E ADESSO TOCCA ALLE FARFALLE !
L’estate che sta per terminare sarà forse ricordata tra quelle in cui la Natura ha subito le maggiori devastazioni, almeno fino a quando non avremo visto quel che succederà nelle prossime. Comunque, in Italia, abbiamo raggiunto un non invidiabile record, se si pensa che, nei soli prini sette mesi dell’anno, siamo riusciti a bruciare oltre 80.000 ettari di verde.
I numerosissimi incendi, che, malgrado i “forse” e i “si presume” non dubito minimamente a giudicare totalmente di origine dolosa, perpetrati per mano di speculatori, piromani e balordi, hanno portato desolazione e morte in varie regioni d’Italia e di altre nazioni, quali Grecia, Spagna, Croazia, ecc., causando al patrimonio ambientale insulti gravissimi e spesso irreversibili.
Se a ciò si aggiungono le deforestazioni sistematiche in Sud America, in Africa ed in altri continenti, presto si giungerà al punto di non ritorno, con conseguenze che potranno pregiudicare la stessa vivibilità del pianeta.
Purtroppo lo stesso risalto che viene dato dai mass-media all’entità ed alla gravità degl’incendi boschivi, in menti deboli e non adeguatamente educate e preparate possono provocare episodi di riprovevole emulazione, come in quel ragazzo che, sorpreso ad appiccare il fuoco in Sicilia, ha provato a giustificarsi dicendo: “lo fanno tutti; volevo provare anch’io l’emozione!”.
A proposito di mass-media, in un messaggio pubblicitario di una casa produttrice di vini, ci è stato presentato in questi giorni il seguente confronto: da una parte, si dà notizia -lodevolissima!- che in Svezia, in dieci anni, il patrimonio boschivo è aumentato del 60%, grazie a sistematici rimboschimenti; dall’altra, qualsi a controbilanciare tale successo e -addirittura- a superarlo, si dice che, in Italia gli alberi vengono impiegati per la produzione degl’involucri (tetra-pak) di cartone necessari all’imbottigliamento di quel tal vino. Francamente, non sono riuscito a cogliere il significato di un tale raffronto, che mi ha lasciato in bocca un forte sapore di presa per i fondelli.
Altra notizia che ha destato in me un profondo motivo di rammarico: nelle zone devastate dagl’incendi, è stato giustamente vietato l’esercizio della caccia, ma non anche -com’era auspicabile- in un’adeguata fascia dei terreni immediatamente a confine con esse. Cosa se ne deduce? Che quei pochi animali che non sono finiti arrosto ed hanno trovato scampo nelle zone limitrofe, sono stati definitivamente votati al massacro. Il che è bello ed istruttivo, come avrebbe detto Giovannino Guareschi.
E noi, nel nostro piccolo, cosa siamo riusciti a fare per la tutela (si fa per dire!) dell’ambiente? Beh! qualcosa si è fatto.
Senza dimenticare la conifereta di Nocicchia distrutta da non molto tempo e considerata un’ingombrante eredità del “bieco ventennio”, nella zona industriale, durante la scorsa primavera, sono state abbattute circa trecento piante di pino, perché ritenute pericolose -loro, o non piuttosto le persone che ne hanno decretato la fine?-. Ma non è finita. Da testimoni fededegni, si è venuti a sapere che l’abbattimento è avvenuto nel periodo della piena nidificazione di una grande quantità di uccelli e si è potuto assistere alla disperata agonia di centinaia di nidiacei.
Ed, infine, risale a non molti giorni or sono l’abbattimento di altre piante ornamentali di alto fusto, di cui una di fronte alle scuole e numerose altre lungo il lato sud del Piazzale Boccarini.
Se ne potrebbe dedurre che i nostri amministratori siano affetti da una grave forma di viscerale intolleranza verso ogni genere di alberi!
A proposito di affezioni gravi, cosa si aspetta ad agire per evitare che il Rio Grande, che non sarà più in grado neppure di soddisfare alle esigenze del vivaio forestale, si trasformi in vivaio di zanzare?
Ancora: vi è capitato mai di vedere cosa resta dei nostri boschi dopo il loro assoggettamento al taglio?
Ma la ciliegina sulla torta dell’incoscienza irresponsabile con cui viene gestito il patrimonio naturale è, a mio avviso, rappesentata dalla commercializzazione, iniziata nel decorso mese di Agosto, di una pubblicazione, ad opera di una nota casa editrice, relativa a 48 specie di farfalle, per lo più delle aree tropicali, comprendente, oltre al testo scritto, una piccola teca, all’interno della quale è conservato un esemplare, -certificato autentico!- di questi meravigliosi lepidotteri. Se si pensa che, per ognuna delle 48 specie presentate, ne verranno sacrificate diverse migliaia, se ne dedurrà quale notevole scempio di questi gioielli della Natura sia stato perpetrato e poco o nulla può rilevare che -secondo quanto precisato dall’editore- le specie non rientrano fra quelle protette dalle convenzioni internazionali, come se non fosse degna di tutela anche la più umile fra le cavolaie che, malgrado tutto, ancora volano nelle nostre zone. Non sarebbe stato altrettanto istruttiva -e niente affatto distruttiva, anche se forse non altrettanto commercialmente appetibile- la diffusione di riproduzioni fotografiche, magari tridimensionali, senza ricorrere a quella pratica che, alla raffinata cultura ed all’animo sensibile e delicato della quindicenne Cio-Cio-San, di pucciniana memoria, era sembrato un atto di barbarica crudeltà?
Ma tant’è.
Chiudiamo queste poche righe con una triste considerazione.
Se si riconosce che, in massima parte, ogni attività umana che, in un modo o in un altro, conduce al progressivo degrado dell’ambiente, può trovare la sua ragion d’essere nell’interesse economico, non sembra fuor di luogo citare quanto tramandatoci da Virgilio nel suo imperituro poema:
“Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames?”
(Ottobre 2007)