frate Eusebio n.ro Predicatore andando dietro le mura verso le campane, et dopo lui è passato M.r Laurentio et Domenico d'Anselmino Priori domandando del Predicatore, et noi insegnatoglilo vi andaro, et passò anco Francesco di Mr.Giovanni quale anco lui domandò del Predicatore et vi andò, et poco stettero et Francesco ritornò solo, et poi vennero il Predicatore, Mr. Laurentio, et Domenico venendo alla volta di casa, et Santino, Cristallo et io ci drizzammo per venircene ancor noi et li sopragiungemmo che andavano ragionando tutti tre insieme et in subito detto Cristallo stando accappato se buttò la cappa da una banda et menò con un martello una botta in testa a detto Predicatore, et gli rimenò un altro colpo et noi riparammo et il Predicatore cascò in terra, et non possemmo riparare quei colpi (perché fu) una cosa molto presta dove fece molto sangue, et lo ritenemmo ma per la forza che lui faceva scappò et io gli tolsi il martello et venni subito da V.S. et ostento dixit (e mostratogli (il martello) disse:) Sig.sì questo è il martello con il quale Cristallo ha dato al frate et mentre io venevo da V.S. il frate fu preso et portato in casa di Prete Duce.
“Ad alia interrogatus: Cristallo non parlò mai ma solo gli dette due volte in fretta come di sopra vi ho detto è ben vero finché noi tenevamo Cristallo che non scappasse gli dicevamo queste cose in presenza nostra egli rispose sempre lassatemi andare perché so per quello (che) l'ho fatto et ne ho bene ragione né mai disse altro et io mi partii et venni da V.S. come ho detto. Tunc D. acceptatis, ecc.".
Successivamente, vengono udite le testimonianze di Maestro Laurenzio e di Domenico Anselmini, Priori, che erano andati in cerca del frate "per parlargli come si haveva a fare per fargli le spese", cioè per il suo mantenimento durante la permanenza in Giove per la quaresima. Viene poi sentito anche Santino di Tino (o Tinarelli). Tutti sostanzialmente confermano, punto per punto, la deposizione del primo teste escusso.
Viene, quindi, raccolta la deposizione della parte lesa.
"R.dus Mag. Eusebius F. ordinis S.ti Hieronimi Predicator Terre Iovis existens in camera R.di D.ni Ducis extra porta dicte Terre habens caput fascis ligaminibus involventibus” con la testa tutta fasciata da bende “pro informatione Curie examinatus et perinde tacto pectore more sacerdotali de veritate dicenda” (al frate non si richiede il consueto giuramento, ma, come è d'uso per un sacerdote, soltanto un gesto consistente nel toccarsi il petto con una mano) “Interrogatus a quo fuerit vulneratus, in quo loco et qua de causa” da chi venne ferito, dove e per quale motivo “respondit: Sig. Podestà io sono stato assassinato mentre io ritornavo dentro nella Terra che ero stato fino sotto alla Croce a pigliare un poco d'aria et nel ritornar come vi dico in compagnia di Ser Menico Parca, Mr. Laurentio Montereale et il compagno Priori, et certi altri che non cognosco venevamo ragionando, et in quella mi son sentito dare sulla banda di dietro una gran percossa nella testa, et mi fé cascare in terra, et poi me ne sentij un'altra nella fronte come vedete, et ego P.stas vidi etc. et mi sbalordì né veddi né sentij altro, né tampoco sapevo poco fa dove io mi fosse et non vi saprei dire chi sia stato quello mi habbia dato; ma quelli che erono con essomé è forza habbiano veduto chi sia stato quello mi habbia assassinato di questa maniera, poiché io non ho inimicizia né tampoco ho fatto dispiacere ad alcuno.
“Interrogatus, respondit: Io non so chi incolpare perché non havevo interesse con alcuno: et faccia la giustizia quello gli pare et non so che altro dirvi.
“Tunc acceptatis etc.".
Ultimo ad essere interrogato, è l'imputato.
"Constitutus personaliter coram me Potestas Cristallus Francisci de Iovio etatis annorum ... (manca nel manoscritto) ut asseruit principalis quoad se testis quoad alios cui delato iuramento de veritate dicenda prout iuravit tactis etc.
“Interrogatus an sciat causam sue carcerationis” se conosca la causa per cui venne incarcerato, “respondit: Sig.sì che io lo so la causa perché V.S. mi ha messo prigione, et è perché io ho dato a quell'assassino di quel frate quale era venuto per predicare qui in Giove questa quaresima, et l'ho ferito.
“Interrogatus ut seriatim enarret qua de causa predicta fecerit in quo loco, quando, qualibus presentibus, et qualibus armis, et an solus vel associatus” che con ordine esponga per qual motivo agì, dove, quando, chi fosse presente, con quali armi e se abbia agito da solo o insieme ad altri “Respondit: Sig.re io vi voglio dire la verità istessa. Hieri io fui fuora a lavorare, et ritornai hiersera al tardi, et subito entrato in casa mia moglie mi disse che il Predicatore haveva ricerco a star seco Francesco mio figlio di anni undici, et che gli harebbe inparato vestito (?), et fattogli carezze, et che il giorno l'haveva menato seco ad Amelia, et mentre ragionavamo di questo il detto Francesco mio figlio venne in casa et diceva che era stato sì a cena dal Predicatore, et che gli haveva detto che mia moglie andasse per quello gli era avanzato da cena; che gli l'harebbe dato; et poi soggionse: pat(r)e ci è un'altra cosa brutta, et io esortandolo che la dicesse perché io la volevo sapere in ogni modo, mi disse che il giorno era stato ad Amelia con il frate Predicatore et che gli haveva fatto carezze; ma che nel ritorno doppo (dietro) ad un macchione l'haveva bugiarato due o tre volte, et che allora ancora in casa l'haveva bugiarato, et che l'haveva fatto gridare; il che sentito mi dispiacque et stanotte non ho mai dormito havendomi egli vituperato come disopra vi ho detto, et stamattina io ero risoluto far dispiacere a detto frate, et non mi è mai venuto comodità; ma hoggi doppo pranzo havendo veduto che detto frate era uscito fuora della porta et haveva preso la strada dietro alle muraglia pensai che allora mi sarebe riuscito di dargli et cusì mi risolvei andare lì alla bottega di Pierventura che stà nel borgo et gli domandai in prestito un martello trovando scusa di volere accomodare una botte nel mio cellaro, quale stà poco lontano dalla detta bottega, et mi dette un martello, et finsi d'andare al cellaro, et dopoi con detto martello sotto la cappa me ne andai per la strada dove havevo veduto andare detto frate, et non lo vedevo né sapevo se egli era andato per la strada delli Molinelli o di là dalla Croce, et camminando per la strada della Croce per scoprire, trovai Ser Menico Parca et Santino che sedevano al sole, et ragionavano et io mi posi lì a sedere con essoloro, et cominciammo a ragionare perché mi domandarono quanto haveva venduto l'olio ... et in questo passò Francesco di Mr. Gio. et ci domandò se noi havevamo veduto il Predicatore; Ser Menico et Santino gli risposero di sì, et che era andato di là dalla croce leggendo; et vi andò, et poi tornò indietro detto Francesco; dopoi passò Mr. Laurentio Montereale et Domenico d'Anselmino Priori et anche loro domandoro del Predicatore; gli fu insegnato et vi andoro, et ripassoro, et dopoi tutti di compagnia ce ne andammo verso la Terra, et andavano per fila il Predicatore, Ser Menico, Santino, Mr. Laurentio et Domenico sudetti et andavano ragionando di non so che istoria di Roma, et io andavo dietro a loro et vedendo la comodità della banda di dietro, con quel martello, che portavo sotto, detti in testa al frate, et poi gli déi un altro colpo, et cascò in terra, et mentre gli volevo ridare fui trattenuto dalli predetti, et veddi che il frate cascò a terra per morto et usciva il sangue dalla testa, et li predetti mi tolsero il martello di mano, et mi tenevano, al fine gli scappai di mano et fuggij per la strada della barca, et V.S. mi sopragiunse nel terreno vicino alla vigna d'Arcangelo et mi havete fatto condurre prigione; et questa è l'istessa verità, et non trovarete altrimente.
“Interrogatus an cum Ser Menico et Santino eius voluntatem dixerit”, se avesse confidato le sue intenzioni “respondit: Sig. nò io non gli dissi niente, et tal cosa non l'ho conferita con alcuno perché non mi sarebbe riuscito se l'havessi detto ad alcuno.
“Interrogatus an cum aliquo alio de eius parentibus predictis comunicaverit” se ne avesse parlato a qualcun altro dei detti suoi parenti, “respondit: Sig. nò io mi son risoluto da me stesso perché mi vedevo assassinato da detto frate nell'onore.
“Tunc acceptatis etc. dimisi examen etc. et mandavi reponi ad locum....."
Due giorni dopo, viene annotato il referto del chirurgo Giovanni Fontana, padre del medico Alessandro, che prestò le prime cure al ferito.
"Mag. Iohannes Fontana Chirurgus retulit: Io ho medicato Frate Eusebio F. Predicatore, et levato le chiare messeci da mio figlio, et ritrovo le due ferite in testa esser profonde con frattura d'osso, et pericolo di vita; et questa è la verità".
Nel "Liber criminalium" non sono stati trovati altri verbali attinenti al "fattaccio" del frate: si presume che, essendovi stato coinvolto un religioso, il Podestà abbia rimesso gli atti al Tribunale Ecclesiastico. (20