LETTERA APERTA AD UN "CECCHINO" (1)
Non so come ti chiami, né vorrò mai saperlo.
So soltanto -perché ne hanno dato notizia i mezzi di informazione dei giorni passati-che tu hai deliberatamente e freddamente ucciso un bimbo "nemico" di sette anni, nel compimento di un'azione di appostamento che, forse, tu come altri come te, avrete considerato una normale operazione di guerriglia.
Con il cuore pieno di angoscia, mi chiedo e ti chiedo come ed in nome di quale ideale, principio o semplice interesse, tu hai potuto prendere una decisione tanto inqualificabile, quanto quella di mirare (alla testa? al cuore? o hai altre parti preferite da colpire?) ad un fanciullo ignaro e spaurito che ti è malauguratamente (per lui!) passato a tiro?
Non ti sei accorto -e non ti ha sfiorato il dubbio- che una creatura innocente di sette anni non può appartenere né al nemico, né al tuo popolo, ma soltanto all'intera Umanità? Con quale coraggio hai premuto il grilletto? E, dopo, hai gioito di aver centrato il bersaglio?
Quando il tuo volto ti si presenterà riflesso in uno specchio, magari quando ti farai la barba, non proverai ribrezzo a rimirare l'immagine di un essere (mi rifiuto di chiamarlo "uomo") che ha potuto concepire e porre in atto un delitto tanto efferato quanto inutile?
Non so come ti chiami, né vorrò mai saperlo, ma sappi che il tuo nome, qualunque esso sia, sarà condannato alla universale esecrazione per tutta l'eternità.
(Dicembre 1994)
(1) Nel n°48 del 2 dicembre 1994 del settimanale "Panorama", in un articolo a firma Giovanni Porta, è stata data notizia che venerdì 18 novembre un cecchino serbo uccise per le strade di Sarajevo il bimbo settenne bosniaco Nermin Divovic.