C'è "Eroe" ed "eroe"
L'Arma dei Carabinieri celebra, quest'anno 1996, il 182° dalla sua istituzione.
In un momento in cui più grave e preoccupante sembra imperversare il sovvertimento di tutti i tradizionali valori nel rispetto dei quali siamo cresciuti, come l'onestà, la lealtà, la generosità, l'amicizia, la fedeltà, l'amore al proprio Paese, la solidarietà, la fratellanza, financo la pietà, la Benemerita è sempre stata e sempre rappresenterà un punto di riferimento e di forza nel mantenimento dell'ordine e della vivibilità dell'esistenza civile.
La sua fedeltà alle istituzioni e la difesa dei cennati valori che da sempre risalta nel suo motto "Nei secoli fedele", costituisce ancora oggi una delle poche garanzie rimaste a salvaguardia dell'ordine e a difesa del cittadino.
Impossibile sarebbe enumerare gli esempi di attaccamento al dovere e di totale dedizione al Paese, fino a quelli, pur numerosi, di autentico eroismo, dei quali i militari dell'Arma sono stati protagonisti in quasi due secoli di storia.
Ma di uno in particolare vorrei far cenno, perché penso costituisca il più fulgido esempio di generoso ed estremo sacrificio che Essere Umano sia in grado di compiere.
Accadde il 23 Settembre 1943, a Palidoro, presso Roma, dove il ventitreenne vice-brigadiere Salvo D'Acquisto era in servizio presso la Stazione Carabinieri di Torre in Pietra.
In seguito allo scoppio di una bomba, che provocò delle perdite umane ad un reparto tedesco, per rappresaglia, quest'ultimo si apprestava a fucilare ventidue ostaggi. Salvo D'Acquisto, sebbene innocente, si accusò come unico responsabile dell'atto di sabotaggio, offrendo in olocausto al plotone d'esecuzione la propria giovane vita, salvando, in tal modo, quella degli ostaggi.
Erano tempi, quelli, dopo l'8 Settembre 1943, in cui la crudeltà della guerra ci avrebbe abituati all'odio ed alla violenza di una lotta fratricida, mentre la presenza nel nostro Paese di un esercito che, prima considerato alleato, poi ritenutosi tradito dall'armistizio unilateralmente firmato dal cobelligerante, avrebbe scatenato atti di inaudita ferocia, che una pur giusta e sacrosanta Resistenza spesso non solo non sarebbe riuscita a contenere, ma avrebbe portato addirittura ad acuire.
Fu in questo allucinante clima che si inserì un altro episodio, delle cui spaventose conseguenze oggi molto si parla: l'attentato di Via Rasella, nel quale, il 23 Marzo 1944, una bomba collocata all'uscita di un locale occupato dai tedeschi, provocò, oltre a numerose vittime civili, fra le quali due bambini, la morte di 33 soldati che -ironia della sorte!- vestivano la divisa dell'esercito germanico, ma erano italiani altoatesini.
Il tragico epilogo è a tutti noi tristemente noto: nessun Salvo D'Acquisto ci fu quella volta ad accusarsi dell'attentato e 335 innocenti vennero barbaramente trucidati il 24 Marzo 1944 alle Fosse Ardeatine.
Non sono particolarmente disposto a mostrarmi benevolo verso coloro che, in qualunque tempo -anche di guerra- non hanno il coraggio delle proprie azioni e adottano il farisaico sistema di tirare il sasso e nascondere la mano.
Non mi ritengo, comunque, in grado di giudicare né chi collocò la bomba sabotatrice, il cui nome è restato nell'ombra nell'attuale processo intentato a Priebke, che diede l'ordine dell'eccidio, come restò nell'ombra dopo l'attentato, né quelli che si macchiarono dell'allucinante rappresaglia: c'è Chi può farlo con maggiore autorevolezza di me e, certamente, con un senso di giustizia infinitamente superiore al mio.
Tuttavia, non posso fare a meno di accostare i due episodi sopra ricordati, per dover amaramente constatare che c'è "Eroe" ed "eroe".
(Giugno 1996)